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Yara, l'ultima vittima è il marito tradito

Basta con l'accanimento informativo sul caso Yara: il Garante Privacy richiama i media "al massimo rispetto" dell'essenzialità della notizia e sottolinea che neanche l'interesse pubblico legittima l'accanimento sugli "aspetti più intimi della persona tale da determinare irreparabili danni nella vita familiare e di relazione".Intanto :

'Hanno voluto incastrarlo. Non è lui, ne sono sicura al cento per cento'': lo ha detto all'ansa Laura Letizia Bossetti, la sorella gemella di Massimo Giuseppe, l'uomo fermato lunedì in merito all'uccisione di Yara Gambirasio. Laura Letizia, da quando ascoltando la televisione ha saputo del fermo del fratello non chiude occhio: ''Lo conosco meglio di chiunque altro. Siamo cresciuti insieme - ribadisce la donna - e so che non farebbe male a una mosca. È un bravo padre, un grande lavoratore. Siamo una famiglia - aggiunge - che pensa solo a guadagnare qualcosa per mangiare, siamo persone semplici''.

In piedi, davanti al portone della sua abitazione, ad Almenno San Salvatore in provincia di Bergamo, la donna spiega di non aver mai saputo dell'eventuale relazione della madre con Guerinoni: ''Che io e mio fratello siamo figli illegittimi l'ho scoperto dai giornali. Ma per me, mio padre resta l'uomo che mi ha cresciuto''. E aggiunge: ''Non prendo le distanze da mia madre. Quello che ha fatto, se è vero, non cambia nulla. Sono cose successe oltre quarant'anni fa''.

''Sono totalmente estraneo''. Massimo Giuseppe Bossetti, presunto assassino di Yara Gambirasio, nuovamente interrogato in carcere ha detto al gip che nel tardo pomeriggio del 26 novembre 2010, quando la tredicenne scomparve, si trovava a casa. Lo ha riferito il suo legale, Silvia Gazzetti, la quale ha spiegato che il muratore bergamasco ''ha risposto a tutte le domande'' che gli sono state poste.

Bossetti, nel suo interrogatorio davanti al gip di Bergamo per la convalida del fermo, ha detto di non riuscire a spiegarsi per quale ragione il suo Dna, come sostiene l'accusa, sia stato trovato sul corpo della ragazza dopo il ritrovamento nel campo di Chignolo d'Isola il 26 febbraio 2011.

L'uomo fermato ha poi spiegato che il suo telefono cellulare era inattivo dal tardo pomeriggio del 26 novembre 2010 alla mattina successiva perché scarico. La Procura gli contesta, infatti, che il suo cellulare aveva agganciato la cella di Mapello, a cui si era agganciato anche il telefono di Yara Gambirasio, ed era poi rimasto inattivo, senza ricevere o fare comunicazioni, fino alla mattina dopo alle 7:30.

Bossetti avrebbe appreso solo stamani di essere figlio illegittimo e questo lo ha ''sconvolto'', ha riferito il legale.

Il gip di Bergamo Ezia Maccora si è riservata di decidere sulla convalida del fermo al termine dell'interrotatorio di stamani in carcere. Il gip scioglierà la riserva nelle prossime ore.

Nel frattempo ha parlato anche la sorella gemella di Massimo Bossetti. ''Mio fratello è sangue del mio sangue, io lo conosco, lui è innocente'', ha detto Laura Letizia Bossetti, intervistata da Matrix che alle 23.45 su Canale 5 manderà in onda l'intervista. ''Non sapevo di avere un altro padre - ha aggiunto - ma per me mio padre è quello che mi ha cresciuta''.

''Qui in famiglia stiamo male, è una tragedia, ma ci sentiamo vicini ai genitori di Yara Gambirasio'': ha aggiunto nell'intervista a Matrix Laura Letizia Bossetti, la sorella gemella di Massimo Giuseppe Bossetti, l'uomo che è in carcere con l'accusa di aver ucciso Yara Gambirasio.

Nella presente congiuntura, costui - peraltro malato e stanco - è stato declassato su ogni giornale a cornuto, l'ultimo della Valle Seriana a sapere di esserlo. E ha voglia la moglie di rassicurarlo: ma no, Giovanni, sono balle inventate da quei porci di cronisti. Non è sputtanante essere vittime di un tradimento, ma lo diventa se chiunque si convince che tu lo sia. Non c'è rispetto per il poveruomo additato alla pubblica opinione quale cornuto. E ciò intristisce.

Nella tragedia di Yara hanno fatto irruzione numerosi personaggi, protagonisti e comprimari. D'altronde, a quasi quattro anni dall'uccisione della ragazzina di Brembate (Bergamo), pare proprio che si sia giunti alla soluzione del giallo

Una vicenda talmente complessa e intrecciata d'aver coinvolto molta gente che, direttamente o indirettamente, ha avuto un ruolo in essa. Il presunto assassino è stato preso e sappiamo come, cioè a seguito di un'inchiesta laboriosa, caratterizzata da interrogatori, colpi di scena, sospetti, accertamenti scientifici di cui le cronache hanno ampiamente riferito.

Non era mai successo che gli investigatori si mobilitassero in forze per prelevare il Dna a migliaia di persone. Un ambaradan che parecchi osservatori avevano giudicato eccessivo e inconcludente. Al contrario, le operazioni dei carabinieri e della polizia, condotte da tecnici specializzati, hanno portato a un risultato che non è esagerato definire rivoluzionario: l'identificazione e l'arresto del presunto omicida. Attorno al quale c'è una folla di familiari, parenti, amici. Difficile raccapezzarsi in un simile labirinto. In ogni caso suppongo che tutti abbiano letto testimonianze e dichiarazioni circa l'ambiente in cui maturò il martirio di Yara. Noi in verità ci siamo un po' smarriti nel dedalo di tanti fatti strani e agghiaccianti.

Senza avere la pretesa di ricostruire in modo preciso questo romanzone noir con contorni pecorecci, desideriamo esplorare aspetti finora trascurati. Allora. Si dice che Massimo Giuseppe Bossetti, figlio di Ester Arzuffi, sia nato da una relazione extraconiugale della madre con un autista di pullman della Valle Seriana, Giuseppe Guerinoni, morto nel 1999. Pace all'anima sua, è l'unico che non è stato disturbato. Massimo ha una gemella, anch'essa pertanto frutto della citata relazione rimasta segreta per decenni e che la signora Ester nega di aver intrattenuto. Ma il Dna dimostrerebbe l'opposto.

Poi c'è la moglie dell'indagato, che ha tre figli piccoli e che ora si dispera. Poi c'è la famiglia Gambirasio, quella di Yara. Poi c'è una selva di bugie, di cose dette e non dette, di pettegolezzi e sussurri. Poi c'è un intrico d'ipotesi. Il tutto è sotto i riflettori, che in queste circostanze sono così abbaglianti da far perdere il senso della realtà e da accendere la fantasia nei paesini orobici dall'aspetto lindo, quasi elvetico, ma che nascondono vizi e peccati veniali e mortali, per usare un linguaggio parrocchiale assai diffuso in zona.

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