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Prima trasferta americana per la premier Giorgia Meloni, che è atterrata nella notte italiana a Washington, per la sua missione negli Stati Uniti.
La presidente del Consiglio in mattinata sarà al Congresso americano per incontrare i leader di diversi gruppi parlamentari Usa e subito dopo sarà alla Casa Bianca per il bilaterale con il presidente Joe Biden.

La prima visita negli Usa di Meloni in veste di presidente del Consiglio inizierà oggi a partire dalle ore 10.15 locali (le 16.15 italiane) con un incontro con i leader dei gruppi politici del Senato
A seguire sono previsti incontri alla Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti e successivamente una dichiarazione congiunta alla stampa con lo speaker della Camera
Alle ore 14.55 (20.55 italiane) Meloni arriverà alla Casa Bianca
A seguire il trasferimento nella Roosevelt Room per la firma del libro d'onore
Pochi minuti dopo, alle 15, ossia le 21 italiane, entrerà nello Studio Ovale, dove sarà accolta dal presidente degli Stati Uniti, Joseph R. Biden

Il presidente Usa riceverà la premier italiana alla Casa Bianca, "per riaffermare il forte rapporto tra Stati Uniti e Italia". Lo scrive la Casa Bianca in una nota. Il presidente americano e Giorgia Meloni "discuteranno gli interessi strategici comuni, tra cui il sostegno all'Ucraina contro l'aggressione della Russia, gli sviluppi in Nord Africa e un maggiore coordinamento transatlantico rispetto alla Cina". Biden e Meloni parleranno anche della "prossima presidenza italiana del G7 nel 2024", conclude la nota. Dopo un faccia a faccia dei due leader, seguirà un incontro allargato alle rispettive delegazioni.

Il giorno seguente, venerdì, la presidente Meloni arriverà verso le 10.10 (ore 16.10 italiane) al Cimitero di Arlington
Circa 20 minuti dopo si terra' la cerimonia di Cambio della Guardia. A seguire, l'omaggio alla Tomba del Milite Ignoto

Non sarà l'occasione per dire una parola definitiva, ufficiale. Ma la probabile uscita dell'Italia dalla Nuova via della Seta sarà, inevitabilmente, al centro dell'incontro di Giorgia Meloni con Joe Biden. Gli accordi con la Cina sono "pericolosi", l'avvertimento americano, anche se la scelta "spetta all'Italia". E Giorgia Meloni, alla sua prima negli Usa da presidente del Consiglio, parte per Washington con l'obiettivo di incassare il sostegno Usa, anche per il dossier che più le sta a cuore, la cifra della sua politica estera.

L'Africa, il Mediterraneo, la spinta allo sviluppo anche per contenere le migrazioni saranno il "filo rosso" della missione.
Una "mosca bianca tra i leader di destra" a essere ricevuti nello Studio Ovale, osserva alla vigilia il Washington post, ricordando che Biden non ha mai invitato il brasiliano Jair Bolsonaro e ha escluso l'ungherese Viktor Orban dai suoi vertici sulla democrazia. Ma tra il presidente Usa e Meloni si è creato un "grande allineamento", tanto che il presidente americano "non vede l'ora di incontrarla", dice il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale Usa, John Kirby.

"Biden si è trovato molto bene a lavorare con Meloni", aggiunge. E il feeling è cementato, come osserva anche il Wp, "da una sola parola, Russia". E' proprio la postura italiana sull'Ucraina, tenuta fin da principio e senza cedimenti, ad avere alimentato questo "ampio credito" con l'alleato, nonostante l'appartenenza a opposte famiglie politiche dei due leader. Certo, possibile che si affronti anche il tema dei diritti Lgbtq+ (già sollevato da Justin Trudeau in un bilaterale a margine del G7 di Hiroshima), perché gli Usa "non sono mai stati timidi" sui "diritti umani, civili e libertà di espressione". Ma Biden, taglia corto Kirby a chi gli chiede delle politiche di "estrema destra" di Meloni, "rispetta le scelte degli italiani".

I legami sono "forti" e "profondi", dicono americani e italiani nel presentare un bilaterale (nel pomeriggio di Washington, già sera in Italia) nel quale Meloni discuterà con Biden anche dell'agenda del prossimo G7 a guida italiana. Sarà l'Africa la protagonista, sulla falsariga di quel Piano Mattei che ha visto il primo step nella cercare di evitare eventuali ritorsioni. Il memorandum si è dimostrato "vantaggioso per tutti", va in pressing alla vigilia del bilaterale Italia-Usa l'ambasciatore cinese in Italia. Serve un "dialogo responsabile", alla ricerca di un "rapporto equilibrato", il messaggio che lancia Roma, che cerca però rassicurazioni da Washington dopo che la Ue ha raggiunto l'accordo politico sull'Anti-Coercition instrument (Aci) che di fatto offre una copertura anche all'Italia se vorrà dire addio alla via della Seta.

E molto interessante l'analisi del quotidiano "affaritaliani" articolo di Giuseppe Vatinno, che metto un po della sua analisi e riflessione :
La Meloni in questi anni ha creato un piccolo gioiello di equilibrio tattico e cioè è stata coraggiosamente fuori dalle coalizioni spurie che la Lega e Forza Italia hanno siglato con il centro – sinistra e poi è passata all’incasso.
Nel frattempo dall’opposizione ha pigiato i tasti del populismo sovranista soffiando voti alla Lega e poi una volta vinto ha compiuto un’inversione a 360 gradi, come direbbe lei.

Da anti – UE e anti - atlantica è diventata improvvisamente pro Ue e filo – atlantica, lasciando gli alleati di destra e i nemici di sinistra con un abbondante palmo di naso.

E poi ha avuto la “fortuna” –come del resto Zelensky- che gli sia scoppiata la guerra “giusta” tra le mani, una guerra per cui si è fiondata a mostrarsi garante di un delicato equilibrio con partiti come la Lega, con Salvini che andava sulla Piazza Rossa con la maglietta pro Putin e Forza Italia con Berlusconi che prestava il lettone sempre  all’uomo forte del Cremlino.

Giorgia ha avuto la scaltrezza di presentarsi come perno inamovibile di una coalizione che altrimenti avrebbe parteggiato per i Russi e così si è resa assolutamente inamovibile.
Se la mandano via l’Italia va con Mosca, visto che il “popolo” di centro – destra e anche i suoi giornali, vedi Vittorio Feltri e Maurizio Belpietro, sono tutti pro Putin.
Ma la Presidente del Consiglio –dicevamo- ha fatto un capolavoro tattico ma non strategico. La strategia è una cosa ben più complessa della tattica perché è di lunga durata e prevede una serie di obiettivi intermedi in vista di quello finale.

Se vince Trump le chiederebbe conto della sua vicinanza a Biden
E deve fare attenzione ai suoi elettori, lo zoccolo duro che l’ha votata per la sua coerenza e che ora potrebbe tornare indietro e cioè alla Lega, visto che Forza Italia sui tempi medio - lunghi dovrebbe evaporare, anche per la presenza interessata di Matteo Renzi
Trump, repubblicano, è la stella polare di tutte le destre mondiali.
Una sua vittoria il prossimo anno significherebbe la fine dell’appoggio Usa all’Ucraina e una marcata benevolenza, diciamo così, filorussa.
A quel punto Giorgia non potrebbe più fare un’altra piroetta e tornare come se niente fosse filo - russa abbandonando Zelensky e l’Ucraina al suo destino

 

Fonti Agi/ Ansa/ Affaritaliani

Il Senato ha bocciato la mozione di sfiducia individuale contro il ministro del Turismo, Daniela Santanché. Il testo presentato dal Movimento 5 stelle e appoggiato dal Partito democratico e da Alleanza Verdi e sinistra, ha ottenuto 67 voti favorevoli, 111 contrari e nessun astenuto.

"Ho detto la verità e chi dice il contrario mente sapendo di mentire", ha attaccato Santanché in Aula ribadendo di aver ricevuto l'avviso di garanzia solo il 17 luglio, giorni dopo il suo intervento in Parlamento sulla vicenda che la vede coinvolta. Dure le parole che ha rivolto all'opposizione: "Ci possono essere diversità di opinioni, diversità che io rispetto. Ho qualche difficoltà a comprendere come si possa promuovere sulla base di elementi di un'inchiesta pseudo giornalistica una mozione che non ha come oggetto il mio operato da ministro ma fatti che, se verranno evidenziati, sono antecedenti al mio giuramento da ministro e che ritengo di aver chiarito in quest'Aula".

I senatori di Azione e Italia viva - come annunciato alla vigilia - non hanno partecipato al voto e la loro decisione ha scatenato la critica del Movimento 5 stelle che ha accusato i renziani di "fare da stampella all'esecutivo". "In situazioni come queste disertare è essere complici", ha poi tuonato Giuseppe Conte in un post sui social.

Il responso dell'Aula, giunto al termine di una seduta durata quasi tre ore, è stato accolto con soddisfazione dal ministro che ha risposto ai cronisti che le chiedevano un commento dicendo: "È una bellissima giornata".

Il ministro - che sedeva vicino ad almeno dieci ministri da Salvini a Casellati, da Musumeci a Ciriani ad Abodi - si è poi detta dispiaciuta per gli attacchi ricevuti in queste settimane e ha confermato di rimanere fedele "ai principi di legalità, responsabilità, disciplina e onore che la Costituzione indica come valori e criteri di condotta per chiunque operi al servizio della nazione".

Il voto dei senatori della maggioranza è stato compatto. Lucio Malan, capogruppo di FdI, ha definito la mozione "un tentativo di strumentalizzare una vicenda resa nota da trasmissioni televisive e inchieste giornalistiche", un "tentativo per infangare e screditare il lavoro del ministro e di tutto il governo".

Massimiliano Romeo, capogruppo della Lega, l'ha invece bollata come "un errore politico" che "ha rafforzato il ministro, il premier Meloni e diviso l'opposizione". Un'operazione politica fantastica, una mezza disfatta". Per Licia Ronzulli, presidente dei senatori di FI per l'opposizione l'Aula di Palazzo Madama "deve diventare un'Aula del Tribunale. Chi siamo noi per giudicare la colpevolezza di un membro del governo? Per noi - ha rimarcato - solo i giudici hanno il potere di emettere sentenze in nome del popolo italiano".

Confermata la divisione nel fronte delle opposizioni, con il Pd e Avs che si sono uniti alla richiesta del Movimento 5 stelle e il gruppo Azione-Italia viva che non ha partecipato al voto segreto. Già prima dell'avvio della seduta Carlo Calenda aveva giudicato il testo "un grande regalo al governo" pur confermando la richiesta di dimissioni a Santanché. Parole ribadite nel corso della seduta dal capogruppo, Enrico Borghi, che ha chiamato in causa il presidente del consiglio, Giorgia Meloni. "Ci deve dire fino a quando questa situazione sarà sostenibile nel governo. È in capo al premier tutta la responsabiltà politica e giuridica in ordine alla permanenza del ministro" nell'esecutivo.

La decisione del Terzo polo è stata duramente contestata dal Movimento 5 stelle. Per Alessandra Maiorino, vice capogruppo, i renziani "hanno deciso da tempo di fare da stampella al governo". Avevamo il dovere di presentare questa mozione perché rispondiamo ai cittadini e non a strategie di Palazzo incomprensibili qui fuori".

Netto il giudizio del leader Giuseppe Conte. "Noi abbiamo orgogliosamente votato la sfiducia al ministro, qualche altra opposizione ha preferito disertare il voto abbandonando l'Aula. In situazioni come queste disertare è essere complici", ha scritto sui social prima di aggiungere: "In qualsiasi grande Paese oggi Santanché non sarebbe più ministro. In qualsiasi grande Paese il premier l'avrebbe accompagnata alla porta già da giorni".

Nel corso della seduta una breve bagarre si è scatenata in Aula quando Ettore Licheri ha paragonato i membri della maggioranza a dei "pagliacci". Il senatore pentastellato è stato subito ripreso dal presidente Ignazio La Russa che ha messo anche a tacere chi dai banchi di FdI, Lega e FI rispondeva con il grido di "vergogna, chieda scusa".

Polemica anche tra il dem Walter Verini e il ministro della Protezione civile e senatore, Nello Musumeci. Verini ha notato la presenza in Aula del ministro "mentre la Sicilia brucia".

Una polemica "davvero singolare", ha replicato Musumeci. "Dal Pd, con evidente arroganza, pretendono persino di dettare l'agenda delle mie giornate. Dimenticando peraltro che partecipò alla seduta del Senato proprio perché richiesto dalle opposizioni, con la loro mozione. Da quarantotto ore, in costante contatto con il dipartimento nazionale di Protezione civile, seguo da ministro l'evolversi della difficile situazione del maltempo dal Nord alla Sicilia", ha assicurato.

Intanto Il Senato ha bocciato con 79 no la mozione del M5s sul salario minimo. I sì sono stati 61, sette gli astenuti. L'Assemblea ha invece approvato l'ordine del giorno presentato dalla maggioranza, a prima firma Malan (FdI). Sono stati 82 i si', 60 i no e 8 gli astenuti.

"Uno slogan che rischia di creare problemi": Giorgia Meloni interviene così sul tema del salario minimo che, nelle ultime ore, ha visto il muro contro muro fra maggioranza e opposizione in Commissione Lavoro.

Il nodo rimane quello del decreto soppressivo alla proposta di legge dell'opposizione e, assieme a questo, il rinvio o meno a settembre della discussione in Aula. Due ipotesi su cui le opposizioni alzano una nuova barricata. La richiesta alla maggioranza è di ritirare il soppressivo e portare il provvedimento in Aula per la discussione generale, come previsto anche dal calendario della Camera.

La premier fino ad oggi è rimasta in silenzio davanti a un dibattito che si è sviluppato per lo più nelle aule del parlamento. Ma a poche ore dalla seduta della Commissione che deciderà sull emendamento soppressivo e dopo l'apertura di Rizzetto alla possibilità di ritirare l'emendamento, Meloni interviene a Rtl per dire che "il tema per il quale io ho un dubbio sul salario minimo è che è un bel titolo, funziona molto bene come slogan, ma nella sua applicazione rischia di creare dei problemi".

 

Fonte Agi e varie agenzie 

Marine Le Pen ha dichiarato di essere aperta a possibili accordi con Giorgia Meloni, in vista delle elezioni del Parlamento europeo previste per il 2024. Intervistata da La Verità, la presidente del Rassemblement National ha affermato di conoscere la premier italiana “da molto tempo”, sostenendo che “potremmo avere punti di vista diversi, ma meno di quanto pensa il presidente del Consiglio”. L’obiettivo di Le Pen sarebbe quello di unirsi in “un gruppo ampio, unito e forte nel Parlamento europeo”.

Durante l’intervista, la presidente francese ha espresso grande ottimismo per un’alleanza con Meloni in occasione delle prossime elezioni europee. “In materia di politica estera, ad esempio, le nostre differenze sono molto meno importanti della caricatura che se ne fa”, ha affermato Le Pen, sottolineando che “ciò che ci divide è secondario rispetto a ciò che ci unisce”. Secondo la presidente francese, la formazione di un “gruppo ampio, unito e forte” nel Parlamento Ue, che vedranno protagoniste le due presidenti, sarebbe possibile nel rispetto ovviamente delle “particolarità di ciascun partito, che ha le proprie tradizioni e il proprio contesto sociale”. Poi ha specificato: “Cerchiamo alleati, non cloni”.

Intanto Giorgia Meloni fa quadrato. La Premier si sente accerchiata e se la prende, in stile berlusconiano, con la pressa della magistratura. Se il Mes sembrava aver messo in imbarazzo il governo tutto quello che è arrivato dopo è quasi uno tsunami: da Santanché a Delmastro fino a La Russa (il figlio) ognuno, a modo suo, alle prese con la giustizia. È in questo quadro che ci si appresta ai tatticismi vari, già iniziati, in vista delle prossime elezioni europee. Lega e Forza Italia sono già usciti allo scoperto lasciando intendere che, seppure l’alleanza interne non sia in discussione, i piani in vista delle europee sono diversi. Con Identità e Democrazia il primo partito, con il Ppe il secondo.

Con Identità e Democrazia il primo partito, con il Ppe il secondo. Euroscetticismo contro europeismo. In mezzo c’è Fratelli d’Italia che media e fa sintesi con un sogno nel cuore: quello di creare un campo, più largo possibile, che possa battere la sinistra europea. Marine Le Pen, già alleata con Matteo Salvini, deve averlo capito e cerca di tendere una mano a Giorgia Meloni. In un’intervista a La Verità, la numero uno del Rassemblement National, ha detto : "Insieme alle Elezioni 2024 per cambiare l'Europa"

Intanto "Sul necessario sostegno militare all'Ucraina ci muoveremo nel pieno rispetto dei Trattati internazionali. Non è che se dalla Russia c'è una violazione dei trattati internazionali, noi dobbiamo fare lo stesso".
Lo ha detto il commissario Ue alla Giustizia Diedier Reynders rispondendo, nella conferenza stampa dopo il Consiglio Affari Generali, ad una domanda sull'invio di bombe grappolo all'Ucraina.

Joe Biden vola in Europa per il summit Nato di Vilnius, un nuovo test sulla sua leadership e sull'unità degli alleati, che rischia di essere minata dalle divisioni sul percorso d'ingresso di Kiev nell'Alleanza e dal veto di Turchia e Ungheria all' entrata della Svezia.

Ma anche dalle critiche alla decisione del commander in chief di inviare le controverse munizioni a grappolo all'Ucraina, bandite da due terzi dei Paesi Nato perché pericolose per la popolazione civile.

Un tour di quattro giorni che comincerà oggi a Londra, dove incontrerà il premier britannico Rishi Sunak a Downing Street e poi Carlo III a Windsor - per la prima volta dopo la sua incoronazione - partecipando ad un evento sul clima con filantropi ed investitori.

Prima di tornare, il presidente americano farà tappa giovedì ad Helsinki, che in aprile è diventato il 31/mo membro della Nato, mettendo fine al suo storico non allineamento, a causa dell'invasione russa in Ucraina.

Ma l'appuntamento clou è il vertice martedì e mercoledì con i leader della Nato, presente anche la premier Giorgia Meloni.
Biden dovrà fare esercizi di acrobazia per evitare crepe. Per questo ha già tirato una linea netta sull'Ucraina, frenando le spinte dei Paesi del fianco nordorientale per un suo rapido ingresso nell'Alleanza. Tre i motivi, spiegati in una intervista alla Cnn alla vigilia della sua partenza: "Kiev non è pronta a far parte della Nato... deve soddisfare altri requisiti", "non c'è unanimità tra i Paesi membri" e farlo ora "nel mezzo di un conflitto significherebbe entrare in guerra con la Russia", dato l'impegno alla mutua difesa "di ogni centimetro del territorio Nato".

Il presidente americano suggerisce invece di "tracciare un percorso razionale affinché l'Ucraina possa qualificarsi per poter entrare nella Nato" e promette che nel frattempo gli Stati Uniti, insieme agli alleati, continueranno a fornire sicurezza e armi all'Ucraina, "come fanno per Israele". Biden si è invece detto ottimista sull'ingresso a breve della Svezia nell'Alleanza, bloccato in particolare da Ankara, che rimprovera a Stoccolma l'ospitalità di militanti curdi e recentemente anche il corano bruciato impunemente in piazza. Il leader dem ha evocato una possibile leva di scambio, assecondando il desiderio turco di ammodernare la flotta di F-16 insieme a quello analogo della Grecia (i due Paesi hanno rapporti tesi), rafforzando così complessivamente le capacità militari della Nato. "Ma è una cosa ancora in corso", ha avvisato. Biden parlerà pubblicamente almeno due volte durante il suo viaggio in Europa: una dopo il vertice Nato, e un'altra dopo la tappa a Helsinki, dove è previsto un summit Usa-leader nordici.

L'attenzione è sull'incontro che Biden avrà a Vilnius con l'omologo turco Recep Tayyip Erdogan che dovrà convincere a togliere il veto all'adesione della Svezia alla Nato. Ieri sera il presidente americano ha parlato con il leader turco, come ha fatto sapere la Casa Bianca: "È stata una conversazione di 45 minuti e hanno parlato di una serie di questioni legate all'imminente vertice, tra cui la guerra in Ucraina (...) Hanno anche parlato dell'adesione della Svezia e hanno concordato di avere l'opportunità di sedersi insieme a Vilnius", ha dichiarato ai giornalisti il consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca Jake Sullivan.

In un comunicato, la stessa Casa Bianca ha spiegato che nella telefonata i due leader hanno espresso il loro impegno comune a continuare a sostenere l'Ucraina e hanno esaminato i loro sforzi per rafforzare i legami bilaterali. "Il Presidente Biden ha anche espresso il desiderio di accogliere la Svezia nella Nato il prima possibile", si legge. All'inizio della scorsa settimana, Biden aveva ricevuto il primo ministro svedese Ulf Kristersson alla Casa Bianca per segnalare il pieno sostegno di Washington all'adesione del Paese nordico alla Nato.

L'invasione russa dell'Ucraina, iniziata nel febbraio 2022, ha spinto Finlandia e Svezia a cambiare la loro posizione di neutralità che dura da tre decenni e a chiedere l'adesione alla Nato. Mentre la Finlandia è diventata il 31 membro lo scorso aprile, la domanda di adesione della Svezia è stata bloccata da Turchia e Ungheria.

La Turchia accusa la Svezia di assumere una posizione troppo permissiva nei confronti del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK), un gruppo di guerriglieri che ha lanciato una lotta armata contro lo Stato turco nel 1984 per chiedere una maggiore autonomia per i curdi e che è considerato un gruppo terroristico da Turchia, Svezia, Unione Europea e Stati Uniti.

L'indiscrezione arriva dal quotidiano francese Liberation: il capo e fondatore del gruppo di mercenari russi Wagner, Evgheni Prigozhin, si trova a Mosca dal 1 luglio. Vengono citate fonti di intelligence occidentali che però non hanno certezze sulle sorti del comandante, dopo il tentato ammutinamento di fine giugno. Si sa che è stato convocato al Cremlino dove ha incontrato il presidente Vladimir Putin, e ha avuto colloqui sul futuro della Wagner col generale Viktor Zolotov, comandante della Guardia nazionale Rosgvardia e fedelissimo del capo di Stato, come anche con Serghei Naryshkin, capo del servizio di intelligence estero.

Dopo qualche ora arriva la conferma del presidente russo. Vladimir Putin, attraverso il suo portavoce Dmitri Peskov, fa sapere di aver incontrato al Cremlino Evgheni Prigozhin, il 29 giugno.

"Sì ha avuto un incontro del genere", ha detto alla stampa Peskov, spiegando che vi hanno partecipato "tutti i comandanti dei distaccamenti e la direzione della compagnia, compreso lo stesso Prigozhin. Questo incontro si è svolto al Cremlino il 29 giugno. È durato quasi tre ore".

Secondo Peskov, Putin all'evento "ha dato una valutazione delle azioni della compagnia al fronte e ha anche dato la sua valutazione degli eventi del 24 giugno, ha ascoltato le spiegazioni dei comandanti e ha offerto loro ulteriori opzioni per la loro attività".

 

Fonte Ansa e varie agenzie

"Oggi gli Alleati hanno concordato un pacchetto di tre elementi per avvicinare l'Ucraina alla Nato. Innanzitutto, un nuovo programma di assistenza pluriennale per l'Ucraina. Consentire la transizione dall'era sovietica agli standard, all'addestramento e alle dottrine della Nato", ha spiegato Stoltenberg. "Per aiutare a ricostruire il settore della sicurezza e della difesa dell'Ucraina. E per coprire esigenze critiche come carburante, attrezzature per lo sminamento e forniture mediche".

"In secondo luogo, un nuovo Consiglio Nato-Ucraina, un forum per le consultazioni in caso di crisi e il processo decisionale, dove ci incontreremo alla pari", ha aggiunto. Infine, gli Alleati hanno "accettato di rimuovere il requisito per un piano d'azione per l'adesione". Ciò cambierà il percorso di adesione dell'Ucraina da un processo in due fasi a un processo in un'unica fase", ha assicurato Stoltenberg. "Nessuno conosce meglio di te la situazione che stiamo affrontando", cosi' lo aveva 'benedetto' Biden al suo arrivo.

"Tutti gli alleati concordano che l'Ucraina sarà un giorno nella Nato. Io e Zelensky abbiamo parlato delle garanzie che possiamo dare nel mentre e ringrazio i leader del G7 per le garanzie di sicurezza: aiuteremo l'Ucraina a costruire una forte difesa, in modo che sia una fonte di stabilità nella regione". Lo ha detto il presidente Usa Joe Biden chiudendo la riunione dei leader del G7 a margine del vertice Nato a Vilnius, in Lituania.

"Siamo tutti d'accordo che il futuro dell'Ucraina è nell'Alleanza" e la dichiarazione del G7 garantisce "il nostro impegno per il futuro", ha aggiunto Biden. "Zelensky e io - ha spiegato - abbiamo parlato delle garanzie che possiamo stabilire nell'attesa" e "oggi i membri del G7 dichiarano che il nostro sostegno durerà a lungo nel futuro".

Il portavoce del Cremlino denuncia una "forte posizione anti-russa alla vigilia del vertice" e preannuncia una reazione negativa anche alla prevista adesione svedese all'Alleanza

Un processo accelerato di adesione dell'Ucraina alla Nato porrebbe grossi rischi di sicurezza all'Europa. A sottolinearlo è il Cremlino. "E' potenzialmente molto pericoloso per la sicurezza europea", ha affermato il portavoce Dmitry Peskov, citato dall'Interfax.

Peskov ha poi denunciato "una forte posizione anti-russa" nella fase preparatoria del vertice di Vilnius ed ha preannunciato una reazione negativa alla prevista adesione svedese all'Alleanza, con l'adozione di misure paragonabili a quelle adottate dopo che la Finlandia è entrata a far parte della Nato.

"La Russia è percepita da loro (i membri della Nato, ndr) come un nemico, un avversario e la discussione sarà precisamente in questo spirito. Seguiamo questo evento molto da vicino, molte dichiarazioni saranno analizzate attentamente per adottare misure dirette a garantire la nostra sicurezza", ha sottolineato Peskov.

La Russia adotterà "misure adeguate" per garantire la propria sicurezza di fronte all'allargamento della Nato, ha fatto sapere poi il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov. "Trarremo conclusioni a seconda di quanto velocemente e profondamente si svilupperà la Nato nel territorio di Finlandia e Svezia", ha sottolineato, ritenendo che Helsinki e Stoccolma stanno negoziando il dispiegamento di "infrastrutture" dell'Alleanza vicino al confine con la Russia.

Saremo in grado di estendere un invito all'Ucraina ad aderire all'Alleanza quando gli alleati saranno d'accordo e le condizioni saranno soddisfatte". Sono le ultime tre righe del paragrafo undici della dichiarazione conclusiva del vertice della Nato.

Tre righe che, sposando la linea della Casa Bianca, gelano le ambizioni del presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, di bruciare le tappe verso un pieno riconoscimento come membro dell'Alleanza atlantica.

"È senza precedenti e assurdo che non sia fissato il calendario né per l'invito né per l'adesione dell'Ucraina. Mentre allo stesso tempo viene aggiunta una formulazione vaga sulle 'condizioni' persino per l'invito. Sembra che non ci sia disponibilità né a invitare l'Ucraina alla Nato ne' a renderla membro . Ciò significa che viene lasciata una finestra di opportunità per negoziare l'adesione alla Nato nei colloqui con la Russia. E per la Russia, questo significa motivazione per continuare il suo terrore. L'incertezza è debolezza", aveva criticato il presidente ucraino ancora prima di mettere piede al vertice, dove è atteso oggi alla cena con tutti gli altri 32 leader (c'è anche lo svedese che ieri ha ottenuto la promessa di ratifica da parte del presidente turco, Recep Tayyip Erdogan).

Al segretario generale, Jens Stoltenberg, è toccato il compito di spiegare ai giornalisti quanto sia importante il passo compiuto e come in realtà le cose siano cambiate molto rispetto alla dichiarazione di Bucarest del 2008, quando la Nato aprì le sue porte - sulla carta - a Kiev. "Oggi abbiamo rimosso il requisito del piano d'azione per l'adesione" e questo "trasforma un processo, che si è sempre basato su due passaggi, in un solo passaggio", ha spiegato.

"Non è stata una decisione facile da prendere, sono lieto che gli alleati abbiano trovato l'accordo", ha assicurato. "Una seconda differenza" rispetto al documento del 2008 "è che adesso abbiamo un programma su come sostenere e aiutare l'Ucraina ad avvicinarsi alla Nato. Si tratta dell'interoperabilità con le forze armate Nato, "ma anche del rafforzamento dei nostri legami politici". Inoltre, ha aggiunto, "nel testo che abbiamo concordato oggi, si fa riferimento al fatto che i ministri degli Esteri valuteranno regolarmente i progressi" di avvicinamento di Kiev all'alleanza euroatlantica.
"L'ultima differenza è che nel 2008 l'Ucraina era piuttosto lontana dalla Nato, ma quanto successo da allora l'ha già avvicinata molto".

 

Fonti agi, e varie agenzie

Colloqui segreti Usa-Russia con l'obiettivo di gettare le basi per potenziali negoziati con cui porre fine alla guerra in Ucraina. Lo riporta la Nbc News che, citando diverse persone a conoscenza dei fatti, riferisce di incontri tra un gruppo di ex alti funzionari della sicurezza nazionale americana con esponenti russi vicini al Cremlino e, tra questi, il più alto diplomatico del paese, Sergei Lavrov. L'incontro diplomatico di alto livello 'dietro le quinte' si è svolto ad aprile a New York e ha visto il ministro degli esteri russo impegnato in colloqui che si sono protratti per diverse ore.  

Secondo una recente indiscrezione messa in campo dalla testata americana NBC News, gli USA potrebbero essere al lavoro sulla pace in Ucraina. Sembra, infatti, che diversi funzionari ed ex funzionari governativi americani abbiano avuto, nei mesi scorsi, diversi incontri segreti con dei loro omologhi russi, e che in almeno un’occasione avrebbero coinvolto anche il massimo diplomatico del Cremlino, ovvero il ministro degli Esteri Sergey Lavrov. Complessivamente non vi sono conferme su nessun fronte dell’avvio di una possibile missione di pace in Ucraina da parte degli USA, ma la tesi risulta credibile tanto per le parole del presidente americano Biden che più volte ha chiesto l’avvio di colloqui, quanto per il fatto che come fonte, la testata, citi diverse persone coinvolte negli stessi colloqui segreti.


All'ordine del giorno della riunione alcune delle questioni più spinose della guerra in Ucraina, come il destino dei territori controllati dalla Russia che l'Ucraina potrebbe non essere in grado di liberare, e la ricerca di una formula diplomatica che potrebbe rivelarsi accettabile per entrambe le parti. Al tavolo con Lavrov Richard Haass, ex diplomatico e presidente uscente del Council on Foreign Relations, Charles Kupchan e Thomas Graham, ex funzionari della Casa Bianca e del Dipartimento di Stato e membri del Council on Foreign Relations.

Tra gli obiettivi perseguiti, quello di mantenere aperti i canali di comunicazione con la Russia ove possibile e capire dove potrebbe esserci spazio per futuri negoziati, compromessi ed attività diplomatica per favorire la fine della guerra. L'amministrazione Biden era a conoscenza delle discussioni che però non si sono svolte sotto la sua direzione. Gli ex funzionari coinvolti hanno informato il Consiglio di sicurezza nazionale su ciò che è emerso dai colloqui, hanno detto due delle fonti.

Intanto secondo il presidente bielorusso, Alexander Lukashenko, potrebbero iniziare entro l'autunno i colloqui per la pace. "Questo è possibile. Forse non a settembre, ma un po' più tardi. Non voglio rivelare nulla, ma gli europei ne stanno già parlando: Francia, Germania", ha dichiarato durante un incontro a Minsk con giornalisti stranieri e locali.

Il presidente bielorusso ha esortato Russia e Ucraina a sedersi ora al tavolo dei negoziati "senza precondizioni", sostenendo che dopo la controffensiva di Kiev non sarà più possibile farlo. "Dobbiamo fermarci ora. Abbiamo già fatto molte cose cattive, ma potrebbe andare peggio. Pertanto dobbiamo fermarci ora, sederci al tavolo dei negoziati senza precondizioni. Dobbiamo decidere tutto al tavolo dei negoziati", ha detto.

Secondo Lukashenko, dopo la controffensiva ucraina non ci sarà più questa possibilità. "Oggi puoi parlare con l'Ucraina e raggiungere accordi di pace. Intendo la Russia. Dopo la cosiddetta controffensiva, la situazione cambierà", ha spiegato.  

Fonte AdnKronos / varie agenzie

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