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Berlusconi strappa: «Votiamo contro»

Silvio Berlusconi, alla vigilia del voto conclusivo della Camera sulla riforma costituzionale, scioglie il nodo della scelta dei forzisti che allo stesso ddl avevano dato il loro sì al Senato. L'ex Cavaliere, nell'ultima giornata della condanna del processo Mediaset, parla in collegamento telefonico con la manifestazione di FI a Bari per le regionali.

«Martedì votando contro la riforma diremo no all'arroganza e alla prepotenza di un Pd che non è stato capace di cambiare il Paese».

Berlusconi formula una spiegazione per la frenata degli azzurri: «Abbiamo imparato a nostre spese che per loro il partito viene prima del Paese. Speravamo con Renzi di chiudere vent'anni di guerra strisciante.

Invece, per loro dialogare significa imporre le proprie idee. Noi - dice ancora il leader azzurro - ci avevamo creduto fino in fondo. Ma ora, a testa alta, possiamo dire che non siamo stati noi a tradire quel cammino che poteva cambiare il Paese».

L'annuncio dell'ex Cavaliere era stato anticipato da Giovanni Toti che, dal palco della kermesse pugliese, aveva detto di Renzi che «per lui la condivisione è ”io dico una cosa e voi fate sì con la testa“. Di fronte a questo ci sembra che le riforme, che erano un tassello del patto del Nazareno, siano crollate. Non vedo quindi perché dovremmo dare il nostro sì a riforme mediocri e uscite male».

«Un errore politico la chiusura sulle riforme», attacca Lorenzo Guerini, vedendo nella decisione di Berlusconi «le paure di una leadership in difficoltà». Il vicesegretario del Pd aggiunge, comunque: «Se il Cav ci ripensa, sa dove trovarci». E in un ”ripensamento“ sembrano sperare anche alcune voci interne a FI, come quella della senatrice Repetti e della deputata Ravetto, che rilevano un difetto di «coerenza» in a un voto della Camera che contraddicesse quello del Senato sulla stessa materia.

Dissensi palesi dalla linea Renzi nella minoranza dem. Pippo Civati annuncia che non prenderà parte al voto di domani alla Camera e invita tutti gli esponenti del Pd che hanno criticato l'impianto della riforma a fare lo stesso. Più incerto Cesare Damiano, il quale, pur rilevando come «nella riforma ci siano ancora dei limiti», afferma che «sicuramente non voterà contro, anche per gli importanti miglioramenti apportati al testo del Senato». Più severo il giudizio del bersaniano Alfredo D'Attorre: «Se si insisterà a dire che ”non si può toccare nulla“, escludendo anche le correzioni ragionevoli e necessarie, si corre un rischio molto forte di una spaccatura nel Pd e di una interruzione del processo riformatore».

Gli replica, forte dei numeri di Montecitorio favorevoli al governo, Matteo Renzi sulla sua Enews: «Ci siamo. Martedì andiamo alla Camera con il voto finale sulla seconda lettura. Puntiamo al referendum finale perché - scrive il premier - per noi decidono i cittadini, con buona pace di chi ci accusa di atteggiamento autoritario. Il popolo, nessun altro, dirà se i parlamentari hanno fatto un buon lavoro o no». Renzi, inoltre, si sofferma sui punti cardine della legge elettorale, anche per la quale si avvicina il voto conclusivo del Parlamento, e afferma «manca l'ultima lettura - quella finale - alla Camera», lasciando intendere che all'attuale testo dell'Italicum non ci saranno altre modifiche, al contrario di quanto gli chiede la minoranza del Pd.

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