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Il presidente del Consiglio ha lasciato il Palazzo del Quirinale dove ha consegnato le sue dimissioni nelle mani del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Conte è uscito in auto da mezz'ora dal suo arrivo. Il premier aveva già comunicato le dimissioni nel CdM di questa mattina. Un CdM che, a quanto si apprende, si è chiuso con un momento "molto affettuoso" e gli applausi dei ministri al premier.

Quando il presidente della Repubblica riceve le dimissioni del premier può decidere, dopo consultazioni dei gruppi parlamentari, di conferire un mandato esplorativo ad un personaggio istituzionale (nel 2018 Mattarella lo conferì ai presidenti di Camera e Senato), o dare il mandato pieno o esplorativo al presidente del Consiglio uscente (che accetterebbe con riserva), oppure direttamente avviare proprie consultazioni al Quirinale: con i presidenti delle Camere, i rappresentanti dei gruppi parlamentari di Camera e Senato ed il presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano.

Con le dimissioni, e fino al giuramento di un nuovo Esecutivo nelle mani del Capo dello Stato, il governo uscente rimane in carica per lo svolgimento degli affari correnti. Tra questi rientra l'eventuale emanazione di decreti legge in casi di necessità ed urgenza.

In mancanza del rapporto fiduciario, con la crisi di governo si ferma tutta l'attività parlamentare, eccetto che per gli atti urgenti come la conversione dei decreti legge in scadenza. L'attività ordinaria delle Camere riprende solo dopo che il nuovo Esecutivo avrà incassato la fiducia da entrambe le Camere.  
In base alla riforma della legge sull'Ordinamento giudiziario del 2005, entro il ventesimo giorno dalla data di inizio di ciascun anno giudiziario, il ministro della Giustizia rende comunicazioni (cui segue un voto) alle Camere sull'amministrazione della giustizia nel precedente anno. La relazione (in calendario alla Camera per mercoledì 27 gennaio) è di fatto propedeutica alla inaugurazione dell'Anno Giudiziario in Cassazione. Tuttavia, si registrano due precedenti di relazioni presentate ma non votate. 

Il primo è stato nel 2008, quando l'allora Guardasigilli Clemente Mastella si recò in Aula a Montecitorio per tenerla a poche ore dall'arresto (ai domiciliari) della moglie Sandra Lonardo. Mastella parlò alla Camera ed andò a dimettersi, per cui non ci fu un voto sulla relazione. L'unico precedente di relazione tenuta durante un governo dimissionario risale, invece, all'epoca di Mario Monti nel 2013. Si decise in quella occasione di dare per assolto l'obbligo con la semplice trasmissione della relazione alle Camere senza svolgere le comunicazioni in Aula.  

Secondo il quotidiano Libero,con l'apertura della crisi nella maggioranza, un po' di scompiglio è arrivato anche nel centrodestra. Matteo Salvini e Giorgia Meloni, infatti, sono per il ritorno alle urne. Ma, allo stesso tempo, sospettano ci sia qualcuno all'interno della coalizione più favorevole a un "governo Ursula", a un governo di unità nazionale. Ecco perché dopo la notizia delle dimissioni di Giuseppe Conte i due leader hanno convocato un vertice, una sorta di chiamata unitaria alle “armi”. Come riporta Repubblica, i segretari di Lega e Fratelli d'Italia vogliono innanzitutto mettere in riga Giovanni Toti e i centristi dell'Udc: "Se entrerete in un Conte ter, sarete fuori dal centrodestra ovunque".

Meloni e Salvini, sottolinea Libero,infatti, non hanno per niente gradito le uscite di Paolo Romani di Cambiamo e di Paola Binetti dell'Udc, entrambi aperti alla possibilità di un governo di “salvezza”. Il chiarimento definitivo però lo si pretende soprattutto da Silvio Berlusconi. Anche lui, infatti, parteciperà - da remoto - al vertice del centrodestra. In particolare, è stata considerata ambigua la nota del Cavaliere diffusa quando non erano ancora certe le dimissioni di Conte: "La strada maestra è una sola: rimettere alla saggezza politica e all’autorevolezza del capo dello Stato di indicare la soluzione della crisi attraverso un governo che rappresenti l'unità sostanziale del Paese in un momento di emergenza, oppure restituire la parola agli italiani".

Il leader della Lega secondo Agi, invita allora a usare "le prossime settimane per ridare la parola al popolo e poi avremo per cinque anni un Parlamento - sottolinea - e un governo seri, legittimati e non scelti a Palazzo, ma dagli italiani.

L'Italia rischia di essere esclusa dai giochi olimpici di Tokyo 2021. Le imprese sono in ginocchio e i ristoratori manifestano in piazza. L'Europa bacchetta l'Italia per i ritardi sul Recovery Fund. Emerge un buco da quasi 16 miliardi di euro nei conti dell'Inps. Un milione e duecentomila lavoratori sono ancora in attesa della cig che non arriva. Cosa fa il Governo davanti a tutto questo? Passa l'intera giornata a occuparsi di beghe di Palazzo. Conte sì, Conte no, Conte ter. Dimissioni sì, dimissioni no, dimissioni domani. L'Italia non si merita questo schifo",  scrive su facebook la presidente di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni

Crisi di governo e dimissioni del premier Conte, secondo ADN kronos, Forza Italia fa quadrato e smentisce le voci che vorrebbero 15 transfughi azzurri pronti a passare alla maggioranza nella nuova veste di 'costruttori'. "E’ una balla, Rocco Casalino butta dei nomi falsi nella mischia, li fa filtrare per creare tensione nei partiti o per distogliere dai nomi veri", tuona il senatore di Forza Italia Andrea Cangini a 24Mattino di Simone Spetia su Radio 24. "C'ero finito dentro anche io e sono ancora infuriato, ma Conte non avrà la possibilità di allargare la maggioranza, ha ingannato su questo e ha bluffato anche con il Capo dello Stato", ha sottolineato.  

"La nostra posizione è chiara, anche oggi Berlusconi ha fatto un'intervista...Forza Italia ha cultura di governo, non si dividerà dagli altri alleati di centrodestra. Nessuna decisione vedrà Forza Italia differenziarsi da Fdi e Lega", le parole di Maurizio Gasparri, senatore di Fi, a La7. "La priorità è tenere unito il centrodestra, il centrodestra discutera ma non si dividerà", assicura. "Va tanto di moda la coalizione Ursula, agli ursuliani che inseguono le Ilone, ricordo che la von der Leyen è del nostro partito, una maggioranza Ursula sarebbe a guida Berlusconi, quindi se vogliono un governo Berlusconi...non faremo le ancelle di Conte, Casalino e Bettini", avverte il senatore azzurro.

E in una nota Giorgio Mulè, deputato di Forza Italia e portavoce dei gruppi azzurri di Camera e Senato, rinforza il concetto: "La posizione del presidente Berlusconi e quindi di Forza Italia, o governo di unità nazionale o voto, non è figlia dell'improvvisazione o del calcolo ma l'abbiamo sempre sostenuta dall'inizio di questa crisi di governo che si ufficializza con le dimissioni di Conte. E' una posizione che va nella direzione che dicono in tanti ma in pochi fanno e cioè - spiega ancora - di anteporre il bene del Paese agli interessi particolari e quindi della disponibilità a prendersi responsabilità arretrando rispetto a un programma politico di parte con un governo di unità nazionale dove tutti facciano un passo indietro politico e buttino il cuore oltre l'ostacolo per portare l'Italia fuori dalla crisi

I capi delegazione del M5s Alfonso Bonafede, del Pd Dario Franceschini e di Leu Roberto Speranza avrebbero ribadito in Consiglio dei ministri il loro sostegno a Giuseppe Conte, dopo che il presidente del Consiglio ha comunicato la sua decisione di dimettersi.

Abbiamo affrontato la pandemia e una delle fasi più difficili della storia repubblicana "al meglio delle nostre capacità e crediamo con molti risultati positivi, grazie alla guida del presidente Conte e al sostegno delle nostre forze politiche", avrebbe detto, a quanto si apprende, Dario Franceschini in Cdm. "Questo cammino ci consente oggi di pensare a questa maggioranza anche in prospettiva, come una area di forze riformiste alleate non solo temporaneamente. Per questo è fondamentale salvare questa prospettiva anche nel percorso della crisi che abbiamo davanti".

"Credo che il Pd abbia dimostrato di essere un partito di grandissima responsabilità - così la vicepresidente del Pd Debora Serracchiani allo speciale Tg1 -, il Pd è unito e c'è bisogno di essere un punto fermo in un percorso strettissimo e complicato. Abbiamo bisogno di rilanciare l'azione di governo e lo abbiamo detto anche prima di questa crisi che è incomprensibile. Il punto imprescindibile è Conte e bisogna allargare e rilanciare l'azione di governo". "Nessuno può mettere veti a nessuno e in politica mai dire mai. La crisi è una battuta di arresto che ci preoccupa immensamente, e prendiamo atto che lo stesso Renzi ha detto che non ci debbano essere veti su Conte. Cerchiamo di fare ragionamenti solidi in tempi brevi".

Un messaggio arriva ancha dal presidente Cei. La Chiesa "non è di questa o di quell'altra parte - ha detto il card. Gualtiero Bassetti -. Quello che ci sta a cuore è il bene di ogni persona e di ognuno insieme agli altri, quello di cui c'importa è la vita delle persone, quello che sosteniamo è il nostro Paese". "Guardiamo con attenzione e preoccupazione alla verifica politica in corso in uno scenario già reso precario dalla situazione che stiamo vivendo. Auspichiamo che la classe politica collabori al servizio dei cittadini, uomini e donne, che ogni giorno in tutta Italia lavorano in operoso silenzio e che si giunga a una soluzione che tenga conto delle tante criticità". 

 

Fonti : Ansa / Agi / Adnkronos / Libero / il giornale

 

 

 

In una lunga intervista rilasciata alla Verità, l'ex ministro commenta la situazione politica in America e in Europa, all'indomani dell'insediamento del nuovo presidente degli Stati Uniti, ricordando l'antitesi dei due mondi creati da Barack Obama e Donald Trump: "Il mondo della globalizzazione" e "il mondo della deglobalizzazione"  

"Nel 1720, in Francia, che allora era il centro del mondo, ci sono due fenomeni: la peste levantina e il crollo del sistema finanziario globale inventato da John Law. È da qui che arrivò la rivoluzione". Un pericolo che rischiamo di correre ancora oggi: "Puoi continuare a stampare denaro... Ma solo finché la gente ci crede. Un piccolo suggerimento, tratto da un antico proverbio sudamericano: Fermati e aspetta che la tua anima ti raggiunga".  Secondo l'ex ministro Giulio Tremonti, l'arrivo di Joe Biden alla Casa Bianca non salverà le sorti politiche dell'Europa e dell'Italia  

Secondo Tremonti, nella sua intervista alla Verita riportata da il giornale,non sarà Biden ad aiutare il nostro Paese, né l'Europa: "È ragionevole pensare che, per un certo periodo, Biden si occupi dell'America". E chi si aspetta il contrario sbaglia: "È più che provinciale l'atteggiamento di certi politici italiani, che vedono nella nuova presidenza Usa la loro salvezza contro sovranisti e populisti. Aspettarsi di colmare un deficit di forza politica in Italia con un surplus di forza politica in America è abbastanza puerile". Tremonti fa poi un'analisi di un possibile cambiamento dell'Europa dovuto alla pandemia: "Nel Trattato sul funzionamento dell'Ue c'è scritto che è competenza concorrente dell'Unione e degli Stati la lotta ai 'flagelli internazionali'. L'Europa ha funzioni di coordinamento, ma va detto che, dopo mesi e mesi di silenzio, ha iniziato a esercitare. Meglio questo che niente".  

E oggi, di tutto questo, non resta che "la crisi della globalizzazione. La globalizzazione ha messo in crisi la democrazia - e la pandemia ha messo in crisi tutte e due. Cosicché, oggi, la lotta di classe postmoderna è tra vincenti e perdenti della globalizzazione. E i perdenti stanno a destra come a sinistra", uniti da una crisi messa in atto dal meccanismo che aveva tentato di risolvere quella finanziaria del 2008, alla quale Bush e Obama risposero con un intervento statale. "Una soluzione che ha consentito al meccanismo di andare avanti per un altro decennio- spiega Tremonti- durante il quale è stata creata dal governo una quantità enorme di moneta dal nulla. È quello che in Europa chiamiamo easing. E che sarà all'origine della prossima crisi". E Joe Biden arriva proprio "dopo questo processo di crisi". Una crisi che è stata acuita dalla pandemia da Covid-19, che "ha hackerato il software della globalizzazione, il suo meccano mentale tutto positivo e progressivo. Superata l'emergenza sanitaria, restano gli effetti di crisi mentale, sociale ed economica": secondo Tremonti, è "la globalizzazione che da sogno si trasforma in incubo".

Intanto negli USA  in un articolo pubblicato da Leoniero Dertona  sui scenari economici che ha avuto un certo riscontro fra il pubblico l'intervista a Ray Dalio, noto miliardario, gestore di Hedge Fund, cioè esperto anche di speculazione e di mercati, ha parlato della possibilità che una politica monetaria sbagliata da parte della FED, accompagnata alla politica economica del duo Yellen Biden, possa portare alla rottura del tessuto sociale degli USA:

A febbraio, ho detto scrive scenari economici, che volevo un presidente che potesse “riunire il nostro paese per affrontare le nostre sfide in un modo più unito e meno divisivo”.
Volevo qualcuno che unisse le persone, cioè che non si considerasse il leader della parte vincente che impone politiche che l’altra parte troverebbe intollerabile.

Credo che siamo sull'orlo di una terribile guerra civile (come ho descritto nella serie The Changing World Order), dove siamo a un punto di svolta tra l’entrare in una sorta di inferno di lotte o il ritirarci per lavorare insieme per la pace e la prosperità che affronta la grande ricchezza, i valori e le lacune di opportunità che stiamo vedendo ora. Per questo motivo sono stato entusiasta di sentire cosa ha detto il presidente Biden al suo insediamento. È coerente con la direzione in cui la storia ha mostrato che il paese ha bisogno di muoversi.


Quello che preoccupa Dalio è l’estrema partigianeria della società USA, già vista, per esempio, nell gestione dei social media, unita alla sempre maggiore divisione che sta separando ricchi e poveri, con i primi sempre più ricchi ed i secondi sempre di più, e sempre più miserabili. esiste veramente questa possibilità? Si, anche perchè i movimenti più radicali USA non hanno lasciato le armi e la lotta, anzi assalti e vandalizzazioni sono andate avanti, come d esempio a Portland.   Un continuo abuso d’indennizzi, senza la possibilità di riprendere a lavorare, potrebbe portare a una società troppo dipendente dalla politica monetaria e dal debito pubblico, portando ad una conflittualità tra mantenuti e abbandonati che porterebbe a una crisi permanente.

Invece l’Italia? scrivono scenari economici, potrebbe il nostro paese cadere in una spirale di conflittualità civile sino alla guerra, magari accompagnato da qualche altro paese europeo? Sicuramente andremo verso una tensione crescente che potrebbe giungere a una forma di scontro sociale, anche se non alla vera e propria “Guerra”, in questo caso per un mix di politiche economiche sbagliate e d'illusione e bugie create ad arte per “Passare la nottata”, senza rendersi conto che, prima o poi sorgerà il giorno.

Il governo secondo scenari economici, ha distrutto la classe media imprenditoriale, riducendola al lumicino e, peggio ancora, umiliandola con i vergognosi ristori. L’opinione pubblica è stata tenuto parzialmente anestetizzata con il “Recovery Fund”, promettendo centinaia di miliardi di aiuti, ma senza spiegare che sono, alla fine, solo nostre tasse che verranno spese in investimenti a scarsa produttività e che, soprattutto, obbligheranno a seguire un cammino d’investimenti poco adatto alle nostre infrastrutture, ma che vincoleranno le nostre spese e le nostre tasse per decenni.

I talk show, i messaggi politici, i giornali parlano tutti di questi miliardi piovuti dal cielo.Oggi ad un talk show banalmente politico (senza opposizione, ça va sans dire) di La, ho sentito un professore della Bocconi affermare che “Non possiamo perdere questi soldi”. peccato che questi soldi saranno tutti pagati dalle nostre tasse, ed in modo molto pesante.

 

Fonti : Scenari Economici / il giornale / La Verita

 

 

 

 

Nemmeno è caduto il governo Conte 2 e già si ipotizza un Conte-ter. Le inventano tutte per evitare, ancora una volta, di presentarsi al cospetto degli italiani in libere elezioni.È una menzogna che non si possa votare. Elezioni subito!  

«Se non ci sarà la fiducia, la via maestra resta quella delle elezioni».
Al presidente della Camera, si è detto durante la riunione, sarà chiesto di non consentire lavori per oggi se prima Conte non sarà venuto in aula a verificare se ha ancora una maggioranza. Nella nota congiunta si legge un appello al Colle: «Ci affidiamo alla saggezza del Presidente della Repubblica per una soluzione rapida».

«Compattezza» è la parola d'ordine del vertice, convocato alle 18, in contemporanea con l'esplosione della maggioranza, per offrire l'immagine di un centrodestra largo e unito. Ci sono il leader della Lega, Matteo Salvini, il vicepresidente di Forza Italia, Antonio Tajani, la presidente di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni, ma anche Giovanni Toti di Cambiamo!, Lorenzo Cesa dell'Udc, Maurizio Lupi di Noi con l'Italia. Non si è collegato Silvio Berlusconi.

«Nessun responsabile», «nessun patriota», «nessun governo con il Pd» si ripetono l'un l'altro durante l'incontro a ranghi completi. Come si legge nella nota, «i partiti del centrodestra ribadiscono con chiarezza la loro indisponibilità a sostenere governi di sinistra».

Il voto è considerata la via preferenziale «per riportare al governo del Paese una maggioranza coesa ed omogenea, con un programma condiviso» e «all'altezza dei problemi drammatici».

Durante il vertice si è, inoltre, dato mandato a Salvini di rappresentare le comuni preoccupazioni della coalizione al Colle.

"Ho appena parlato con il presidente Mattarella e gli ho chiesto, non solo a nome del centrodestra unito, ma di 60 milioni di italiani che non stanno capendo cosa succede, di fare in fretta", ha poi riferito il segretario leghista, parlando coi cronisti. "Se c'è un governo vorremmo saperlo. Il presidente Conte non può star lì altri giorni senza spiegare all'Italia cosa sta succedendo. O va a dimettersi al Quirinale o viene in Parlamento e ci racconta se ha trovato per strada qualche senatore disposto a rinnovargli la fiducia. Noi chiediamo che Conte venga domani in Parlamento".

Il pressing del centrodestra per una parlamentarizzazione della crisi è stato netto, così come la richiesta di voto politico anticipato come soluzione alla situazione politica (anche se FI non sembra insistere, come Lega e FdI).

"Non c’è più tempo per tatticismi o giochi di potere: il centrodestra unito, prima forza politica del Paese, aspetta  da ieri che Giuseppe Conte venga in Parlamento a prendere atto di una crisi conclamata - hanno scritto i leader nella nota congiunta diffusa al termine del vertice -.  L'Italia, il Parlamento e il Presidente della Repubblica meritano rispetto. La situazione è drammatica: Conte non può far finta di niente".

I contatti interni alla coalizione sono costanti e domani dovrebbe tenersi un altro vertice, il terzo in tre giorni.  Nel colloquio telefonico avuto in serata, viene riferito, Salvini e Berlusconi si sono "confrontati sulla situazione politica, condividendo la preoccupazione per la situazione del Paese, e hanno accennato anche alle elezioni amministrative: clima cordiale e di grande compattezza", si garantisce.

"Qualunque sia la soluzione, è necessario attuarla al più presto, senza perdere neppure un giorno nei tatticismi della politica di palazzo", ha poi scritto il Cavaliere in una nota, diffusa anche per garantire che le sue "condizioni di salute sono buone". "La mia attività prosegue normalmente, in costante contatto con i miei collaboratori e i protagonisti della vita pubblica, in questo momento così difficile per il Paese - ha affermato -. Non sono preoccupato per le mie condizioni, mi preoccupo per quelle di tanti italiani vittime del Covid e di altre malattie e di tanti altri italiani che subiscono le conseguenze di una crisi gravissima. Mi preoccupo anche, di conseguenza, per il rischio che la crisi politica che si è aperta aggravi la paralisi decisionale del Paese in un momento così difficile".

"In un Paese normale, il presidente del Consiglio avrebbe già dovuto dimettersi o già presentarsi alle Camere - ha osservato, dal canto suo, Meloni -. E anche se Conte dovesse avere i numeri andremo verso un governo ancora piu' debole. Per il centrodestra e per FdI l'unica soluzione seria sarebbe andare al voto".

È quanto si legge in una nota congiunta firmata dal centrodestra dopo il vertice per fare il punto sulla crisi di governo che si è tenuto questa mattina.
Alla riunione, oltre ad Antonio Tajani (Forza Italia), Giorgia Meloni (Fdi) e Matteo Salvini (Lega) hanno partecipato anche Giovanni Toti (Cambiamo!), Lorenzo Cesa (Udc) e Maurizio Lupi (Nci). Nel corso del vertice è stato stabilito che, per seguire gli sviluppi della crisi del governo di Giuseppe Conte e concordare una strategia comune in vista di una possibile riedizione peggiorativa i leader dei partiti della coalizione si consultaremo ogni giorno fino alla sua soluzione. Una prova di compattezza, questa, che mira anche a disinnescare le voci su presunti "transfughi" pronti a lasciare la coalizione per correre in soccorso dell’esecutivo Conte.

Quello inerente la crisi di governo non è stato l'unico tema trattato nel corso del vertice. Durante la riunione, infatti, la coalizione si è confrontata sulle strategie per affrontare alcune questioni decisivi per il Paese: tra queste vi sono il piano vaccini, il Recovery plan, la scuola, i ristori e le nuove restrizioni anti-Covid.

"Il centrodestra è compatto, anche i centristi". Cosi il vice presidente di Forza Italia Antonio Tajani al termine del vertice del centrodestra. Il numero due degli azzurri esclude che si possano verificare uscite da FI per "rimpolpare" il presunto gruppo dei "responsabili". "Non mi risulta", ha risposto Tajani.

"Se Conte non è in grado di andare avanti si faccia da parte, il centrodestra è pronto ad offrire risposte concrete, la via delle elezioni è quella che segue mezza Europa", ha invece affermato Matteo Salvini incontrando i giornalisti. Il leader della Lega si mostra cauto sulla possibilità di un mandato esplorativo conferito al centrodestra se Conte non dovesse farcela: "Una cosa per volta, per me i numeri" nel centrodestra "ci sono. Italiani sappiano che noi numeri ce li abbiamo, noi ci siamo".

"L'atto conclusivo di questa esperienza fallimentare del governo Conte deve avvenire in Parlamento, il luogo dove risiede la volontà popolare: è qui che l'esecutivo deve venire a confrontarsi per capire se il presidente del Consiglio abbia ancora il supporto delle forze parlamentari. Fratelli d'Italia ha chiesto di restituire la parola agli italiani per avere un governo autorevole che garantisca stabilità. Chiediamo fermamente che si torni alle urne, come sta avvenendo in tutta Europa e come accaduto negli Stati Uniti. Non abbiamo ancora capito perché Conte non sia salito al Colle per rimettere il mandato. Non bloccate la Nazione alla ricerca di qualcuno che pur di restare attaccato alla poltrona è disposto a cambiare bandiera". Lo dichiara intervenendo in Aula il capogruppo di Fratelli d'Italia alla Camera, Francesco Lollobrigida.

Per il capo delegazione di Fratelli d’Italia - ECR al Parlamento europeo, Carlo Fidanza: “Tra le tante scuse per negare ancora una volta agli italiani il loro diritto a scegliersi un governo degno di questo nome, c’è anche quella, bizzarra, che non si potrebbe votare ora perché si rischierebbe di perdere le risorse del Recovery fund. Prima di tutto occorre ricordare che la prima bozza del governo risale alla metà dello scorso ottobre, sono passati tre mesi che la maggioranza ha impiegato a litigare su poltrone e rimpasti. Soltanto un governo unito e legittimato dal voto popolare può disegnare con credibilità l'Italia del futuro. Conte si dimetta, si sciolgono le Camere e si chieda agli italiani di scegliere un nuovo governo”. 

 

Fonti Gazzetta Tricolore / Agi/ il Giornale 

Con questi voti a Palazzo Madama non si può governare. L’esecutivo ha ottenuto 156 «sì» alla fiducia al Senato, un numero che non consente secondo Open,di andare avanti verso un piano di riforme strutturali. Quelle che chiede il Pd e il gruzzolo di «volenterosi» che, il 19 gennaio, ha scelto di prolungare l'agonia di questo esecutivo. La terapia intensiva del governo potrà finire soltanto se Giuseppe Conte riuscirà a convincere, mettendo sul piatto anche qualche incarico ministeriale, un gruppo di responsabili più corposo di quello che si è presentato alla conta dei voti. Ma se non si allarga la maggioranza, considerando il rientro di Italia viva, nemmeno la truppa dei tre senatori dell'Udc potrà bastare a superare la soglia dei 161.

Se il Parlamento è lo specchio del Paese, scrive il corriere,giusto finire con il Var. Servono le immagini per decidere se il senatore del Movimento 5 Stelle Lello Ciampolillo e il socialista Riccardo Nencini, uno dei possibili responsabili che Giuseppe Conte aveva chiamato «fine intellettuale», hanno chiesto di votare in tempo oppure in fuorigioco. Per il verdetto ci vuole mezz'ora buona: potevano votare, due sì in più. Ma il fuori programma dà la misura di quanto sia fragile il governo rimasto in piedi dopo lo strappo di Matteo Renzi. Tredici ore di dibattito, compresa l'ormai classica pausa sanificazione, e il contatore si ferma a 156 voti favorevoli, 140 contrari e 16 astenuti. La fiducia c’è, perché i sì superano i no e questo per la Costituzione basta. La solidità politica no, perché il margine è stretto, i tre senatori a vita che ieri hanno appoggiato Conte non ci sono sempre e specie nelle commissioni far quadrare i conti è un’impresa. «C’è un problema di numeri — aveva ammesso prima del voto il premier Giuseppe Conte — se non ci sono il governo va a casa». Per questo nei prossimi giorni la maggioranza potrebbe guadagnare qualche seggio. Sfruttando le tre caselle lasciate libere al governo e qualche spacchettamento dei singoli ministeri. Ieri da parte dei responsabili o costruttori, che più tardi Matteo Salvini chiamerà «complici», l’aiuto è arrivato. Hanno detto sì Sandra Mastella e Tommaso Cerno. Da Forza Italia Andrea Causin e Maria Rosaria Rossi, subito espulsi dal partito, ma non Maria Carmela Minuto. Vota no ma resta alla finestra Paola Binetti, «Oggi no ma domani...». Tra gli ex M5S no da Tiziana Drago e Michele Giarrusso, applaudito dal centrodestra.  

Quattro telefonate,scrive il corriere, di giorno e di notte e con l'ultima, un soffio prima del gong, Giuseppe Conte strappa il sì del socialista renziano Riccardo Nencini, che ha in tasca il simbolo del Psi. Ma con 156 voti c’è poco da esultare. Il premier da una parte è soddisfatto, «perché si va avanti e adesso bisogna correre, per superare l'emergenza sanitaria e la crisi economica». Dall'altra, a Palazzo Chigi c’è preoccupazione perché i numeri, è chiaro, «non sono straordinari». Il piano è tirare dritto, mostrando di non sentire le grida indignate delle opposizioni. Non dimettersi («e perché mai?»), ma semmai salire oggi stesso al Colle per riferire al presidente Mattarella. E poi? Stamattina un vertice di maggioranza, lavorare per far approvare Recovery e scostamento di bilancio e, da qui a fine febbraio,dare la caccia ai responsabili per allargare la maggioranza relativa con cui ha salvato il suo governo dalla «irresponsabilità di Renzi». La sofferta fiducia di Palazzo Madama è per Conte «un punto di partenza», ma il finale è incerto. Prova ne sia l'ansia con cui l'avvocato chiedeva ieri ai suoi interlocutori: «Davvero Zingaretti vuole andare a votare?». Se tra un paio di settimane i numeri non saranno lievitati, Conte dovrà arrendersi a salire al Colle.  

Per capire meglio quale sarà la contropartita che il governo giallorosso dovrà pagare all'ex premier bisogna rispolverare il suo editoriale di qualche giorno fa apparso sul Corriere della Sera. La lista dei tributi da inasprire prendeva spunto dall'audizione di Giacomo Ricotti di Bankitalia, Capo del servizio assistenza e consulenza fiscale di via Nazionale. Nella sua relazione il dirigente di palazzo Koch ha suggerito al governo di alzare le tasse sulla ricchezza e sugli immobili per liberare risorse per il taglio delle tasse in busta paga. Una sorta di patrimoniale mascherata che ha subito fatto breccia dalle parti di Monti. E così il Loden ha ribadito immediatamente la sua lista dei desideri tassaroli al premier: "Riforma fiscale, con adeguato spazio alle semplificazioni, ad un fisco 'friendly ma non troppo' verso i contribuenti, alla necessità di salvaguardare la competitività ; ma anche, senza pregiudizi in alcuna direzione, ai temi che solo in Italia sono considerati tabù, temi che tutti i partiti, pavidi, non osano neppure pronunciare : imposta ordinaria sul patrimonio, imposta di successione, imposizione sugli immobili e aggiornamento del catasto, imposizione sul lavoro, ecc. Ci si potrebbe avvalere, come punto di partenza, delle audizioni parlamentari svoltesi recentemente, in particolare di quella – meticolosamente non sovversiva, ma che non ha tabù – di Giacomo Ricotti della Banca d’Italia (11 gennaio 2021)". Parole forse fin troppo chiare che adesso, con il voto di fiducia di Monti incasellato tra i senatori che sostengono il governo, potrebbe dare spazio ad un vero piano horror fiscale.

È giusto ricordare che in questo contesto così debole per l'esecutivo, Giuseppi è appoggiato anche da Leu e Pd. Ed è proprio da una parte dem e da Leu che sono arrivate in parlamento proposte esplicite per una patrimoniale. Insomma la nuova maggioranza che sostiene l'esecutivo zoppo di Conte si basa su una voglia incontrollata di mettere le mani nel portafoglio di milioni di italiani. E c'è da scommettere che anche i conti correnti potrebbero entrare nel mirino del governo. Basti ricordare che con la nuova direttiva europea bastano pochi euro di rosso sul conto per far scattare l'inferno con tanto di segnalazione ed ingresso diretto nella black list di chi non paga. Con l'asse Monti-Conte non c'è dar star sereni nemmeno sul fronte previdenziale.

Il 2021 è un anno davvero decisivo per diversi motivi. Il primo è abbastanza noto: al 31 dicembre andrà in soffitta Quota 100 e al momento l'esecutivo non ha presentato una riforma credibile del sistema previdenziale che possa permettere un'uscita dal lavoro in anticipo in modo soft. Al netto della proroga di opzione donna, non c'è sul campo ad oggi una riforma che possa sostituire davvero Quota 100. E il piano gialloverde per l'uscita anticipata non è mai stato digerito da Monti e il timore, adesso, è che possa nuovamente tornare l'incubo Fornero con un inasprimento ulteriore dei requisiti per la pensione con un ulteriore ritocco all'età pensionabile. Ma non finisce qui. Dall'1 gennaio 2022 dovrebbe tornare in pista la rivalutazione premiante degli assegni previdenziali finora calmierati da un sistema penalizzante fortemente voluto anche dal governo Monti. L'esecutivo giallorosso aveva già tentato la strada delle proroga del blocco anche per tutto il 2022. Percorso abbandonato poi per le proteste dei sindacati. Ma è possibile che la proroga possa tornare con la nuova manovra che verrà varata alla fine di questo anno. Insomma il sì di Monti alla fiducia mette una sorta di catena al collo del governo. Una catena che pagheremo tutti no

Siamo seri: quei 156 voti a Palazzo Madama non bastano al governo. E la faccia del premier subito dopo i risultati tradiva tutta la preoccupazione di ritrovarsi d'ora in poi nelle mani di fuoriusciti e costruttori, sotto il costante ricatto di Italia Viva. Renzi, numeri alla mano, resta infatti ancora l'ago della bilancia del Parlamento: gli basta fare pollice verso per rimandare l’avvocato del popolo nelle aule dell’Università.

Dei 156 voti raggranellati ieri dai reclutatori contiani ben tre sono voti dei senatori a vita. Sorvoliamo sul fatto che il M5S fino a poco tempo fa voleva cancellare questo istituto feudale, stile “valvassini e valvassori”, e concentriamoci sul fatto che partecipano molto poco alle sedute dell’Aula. Liliana Segre ha la sua età, si definisce “spettatrice” al Palazzo, risulta presente o in missione solo nel 30,35% delle sedute, ed è probabile che al Senato si vedrà sempre meno. Nel computo dei voti “utili” possiamo anche non contarla: e siamo a 155. “Rigor Montis” (così lo chiamavano i 5S) ed Elena Cattaneo invece sono più attivi, ma nelle votazioni elettroniche risultano quasi sempre in missione. Monti ad oggi è stato presente il 5,62% delle volte, la collega il 27,97%. Poco, molto? Resta il fatto politico: fondare una maggioranza sui voti dei “non eletti”, ma di nomina perpetua, sembra davvero troppo.

Tolti i tre senatori a vita, dunque, il pallottoliere scende a 153. Di questi, due voti vengono da Forza Italia, e di solito queste cose non avvengono gratis. Maria Rosaria Rossi e Andrea Causin si faranno sentire per ottenere qualcosina e se non verranno accontentati diventeranno una spina nel fianco. 

Causin e Rossi sono fuori da Forza Italia: votare con il governo in questo caso non è una questione di coscienza". Antonio Tajani non le manda a dire e, visibilmente contrariato, spiega all'AdnKronos che i senatori azzurri che hanno votato la fiducia a Giuseppe Conte in Senato sono ormai da considerarsi fuori dal partito   

Lo stesso dicasi per gli ex Cinque Stelle tornati nei ranghi: se li avevano cacciati un motivo ci sarà, no? Tra i folgorati sulla via di Damasco c’è pure Tommaso Cerno, giornalista, eletto nelle fila del Pd, poi uscito dal gruppo e infine rientratovi. Domenica sera, in diretta a Non è l’Arena, aveva assicurato a Massimo Giletti che lui la fiducia non l’avrebbe votata. Quel ragionamento, riguardando il video, appare tutt’ora incomprensibile. Come incomprensibile è la rapidità con cui ci ha ripensato due giorni dopo. Chi assicura a Conte che chi cambia idea come le mutande non lo faccia ancora? Il governo, in sostanza, la maggioranza relativa la raggiunge solo cavalcando le onde dei sentimenti personali dei transfughi. 

Causin e la Rossi si sono lanciati. Causin secondo il giornale,abbozza pure una mezza giustificazione per tutto ciò. "Ho riscontrato nell'intervento del presidente Conte la volontà forte di apertura di una nuova stagione politica e di ripensare, in modo più incisivo ed efficace l'azione del governo soprattutto per il contrasto alla pandemia. Nel momento in cui, sarebbe più facile e comodo fuggire dai propri doveri, stare defilati ed attendere gli eventi, ho deciso di fare un passo avanti", dice l'ormai ex senatore forzista. "Il mio sì alla fiducia - continua - vuole essere un contributo ad aprire una stagione politica nuova in un Paese dove in soli 8 mesi, i bisogni e le questioni sociali sono radicalmente mutate".

"L'Italia e l'Europa stanno affrontando una crisi sanitaria ed economica senza precedenti scrive il giornale,non possiamo attendere la fine della pandemia per ricostruire il Paese. Si deve agire subito e, in questo scenario, ho deciso di accogliere l'appello del Presidente della Repubblica Mattarella condiviso dalle forze sociali ed economiche del Paese, e dare il mio contributo affinché si possa uscire da una crisi che gli Italiani non solo non comprendono, ma che sentono dalle paure oggi più che mai dalle paure e dai bisogni che hanno", ha aggiunto l'ex forzista. Causin parla pure di "passo avanti sofferto perché nella politica gridata di oggi certamente decidere significa anche recidere rapporti con le persone e con la comunità politica di Forza Italia a cui sono appartenuto e in cui mi sono trovato bene, nonostante io abbia pubblicamente sempre espresso grandissimo disagio e preoccupazione per una deriva populista e sovranista della coalizione, distante dai miei valori e dalla mia storia personale".

Pure la Rossi scrive il giornale,prova a dire qualcosa. "Ho votato la fiducia al presidente Conte, che non è un esponente di partiti. Conte in questo straordinario e delicato momento è la nostra unica interfaccia in Italia e nel mondo". Dice. La senatrice Maria Rosaria Rossi è appena tornata a casa. Raggiunta al telefono all'Adnkronos spiega la sua scelta di votare la fiducia al governo Conte in dissenso con la linea di Forza Italia. Il suo strappo spiazza il partito. L'ex azzurra sottolinea che "la visione di Conte è di una politica liberale, europeista e garantista

 

 

fonti :  il giornale/ corriere della sera / open 

Finisce il governo 'Conte bis'. Non basta l'apertura di Giuseppe Conte a un "patto di legislatura". Matteo Renzi annuncia le dimissioni delle ministre di Italia viva dal governo.  

La domanda circola ormai con insistenza dalle parti di Roma dopo lo strappo di Italia Viva, sarebbe votare o non votare? E prima ancora di capire come finirà la lunga agonia del governo giallorosso, qualcuno inizia a domandarsi se sia il caso o meno di far votare gli italiani. Non cosa, né quando, né come..

Uno degli sviluppi possibili di una crisi di governo, come si sa, è lo scioglimento anticipato della legislatura e il ricorso ad elezioni anticipate. Questo si verifica quando un Governo si dimette e le successive consultazioni del Presidente della Repubblica non si risolvono nella formazione di un nuovo esecutivo. È quello che è successo ad esempio nel 2008, quando la caduta del secondo Governo Prodi portò all'interruzione anticipata della legislatura iniziata meno di due anni prima.

L'esempio classico: anche il Regno d’Italia, in piena Grande Guerra, decise di “spodestare” Cadorna per Diaz quando comprese che la sua campagna militare ci avrebbe portato alla rovina. Altro esempio: il Regno Unito scelse Winston Churchill (e il nostro premier lo conosce bene), ottenendo le dimissioni di Neville Chamberlain dopo l'invasione tedesca della Francia. Parliamo ovviamente di situazione disastrose, di guerre mondiali, di eserciti pronti a tutti. Ma se la retorica dell'Italia in guerra viene sfruttata anche nella reazione alla pandemia, allora non è detto sia così distante. E i morti, purtroppo, continuano a essere una tragedia quotidiana.

Sono tanti i governi e i parlamenti che corrono verso la fine del mandato. E se è pure vero che quelli sono a scadenza naturale e non sono cadute anticipate, nessuno, per ora, ha messo in dubbio la scelta di andare al voto. Tanto più che tra voto per corrispondenza e contingentamenti, luoghi aperti, diversi e con più giorni, ci si aspetta che Paesi occidentali e moderni siano perfettamente in grado di far fronte ai pericoli. Si andrà tra pochi al giorno al voto in Portogallo, a marzo toccherà ai Paesi Bassi. In Germania, a settembre, ci saranno forse le più importanti elezioni di tutta l’Europa. E già a giugno andranno a votare alcuni dei suoi Lander. In Russia, sempre a fine estate, sarà il turno di altre fondamentali elezioni. Il Regno Unito idem. E altri piccoli (grandi) Paesi europei si preparano al voto (basti pensare a Repubblica Ceca, Albania, Norvegia e Cipro). E l’Italia, se pure dovesse andare al voto, non andrebbe certo domani: la Costituzione detta tempi precisi qualora Sergio Mattarella dovesse ritenere conclusa, insieme al premier, l'esperienza di questo parlamento.

Incrociando i risultati degli ultimi sondaggi, la riduzione dei seggi e con il Rosatellum, sistema elettorale in prevalenza maggioritario, la proiezione è chiara: l'opposizione di centrodestra avrebbe la maggioranza assoluta, con buona pace di Zingaretti & co. Ovviamente bisogna considerare le possibili alleanze ma i giallorossi non otterrebbero la vittoria né se permanesse lo schieramento del Conte bis, con Renzi come alleato, sia che si configurasse uno schieramento simile a quello proposto alle elezioni in Liguria, con Iv che corre in autonomia insieme a Calenda e +Europa. Se addirittura si rompesse completamente l'asse tra il Partito Democratico e il Movimento 5 Stelle, sarebbe trionfo del centrodestra, che andrebbe a prendere 248 deputati su 400 e 124 senatori su 200.

Sono solo due gli scenari che al momento porterebbero alla sconfitta del centrodestra, entrambi attualmente improbabili. Si dovrebbe spaccare l'alleanza, con Salvini e Meloni da una parte, Silvio Berlusconi, Renzi, Calenda e Bonino dall'altra. L'altro scenario, attualmente di difficile attuazione, vedrebbe un'alleanza di tutti i partiti che in questo momento non sono con il centrodestra: Pd, M5S, Iv, Leu, Azione e +Europa. Questo "minestrone" porterebbe comunque a una maggioranza risicata, con 202 seggi a Montecitorio (su 400) e 102 (su 200) a Palazzo Madama. Le simulazioni di YouTrend sono diventate la stella polare di questo parlamento ed è stato Lorenzo Pregliasco, fondatore e direttore di YouTrend, a riferire a Repubblica i sussurri di Palazzo: "Deputati e senatori che hanno visto la simulazione hanno detto: tanto non si vota. Abbiamo ribattuto che forse non si vota proprio per quello che c'è scritto lì dentro. Il voto punirebbe in particolar modo il M5S, destinato a perdere un terzo degli eletti, e Italia Viva".

Il vertice al Nazareno e il "no" al governo con il centrodestra: Anche il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri è giunto nella sede del Pd per il vertice sulla crisi di governo convocato dal segretario Nicola Zingaretti. Presenti i membri della segreteria, il vicesegretario Andrea Orlando, i capigruppo Graziano Delrio e Andrea Marcucci e i ministri.  "Abbiamo chiarito e dobbiamo ribadire che per noi è impensabile qualsiasi collaborazione di governo con la destra italiana, sovranista e nazionalista. Sarebbe un segnale incomprensibile. Le immagini di Washington ci dicono quanto pericolosa sia quella deriva. E' sbagliato dopo la vittoria di Biden favorire scenari che ridanno fiato come è accaduto con la scelta di Renzi, agli alleati di Trump", dice Zingaretti nel suo intervento alla riunione dell'ufficio politico del Pd. Quindi il monito di Graziano Delrio a parlamentarizzare la crisi: "Come gruppo dei democratici vogliamo che la crisi venga parlamentarizzare e che ci siano le comunicazioni".  "C'è un dato che non può essere cancellato dalle nostre analisi. Ed è a questo punto l'inaffidabilità politica di Italia Viva. Che è un dato presente e che io credo, e questo dovremmo tenerlo in considerazione, per come è avvenuto mina la stabilità in qualsiasi scenario si possa immaginare un coinvolgimento e una nuova possibile ripartenza", dice Zingaretti nel corso dell'ufficio politico del Pd.

"Il Movimento deve solo mantenere la linea delle ultime 48 ore - ha scritto in un post su Fb l'esponente M5s Alessandro Di Battista - Renzi ha squittito per far fuori Conte e basta? Benissimo, Conte resta al suo posto. Renzi ha lasciato il governo? Benissimo, non ci entrerà mai più. Senza Se e senza Ma. Intanto queste sono le due condizioni che la forza politica che ha preso più voti nel 2018 (con una legge elettorale, lo ricordo, fatta ad hoc contro il M5S) mette sul piatto. E siamo compatti. Finalmente".

Ma intanto la polemica non si placa. Il vicesegretario del Pd Andrea Orlando continua ad attaccare Italia Viva definendola responsabile per quanto accaduto: "Con una crisi economica galoppante Iv si è assunta la responsabilità di provocare la crisi che getta il paese nell'incertezza e nella confusione. Avevamo detto che si sarebbe creata una situazione di confusione e un salto nel buio. I nostri appello non ascoltati e purtroppo questo è avvenuto". E questo mentre i renziani non smettono di puntare il dito contro Conte. "C'è una crisi, due ministre si sono dimesse e il premier non vuole andare oggi al Colle e non vuole venire in Senato. C'è ancora una Costituzione in questo Paese o un DPCM l'ha cancellata? ", ironizza su Twitter il capogruppo Davide Faraone .

 

Fonti Inside Over /il giornale/ ansa / agi

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