Riprodurre, in musica, l'istantaneità del parlato e' pratica abbastanza diffusa nel jazz. Ma lo è comunemente nelle musiche popolari, altra latitudine in cui i suoni trovano ampie praterie entro cui liberarsi. C'è un ulteriore squarcio all'interno del quale possono dipanarsi melodie e ritmi, in modo diretto, immediato, attraverso fraseggi non scritti o comunque non dettati a monte ma costruiti, per così dire, a valle. On the borders, ai loro confini, nei loro interstizi mediani, si possono ritrovare esecuzioni come quelle contenute nell'album Instant Dialogues. E' li che Ciccio Merolla, percussionista, e Riccardo Veno, fiatista (termine di sintesi che sta per clarinettista sassofonista flautista e via annoverando strumenti come ciaramelle, sipsi, chalumeaux) si incontrano per dialogare, in assetto strumentale acustico, con il supporto dell'immaginazione creativa, su alcuni canovacci di massima: il brano sulla tribù Kadar, sul dio percussore di suoni Myo-On, su Anemos il Soffio e Gharbi' il vento dell'ovest che porta il sereno, che pare di scorgere sull'orizzonte nella foto di copertina di Mimmo Jodice; poi il canto segreto a una donna araba dal nome Najla e quello semplicemente primordiale, grecoantico, Melos, con sullo sfondo campane tibetane. La label Jesce Sole, manco a dirlo, opera a Napoli, al centro del Mediterraneo, capoluogo d'acqua della indoeuropeita', luogo simbolo di incroci est-ovest nord-sud fra culture ed etnie, migrazioni ed immigrazioni, melting pot prima di New Orleans. I due dialoganti navigano a vista fra quelle acque guardando anche ad ovest in Madiba, direzione afroamericana e verso il centro dell'Africa, in Sabbie, dove paiono accompagnare il passo delle carovane mentre il sax surriscalda con granelli cocenti scossi dalle percussioni quel certo suono esteso ma freddo alla Garbarek. Suggestivo anche il brano Sunday, sempre incedente mai tammurriante.
E, dal safari fra le note, e' nato questo mappamondo sonoro di Instant Dialogues.