Nel cuore del II Municipio, più precisamente nella splendida cornice di Piazza Trento, l’Avv. Pietro Nicotera ieri 18 settembre 2024 ha presentato il suo libro : “ Erich Priebke - Ricordi di un processo alla storia” .
La presentazione si è tenuta a Piazza Trento ( lato Via Postumia) mercoledì 18 Settembre 2024 alle ore 18.00, con il patrocinio del II Municipio di Roma.
Il libro tratta del processo tenutosi presso il Tribunale Militare di Roma nel 1996 all’ultimo criminale nazista Erich Priebke, uno dei responsabili “ DELL’ECCIDIO DELLE FOSSE ARDEATINE”, ed in particolare dell’esperienza vissuta dall’autore quale avvocato di parte civile che per la prima volta racconta episodi avvenuti nel corso del processo stesso poco conosciuti e le emozioni e sensazioni avute nel vivere un momento storico rivelando i retroscena di una vicenda giudiziaria fino alla sentenza del 1 agosto 1996 che scosse non solo l’Italia ma il mondo intero.
La prefazione del libro é stata affidata alla nota criminologa Dott.ssa Roberta Bruzzone la quale é riuscita ad estrapolare un profilo del criminale nazista in maniera perfetta .
Il convegno è stato moderato dall’ Avv. Eleonora Malizia, con l’introduzione ed i saluti istituzionali del vice presidente del II Municipio Emanuele Gisci.
Sono altresì intervenuti gli onorevoli Valerio Casini e Fabrizio Santori, entrambi consiglieri dell’ Assemblea Capitolina, l’Avv. Salvatore Sciullo in rappresentanza della Camera Penale di Roma ed infine l’Avv.Pietro Nicotera autore del libro.
Un evento di cultura, gremito di gente in una splendida cornice.
Questo libro “ Erich Priebke - Ricordi di un processo alla storia” del’Avv. Pietro Nicotera ripercorre l'iter processuale che ha portato Erich Priebke, criminale nazista implicato nell'eccidio delle Fosse Ardeatine, dall'arresto in Argentina fino a una sentenza, quella del primo agosto 1996, che scatenò l'ira mondiale. Si raccontano gli episodi e i colpi di scena che hanno caratterizzato il processo vissuti in prima persona dall'autore, esposti per la prima volta e portati alla conoscenza del pubblico.
Ma vediamo cosa era successo alle fosse Ardeatine e il crimine del criminale nazista Erich Priebke :
L’orrore dell’eccidio delle Fosse Ardeatine straripa dalle parole scelte dal Messaggero il 25 marzo del 1944 e arriva fino ad oggi,il giorno in cui le truppe di occupazione nazista uccisero 335 persone come rappresaglia per l’attentato partigiano di via Rasella, a Roma, il giorno prima, in cui morirono 33 soldati del reggimento Bozen. Erich Priebke, morto agli arresti domiciliari l’11 ottobre del 2013, dopo aver festeggiato il centesimo compleanno nella sua casa di Roma. Anche nelle sue ultime ore, l'ex ufficiale nazista aveva riacceso le polemiche con un video, diffuso dal suo legale, in cui continuava a difendersi: L'ordine era arrivato direttamene da Hitler e non poteva essere discusso. Un'affermazione più volte smentita dalle ricerche storiche. Priebke sosteneva anche che l’attentato di via Rasella fosse stato organizzato con lo scopo preciso di provocare la rappresaglia. Se la Storia fosse stata scritta dai gerarchi nazisti, le vittime oggi non avrebbero un nome, la strage sarebbe sepolta dal silenzio. L'assalto di via Rasella Siamo a Roma, occupata dall’8 settembre del 1943, una città piegata dalla fame e dalle incursioni aeree. Giorgio Amendola, a capo dei Gruppi di Azione Patriottica, organizza l’azione di via Rasella. Sceglie il 23 marzo - una data simbolica, l’anniversario della fondazione dei Fasci di Combattimento. Ricorderà, anni dopo, il battaglione Bozen che “passava ogni giorno alla stessa ora, con precisione teutonica”, lo sfregio quotidiano dell’occupazione.
L'assalto di via Rasella
Siamo a Roma, occupata dall’8 settembre del 1943, una città piegata dalla fame e dalle incursioni aeree. Giorgio Amendola, a capo dei Gruppi di Azione Patriottica, organizza l’azione di via Rasella. Sceglie il 23 marzo - una data simbolica, l’anniversario della fondazione dei Fasci di Combattimento. Ricorderà, anni dopo, il battaglione Bozen che “passava ogni giorno alla stessa ora, con precisione teutonica”, lo sfregio quotidiano dell’occupazione.
I 33 morti del reggimento Bozen
L’esplosione avviene nel primo pomeriggio; via Rasella si trasforma immediatamente in un selva di mani alzate e di uomini e donne che gridano. Il comandante della Wermacht, Kurt Maeltzer, arriva ubriaco, minaccia di fare saltare in aria tutta la via. I partigiani coinvolti, intanto, riescono a disperdersi, a nascondersi.
"Hitler sembrava impazzito"
In Germania, Hitler va su tutte le furie quando riceve la notizia dell’esplosione; l’ex colonnello SS Eugen Dollman, ricorda che “sembrava impazzito: per ogni tedesco morto voleva uccidere 30, 50 italiani”.
Per ogni tedesco morirà un italiano
Nel corso nella giornata gli ufficiali tedeschi decidono che una rappresaglia di quella portata avrebbe finito per nuocere al Reich. La giusta misura, una proporzione aurea dell'orrore viene stabilita infine dal Feldmaresciallo Albert Kesselring: dieci italiani per ogni tedesco.
A stilare l’elenco delle vittime è il tenente colonnello Herbert Kappler: detenuti comuni, condannati a morte, ebrei, civili rastrellati con l’aiuto della polizia fascista. E’ il questore Pietro Caruso ad aggiungere altre 50 vittime. Nella notte muore un altro soldato della Bozen, la lista delle vittime si allunga, ne servono altre dieci.
I camion carichi di detenuti
La rappresaglia ha inizio nel primo pomeriggio, quando i detenuti del Regina Coeli e di via Tasso vengono caricati sui camion e portati nel luogo scelto per l’eccidio, le antiche cave di tufo sulla via Ardeatina, poco lontano dall’Appia Antica, dove già si trovavano i resti di decine dei martiri cristiani. Nella sua deposizione Kappler racconterà di aver calcolato i tempi per uccidere in base al numero di suoi uomini, nelle armi e delle munizioni. Cinque vittime in più Quando li fanno scendere dai camion, Priebke e il capitano SS Karl Hass si rendono conto che la fretta e l’incuria hanno allungato la lista dei prigionieri: 335 invece di 330. Decidono di ucciderli ugualmente, liberarli avrebbe compromesso la segretezza della strage.
L'esecuzione in ginocchio
Li fanno scendere nelle gallerie male illuminate, a gruppi di cinque. Li fanno inginocchiare e sparano. Mentre le prime vittime cadono a terra, quelle successive sono costrette a mettersi in ginocchio sui loro corpi per andare incontro allo stesso destino. E così fino alla fine, quando i cadaveri ammassati sono così tanti che per sparare i soldati tedeschi devono calpestarli. Per nascondere alla cronaca e alla storia l’eccidio, Priebke e Kappler fanno saltare l’ingresso della cava. E se ne vanno. La portata della tragedia si verrà a conoscere solo nel giugno nel 1944.
Il lutto dei familiari e dei discendenti Per lungo tempo i familiari delle vittime non sapranno dove cercarli, riceveranno solo un certificato di morte. L'incertezza e le lacune si tramandano per generazioni: "Tutta la storia delle Fosse Ardeatine è stata così tormentata che non è mai finita - aveva ricordato tempo fa il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni - Esistono ancora dei punti da chiarire "