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La rete dello Stato islamico si insinua tra le pieghe della società italiana. Questa mattina sono stati messi a segno altri due arresti eccellenti: due immigrati, un tunisino di 35 anni e un pachistano di 27 anni, sono finiti in manette a Brescia con l'accusa di "associazione con finalità di terrorismo anche internazionale" e di "eversione dell’ordine democratico".

I due presunti terroristi arrestati oggi parlavano di colpire la base militare di Ghedi, nel Bresciano, e di altri obiettivi in Italia. Lo ha detto il procuratore aggiunto di Milano Maurizio Romanelli. I due pensavano di addestrarsi militarmente "in territorio siriano" e avevano scaricato dalla rete un manuale per i 'mujahidin occidentali'. Il tunisino e il pakistano avevano i documenti in regola e vivevano in Italia da anni, in particolare nel Bresciano, a Manerbio.

Le indagini, condotte dagli uomini della Digos e del servizio Polizia postale, hanno permesso di accertare che i due, sostenitori dell'Isis, svolgevano continuativa attività di istigazione pubblica in rete. I due arrestati sono un tunisino e un pakistano che aveva creato l'account twitter 'Islamic_State in Rom' e progettavano azioni terroristiche.

Le ordinanze di custodia cautelare sono state firmate dal gip Elisabetta Meyer. I due avevano i documenti in regola e vivevano in Italia da anni e in particolare nel Bresciano, a Manerbio. Uno dei due risulta residente a Milano ma è domiciliato nella cittadina in provincia di Brescia. Le foto con messaggi minacciosi a firma 'Islamic State' sullo sfondo di alcuni luoghi-simbolo italiani, a Roma e Milano, che i due avrebbero fatto circolare su un profilo twitter, erano già emerse circa tre mesi fa, a fine aprile.

Il pakistano e il tunisino arrestati nel corso del blitz antiterrorismo della Digos di Milano e della Polizia postale parlavano tra loro in italiano, non avendo un'altra lingua comune in cui esprimersi. E' quanto emerge dalle indagini, che si sono avvalse anche di intercettazioni, coordinate dal procuratore aggiunto di Milano Maurizio Romanelli e dal pm Enrico Pavone.

I due arrestati, da quanto si è saputo, lavoravano da anni in Italia, uno come operaio e manovale e l'altro nel settore delle pulizie. L'indagine è stata rapida, è scattata circa tre mesi fa dopo le prime segnalazioni della Polizia postale su quei messaggi minatori online ed ha portato stamani agli arresti. Il 26 aprile scorso, infatti, avevano iniziato a circolare sul web foto con testi minatori e di propaganda jihadista il cui messaggio, in sostanza, era "siamo nelle vostre strade", ossia si sosteneva che l'Isis era arrivato anche a Roma e Milano. "Siamo nelle vostre strade. Siamo ovunque. Stiamo localizzando gli obiettivi, in attesa dell'ora X": questi i messaggi, scritti a penna su dei foglietti in italiano, arabo e francese e tenuti in mano probabilmente dalla stessa persona che scattava la foto. Sullo sfondo diversi scorci, dal Colosseo, al Duomo fino alla stazione di Milano. In un caso, sotto la scritta 'Islamic State in Rome' appare anche il nome di Omar Moktar. Si tratta di un leader di Al Qaeda, ma anche del cosiddetto 'Leone del Deserto', il famoso eroe nazionale libico che condusse negli anni '20 la guerriglia anticoloniale contro gli italiani.

Il tunisino aveva creato su Twitter l'account Islamic_State_in_Rom e, insieme al complice pachistano, progettava azioni terroristiche sul territorio italiano. Nel corso dell'operazione contro il terrorismo internazionale denominata "Bay’a", la polizia postale è riuscita a risalire a decine di messaggi minacciosi a firma Islamic State che avevano sullo sfondo alcuni luoghi-simbolo di Roma e Milano. 

I due terroristi lavoravano come operai in un’azienda della Bassa bresciana. Lassad Briki, nato il 12 febbraio 1980a Kairouan (Tunisia), risiedeva a Manerbio. In questo paesino in provincia di Brescia è stato raggiunto da Muhammad Waqas, nato il 16 agosto 1988 a Gujirat (Pachistan). Pare che non fossero legati ad alcun gruppo ma che si muovessero da soli. "I due pensavano di addestrarsi militarmente in territorio siriano - ha spiegato il procuratore aggiunto di Milano Maurizio Romanelli - erano consapevoli di non avere un addestramento militare consolidato".


La raffica di arresti degli ultimi mesi stanno riportando alla ribalta il dibattito politico sulla costruzione di nuove moschee. Se a Firenze il sindaco Dario Nardella tira dritto sull'apertura di un nuovo luogo di culto, a Milano il centrodestra si prepara ad alzare le barricate. Fratelli d'Italia ha chiesto a Pisapia di chiudere il bando che viola ben due leggi regionali. "Ricordiamo i dieci jiahdisti presi meno di un mese fa, ricordiamo la ragazza italiana e la sua famiglia convertiti alla guerra santa - tuona De Corato - dove si sono convertite queste persone? Dove pregavano?". In molti casi le moschee possono, infatti, diventare luoghi di ritrovo per i terroristi. Per garantire il più possibile la sicurezza, la Regione Lombardia ha varato la legge sui luoghi di culto. "Il centrosinistra che governa Milano non vede l’ora di aprire due moschee - conclude De Corato - ma aprire adesso nuove moschee è una follia".

Anche Viviana Beccalossi, assessore regionale al Territorio, chiede "un giro di vite" sulle moschee. "Se questo è il modello di accoglienza tanto auspicato da Renzi e dal centrosinistra, non possiamo dormire sonni tranquilli - continua - per chi non lo avesse ancora capito, il prossimo passo, nel nome dell’integrazione islamica, sarà la nascita di un partito in grado di condizionare in maniera forte e diretta le politiche del Paese che più di ogni altro, per collocazione geografica, è maggiormente vulnerabile all’islamizzazione".

 

Anche Firenze potrebbe vedere, già nei prossimi mesi, la costruzione di una nuova moschea. Il centrodestra ha già chiesto di sentire i cittadini, attraverso un referendum, per capire come la pensano. Una prova di democrazia che Nardella non ha alcuna intenzione di appoggiare. "Non è mai stato fatto un referendum per aprire una chiesa o un luogo di culto - tuona il primo cittadino di Firenze - altrimenti lo dovremmo fare con ebrei, copti, ortodossi e cristiani...". E sfida il centrodestra a considerare la moschea un'occasione di "arricchimento del contesto culturale ed interreligioso della città e non uno strumento di lotta politica da parte dei musulmani".

 

La bomba immigrazione è esplosa da due anni. Solo la premiata ditta Matteo Renzi & Angelino Alfano sembra non accorgersene.

Gli immigrati giunti in Italia via mare nel 2015 sono saliti a quota 82.464, il 9% in più rispetto all'anno scorso, quando si registrarono 76.634 arrivi nello stesso periodo considerato. E' quanto emerge dai dati del Viminale aggiornati a ieri. Nel 2015 si raggiunse la cifra record di 170mila migranti sbarcati; un numero destinato ad essere superato nel 2015 se gli arrivi proseguono con questo ritmo. Gli stranieri ospitati nelle strutture di accoglienza sono invece 84.490.

"Un primo passo" sbandierato da Alfano che dice di avere ottenuto per l’Italia "molto di più di quello che tutti i governi precedenti avevano mai pensato di avere". Che il leader di Ncd abbia fallito su tutti i fronti lo dimostra l'allarme lanciato dal direttore della polizia delle Frontiere, Giovanni Pinto parlando di "situazione senza precedenti". "Nel 2013 e nel 2014 sono arrivati in Italia 170mila migranti - pronostica nel corso di un convegno organizzato dalla Guardia di Finanza - quest’anno già viaggiamo sulle stesse cifre e forse arriveremo a 200mila".

I ministri degli Interni dell’Unione europea, riuniti questo pomeriggio per discutere del piano per la redistribuzione di migranti con diritto d’asilo dalla Grecia e dall’Italia, sono orientati ad accettare le proposte provenienti dai diversi Stati per accoglierne in totale 35mila. La cifra inizialmente stabilita nel programma della Commissione Ue era di 40mila, ma alcuni paesi hanno dato una disponibilità inferiore alle attese (Spagna, Austria, Repubblica ceca, Slovacchia, Polonia) mentre solo l’Irlanda e la Germania hanno dato cifre più elevate. I ministri potrebbero in questo caso decidere di fare un punto della situazione entro la fine dell’anno ed eventualmente aumentare il numero complessivo delle relocation. Quanto al reinsediamento dei 20mila rifugiati già presente nei campi profughi del Medio Oriente, invece, la disponibilità dei Paesi è superiore e al meccanismo partecipano anche alcuni paesi terzi (Islanda, Norvegia, Liechtenstein).

Stando al report dell'Unhcr, l'agenzia dell'Onu che si occupa dei rifugiati, tra il Niger e la Nigeria stanno infatti preparando campi per 500mila sfollati. Si tratta delle persone che fuggono dalle violenze del gruppo terroristico di Boko Haram. L'Italia rischia così di diventare il centro di hot spot, punti caldi dove "ci sarà un primo screening del migrante", ovvero un luogo dove si deciderà "se il migrante può essere accolto come richiedente asilo o se deve essere espulso".

Nonostante provi a ridimensionare le preoccupazioni della polizia delle Frontiere, i numeri snocciolati da Morcone sono l'evidenza di un'emergenza che il governo Renzi non vuole vedere. E a soffrirne sono sempre gli italiani. Che negli ultimi giorni hanno iniziato a ribellarsi alla linea di Alfano di accogliere ad oltranza sistemando migliaia di clandestini in centri improvvisati nel giro del Paese. "Nella distribuzione dei migranti nelle regioni italiane - spiega Morcone - siamo riusciti a portare avanti un piccolo riequilibrio ma ancora del tutto insufficiente, perché comunque in Sicilia rimane il 18% delle persone". Anche le Regioni del Nord stanno facendo sforzi significativi. La Lombardia, per esempio, ospita l'11% dei disperati sbarcati in Italia negli ultimi mesi. Il Veneto, poi, è passato dal 3% al 6%. Ma al Viminale ancora non basta. "Ci stiamo sforzando di andare avanti - insiste Morcone - tenendo ferma la barra sulla conferenza Unificata dello scorso anno e su quelle modalità".

l trend - cerca di minimizzare il prefetto Mario Morcone, capo del Dipartimento per l’immigrazione del Viminale - ci consentirà di restare al di sotto della pianificazione nazionale che ci faceva temere di superare le 200mila persone, invece sono 170mila circa". Pronostico che viene subito smentito dalla polizia delle Frontiere che parla di "almeno 200mila arrivi" per il 2015 e che fa impallidire l'accordo per la redistribuzione di 32mila immigrati abbozzato ieri a Buxelles.

Morcone rinfaccia, poi, ai Comuni di non aderire al sistema Sprar. "Bisognerebbe renderlo più 'appetibile' - suggerisce - abbassando la quota di cofinanziamento e allentando il patto di stabilità per i Comuni che aderiscono". Un bando straordinario per 10 mila posti sarà indetto alla firma di Alfano nella Conferenza unificata che si terrà in settimana. "Cosi - conclude - ci avvicineremmo sempre più a un sistema ordinario, in cui i Comuni siano protagonisti".

L'obiettivo del Viminale, oltre che minimizzare un'emergenza che si fa sempre più incandescente ogni giorno che passa, è spalmare le decine di migliaia di immigrati che continuano ad arrivare trasformando l'Italia nel campo profughi d'Europa.

Cerca di accontentare i suoi dando in elemosina la futura legge sulle unioni civili ancora tutta da approvare a meno che i suoi alleati di governo non abbiamo già dato il via libera svendendo i propri valori in cambio di qualche nuova poltrona"afferma Barbara Saltamartini, deputato della Lega Nord. "Ribadisce - prosegue - che il Pd ha preso più voti della Merkel ma non se ne è accorto nessuno. Non conta nulla in Europa e la conferma è arrivata dal fallimento del semestre di presidenza italiana. Nessuna autorevolezza sulla crisi ucraina e greca tantomeno sull'invasione che l'Italia sta subendo di immigrati. Ormai a corto anche di contenuti non gli resta che parlare del look di Salvini e di quella che lui definisce la "becera" destra. Fa quasi tenerezza. Ormai è costretto a queste assurdità pur di tentare di recuperare terreno interno al suo partito e magari nel Paese. Peccato che gli italiani oggi non hanno tempo da perdere su questioni di look hanno bisogno di risposte ai problemi economici, sociali e di sicurezza di cui il nostro paese soffre. E il governo Renzi non è in grado di darne

Ma Renzi pensa che siamo tutti scemi ? Oggi promette che toglierà l'Imu sulla prima Casa tolta dalla Lega e rimessa da loro e l'Imu sui terreni Agricoli, inventata da lui. Faccio un appello alla signora Renzi: porta Matteo in vacanza qualche giorno, tuo marito ormai non ne fa una giusta!". Lo scrive sul suo profilo di Facebook il leader della Lega, Matteo Salvini che sottolinea: "Renzi ridotto all'insulto per contrastare la Lega è una cosa tristissima per tutti gli italiani. Noi pronti a sostituirlo". "A Milano andava in onda il Renzi show con tanto di figuranti e claque mentre fuori dal palazzo va di scena la quotidianità. Renzi millanta grandi risultati ottenuti dal suo PD al governo peccato che gli italiani non li hanno visti, il tempo scorre e anche oggi l'unica cosa che dice è "faremo", rinviando ancora una volta le riforme necessarie all'Italia.

Quattro italiani sono stati rapiti in Libia. In una nota appena diffusa, la Farnesina informa che quattro italiani sono stati rapiti in Libia nei pressi del compound dell'Eni nella zona di Mellitah. Si tratta di dipendenti della società di costruzioni Bonatti. L'Unità di Crisi si è immediatamente attivata per seguire il caso ed è in contatto costante con le famiglie dei connazionali e con la ditta Bonatti.

La Bonatti spa è un general contractor internazionale che ha sede a Parma. Offre, spiega il sito istituzionale della azienda, servizi di ingegneria, costruzione, gestione e manutenzione impianti per l'industria dell'energia. Ha sussidiarie o associate in Arabia Saudita, Egitto, Algeria, Kazakhstan, Austria, Messico Canada, Mozambico e Libia. Bonatti opera in 16 nazioni: Algeria, Austria, Canada, Egitto, Francia, Germania, Iraq, Italia, Kazakhstan, Messico, Mozambique, Romania, Arabis Saudita, Spagna, Turkmenistan e appunto Libia.

Come noto in seguito alla chiusura dell'ambasciata d'Italia in Libia il 15 febbraio, la Farnesina aveva segnalato la situazione di estrema difficoltà del paese invitando tutti i connazionali a lasciare la Libia.

Per il ministro degli esteri Paolo Gentiloni è al momento difficile fare ipotesi sugli autori del rapimento di quattro italiani in Libia. Gentiloni lo ha detto a margine di una riunione dei ministri degli Esteri dell'Ue oggi a Bruxelles, precisando che l'Unità di crisi della Farnesina sta lavorando con urgenza.

Come noto in seguito alla chiusura dell’ambasciata d’Italia in Libia il 15 febbraio, la Farnesina aveva segnalato la situazione di estrema difficoltà del Paese invitando tutti i connazionali a lasciare la Libia. Secondo l’agenzia di stampa libica al Tadhamoun, i quattro italiani erano da poco rientrati in Libia dalla Tunisia e sono stati rapiti domenica sera a Sebrata. Fonti interne all’impianto di gas e petrolio di Mellitah aggiungono che le forze di sicurezza locali non sono a conoscenza nè dell’identità dei rapitori, nè del luogo dove sono state condotte le persone sequestrate.

Gli italiani sarebbero stati sequestrati da elementi vicini al cosiddetto "Jeish al Qabail" (L’esercito delle Tribù), le milizie tribali della zona ostili a quelle di "Alba della Libia" (Fajr) di Tripoli. Lo riferisce l’inviato dell’emittente televisiva "al Jazeera" che cita fonti militari di Tripoli. I quattro italiani sono stati rapiti in una zona che fino a poco tempo fa era teatro di scontri e che solo di recente si è calmata dopo la tregua sottoscritta dalle milizie tribali e da quelle di Alba della Libia.
La situazione dunque in Libia si fa sempre più pericolosa per i nostri connazionali. Ma ad essere a rischio è tutto il nord Africa. Solo qualche giorno fa un'autobomba è esplosa al Cairo davanti alla sede del consolato italiano. Un gesto poi rivendicato dall'Isis su cui però ci sono i dubbi dell'Antiterrorismo. Non è ancora chiaro se l'obiettivo dell'attentato fosse proprio il consolato italiano.

"Il petrolio della Libia ai musulmani". È questo uno degli slogan che circolano nelle aree controllate dall’organizzazione dello Stato islamico (Is) in Libia, in particolare nella città di Sirte, nella cui area si trova il 60% delle riserve petrolifere del Paes

Come spiega il quotidiano londinese ’Al-Sharq al-Awsat’, infatti, la propaganda dell’Is in Libia è sempre più concentrata sulla promessa dell’arricchimento personale dei jihadisti attraverso l’esportazione del petrolio libico per mezzo di mediatori nei Paesi del Mediterraneo. Una promessa che però è difficilmente realizzabile, come ha spiegato l’analista di questioni nordafricane al Centro ’Al-Ahram’ per gli studi politici e strategici, Kamel Abdallah, secondo cui la capacità dell’Is di esportare il greggio libico è "una grande illusione". Per Abdallah, "l’Is è in grado di esportare facilmente il petrolio dalle aree sotto il suo controllo in Iraq e Siria, poiché i meccanismi lì sono complessi e intricati". Tuttavia, il caso della Libia
è diverso, poiché in questo Paese "si possono monitorare le coste, tutto è molto chiaro ed è possibile rintracciare eventuali operazioni di contrabbando".

Nonostante le molotov e le pietre lanciate ieri notte dal black bloc e dagli anarchici di Exarchia, rafforzati da almeno 14 'stranieri' (tra cui un italiano) arrestati dalla polizia, Alexis Tsipras resta in sella, prepara il rimpasto di governo e vince la sfida che gli avevano lanciato la Germania e l'Europa. Non credevano che sarebbe mai riuscito a far approvare le prime riforme. Invece i 300 deputati del Parlamento la scorsa notte gli hanno detto 229 volte sì, 64 no, 6 astenuti e 1 assente.

Che dall'ala "neo comunista-stalinista" di Syriza siano arrivati 32 'no' con quelli del ministro dell'energia Lafazanis, dei vice delle finanze Valavani e della difesa Isychos, più quelli della presidente della Camera Zoe Konstantopoulou e dell'ex ministro Varoufakis più 6 astensioni e un' assenza, è politicamente rilevante. Può preoccupare per la messa in atto del lungo percorso di riforme, appena cominciato.
Ma intanto il suo governo ha dimostrato all'Europa di fare sul serio. Tanto che i regimi Iva cambieranno già da lunedì.

Ed oggi, vista da Atene la spaccatura di Syriza sembra un' ammaccatura vista la raffica di notizie che arrivano dall'Europa: Bce che aumenta il livello dell'Ela permettendo la riapertura delle banche da lunedì prossimo, Eurogruppo che approva il piano di aiuti triennali, Fmi e Draghi che 'sponsorizzano' la ristrutturazione del debito, Jean Claude Juncker che assicura il prestito-ponte almeno fino a metà agosto. Persino il parlamento finlandese che approva la trattativa per il terzo piano di salvataggio.

In un sondaggio riservato, la Syriza fedele a Tsipras viaggia attorno al 40%, nonostante la rabbia del popolo dell'OXI. Certo, in Grecia il consenso fa presto a svaporare. Ma intanto il ministro dell'Interno anticipa che ci potrebbero essere elezioni anticipate in autunno. Potrebbe essere il modo per fare pulizia in un partito come Syriza dalle troppe anime diverse.Intanto Tsipras incassa l aiuto verbale e morale del FMI :

Per uscire dalla crisi greca "bisogna ristrutturare il debito per alleggerire il fardello", e più precisamente "prolungare considerevolmente le scadenze, il periodo di grazia durante il quale non è effettuato nessuno pagamento e ridurre gli interessi il più possibile". Lo dice il direttore generale del Fmi, Christine Lagarde, ai microfoni di Europe 1.
Il Fmi, ha poi aggiunto, parteciperà a un nuovo piano di salvataggio della Grecia solo se sarà "completo", associato a una riforma "in profondità" del'economia e a "una linea di bilancio sana che dia solidità al Paese senza essere eccessiva".

Intanto  : Europeista a parole, il governo di Berlino ha dunque contemplato il ritorno della Grecia alla dracma, quindi ha mandato avanti Schäuble «il cattivo» a fare da parafulmine. Coerente, ieri il falco dell'austerità ha ribadito il concetto. Parlando ai microfoni di Deutschlandrundfunk , dapprima ha detto che le riforme approvate dal Parlamento di Atene «sono un passo importante», quindi ha ricordato che i termini dell'accordo sono esattamente «il contrario» di quanto deciso per referendum «da una larga maggioranza di greci», poi l'affondo: per la Grecia l'uscita temporanea dall'eurozona «sarebbe stata un'opzione migliore». Il ministro 73enne si è anche tolto qualche sassolino dalle scarpe, ricordando la sua fedeltà alla cancelliera e al governo. Quanto alle differenze con Merkel, «nessuno ha torto o ragione, è una discussione democratica».

Oggi cambia il registro : "Sul fatto che la Grecia vada salvata siamo tutti d'accordo" ha detto Wolfgang Shaeuble in Bundestag. "Ma bisogna vedere quale sia la strada - ha aggiunto - che può funzionare".
"Qui non è in ballo la Grecia ma è in ballo l'Europa". Ha sottolineato Schaeuble, secondo cui bisogna mantenere la testa fredda e decidere come rafforzare l'integrazione europa.

Angela Merkel del Bundestag, dove il governo di grande coalizione controlla 450 deputati su 631. Dalle 10 di oggi gli Abgeordneten hanno tre ore per discutere e votare un unico ordine del giorno: le recenti trattative condotte in Europa dal governo tedesco che hanno portato al rifinanziamento da oltre 80 miliardi di euro del debito greco. Il voto dovrebbe procedere senza intoppi. Eppure nella Große Koaliton c'è aria di tempesta: divisi un po' su tutto, conservatori e progressisti seguono alla lettera l'accordo di programma del dicembre 2013, che non prevedeva però il nuovo avvitamento della crisi greca. Imprevista era anche l'uscita del ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble che all'Eurogruppo ha chiesto di sospendere la Grecia dall'euro per cinque anni. La proposta ha scatenato una ridda di polemiche. «Della Cdu europeista di Helmut Kohl e di Konrad Adenauer resta molto poco», ha dichiarato il vicecapogruppo dell'Spd, Axel Schäfer. Più diretto il suo collega Hubertus Heil, vicino al vicecancelliere Sigmar Gabriel: «Schäuble gioca sporco - twittava - e la Grexit non ha l'appoggio dell'Spd». A Schäuble però non la si fa. In politica da più anni di quanti ne abbiano i giovani colonnelli dell'Spd, il ministro ha obbligato il vicecancelliere ad ammettere in serata che in effetti «la proposta della Grexit ci era nota».

Intanto Il ministero delle Finanze greco ha annunciato che i nuovi aumenti dell'Imposta sul Valore Aggiunto (Iva) entreranno in vigore dal 20 luglio (lunedì) al fine di garantire una transizione 'morbida' alla nuova aliquota. Come ricorda l'Ana-Mpa, le modifiche riguarderanno prodotti e servizi che passeranno al tasso più elevato (dal 13% al 23%) come gli alimenti confezionati, i servizi di ristorazione e le caffetterie oltre ai biglietti dei mezzi di trasporto pubblico. Lo stesso dicastero ha inoltre chiarito che l'aumento dell'Iva per gli alberghi dal 6,5% al 13% entrerà in vigore il primo ottobre prossimo, mentre alla stessa data sarà inoltre abolita l'aliquota Iva agevolata per le isole del Mar Egeo. Il ministero delle Finanze ha anche confermato che le banche rimarranno chiuse fino a tutta domenica 19 luglio e riapriranno i battenti lunedì mattina.

"So che ci sono molti dubbi sul fatto che la Grecia possa stare di nuovo sulle sue gambe, ma sarebbe irresponsabile non tentare questa strada e non dare una nuova chance alla Grecia". Lo ha detto Angela Merkel al Bundestag.
La cancelliera tedesca Angela Merkel ha ringraziato il ministro delle Finanze Wolfgang Schaeuble per il suo lavoro sulla Grecia. E il Parlamento tedesco gli ha dedicato un lungo applauso. Poi sul referendum greco: "Il risultato è stato un mucchio di rovine". "Il risultato è duro, per la gente in Grecia", ha proseguito Merkel, sottolineando che è l'esito di un governo che per sei mesi è stato "irresponsabile". Per la cancelliera si è cercata "una strada fuori dal vicolo cieco".

Merkel ha nuovamente escluso un taglio del debito parlando al Bundestag. Un haircut sarebbe contrario ai Trattati Ue, ha motivato la cancelliera. Stravolgerli "sarebbe la fine della comunità di diritto in Europa, e con noi non si fa".

Parole che hanno permesso all'opposizione di attaccare: «La fiducia reciproca è distrutta: qui in Grecia il ministro delle Finanze non c'è più, si chiamava Varoufakis - ha dichiarato da Atene il capo dei Verdi tedeschi Cem Özdemir - in Germania c'è un altro Varoufakis e si chiama Schäuble. Sarebbe bene se la cancelliera se ne occupasse di più». Contro il ministro ha tuonato anche lo Spiegel : per il settimanale liberal «in un solo weekend il governo ha distrutto settant'anni di diplomazia postbellica». E per la progressista Suddeutsche Zeitung Angela Merkel è nientemeno che «il nuovo nemico dell'Europa». Solo la moderata Frankfurter Allgemeine ha ascoltato il mal di pancia dei tanti conservatori contrari al salvataggio della Grecia. Abituata a correggere la rotta impressa dagli altri anziché a pilotare con mano ferma, Merkel è chiamata a una nuova sintesi. A confortarla, il sondaggio Forsa di martedì scorso secondo cui 55 tedeschi su 100 approvano la gestione della crisi greca da parte del governo. Dipendente dal giudizio dell'elettorato non meno del tanto criticato Silvio Berlusconi, la cancelliera deve però stare in guardia: l'81% degli intervistati nutre «seri dubbi» sulla capacità di Atene di mantenere gli impegni. Mentre cerca di capire quanti deputati della maggioranza si ribelleranno, Merkel deve mettere in conto la rottura con la Francia. Sulla Grecia, Berlino e Parigi sono agli antipodi. Stufo dell'austerità imposta da Merkel all'Europa, il presidente francese François Hollande si è messo di traverso per impedire la Grexit, sfidando così la cancelliera sul piano politico e personale. Dopo l'approvazione del pacchetto di aiuti alla Grecia, il primo ministro francese Manuel Valls ha dichiarato che «la coppia franco-tedesca è indistruttibile, anche nei momenti di tensione». Parole di amicizia alle quali non ha creduto nessuno.

In una drammatica notte per la Grecia il Parlamento di Atene ha approvato il primo pacchetto di riforme che Alexis Tsipras ha concordato a Bruxelles per evitare la Grexit. Ma il primo ministro greco ha davanti agli occhi la gravissima spaccatura del suo partito (40 deputati su 149 non hanno votato il piano, tra cui l'ex ministro Varoufakis, la 'pasionaria' presidente del Parlamento Zoe Konstantopolou e il leader dell'ala radicale Lafazanis, mentre la vice ministro delle Finanze Nantia Valavani si è dimessa) e i primi scontri di piazza del suo governo.

A Bruxelles è tutto pronto per un prestito ponte da 7 miliardi necessari per ripagare la Bce e saldare gli arretrati con il Fmi, che minaccia un "no" al terzo piano di salvataggio. Un prestito da rimborsare entro 3 mesi e a cui farà da garanzia il fondo salva Stati Esm, che lo rimborserà una volta partito il programma di aiuti (entro il 17 agosto). Una soluzione trovata per placare i no ai nuovi aiuti sollevati soprattutto da Germania e Gran Bretagna

Questa mattina i ministri delle Finanze dei 19 Paesi euro si sono riuniti in in teleconferenza per valutare se ci sono i requisiti concordati da Atene con Bruxelles per il terzo pacchetto di aiuti. L'Eurogruppo studierà il risultato del voto parlamentare e deciderà se rispettare l’impegno preso da Atene oltre a valutare l'ipotesi del prestito ponte. Il via libera dovrebbe avvenire entro venerdì con una procedura scritta, che non richiede la riunione dei 28 ministri ma solo l’accordo degli sherpa del Comitato economico e finanziario.

l premier Alexis Tsipras ha deciso di "procedere il più rapidamente possibile al rimpasto di governo entro pochissimi giorni, se non addirittura già oggi". Lo riferiscono qualificate fonti greche, specificando che secondo sondaggi riservati, il consenso per la parte di Syriza rimasta fedele al premier "è attorno al 40%".

Tsipras ha difeso con forza la la sua scelta: "A chi pensa che io sia stato ricattato, come pensano tanti ed hanno scritto tanti media nel mondo, chiedo se pensano che sia vero o sia stata un'invenzione". Nelle 17 ore di Bruxelles aveva di fronte "tre alternative": o l'accordo, o il fallimento con tutte le conseguenze", o "il piano Schaeuble per una moneta parallela". E fra le tre, "ho fatto la scelta di responsabilità".

Una Grexit temporanea "sarebbe per la Grecia la via migliore": lo ha ribadito stamane il ministro tedesco delle Finanze, Wolfgang Schaeuble. Molti economisti pensano che sia impossibile risolvere il problema senza un taglio del debito, ha detto: "Ma un vero taglio del debito è inconciliabile con l'appartenenza all'unione monetaria".

Intanto : Tensione alle stelle, ma pacifica. Almeno fino alla prima serata. La rabbia degli estremisti è scoppiata alle 21.10, provando a cambiare con la violenza la storia della Grecia. Una bomba carta è esplosa in piazza Syntagma. Gli anarchici e i black bloc hanno tirato anche bombe molotov. Nella piazza simbolo della democrazia greca sono arrivati con i caschi, le maschere antigas, le maglie nere mentre il popolo dell' Oxi fatto giovani, impiegati, mamme, zie, adolescenti, ma anche bambini, da ore gridava e distribuiva volantini per esortare Tsipras a non cedere al "ricatto" della Germania e dell'Eurosummit. Dopo la prima esplosione, sono volati i lacrimogeni della polizia e la piazza si è svuotata. Sono una cinquantina le persone fermate per gli scontri davanti al Parlamento. Cordoni di poliziotti si sono schierati. Poi la calma è tornata. E la parola è tornata alla politica.

E sono in molti a chiedersi ad Atene quanto ancora Tsipras riuscirà a rimanere in sella, dal momento che ha perso la sua maggioranza politica. E' un accordo che non ci piace ma che siamo "obbligati" a rispettare, ha detto il premier intervenendo durante la seduta fiume del Parlamento chiamata a votare su riforma dell'Iva, indipendenza dell'ufficio di statistica, 'Fiscal Council' ed eliminazione delle baby pensioni. "A Bruxelles avevo di fronte tre alternative: l'accordo, il fallimento con tutte le sue conseguenze e il piano Schaeuble" di una Grexit temporanea. E fra le tre, "ho fatto una scelta di responsabilità" e di "dignità", ha scandito Tsipras. I numeri per far approvare il piano li ha avuti. Ma con il voto determinante delle opposizioni di Nea Dimokratia, Pasok e To Potami, che hanno votato sì come lo junior partner del suo governo, il partito di destra Anel del ministro della Difesa Kammenos, di fatto turandosi il naso. Nei discorsi è prevalso il senso di salvare il salvabile. La sconfitta 'politica' per Tsipras è tutta dentro il suo partito. Ed è enorme. A nulla è valso l'aut aut che aveva lanciato nel pomeriggio ai ribelli ("Senza il vostro sostegno (nel voto di stasera sarà difficile per me restare premier. O stasera siamo uniti, o domani cade il governo di sinistra"). Le defezioni sono state tantissime e ora sarà difficile continuare l'esperienza del primo governo di estrema sinistra della storia della Ue. Almeno in queste condizioni.

Prima delle drammatiche ore finali, e mentre a Bruxelles si continua a lavorare per il prestito ponte che potrebbe permettere di far riaprire le banche, il Paese aveva vissuto una giornata punteggiata da cortei, dalla serrata delle farmacie e dallo sciopero dei dipendenti pubblici (quelli più colpiti, ma anche quelli che fino al 2010 arrivavano a prendere 2mila euro al mese per un posto da donna delle pulizie al ministero delle Finanze).

Oggi, sei anni dopo, il Fondo monetario dichiara che 80 miliardi di nuovi prestiti non basteranno a rimettere la Grecia in carreggiata, se l'Europa non accetterà di «ristrutturare» il debito di Atene. Ma questo piano non serve, comunque, a invertire la spirale negativa in cui la Grecia si trova, perché è sbilanciato nelle misure e nei tempi. Le privatizzazioni creeranno ricchezza, ma ci vuole qualche anno. Frattanto, è assurdo aumentare dal 26 al 28% la tassazione delle imprese: bisognava ridurla per avere più dinamica economica e più gettito. La Germania, nel suo furore punitivo verso la Grecia, mentre le impone un programma pieno di tasse, fa sganciare ai paesi dell'euro 80 miliardi, con un terzo salvataggio, dopo altri due del 2009 e del 2011 che son costati 110 e 130 miliardi e che sono falliti, perché basati su terapie fiscali troppo dure e troppo sbilanciate sul lato delle tasse.

 

La Grecia, quando nel 2009 si è rivolta all'Europa e al Fondo Monetario, per chieder soccorso, era già da più di cinque anni (cioè dall'epoca delle Olimpiadi) in una situazione di sbilancio economico e finanziario paurosa. Era riuscita ad accumulare deficit di bilancio per 8 anni, da quando era nell'entrata nell'euro nel 2002, falsificando i conti. In principio ciò era stato fatto tramite la banca americana Goldman Sachs che le aveva venduto dei derivati finanziari, che servivano per nascondere le perdite. Poi ci sono state le gestioni fuori bilancio e le mancate contabilizzazioni. Nel 2009 il premier socialista Papandreou, che aveva da poco vinto le elezioni, aveva informato che il vero deficit del bilancio era più del 12,7 % del Pil e il debito pubblico 300 miliardi (il Pil greco era forse 250 miliardi). Poi il deficit è salito al 15% e il debito a 350 miliardi. Ma l'Europa, nel suo primo e nel suo secondo intervento, ha elargito i soldi alla Grecia soprattutto per aiutare le banche francesi che avevano crediti insoluti per 79 miliardi e quelle tedesche che ne avevano per 45. E in cambio ha fatto programmi di rigore fiscale sbagliati, avendo calcolato male gli effetti deflattivi delle misure adottate. Tanto che alla fine del 2012 il capo degli economisti del Fondo Monetario, Olivier Blanchard lo ha messo per iscritto, spiegando che avevano sbagliato i moltiplicatori: avevano stimato che ogni taglio di spesa o aumento di imposta avrebbe ridotto la domanda nell'economia del suo stesso ammontare più una percentuale dello 0,5%. Ma in realtà i moltiplicatori erano 1,5%. Cioè ogni euro di imposte in più non generava 1,5 euro di minor domanda, ma 2,5 euro di riduzione di domanda: la Grecia era andata in grande recessione. Se il mercato del lavoro fosse stato liberalizzato e le imprese pubbliche mal gestite fossero state messe il mercato per tempo, con nuovi investimenti probabilmente la Grecia avrebbe potuto reagire meglio. Ma i programmi europei hanno trascurato tutti questi aspetti. Solo ora essi vengono considerati.

 

La Gran Bretagna, dopo assicurazioni avute da Bruxelles, ha tolto le sue riserve ed è pronta a dare il suo via libera al prestito ponte da 7 miliardi alla Grecia attraverso l'utilizzo dell'Efsm. Lo indicano fonti Ue. L'ok definitivo, a quanto si è appreso, dovrebbe essere dato oggi nel corso di una conference call tra i ministri delle Finanze Ue. Sempre stamane i ministri dell'Eurogruppo valuteranno se, dopo il voto del Parlamento di Atene, dare il via al negoziato sul nuovo programma di aiuti.

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