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Le organizzazioni della proprietà e dell’inquilinato hanno concordato la Tabella che definisce la ripartizione delle spese per oneri accessori fra locatore e conduttore e che potrà essere richiamata nei contratti di locazione. Al termine d’incontri di lavoro, Confedilizia, per la proprietà, e Sunia-Sicet-Uniat, per l’inquilinato, hanno sottoscritto il documento, illustrato in una conferenza stampa congiunta.

Per il presidente della Confedilizia, Corrado Sforza Fogliani, “le numerose voci comprese nelle varie sezioni (ascensore, autoclave, impianti di svariato tipo, parti comuni, parti interne, portierato, pulizia) tengono conto di novità tecniche negli ultimi anni sempre più diffuse, come gli impianti di videosorveglianza e l’impiantistica centralizzata di flussi informativi.” Il principio seguito consiste ”in una rigorosa delimitazione degli àmbiti di spesa”, a proposito della quale la CONFEDILIZIA cita come esempio l’antincendio: al proprietario spettano l’installazione e la sostituzione dell’impianto, oltre che gli acquisti degli estintori, mentre manutenzione ordinaria, ricarica degli estintori, ispezioni e collaudi fanno carico all’inquilino. “Una specifica norma di chiusura”, nota Sforza Fogliani, “rinvia, per le voci non previste, alle norme di legge e agli usi locali.”

A giudizio di Daniele Barbieri, segretario generale del SUNIA, “nella particolare fase economica di notevole difficoltà per le famiglie, che si traduce in notevoli sofferenze anche nei pagamenti delle spese condominiali, serve una rinnovata attenzione, anche alla luce della riforma del condominio, alla trasparenza, alla regolare rendicontazione, alla documentazione giustificativa e alla possibilità di verifica e visura della stessa, da parte degli inquilini, anche con l’assistenza delle organizzazioni di rappresentanza. Su tutto questo - ha rilevato il segretario del SUNIA - riveste notevole importanza la partecipazione all’assemblea condominiale degli inquilini sui servizi a loro attribuiti”.

Per Guido Piran, segretario generale del SICET, “l’accordo raggiunto è importante per la possibile e auspicata riduzione del contenzioso tra inquilini e proprietari, attraverso una maggiore chiarezza e certezza nell’indicazione dei rispettivi oneri. Sono convinto” ha aggiunto l’esponente del SICET “che l’intesa potrà inoltre contribuire a un virtuoso e sistematico contenimento dei costi e dei consumi condominiali e più in generale dell’abitare, oggi estremamente necessario, attraverso l’utilizzo della concorrenza tra i gestori dei servizi e la rinegoziazione dei contratti e delle tariffe”.

Augusto Pascucci, presidente dell’UNIAT UIL, ha rilevato: “Auspichiamo continuità all’accordo, costituendo una commissione paritetica nazionale con compiti di pareri, chiarimenti e interpretazioni alle strutture territoriali firmatarie, a soggetti di rappresentanza e ai cittadini, in merito ai contenuti delle ripartizioni.” Per il presidente dell’UNIAT, “così sarà utile rafforzare, valorizzare e incrementare l’attività della conciliazione paritetica nei contratti con un necessario coordinamento e integrazione con quanto previsto in materia di mediazione obbligatoria nel settore della locazione e del condominio”.

L’agricoltura del Mezzogiorno, puntando ad una fase di crescita, sta cambiando organizzazione: cioè, sta passando da un modello legato alle società individuali a quello delle società cooperative o, delle società a responsabilità limitata. Ma c’è di più. E’ nato il “Polo distrettuale del pomodoro da industria del Centro e Sud Italia”. Esso abbraccia la quasi totalità delle aziende di trasformazione del pomodoro e delle organizzazioni di produttori di Puglia, Campania, Basilicata, Calabria, Sicilia, Molise, Abruzzo, Sardegna, Lazio e Toscana. Ebbene, secondo i dati Anicav del 2013, le 10 Regioni interessate dalla costituzione del Polo industriale, possiedono complessivamente 26.500 ettari destinati alla coltivazione del pomodoro industriale. Ancora, sarà compito di questo Polo distrettuale, attraverso il coordinamento e l’integrazione tra i diversi soggetti della filiera, rilanciare non solo l’immagine del settore del pomodoro da industria del Centro Sud Italia ma, soprattutto il prodotto che nel mondo ci contraddistingue, il pomodoro pelato. Per quanto riguarda il turismo la domanda turistica internazionale è in costante e rapida evoluzione e si annuncia molto positiva anche, per il futuro del nostro Paese. Di fronte a questa evoluzione della domanda e dell’offerta turistica come si posiziona il nostro Sud? Il Mezzogiorno ha una presenza significativa, ma ancora, non soddisfacente, dovuta ad un’offerta incentrata su un turismo prevalentemente “balneare” e “domestico”, che determina una forte stagionalità di cui soffrono le strutture ricettive. Ma come si può migliorare il posizionamento competitivo del Meridione? La risposta la stiamo rilevando nel nuovo modello di turismo che si sta delineando: ovvero, si stanno generando delle sinergie tra l’offerta turistica e alcuni ambiti rilevanti della nostra economia: come, cultura, enogastronomia, ambiente.E dulcis in fundo, noi diciamo che solo attraverso un comportamento innovativo e proattivo, da parte degli imprenditori, affiancato anche, dal sostegno dalla governance pubblica, sarà possibile, nel Mezzogiorno, in particolare, un rilancio concreto del settore turistico, generando un “valore economico” sui nostri territori.

C’è, purtroppo, un pensiero diffuso che considera il Mezzogiorno l’area del Paese con la massima intensità di questi comportamenti: sprechi, corruzione, gestione inefficiente delle risorse pubbliche. A nostro modesto avviso, questi pregiudizi che sprofondano il Mezzogiorno, vanno azzerati mettendo in campo il ricco e diffuso capitale sociale che punta a rialzare il Meridione con

una crescita economica e sociale. Oggi, in primis, bisogna convincere il Paese che lo sviluppo del Meridione, con una promozione del suo capitale sociale, come quello fisico o umano, è interesse generale. Dobbiamo essere tutti convinti che lo sviluppo del Sud è una opportunità, non una palla al piede. Vediamo perché. L’agricoltura è, ormai, largamente competitiva; le industrie piccole, medie e grandi sono di valenza strategica per l’intero Paese; poi, il turismo di eccellenza con parchi, musei archeologici di rilievo internazionale; Università e centri di ricerca prestigiosi. Allora, a questo punto, va detto senza mezzi termini, che il Mezzogiorno può farcela da solo valorizzando tutte queste sue risorse. Un Meridione auto propulsivo può diventare sempre di più uno dei motori della crescita dell’intera economia nazionale. Il Mezzogiorno è una parte importante , fondamentale del futuro dell’Italia: è uno dei motori che può far ripartire l’intero Paese. Con i sui cervelli e le sue creatività da mettere al lavoro, i suoi giacimenti di beni culturali e ambientali, le sue straordinarie potenzialità logistiche ed energetiche(leggi: sole e vento); la sua imprenditorialità e il suo saper fare può essere luogo produttivo dell’industria e origine di esportazioni. E dulcis in fundo, noi diciamo, che tocca al mondo dell’imprenditoria meridionale e alle Autonomie locali puntare ad un alto obiettivo: la crescita del Meridione.

Lo Stato deve ai proprietari di immobili storico-artistici 97 milioni di euro per i lavori di restauro che gli stessi hanno effettuato e liquidati (al 50 per cento dei costi) dalle competenti Soprintendenze. La somma è stata confermata dal Ministro per i Beni culturali on. Dario Franceschini durante la sua audizione alla Commissione cultura del Senato. “Il problema – ha detto il ministro, su richiesta del sen. Liuzzi (FI) – è assolutamente reale e quella somma deve essere pagata”, aggiungendo: “Non ci sono le risorse al momento. Io sto verificando se si riesce a riportare questi pagamenti, che sono comunque debiti della Pubblica Amministrazione, dentro il capitolo complessivo «pagamento dei debiti della P.A.», che è nato per un’altra ragione, però”. Il ministro ha concluso sul punto dicendo che “quello insomma, ci assomiglia, siamo vicini. Quindi, quella è la strada perché, se no, con le risorse ordinarie, non solo non riusciamo a recuperare l’arretrato, ma non riusciamo neanche ad adempiere agli obblighi di legge”.

Il problema è stato sollevato in Commissione dal sen. Piero Liuzzi con un ampio intervento che ha anche sottolineato l’apporto importante che danno i privati, pur avanti la riduzione delle agevolazioni fiscali previste per gli immobili storico-artistici (caratterizzati da spese di manutenzione e da gravi vincoli, anche di utilizzazione), alla conservazione del patrimonio culturale.

La Confedilizia – che ha sollevato, insieme all’ADSI, il problema e che segue lo stesso con grande attenzione – ha ringraziato il ministro Franceschini per l’impegno assunto e le informazioni fornite nonché il sen. Liuzzi (che ha espressamente citato l’Organizzazione storica della proprietà immobiliare) per l’interessamento.

La Conferenza permanente per i rapporti Stato-Regioni-Province autonome ha dato il via libera al decreto sulla morosità incolpevole predisposto dal ministro delle Infrastrutture di concerto col ministro dell’Economia. Si tratta del testo definitivo del provvedimento perché – data la procedura scelta per la sua emanazione – non dovrà passare al vaglio del Consiglio di Stato. Le novità introdotte dal decreto sono parecchie e fanno chiarezza su un testo che, nato in Parlamento in sede di conversione in legge del decreto legge n. 102/’13, poneva non poche perplessità.

Dopo la ripartizione dei fondi disponibili (20 milioni, per quest’anno) fra Regioni e Province autonome (art. 1), il decreto definisce anzitutto (art. 2 comma 1) la morosità incolpevole, specificando che si intende per tale “la situazione di sopravvenuta impossibilità a provvedere al pagamento del canone locativo a ragione della perdita o consistente riduzione della capacità reddituale del nucleo familiare" (il riferimento alla morosità “sopravvenuta” in precedenza mancava). Al comma 2 dello stesso articolo il decreto interministeriale stabilisce poi (e non più a titolo esemplificativo, come nelle sue prime versioni) le specifiche cause di morosità incolpevole: “perdita di lavoro per licenziamento; accordi aziendali o sindacali con consistente riduzione dell’orario di lavoro; cassa integrazione ordinaria o straordinaria che limiti notevolmente la capacità reddituale; mancato rinnovo di contratti a termine o di lavoro atipici; cessazioni di attività libero-professionali o di imprese registrate, derivanti da cause di forza maggiore o da perdita di avviamento in misura consistente; malattia grave, infortunio o decesso di un componente del nucleo familiare che abbia comportato o la riduzione del reddito complessivo del nucleo medesimo o la necessità dell’impiego di parte notevole del reddito per fronteggiare rilevanti spese mediche e assistenziali”.

I criteri per l’accesso ai contributi (art. 1, comma 1) prevedono che i comuni verifichino che i richiedenti: a) abbiano un reddito Isee non superiore ad euro 35mila o un reddito Isee da regolare attività lavorativa non superiore a 26mila euro; b) siano destinatari di atti di intimazione di sfratto per morosità, con citazione per la convalida; c) siano titolari di contratti di locazione registrati e risiedano in alloggi (non delle categorie catastali A1, A8 e A9) oggetto di procedure di rilascio, da almeno un anno; d) abbiano cittadinanza italiana o di un Paese europeo ovvero siano in possesso di titolo di soggiorno. Le Regioni – come richiesto, fra altre cose, anche dalla Confedilizia – non potranno stabilire “eventuali altri requisiti”, come si prevedeva nelle prime versioni del decreto in rassegna. Si prevede poi (stesso articolo, comma 2) che i comuni verifichino che i richiedenti non siano titolari nella provincia di residenza di diritti reali (proprietà ecc.) su immobili fruibili ed adeguati alle esigenze dei loro nuclei familiari. La presenza, nel nucleo familiare, di un ultrasettantenne, di un minore, ovvero di persone con invalidità accertata per almeno il 74 per cento (prime versioni: 67 per cento), o in carico ai servizi sociali o alle ASL, costituirà titolo preferenziale (stesso articolo, comma 3) per la concessione dei contributi.

L’articolo 4 del decreto è stato completamente riformulato, a richiesta della Conferenza Regioni- Province autonome. Prevede ora che “l’importo massimo di contributo concedibile per sanare la morosità incolpevole accertata non può superare l’importo di euro 8mila” Precisazione di grande importanza, specie con riferimento al fatto che il contributo deve servire a “sanare la morosità incolpevole accertata”.

Nell’articolo 5, comma 1, del decreto è stabilito che “i provvedimenti comunali di cui al presente decreto sono destinati alla concessione di contributi” in favore di: a) inquilini destinatari di “provvedimento di rilascio esecutivo per morosità incolpevole, che sottoscrivano con il proprietario dell’alloggio un nuovo contratto a canone concordato”; b)inquilini la cui ridotta capacità economica non consenta il versamento di un deposito cauzionale per stipulare un nuovo contratto di locazione, con la precisazione che in questi casi i comuni devono prevedere le modalità per assicurare che i contributi siano versati contestualmente alla consegna degli immobili; c) inquilini ai fini del ristoro, anche parziale, dei proprietari degli alloggi, che dimostrino la disponibilità di questi ultimi a consentire il differimento dell’esecuzione dei provvedimenti di rilascio.

A proposito di questa norma, è anzitutto importante notare il pieno coinvolgimento (inizialmente previsto in forme non inequivoche) delle proprietà, ed anche – ad evitare abusi, in differenti casi già verificatisi, così che il problema si ripresentava poi irrisolto agli enti locali – l’espressa previsione di controlli sulla destinazione finale dei contributi. Ugualmente, è importante che il decreto parli di “provvedimenti di rilascio esecutivi per morosità incolpevole”. Ma di importanza fondamentale – avanti il confuso testo della legge 123/’13, di conversione é soprattutto che all’inizio del comma si precisi che i provvedimenti comunali devono riguardare esclusivamente la concessione dei contributi (e non altro, come si poteva invece ritenere sulla base del citato testo di legge): emerge chiaro dal fatto che opportunamente, nella prima frase sempre dello stesso comma, è stato eliminato l’avverbio “anche” (si diceva prima: “I provvedimenti comunali di cui al presente decreto sono destinati anche alla concessione di contributi…”).

L’articolo 6 del decreto in rassegna è poi fondamentale, e servirà a porre fine anche a prassi disinvolte variamente (e insolitamente) dispiegatesi in alcune sedi, sulla base di ragguardevoli doti inventive. La norma prevede infatti che “I comuni adottano le misure necessarie per comunicare alle Prefettura-Uffici territoriali del Governo l’elenco dei soggetti richiedenti che abbiano i requisiti per l’accesso al contributo, per le valutazioni funzionali all’adozione delle misure di graduazione programmata dell’intervento della forza pubblica nell’esecuzione dei provvedimenti di sfratto”. L’intervento dei Prefetti è dunque previsto (e, quindi, dovrà avvenire) solo dopo la comunicazione in parola riguardante i richiedenti contributi ed in stretta correlazione con l’assegnazione di questi (come già fatto presente su queste colonne anche solo sulla base della legge – 24 ore 14.1.’14). Ancora (come pure il decreto chiarisce, ma già si sapeva – cfr. articolo precitato) gli interventi dei Prefetti dovranno essere funzionali (programmazione disponibilità forza pubblica ecc.) agli interventi previsti e quindi generali e non certo di esame, e conseguente graduazione, di singoli casi (riservata all’Autorità giudiziaria, come stabilito – su ricorso della Confedilizia – dalla Corte costituzionale con sentenza n. 321/’98).

L’ultimo articolo del decreto Lupi-Padoan, per finire, attiene al solo monitoraggio sull’utilizzo dei fondi, che viene affidato alle Regioni “secondo specifiche definite dal Ministero infrastrutture” (da ritenersi “secondo specifiche direttive definite…).

Corrado Sforza Fogliani

Presidente Confedilizia

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