L’architetto veneto Enzo Siviero, ben noto a livello internazionale come l’ingegnere dei ponti, docente universitario presso la Scuola di Architettura dello IUAV di Venezia, nonché poeta, nel corso della prossima primavera sarà il protagonista dell’Evento “Costruire l’Armonia”, che si svolgerà presso l’Accademia delle Belle Arti di Roma, diretta da Tiziana D’Acchille.
Questo importante appuntamento si articola in due momenti: il primo dedicato al racconto-lettura di alcune opere realizzate o in progetto, di particolare impatto emotivo; il secondo alla presentazione-commento de “Ponte Umano”, estrapolandone i momenti più significativi, che ben si collocano a completamento della narrazione precedente, che può essere definita un ponte “da cuore a cuore”.
Egli, dedito all’insegnamento da oltre quarant’anni, all’interno della comunità accademica si è fatto promotore di numerose iniziative sul tema del ponte, rivolte ai suoi studenti ed ai colleghi architetti e ingegneri, al fine di promuovere un approccio progettuale che coniughi felicemente la sapienza costruttiva con la ricerca dell’armonia estetico-funzionale.
All’inizio, verrà presentato il ponte pedonale denominato “Pedro e Ines”, situato a Coimbra in Portogallo. Si tratta senza dubbio di un ponte particolare nella sua architettura, in cui l’impalcato nella parte centrale si trova sfalsato e il collegamento avviene attraverso un piccola piazza-belvedere. Questa singolare forma vuol essere la rappresentazione figurata dell’amore contrastato fra il Re Pedro e la sua compagna Ines, fatta uccidere dalla famiglia di lui. Il Re, dopo la morte della sua amata, la collocò in un trono, obbligando i cortigiani a renderle omaggio per oltre un anno.
Successivamente, parlerà del famosissimo ponte di “Calatrava” situato sul Canal Grande a Venezia, del quale è stato collaudatore, che rappresenta un momento straordinario di inserimento di un’opera contemporanea, in un contesto storico di eccezionale valore emotivo.
A seguire, presenterà un’altra opera di grande prestigio: il “Ponte del Mare” di Pescara, opera che ha trasformato il luogo, mettendo in connessione due parti della città, prima divise dal fiume e conferendo continuità alla passeggiata del lungomare, per assumere quindi il valore simbolico di amicizia, fratellanza e amore.
Quindi, egli racconterà tre suoi recenti progetti: due ad Istanbul ed uno in Kazan (Russia), ciascuno con delle peculiarità, che li rendono intrinseci al luogo il quale, grazie a questi progetti, subisce trasformazioni proprio nel momento topico dell’attraversamento, nella suggestione dell’incontro fortuito, propedeutico a nuove ed inattese amicizie, che potrebbero anche determinare veri e propri “ponti umani”.
La passerella Gezi è un tassello chiave all’interno del grande processo di trasformazione in atto a Istanbul. Il percorso pedonale, nel quale la passerella s’inserisce, collega piazza Taksim, tristemente nota per i fatti del 2013 e fondamentale snodo metropolitano, nell’area della Istanbul Technical University.
In Gezi, la forma slanciata dell’arco ribassato è resa da una coppia di archi inclinati e convergenti dalla sinuosità verticale, tipica delle onde del mare.
Il secondo progetto, sempre a Istanbul, riguarda il ponte pedonale nel quartiere Sirinevler in prossimità dell’aeroporto e propone una sinuosità orizzontale, capace di avvolgere virtualmente la passerella esistente, per dar luogo ad un vissuto a misura d’uomo.
Infine, il terzo progetto a Kazan, evoca un passato secolare, reinterpretando l’idea leonardesca di un ponte sul Corno d’Oro, rivisto in chiave contemporanea, secondo canoni concettuali che passano dalla matericità delle strutture murarie alla essenzialità architettonico-strutturale proprie dell’acciaio, proiettandosi verso il futuro, per lasciare un segno nel tempo che verrà.
Un cenno sarà fatto ad un’opera simbolo nel Veneto orientale: il nuovo ponte a sud di San Donà di Piave (Venezia) che, con le sue 5 arcate da 100 m ciascuna ed i suoi inediti cromatismi (bianco e nero), rappresenta una linea sull’orizzonte, che ben si sposa con il paesaggio circostante. Questo ponte viene considerato dai tecnici un vero capolavoro, anche dal punto di vista estetico ed è stato progettato seguendo i canoni della bellezza, della funzionalità e della sicurezza. Sarà l’unico ponte con queste caratteristiche a scavalcare il fiume Piave, tanto caro alla Patria.
Inoltre, Enzo Siviero, entro il mese di marzo sarà presente presso la Scuola Politecnica dell’Università di Palermo in occasione dell’apertura dell’Anno Accademico, nel corso della quale terrà la sua lectio magistralis. In questa autorevole sede egli spiegherà, a grandi linea, l’ipotesi di un collegamento stabile fra la Tunisia e la Sicilia, un’opera infrastrutturale denominata TUNeIT, che ha coinvolto alcune decine di colleghi universitari, vista la necessità di più apporti nelle disparate discipline. Egli stesso considera questo progetto una vera e propria sfida che va ben oltre l’oggetto, in una trasformazione geo-politica di tipo epocale, che racchiude fisicamente Tunisia e Sicilia, proseguendo idealmente con il ponte sullo stretto di Messina, per congiungersi fino all’Albania, attraverso la costruzione di un nuovo ponte sul Canale di Otranto.
Questa idea progettuale, solo apparentemente fantascientifica, trova fondamentale motivazione anche dalla proposta in sede panafricana di un “corridoio verde”, che colleghi le principali città degli Stati Africani, dal Sudafrica alle sponde a sud del Mediterraneo, rendendo così evidente il proseguimento verso l’Europa, deviando quindi verso est, per innestarsi con la “via della Seta”.
In particolare, egli si soffermerà nel tratto da Capobon (Tunisia)e a Mazzara del Vallo (Trapani), dove i circa 140 Km vengono sezionati, costituendo 4 isole artificiali su altrettante secche, per interrompere le tratte su distanze variabili, da 25 a 30 Km.
Il ponte ferroviario ed autostradale sarà energeticamente autosufficiente e verranno utilizzati materiali innovativi. La destinazione d’uso delle isole terrà conto di una loro fruibilità di ampio respiro e la stessa loro concezione progettuale e realizzativa sarà ecocompatibile, secondo gli standard più avanzati in seno alla rinaturalizzazione bio-marina.
Da notare, ancora, che l’architetto veneto 25 anni fa ha fondato la rivista di attualità, cultura e territorio “Galileo”, che raccoglie i pensieri più avanzati delle strategie di trasformazione territoriale, facendo del “paesaggio culturale” l’elemento caratterizzante.
Ora l’intervista con Enzo Siviero.
1)Alla base del pensiero architettonico risiede il concetto di armonia. Parafrasando Vitruvio: “l’armonia è la scienza della musica”. Quindi, l’architetto, attraverso i suoi strumenti da disegno, riesce a raggiungere l’armonia creativa solo dopo prove e laboriose indagini. Quanto conta l’applicazione di regole accademiche nell’armonizzazione degli elementi?
Poco, Credo prima di tutto che ci debba essere una capacità innata di estrinsecare la propria creatività, coltivandola. Le regole possono essere un valido ausilio, una guida ma alla fine ciò che conta è la fantasia e la capacità di creare, che ne implementano il valore.
2)Il famoso architetto Le Corbusier, progettista del Modulor, indagando sul concetto dell’armonia, pone come riferimento dimensionale il corpo umano. Vorresti spiegarmi in che cosa consiste questa scala di rapporti proporzionali e in che misura ha influenzato la tua creatività?
Credo che più della geometria, conti ciò che l’uomo sa esprimere. Quindi, da un lato la sua propensione a fare parlare il cuore e dall’altro la capacità della ragione, elemento essenziale, poiché rende attuabile il pensiero emotivo. Ovviamente le proporzioni umane, in stretta relazione con la sezione aurea, sono particolarmente efficaci nel dare coerenza fra quanto l’uomo è e quanto egli percepisce, considerando che la condizione fondamentale è l’interazione fra oggetto e soggetto, anche virtuale, nello scambio dei ruoli. In altre parole, l’architettura parla e l’uomo ascolta; l’uomo vede e l’architettura si esibisce…
3)A volte mi capita di osservare l’ineguagliabile bellezza dei ponti costruiti dagli antichi romani, che dimostrano di essere l’opera architettonica per antonomasia, coniugando efficacemente le regole della forma con quella della struttura e della composizione. Andando oltre all’aspetto strutturale, dalla notte dei tempi, il ponte assolve anche una fondamentale funzione di carattere sociale. Mi chiedo cosa sarebbero stati i centodiciotto isolotti veneziani, in assenza della geniale creazione di altrettanti ponti?
Una separazione sancita dalla natura e subita dall’uomo. Quindi, paradossalmente, violare la natura per unire ciò che era diviso, significa per l’uomo dare compiutezza al proprio essere, passando oltre, osando l’impossibile, per raggiungere qualsiasi meta.
4)Il ponte conduce naturalmente ed in modo allegorico, a considerazioni riconducibili al concetto di comunicazione. Nell’esercizio della professione, il tuo intimo rapporto con il “ponte” supera l’applicazione dei rigidi principi accademici. Oltre alla tua fertile attività d’ingegnere, sei professore ordinario di Tecnica delle Costruzioni e docente di Ponti alla Scuola di Architettura di Venezia (IUAV). Mi viene da porti una domanda. Riesci facilmente ad avere un rapporto empatico con i tuoi studenti?
Risposta inequivocabile: si! Anzi, posso affermare che senza questo rapporto mi sentirei menomato. Il mio sforzo è quello di cogliere, all’interno di un percorso formativo e volte arduo, le componenti umane e la creatività che ogni studente possiede, anche senza rendersene conto. Posso aggiungere che quando lo studente non ha la consapevolezza delle proprie potenzialità, io mi sento ancora più spinto a fargli capire chi è lui, per tirar fuori ciò che forse nemmeno sa di possedere.
5)Da oltre quarant’anni, grazie alla tua poliedrica personalità, promuovi le sinergie esistenti tra discipline umanistiche e scientifiche nella professione, nella ricerca e nell’insegnamento. Vorresti parlarmi di questo?
Certo. Provenendo da una scuola d’ingegneria prestigiosa quanto ostica, nell’Università di Padova, ho sentito la necessità di rendere operativo ciò che avevo appreso e di cui sentivo addosso i limiti. E’ ben vero che una solida base teorica rafforza la conoscenza, ma è altrettanto vero che l’ingegno umano si estrinseca attraverso il costruire dell’uomo per l’uomo. Così, approdato a Venezia presso l’altrettanto prestigiosa scuola di architettura, punto di riferimento nazionale ed internazionale, mi sono reso conto di quanto fosse importante trasmettere il sapere costruttivo, attraverso la lettura delle grandi opere architettoniche, mostrando quindi ai miei studenti che i modelli ingegneristici altro non erano che la semplificazione della realtà, per coglierne il valore più profondo.
Il successivo passaggio è stato quello di spingermi a far leggere con consapevolezza anche l’organismo cosiddetto “resistente”. Da qui, il binomio architettura-strutture. Infine, attraverso le cose da me realizzate, nelle quali la componente architettonica è intrinseca alla componente strutturale, ho mostrato come sia possibile operare in modo culturalmente elevato, tenendo conto delle due componenti artificiosamente separate nelle università, magistralmente condotte all’unità nel progetto costruito. La ricerca di questa unità porta alla necessaria correlazione tra didattica e professione.
6)Conversando con te di ponti e poesia, nella loro felice commistione, ciò che più mi affascina è il tuo personale punto d’arrivo, che all’inizio stentavo a comprendere ma, una volta entrata nella giusta chiave di lettura, mi ha aperto un nuovo mondo. Interessante spunto di riflessione è l’intrinseco aspetto poetico del ponte, che ti ha spontaneamente portato anche a scrivere versi ad esso ispirati. In quale occasione hai iniziato a comporre poesie?
In realtà, ho iniziato senza nemmeno rendermene conto, quando scrivevo i miei pensieri dedicati alla persona amata. In tal modo, questo ponte virtuale, che è il vero simbolo dell’amore, si è gradualmente materializzato, facendo parlare il cuore, nella spinta verso l’unione. Tutti questi sono elementi che connotano un rapporto virtuoso tra gli uomini e le donne, nella reciproca interazione. Così, nell’oggetto-ponte ho visto sancire l’unione del separato, il superamento dell’ostacolo, la volontà di osare, il desiderio di andar oltre, per incontrare l’altro, che magari ritenevi molto diverso da te. Invece, andandogli incontro per comprenderne l’essenza, ti accorgi che, forse, è quasi te !
7)Il tuo libro “IL PONTE UMANO” (edito da Libreria Editrice Cluva) e pubblicato nel 2014 potremmo definirlo come un contenitore di pensieri, ricordi, poesie che tracciano piacevolmente il tuo percorso esistenziale, permettendo di arrivare alla tua essenza. Fra le righe, emerge prepotentemente il tuo animo sensibile, che non prescinde da un profondo senso di umanità. Cosa vuoi aggiungere a queste mie considerazioni?
La volontà di far capire che una personalità apparentemente tecnica, o meglio, “tecnicistica” come quella che usualmente viene attribuita all’ingegnere, può in realtà nascondere un animo sensibile e attento ai rapporti umani, che tutto sono tranne che “tecnicistici”. In fondo, la capacità di leggere “il ponte”, al di la dell’oggetto fisico, ma interpretandone la metafora più forte, consente di dare visione materica ai nostri sogni e, quindi, sancire il vero senso della vita, che è l’amore a tutto campo, che comprende il desiderio di unione, che tutti dovrebbero perseguire. Gli aspetti aneddotici, richiamati nel Ponte Umano, sono piccoli frammenti di ricordi puntuali, in un percorso di vita molto variegato, la cui costante è determinata dal cercare di capire il lato umano delle persone, attraverso lo sguardo, il gesto, l’ascolto, la parola, in sintesi, i sentimenti.
8)La tua mostra “BRIDGING - PONTEGGIANDO”, sta facendo il giro del mondo, ospitata in decine di università e sedi istituzionali dall’Italia all’Europa, dalla Turchia all’India, dalla Cina agli Stati Uniti. Potresti tracciare per i nostri lettori il profilo tematico di questa tua interessante mostra?
Questa mostra è un azzardo, poiché contiene sia i miei lavori che quelli dei miei studenti. Questo abbinamento, decisamente anomalo, è per me la chiave di volta di quello che è il mio essere docente-discente. In effetti, la comparazione fra i miei progetti, inseriti nel contesto della realtà, con tutti i suoi vincoli e la sua limitatezza, anche economico-procedurale, fa vedere come sia possibile coniugare funzionalità, sicurezza e bellezza, intesa come rapporto tra architettura e paesaggio.
I lavori dei miei studenti sono molto più belli dei miei, poiché fanno vedere come, lasciando libera la fantasia e la creatività, una volta guidati dal professore a capire fino in fondo, il significato vero del loro gesto progettuale, li porta a sentirsi architetti compiuti, perché tutti i progetti dei miei studenti potrebbero essere realizzati anche nei limiti economici che, spesso, per non dire sempre, vengono posti dai committenti. Si tratta, quindi, di un esercizio professionale anticipato nelle aule universitarie, i cui esiti sono di per se realisticamente proponibile, nello svolgimento della “vera” professione. In buona sostanza, nella mia mostra è del tutto evidente che gli studenti sono più bravi del professore e che spesso i miei studenti sono molto più bravi di taluni professionisti affermati. In fondo, forse, se il committente colto si accorgesse delle straordinarie potenzialità intrinseche nella progettualità di molti studenti di architettura, si potrebbero evitare tante brutture, malamente realizzate, lontane anni luce dall’italica tradizione in questo campo.
Vorrei, infine, aggiungere che Enzo Siviero rappresenta al Consiglio Universitario Nazionale l’area dell’Ingegneria Civile e dell’ Architettura e questo sembra quasi sancire un ponte istituzionale tra le due culture, in fondo non così dissimili fra loro, come erroneamente si crede.
Attraverso la nostra lunga conversazione, sono emerse evidenti affinità elettive nei confronti della poesia ed è stata una piacevole sorpresa scoprire il suo aspetto intimo, ricco di sensibilità ed attenzione verso i travagli dell’anima, che si contrappone alla nota “forma mentis” scientifica e razionale e rende l’architetto Enzo Siviero, (come preferisce essere chiamato), una persona davvero unica!