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Fathe Mahamad, 23 anni e di origine yemenita. È lui che lo scorso 17 settembre ha provato ad uccidere un militare colpendolo con delle forbici. Dopo esser fuggito dal suo Paese, dove avrebbe combattuto tra le fila dello Stato islamico, il presunto terrorista è fuggito in Libia e da qui sarebbe giunto in Italia. Ma ecco una prima anomalia in questa storia. Mahamad non sarebbe entrato nel nostro Paese con un barcone, ma con un un volo di Stato nel 2017 (Il Giorno) attraverso un corridoio umanitario (Il Corriere). Da Roma, il richiedente asilo si sarebbe poi spostato a Bergamo e da qui in Germania (a Francoforte e a Monaco di Baviera) dove ha condotto, come molti aspiranti jihadisti, una doppia vita (vendeva abiti da donna e, allo stesso tempo) spacciava il khat, un alcaloide devastante.

In Germania Mahamad avrebbe conosciuto persone vicine al terrorismo islamico e ne sarebbe rimasto affascinato. Il 12 luglio di quest'anno Mahamad torna in Italia, vivendo per un po' in un centro d'accoglienza a Mantova, da dove è scappato perché non riusciva a convivere con gli altri migranti ("parlavano tutti quanti inglese"). Il resto è (tragica) storia.

Mahamad Fathe, infatti, ha aggredito alle spalle il caporale scelto Matteo Toia. Lo ha colpito alla gola con un paio di forbici. E dopo essere stato bloccato, il folle ha urlato più volte "Allah Akbar! Allah Akbar!", l'urlo dei terroristi.

Interrogato dal pm Alberto Nobili, responsabile del pool dell'antiterrorismo della Procura di Milano, l'immigrato ha tentato di "giustificare" il folle gesto. "Ero stanco di questa vita - ha detto - l'unico modo per farla finita era con questo gesto, volevo essere ucciso per raggiungere il paradiso di Allah". Così il 23enne yemenita, con alle spalle diversi precedenti penali, ha cercato di uscire da questa situazione. Ma il video dell'aggressione diffuso in rete parla chiaro e fa rabbrividire. Una violenza inaudita, fuori controllo.

L'immigrato adesso è dietro alle sbarre ed è accusato di tentato omicidio aggravato dalle finalità terroristiche e di violenza a pubblico ufficiale. Ed è irregolare sul territorio italiano in quanto in possesso di un permesso di soggiorno ormai scaduto. Da fonti inquirenti - scrive il Corriere della Sera - spuntano dettagli allarmanti. Per dirla bene

Le autorità tedesche, infatti, avevano segnalato lo yemenita a quelle italiane. Hanno fatto il loro lavoro? Insomma. Il 23enne, infatti, era stato espulso dalla Germania e rimandato in Italia a luglio, qui da Berlino era arrivata una segnalazione. Perfetto, ma come? Era generica, incompleta e parlava soltanto di "simpatie islamiste" dell'immigrato, non di legami con l'Isis o di indagini. Cosìc e lo hanno rifilato. E qui ha aggredito il militare.

Intanto si rischia a Lampedusa anche sotto il profilo dell’ordine pubblico: ieri sera prima protesta dei tunisini che non vogliono essere rimpatriati. Alcuni di loro inscenano una manifestazione dinnanzi la locale Chiesa di San Gerlando, al centro del paese di Lampedusa. Una protesta pacifica fino a questo momento, ripetuta anche questa mattina. Il timore però è che, nei prossimi giorni, le richieste dei tunisini possano sfociare, come già in passato, in situazioni di maggior tensione.  

Tutto questo, come già sottolineato ieri, sta mettendo a dura prova anche le stesse forze dell’ordine: turni massacranti, ricerca dei migranti sbarcati autonomamente, operazioni di soccorso, così come di assistenza durante il trasferimento delle persone verso Porto Empedocle, oltre ovviamente alla sorveglianza dell’hotspot. In termini di costi, lavoro e stress, sono momenti molto delicati per chi opera a Lampedusa.  

Si da la notizia di altri 28 migranti arrivati dopo le operazioni di soccorso compiute dalla Guardia di Finanza, allertata da un peschereccio che nota, ad un miglio dalla costa, la presenza di un’imbarcazione diretta verso l’imbocco del porto di Lampedusa. A bordo cittadini ivoriani e camerunensi, suddivisi 19 uomini, 8 donne ed un bambino. Molto probabilmente dunque, a giudicare dalla nazionalità dei migranti in questione, il barcone è partito qualche ora prima dalla Libia.  

Soltanto nella giornata di giovedì a Lampedusa approdano 130 persone e non si tratta della somma degli sbarchi effettuati con piccoli gommoni, come avviene fino a qualche settimana fa. Nei dintorni dell’isola, tornano a farsi vedere anche grandi imbarcazioni con decine di persone a bordo. Giovedì, per l’appunto, la Guardia di Finanza scorta fin dentro il porto un peschereccio con 108 migranti assiepati al suo interno. Poi un altro approdo, questa volta autonomo, in una delle spiagge di Lampedusa porta il conto complessivo di un’altra difficile giornata a 130.  

E la giornata è solo all’inizio: si teme, da qui alle prossime ore, un’altra ondata di sbarchi con la paura di vedere ulteriormente crescere la tensione all’interno del centro di accoglienza di Lampedusa.

Si descrive appieno ancora una volta il contesto in cui si trova il locale centro d’accoglienza: a fronte di una capienza massima di 95 persone, attualmente all’interno sono ospitati 240 migranti. E dire che non si fermano le operazioni di trasferimento verso Porto Empedocle: lunedì 70 persone lasciano l’isola per raggiungere la Sicilia, ieri altre 80 vengono imbarcate nel traghetto di linea per il porto agrigentino, ma gli arrivi sono più delle partenze.

Su Twitter intanto, Alarm Phone denuncia una presunta omissione di soccorso da parte delle autorità maltesi, visto che il barcone in questione viene notato per la prima volta in acque di competenza di La Valletta, pur se a 38 miglia da Lampedusa: “Secondo le autorità italiane, le 28 persone in difficoltà sono state salvate – si legge poi in un tweet successivo del network telefonico – Possiamo solo sottolineare ancora una volta che ritardare le operazioni di salvataggio prolunga inutilmente la sofferenza in mare e mette in pericolo la vita dei migranti!”

Giuseppe Conte intanto ieri sera ha ricevuto a cena con tanto di stretta di mano e di photo opportunity il presidente Macron. Adesso i due sciorinano parole sul tema dell'immigrazione. Parole e promesse. Tutte da verificare. Ciò che invece è certo è che gli sbarchi aumentano e Lampedusa è al collasso.

Secondo il quotidiano il Giornale : "Dobbiamo far uscire il tema dell'immigrazione da una propaganda anche anti-europea. L'Italia non abbassa la guardia contro il traffico di vite umane e non ritiene che debba essere consentito ai trafficanti di decidere come e quando avere ingresso,. Ma abbiamo anche la necessità di gestire il fenomeno migratorio in maniera concreta, pratica", ha dichiarato il presidente del Consiglio italiano.

Che poi ha aggiunto: "L'incontro con il presidente Macron testimonia l'intenzione di contribuire insieme al rilancio dell'Europa, siamo in una fase cruciale, serve una gestione europea efficace, non solo della redistribuzione, ma anche dei rimpatri, serve un meccanismo europeo sugli sbarchi, sulla redistribuzione e una gestione efficace dei rimpatri. Dobbiamo rafforzare la nostra collaborazione anche con i Paesi d'origine da dove arrivano i migranti".

Dal canto suo il presidente francese ha affermato sorridente: "Sono molto felice di essere qui, dopo la formazione del nuovo governo, la mia presenza oggi segna la volontà di collaborare per il progetto europeo. Un messaggio forte e chiaro di amicizia fra i nostro popoli indistruttibile. Può succedere che non ci si capisca ma ci si ritrova. L'organizzazione attuale non è efficace, di fatto c'è una non-cooperazione tra i Paesi, cooperativamente siamo inefficaci nell'accogliere chi ha bisogno e nel respingere chi non ha diritto. Possiamo lavorare a un meccanismo automatico di redistribuzione coordinato dalla Commissione Europea, siamo pronti a lavorare per trovare una soluzione nuova ed efficace". Promesse, appunto.

Ma Macron ha detto la sua anche sulle politiche economiche della Ue considerando il coordinamento delle stesse "non più adeguato".

"Vediamo tutti i dati che riguardano i paesi europei e se oggi la crescita resiste ancora è però al di sotto del passato, perché ci sono incertezze politiche, conflittualità commerciale, il rallentamento della Cina e anche perché il coordinamento delle nostre politiche economiche non è più adeguato".

 

 

Il leader di Forza Italia, in occasione della trasferta europea, parla dell'integrità della coalizione di centrodestra e delle sfide che lo attendono nel prossimo futuro: "Abbiamo la consapevolezza che nel centrodestra dobbiamo svolgere un ruolo importante; noi siamo il cervello, il cuore e la spina dorsale del centrodestra e il centrodestra unito è l'unica alternativa alla sinistra. Noi l'opposizione la faremo come l'abbiamo sempre fatta, sui contenuti e in Parlamento: giudicheremo ogni provvedimento da quello che contiene. Se riterremo che c'è qualcosa di positivo per l'Italia e per gli italiani voteremo a favore. Se, invece, il governo metterà le mani eccessivamente nelle tasche degli italiani, se andrà a limitare i diritti di libertà dei cittadini, può darsi che noi giudicheremo che si debba fare una manifestazione di piazza".  

E del tutto evidente che la spaccatura all'interno del Partito democratico avrà ripercussioni anche al Parlamento europeo, con i renziani che a questo punto si domanderanno da che parte stare. Fu il loro leader, quando era a capo del Pd, a benedire il passaggio del partito all'interno della famiglia del Partito socialista europeo, ereditando l'appartenenza tradizionale dell'ala sinistra dei dem. Ma ora le cose sono cambiate: Renzi, che di certo non è mai stato ideologicamente legato ai socialisti, strizza l'occhio al centro. E i renziani aspettano le indicazioni del capo politico dopo l'annuncio della cosiddetta scissione. Che evidentemente deflagrerà anche nel Parlamento europeo e con conseguenze non da sottovalutare per capire come si orienterà cla nostra politica.  

Renzi spiega la scissione:  "Noi vogliamo riportare le persone ad appassionarsi, a impegnarsi nella politica. Dopo sette anni di impegno diretto in prima fila, non c'è stato un giorno in cui io non sia stato bersagliato dal fuoco amico. I litigi e le divisioni hanno avuto la meglio sulle idee".

Per il senatore, Italia viva nasce per presidiare "uno spazio politico grande come una prateria". Renzi, durante il programma, ha detto che non sa se può definire il suo nuovo progetto "con le tradizionali categorie della politica" e ha specificato: "Se vogliamo, possiamo definirlo riformatore o riformista, oppure di sinistra o di centro sinistra o moderato. Ma tutte queste, sono parole che lasciano il tempo che trovano se non sono inserite in una riflessione politica, in primo luogo su cosa sia la sinistra. Per me, la sinistra non è quella che attacca i ricchi ma che prova ad attaccare la povertà. Il mio governo, per esempio, ha portato il fondo per combattere la povertà da 20 milioni a 2,7 miliardi di euro. Questa è una misura di sinistra".

L'ex segretario dem ha poi fatto un riferimento chiaro e diretto agli ex colleghi di partito e ha dichiarato: "A fronte di tutto questo, come due persone che le hanno tentate tutte per cercare di restare insieme, mi sono detto: 'Per quale motivo io devo continuare a essere un intruso nella storia della Ditta che nei prossimi mesi si riprenderà D'Alema, Bersani e Speranza. Invece faranno senza di noi'".

Per certi versi, la decisione di Renzi non è molto diversa da quella di Macron, che a suo tempo decise di scindersi dai socialisti formando il suo partito con cui poi ha vinto le presidenziali. Certo, le condizioni sono diverse e Macron non era leader del partito socialista francese. E il Pd non ha subito ancora quel crollo che ha avuto invece il centrosinistra francese. Ma il filo rosso è abbastanza netto così come è chiaro che Renzi, tra i socialisti europei e i centristi-progressisti di Macron, non abbia grandi dubbi. La dimostrazione è arrivata anche da prima delle elezioni europee, con quell'endorsement di Renzi per il movimento del presidente francese e per la nascita di un cosiddetto fronte anti-sovranista. Il tutto sull'asse Firenze-Parigi con la benedizione del francese Gozi.  

Intanto, il Cavaliere commenta nel quotidiano il Giornale così la scissione di Matteo Renzi dal Partito Democratico: "A Renzi auguro di avere successo e di raggiungere i risultati che si è proposto. Staremo a vedere…". Poi, (r)assicura: nessun parlamentare azzurro – dice – seguirà l'ex dem in Italia Viva, e neppure Matteo Salvini nella Lega. Queste le parole del capo politico di FI a tal proposito: "Vedo che i giornali qualche volta dicono che c'è questa possibilità, da quello che mi risulta non esiste. Non credo che ci siano nostri parlamentari che pensino di avere maggiori possibilità di essere rieletti andando in un altro partito dove comunque verrebbero accolti come transfughi". "Mi fa ridere quando sento dire che noi siamo sottoposti alla Lega: noi siamo alleati con la Lega, ma con la schiena dritta", aggiunge ancora il Cav.

Berlusconi annuncia anche che Forza Italia sosterrà in Europa il commissario Paolo Gentolini: "Noi lo sosterremo perché Gentiloni sarà lì sia come presidente di una importante commissione e sarà il guardiano degli interessi dell'Italia".

"C'è bisogno di cambiare la nostra politica nei confronti della Federazione Russa che abbiamo colpito con delle sanzioni secondo me assolutamente indebite", ha dichiarato Berlusconi in merito alla questione russa, sempre attuale nell'agenda europea. E ha così continuato: "Spero di fare cambiare atteggiamento e di riunificare l'Occidente che ha bisogno di essere unito e quindi forte anche dal punto di vista degli armamenti nucleari per poter constatare una possibile, ipotizzabile, qualcuno dice probabile, sfida cinese all'Occidente".

Silvio Berlusconi, infine, si è così espresso sul sovranismo: "Il sovranismo, secondo me, non ha alcuna ragione d'essere. L'Europa ci sta regalando, ci ha regalato, 70 anni di pace, di confini aperti, di benessere". E a seguire: "Di questa cosa, sia Salvini che Orban, secondo me, è un mio giudizio, si sono accorti e quindi io ho un discorso aperto con Salvini, un discorso aperto con Orban, per fare capire a tutti che il sovranismo è una stupidaggine".

Il rischi per il centrosinistra sono altissimi. Lo sono per i socialisti, perché in caso di spostamento di renziani e Carlo Calenda con Renew Europe, perderebbero eurodeputati. Lo sono per il Pd, che del Pse rappresenta ancora una fetta importante. Renzi ha da tempo parlato di allargamento della famiglia socialista. è quello, del resto, che ha anche detto Nicola Zingaretti, quando parlava di una sinistra europea che guardasse da Macron a Alexis Tsipras come se vi fossero ancora differenze. Ora però il Pd trema e trema anche il governo Conte, tanto è vero che il premier ha già mostrato una certa "insofferenza". Ora dovrà discutere direttamente con Renzi quale leader di un movimento. Ma questi cambi di corsa con una fragile alleanza italiana e che hanno ripercussioni a Strasburgo mettono in pericolo la stabilità dei giallorossi. Mentre Macron, che domani sbarca in Italia, potrebbe avere un nuovo grande alleato.

 

 

 

 

Giuseppe Conte resta il leader più apprezzato ma subisce un crollo di consensi. Secondo il sondaggio Demos per La Repubblica, infatti, cala la sua popolarità, così come diminuisce la fiducia verso il governo," rispetto a luglio, prima delle dimissioni di Salvini, è scesa al 44%: oltre 10 punti in meno". 

Il presidente del Consiglio è al 55 per cento, 9 punti in meno, però, rispetto a luglio quando guidava il governo giallo-verde. Conte è poi seguito "dal nuovo commissario europeo (e suo predecessore, come premier), Paolo Gentiloni (47%)", osserva Ilvo Diamanti, "l'unico verso il quale si osservi una crescita significativa. Dietro a lui, Giorgia Meloni (44%), la più apprezzata, a Destra, dopo Salvini", il quale "ha perduto 8 punti di popolarità, rispetto a luglio. E arretra al 46%".

Secondo il quotidiano il Giornale Matteo Renzi lo ha chiamato per rassicurarlo: il gruppo parlamentare che formerà continuerà a sostenere il governo. Ma Giuseppe Conte è tutt'altro che tranquillo. Come non dimenticare, del resto, quell'"Enrico stai sereno" di lettiana memoria?

Così da Palazzo Chigi continua il quotidiano  non commentano l'iniziativa dell'ex segretario Pd, ma sottolineano come sia "singolare" la scelta dei tempi dell'operazione. E in particolare lascia qualche perplessità la decisione di annunciarla immediatamente dopo il giuramento di viceministri e sttosegretari. "Se portata a compimento prima della nascita del nuovo esecutivo, questa operazione, niente affatto trascurabile, avrebbe assicurato un percorso ben più lineare e trasparente alla formazione del governo", dicono fonti di governo smentendo altre considerazioni da parte del premier, "Il presidente incaricato avrebbe potuto disporre di un quadro di riferimento più completo per valutare la sostenibilità e la percorribilità del nuovo progetto di governo che ha presentato al Paese".

Di fatto, ora il premier dovrà confrontarsi con un'altra forza politica, non consultata nei giorni precedenti alla nascita del governo, quando la trattativa è stata portata avanti tra Movimento 5 Stelle, un Pd nei fatti "derenzizzato" e Liberi e uguali. E le garanzie che ora Renzi dà al premier rischiano di lasciare il tempo che trovano, soprattutto perché nel Conte bis questa nuova compagine non poco rappresentata, se non con il ministro alle Politiche agricole Teresa Bellanova. L'intera operazione da parte di uno dei principali fautori di questo esecutivo non può non apparire così come possibilità di staccare la spina senza consultare i vertici del Pd.

Se non riuscirà a migliorare sensibilmente le condizioni di vita degli italiani Matteo Salvini e la Lega torneranno al potere, più forti di prima. 

L’autorevole Foreign Affairs, pubblicato dal Council on Foreign Relations americano, smorza con un’analisi pubblicata nelle ultime ore tutti gli entusiasmi sul Conte-bis e sul ritorno del leader leghista all’opposizione celebrata da numerosi quotidiani stranieri di orientamento progressista.

“Se il nuovo governo fermerà l’ascesa del populismo di destra dipenderà dalla sua capacità di migliorare il tenore di vita italiano e invertire alcune tendenze negative che hanno reso il Paese uno degli anelli deboli dell’Unione europea.

Fare questo sarebbe un compito arduo per qualsiasi governo, per non parlare di uno composto da due partiti – entrambi segnati da divisioni interne.

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