Login to your account

Username *
Password *
Remember Me

Create an account

Fields marked with an asterisk (*) are required.
Name *
Username *
Password *
Verify password *
Email *
Verify email *
Captcha *
Reload Captcha
Venerdì, 17 Maggio 2024

Al Salone del libro Loren…

Mag 15, 2024 Hits:274 Crotone

L'Istituto Ciliberto-Luci…

Mag 14, 2024 Hits:133 Crotone

Le opere di Bach: gli eff…

Mag 02, 2024 Hits:426 Crotone

In città l'ultima tappa d…

Apr 30, 2024 Hits:461 Crotone

Convegno Nazionale per la…

Apr 23, 2024 Hits:677 Crotone

L'Associazione "Pass…

Apr 05, 2024 Hits:1086 Crotone

Ritorna Calabria Movie Fi…

Apr 03, 2024 Hits:1081 Crotone

La serie evento internazi…

Mar 27, 2024 Hits:1453 Crotone

Il Segretario di Stato americano Mike Pompeo è arrivato a Roma, per una visita di quattro giorni in Italia. Il volo speciale, un boeing 757 dell'Us Force, con a bordo Pompeo è atterrato sulla pista dell'aeroporto militare di Ciampino alle 11.22.

Il segretario di Stato americano Mike Pompeo, nel pieno della bufera sul possibile impeachment di Donald Trump, arriva per tastare il polso al nuovo governo italiano. La sua missione a Roma rappresenta infatti il primo bilaterale ad alto livello tra l'amministrazione Trump e l'esecutivo giallorosso. A riceverlo saranno il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, quest'ultimo già incrociato al Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite.

Mercoledì invece sarà la volta del Vaticano, con un'udienza privata da papa Francesco. Pompeo - la cui missione europea proseguirà in Macedonia, Montenegro e Grecia - ha come obiettivo quello di confermare e rinsaldare le forti relazioni di cooperazione e di collaborazione che da sempre uniscono gli Stati Uniti all'Italia. Con il nostro Paese - sottolineano al Dipartimento di Stato - considerato un alleato imprescindibile e un partner commerciale fondamentale. E le premesse sono buone, visto l'ottimo rapporto instauratosi tra il presidente americano e il premier Conte. Ma il capo della diplomazia Usa è innanzitutto interessato a capire se ci sono cambi di orientamento tra il primo ed il secondo governo Conte, con l'uscita dall'esecutivo della compagine leghista. Due i delicati dossier su cui Pompeo chiederà maggiore chiarezza: i rapporti di Roma con Pechino e Mosca.

Mentre starà a Conte fare pressing sul segretario di Stato per chiedere un maggior coinvolgimento Usa nella crisi libica e per scongiurare che la possibile imminente ondata di dazi Usa all'Europa colpisca pesantemente il Made in Italy, soprattutto sul fronte del settore agroalimentare. Il segretario di Stato americano, in particolare, non ha fatto mistero in passato di non aver gradito l'adesione del nostro Paese alla Via della Seta, il progetto che apre agli investimenti provenienti dalla Cina anche in settori che Washington considera vitali sul fronte della sicurezza nazionale, come dimostra la vicenda di Huawei e dello sviluppo delle reti 5G. Conte potrà mettere sul piatto però la decisione del governo italiano di ricorrere alla golden share per le aziende che faranno accordi con investitori cinesi.

Al centro dei colloqui in Vaticano, dove Pompeo incontrerà anche il segretario di Stato Pietro Parolin, di sicuro ci sarà il tema dell'immigrazione che tanto a cuore sta al Pontefice e che spesso ha visto Santa Sede ed amministrazione Trump su posizioni opposte. Prima di lasciare l'Italia per Pompeo ci sarà anche tempo per una tappa in Abruzzo, nel paese delle sue origini: Caramanico Terme, in provincia di Pescara, da dove emigrarono i suoi bisnonni

Cosi Mike Pompeo e oggi a Roma e, mentre il Segretario di Stato Usa prepara gli incontri istituzionali, la visita Oltretevere da Papa Francesco e il viaggio nella terra dei suoi avi (l’Abruzzo) sullo sfondo si staglia la fondamentale questione commerciale, con la faglia tra Stati Uniti ed Europa che potrebbe presto divaricarsi ulteriormente. Si attende il verdetto del Wto sulla natura dei dazi che gli Usa sono autorizzati a imporre verso i prodotti europei come ritorsione dopo la causa presentata contro gli aiuti pubblici ad Airbus, considerati distorsivi della libertà di concorrenza.

Il Wto potrebbe garantire agli Usa spazi di manovra per dazi da 11 miliardi, ma l’amministrazione Trump ne vuole imporre quasi il doppio: 20 miliardi. Con Ginevra che oltre ad aeronautica e auto è pronta a dare semaforo verde a Washington anche su settori esterni come l’agroalimentare. E qui per Roma potrebbero essere dolori: Ettore Prandini, presidente bresciano di Coldiretti, ha dichiarato al Corriere della Sera che “i prelievi su Parmigiano e Grana, per esempio, potrebbero balzare da 2 a oltre 20 euro al chilo, con un crollo dell’ export pari al 90%”. Trump ha preparato due liste di beni da colpire con dazi per un valore complessivo di 25 miliardi di dollari di importazioni europee. L’obiettivo? Usare come leva i settori meno aperti dall’Unione, come l’agricoltura, per ottenere vantaggi a tutto campo. Le nuove tariffe potrebbero arrivare già ad ottobre e il rischio è quello di innescare una vera e propria guerra commerciale tra le due sponde dell’Atlantico, che colpirebbe l’export italiano negli Usa, salito dell’8,3% nei primi otto mesi del 2019.

Un altro tema importante di discussione sara il  Spygate e come ha spiegato l’ex consigliere di Donald Trump George Papdopoulos in un’intervista rilasciata a InsideOver, “il rapporto dell’Italia (con gli Stati Uniti, Ndr) non progredirà a meno che tutte le informazioni sulle attività di Joseph Mifsud e la Link Campus riguardanti lo spionaggio e il lavoro con le agenzie di intelligence americane contro di me e Trump nel 2016-2017 venga rivelato”. Su Twitter, l’ex consulente di The Donald confermava di essere “in attesa di testimoniare” e anticipa i contenuti delle sue dichiarazioni. Il governo italiano dell’epoca (Renzi-Gentiloni) sarebbe pienamente coinvolto e le accuse sono pesantissime: “Voglio che gli americani vedano cosa è successo. Essere spiati da Fbi/Cia, dal Regno Unito, dall’Australia e dall’Italia non è uno scherzo, specialmente quando lo scopo era tentare un colpo di stato e interferire nel processo democratico in America. Lo dirò per la prima volta. Attraverso i miei occhi”.

Papadopoulos scrive InsideOver  ha da poco pubblicato il libro Deep State Target, un “resoconto di prima mano che dimostra il tentato sabotaggio della campagna presidenziale di Trump da parte di servizi di intelligence americani e internazionali”. Un “complotto” in piena regola, secondo l’ex collaboratore del tycoon, che prende il nome di “Spygate”. Anche secondo il presidente Usa, Roma è al centro della cospirazione. Lo ha confermato lui stesso in un’intervista rilasciata lo scorso 19 giugno a Fox News. L’anchorman Sean Hannity chiede al presidente se i “gruppi di intelligence ai massimi livelli” di “Italia, Gran Bretagna e Australia” sono stati coinvolti nell’aver spiato “cittadini americani e violato leggi americane”. Il tycoon non smentisce e aggiunge: “E l’Ucraina. Attenzione all’Ucraina”.

Centrale in questa vicenda sottolinea il Giornale è il ruolo di Joseph Mifsud che, come vi abbiamo raccontato su IlGiornale.it, ha fornito una deposizione audio al procuratore John Durham nelle scorse settimane. La notizia della deposizione di Joseph Mifsud è stata data in diretta su Fox News dal giornalista John Solomon: “Posso assolutamente confermare che gli investigatori di Durham hanno ottenuto una deposizione audio di Joseph Mifsud dove egli descrive il suo lavoro, perché ha preso di mira George Papadopoulos, chi lo ha indirizzato a fare questo, quali istruzioni gli furono date, e perché ha messo in moto l’intero processo di introduzione di Papadopoulos alla Russia nel marzo 2016, che è davvero il punto focale e di partenza di tutta la vicenda della narrativa sulla collusione” ha spiegato Solomon incalzato dalle domande di Sean Hannity. “Posso inoltre confermare – ha aggiunto il giornalista – che la Commissione giudiziaria del Senato ha ottenuto la stessa deposizione”.

È proprio Solomon a spiegare che “Mifsud era un collaboratore di vecchia data dei servizi di intelligence occidentali cui venne richiesto specificatamente dai suoi contatti alla Link University di Roma e London Center of International Law Practice (Lcilp) – due gruppi accademici legati alle diplomazie e servizi di intelligence occidentali – di incontrare Papadopoulos a pranzo a Roma a metà marzo 2016”. Solomon ha ottenuto queste informazioni direttamente dall’avvocato del professor Mifsud, Stephan Roh.

L’indiscrezione lanciata in solitaria da InsideOver pochi giorni fa è stata confermata: William Barr, procuratore generale degli Stati Uniti, è stato qualche giorno in Italia, la scorsa settimana, per raccogliere prove sull’inchiesta “Spygate”. Come ci aveva riferito George Papadopoulos, ex membro del comitato consultivo per la politica estera nella campagna elettorale di Donald Trump durante le elezioni presidenziali del 2016, Barr era Roma, a Palazzo Margherita – dove ha sede l’ambasciata americana – in giorni particolarmente convulsi per l’amministrazione Usa con l’avvio della procedura di impeachment nei confronti del presidente annunciata da Nancy Pelosi per via dello scandalo Kievgate.

Come conferma il New York Times, e inside over, William Barr è arrivato in Italia la scorsa settimana dove ha incontrato i funzionari del governo italiano venerdì. Secondo ex funzionari del Dipartimento di Giustizia, il ministro della giustizia avrebbe chiesto la collaborazione di alcuni Paesi stranieri – tra cui l’Italia – e la consegna di alcuni documenti relativi alle elezioni del 2016. Nei mesi scorsi, William Barr ha costituito un team investigativo guidato dal procuratore John Durham per indagare sulle origini delle indagini dell’Fbi sul Russiagate nel 2016 e determinare se la raccolta di informazioni sulla campagna di Trump fosse “lecita e appropriata”. La presenza di Barr in Italia conferma il fatto che lo “Spygate” potrebbe essere usato dallo staff del presidente come controffensiva dopo la richiesta di impeachment avviata dai democratici contro Trump. Presto, probabilmente, scopriremo cosa hanno raccolto il procuratore generale Barr e John Duhram in questi mesi di indagini e se i democratici, in collaborazione con i servizi di intelligence europei, hanno effettivamente “cospirato” contro Trump nel 2016.

Il viaggio del procuratore generale Barr in Italia sottolinea il Giornale è confermato anche dal Washington Post: il ministro della giustizia Usa avrebbe chiesto a funzionari del governo Conte di fornire il massimo supporto al Procuratore John Durham, incaricato di indagare sull’origine torbida del Russiagate. Secondo il Washington Post, non sarebbe peraltro il primo viaggio di Barr nel nostro Paese. Come reso noto nelle scorse settimane, il giornalista investigativo John Solomon ha pubblicato su The Hill un articolo in cui cita dieci documenti classificati che il presidente Usa potrebbe presto divulgare e che potrebbero causare un terremoto politico a Washington, confermando la tesi della cospirazione contro il tycoon della Casa Bianca ad opera dei democratici, dell’Fbi, del Dipartimento della Giustizia e dei servizi segreti occidentali, italiani e inglesi in testa. 

Tra i dieci documenti classificati citati dal giornalista di The Hill ce n’è uno, il più interessante, che riguarda proprio il nostro Paese e il ruolo svolto dai governi Renzi e Gentiloni nella possibile cospirazione contro Donald Trump: si tratta dei documenti che proverebbero che gli alleati degli Usa nel 2016 avrebbero contribuito agli sforzi dell’Fbi di provare i presunti collegamenti di Trump con la Russia.

 

 

 

 

 

L’Unione europea potrebbe sbloccare gli assetti navali di Eu Navfor Med, l’operazione lanciata nel maggio 2015 e recentemente estesa fino al marzo 2020, aumentando il numero di migranti e rifugiati che sbarcheranno in Italia e a Malta in attesa di essere ridistribuiti negli altri Stati membri su base volontaria. La missione guidata dall’ammiraglio italiano Enrico Credendino dovrebbe svolgere due ruoli, entrambi importanti per il Mediterraneo centrale e in particolare per l’Italia: contrastare il traffico di esseri umani e far rispettare l’embargo sulle armi imposto dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite in Libia.C’è un piccolo problema: la missione navale non ha le navi

Intanto caos nel centro di identificazione di Moria, nell’isola di Lesbo, in Grecia, scrive Francesco De Palo al Fatto Quotidiano dopo che una mamma col suo figlioletto sono rimasti carbonizzati ieri pomeriggio in seguito a due incendi divampati in alcuni container. Le fiamme sarebbero state appiccate da alcuni migranti come segno di protesta per l’affollamento della struttura. Altre sei persone sono rimaste ferite, intossicate dai fumi e con traumi agli arti per via del fuggi fuggi generale e ricoverati nell’ospedale dell’isola. La situazione, nella mattinata di lunedì, è drammatica: rifugiati e immigrati si sono radunati fuori dai container bruciati impedendo alla polizia di avvicinarsi per recuperare materiali e prove. Si segnalano scontri con la polizia e due camion dei pompieri bruciati. Al momento, il centro accoglie 12mila persone, sebbene la struttura abbia una capienza di 3mila.

Il primo ministro Kyriakos Mitsotakis ha convocato un consiglio straordinario per discutere delle misure di emergenza, come i nuovi hotspot che saranno realizzati entro un mese nella parte continentale del Paese. Nella struttura delle Termopili, che ospita 500 siriani, ieri sono giunti altri cento migranti. Duecento dovrebbero essere dirottati in un centro a Stylida, dove il sindaco ha animato una manifestazione di protesta in piazza con alcuni cittadini.  

Considerata l’emergenza, il Ministero dell’Interno ellenico ha inviato altri uomini sull’isola, distaccandoli dagli stadi di calcio dove ieri si disputavano le partite di campionato maggiormente attenzionate dalla polizia. Due quadre di agenti sono state trasportate d’urgenza a Lesbo con un C130 militare.

Secondo Francesco De Palo chiede aiuto anche all’Europa il sindaco di Mitilini, Stratis Kytelis, secondo cui la situazione è sfuggita di mano: “Adesso siamo tutti in pericolo”. Il governatore dell’Egeo, Costas Moutzouris, ha parlato di scene apocalittiche: “È stata una grande rivolta, come in un film”. Aggiungendo di aver lanciato l’allarme al governo: “Abbiamo qui persone provenienti da 72 Paesi diversi. Tutti hanno paura e temono che ci saranno ancora momenti di panico”, sottolineando che negli ultimi giorni le autorità greche hanno impedito a 25 imbarcazioni con rifugiati e migranti di raggiungere Mitilene.
Secondo i dati della polizia dell’Egeo settentrionale, in meno di 48 ore 832 nuovi richiedenti asilo sono stati registrati nelle tre isole.

Scrive il Quotidiano il Giornale che peccato che l’accordo, nonostante sia stato definito “storico” dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte, sia ancora un progetto embrionale e non è ancora chiaro quanti Paesi comunitari vi aderiranno. Qualche indicazione in tal senso la fornirà il Consiglio Giustizia e Affari interni previsto il 7 e 8 ottobre a Lussemburgo, primo vero “esame” per la neoministra Lamorgese, già capo di gabinetto al Viminale sia con Angelino Alfano che con Marco Minniti. L’intesa ha però suscitato diverse perplessità, anche da parte delle organizzazioni non governative che operano in mare, contrarie al coinvolgimento della Guardia costiera libica (l’intesa firmata a Malta invita a “non ostacolare” le sue attività) e preoccupate dall’eventualità di dover percorrere circa 3.500 miglia nautiche per sbarcare a Helsinki i migranti salvati davanti alle coste nordafricane. 

Dallo scorso aprile, infatti, gli Stati membri hanno deciso di sospendere le attività di pattugliamento dell’operazione militare in conseguenza della cosiddetta “politica dei porti chiusi” dell’allora ministro dell’Interno, Matteo Salvini. In teoria le navi ci sono, ma sono ormeggiate nei porti in attesa di una decisione politica. 

E questa decisione potrebbe arrivare a breve dopo l’intesa raggiunta al mini-summit di Vittoriosa, presso La Valletta, dai ministri degli Interni di cinque dei 28 Stati membri: la nuova titolare del Viminale, Luciana Lamorgese, alla sua prima uscita internazionale; l’omologo francese Christophe Castaner; il ministro dell’Interno della Finlandia, Paese che ha la presidenza di turno del Consiglio Ue, Maria Ohisalo; il collega di Malta, Michael Farrugia; il ministero dell’Interno della Germania, Horst Seehofer; più il greco Dimitris Avramopoulos, che è il commissario Ue per gli Affari interni.

Rapida redistribuzione dei migranti e richiedenti asilo entro quattro settimane dallo sbarco I porti saranno messi a disposizione a rotazione, ma su base volontaria
L’intesa riguarda soltanto i migranti salvati in mare dalle unità militari che pattugliano il Mediterraneo o dalle navi delle Ong, escludendo quindi gli sbarchi autonomi

Intanto dietro le quinte l'esecutivo si prepara ad innalzare l'Iva per chi paga in contanti certi beni (il caso esempio di questi giorni sono le cene al ristorante). Gli sconti arriveranno solo per chi paga con carta che potrà recuperare l'1 per cento dell'Iva nell'estratto conto dello stesso mese o in quello successivo alle spese. Ma in questo nuovo corso che sta preparando l'esecutivo giallorosso va tenuto conto dei costi che si abbattono su chi usa le carte. Secondo le ultime stime, il canone annuo sulle carte di credito è cresciuto del 76%.


Non poco.secondo il Giornale le banche negli ultimi anni hanno aumentato anche i costi per la gestione di questi flussi di denaro. Per chiarirci le idee, la gestione di una carta di credito costa circa l'86,9 per cento euro. E in questo scenario, come ricorda Libero, è anche intervenuta Bankitalia che ha parlato di una accelerazione rispetto al biennio precedente. In passato queste spese erano lievitate di 2,9 euro, una quota più bassa rispetto a quella degli ultimi tempi. 

Va detto che nel 2013 e nel 2015 queste spese avevano subito un rincaro tra i 5 e i 7 euro di media. Le spese sono lievitate contestualmente al canone annuo delle carte. E i dayti in questo senso sono molto chiari. Il canone delle carte di credito degli istituti tradizionali è lievitato del 19,44 per cento, quello delle banche online del 76 per cento. Una vera impennata che dimostra, secondo i dati di Sostariffe, una vera e propria inversione di tendenza sui costi che riguardano da vicino i correntisti e tra poco tutti i contribuenti che vorranno seguire le indicazioni del governo sui presunti sconti Iva. Ma il salasso riguarda anche i bonifici. La commissione allo sportello è arrivata in media a 4,66 euro. L'uso delle carte in Italia è cresciuto del 6,8 per cento portando negli ultimi tempi la quota di denaro usato con strumenti elettronici a 80 miliardi di euro. Una cifra nettamente più bassa rispetto al flusso di soldi usati in contanti. E con i costi di gestione della carte probabilmente il cash resterà il metodo di pagamento preferito dagli italiani.  

 

Il Governo è cambiato,così come le politiche relative al flusso migratorio. I nuovi ministri, forti dell’ampio consenso dei cittadini, ma questo succedeva al vecchio Governo Lega e m5s ... cercano di porre rimedio agli accordi licenziosi e contro gli interessi degli stessi italiani degli esecutivi Renzi-Gentiloni, che hanno previsto l’apertura indiscriminata dei porti alle navi delle Ong e a quelle delle missioni europee. Secondo il Primato Italiano Il risultato è chiaro a tutti: più di 600 mila immigrati irregolari arrivati in Italia e il Mediterraneo ridotto ad un cimitero a cielo aperto. Forse un giorno qualcuno dovrà rispondere di queste 14 mila morti (dati UNHCR 2015-2018).

Quello che pochi conoscono continua il Primato Italiano, sono però gli accordi segreti sottoscritti bilateralmente dai Premier Renzi e Gentiloni e dagli omologhi di altri Paesi, per assicurarsi che tutti gli immigrati raccolti in mare fossero portati solo ed esclusivamente in Italia. Era il luglio scorso quando la sottoscritta e Luca Donadel abbiamo notato una nave della Marina Militare Irlandese che faceva la spola tra la zona SAR libica e i porti siciliani con una frequenza alquanto sospetta. Dublino non era allora inclusa nella missione europea di Frontex, EUNAVFOR MED Operazione Sophia, che prevedeva come attività collaterale il soccorso delle imbarcazioni dei migranti in pericolo sotto il coordinamento di MRCC di Roma

E oggi con il Governo giallo rosso si fanno altri nuovi accordi, che sono i 5 punti del testo condiviso da Malta, Italia, Germania e Francia:

1. un meccanismo di redistribuzione con tempi rapidissimi - al massimo 4 settimane - dei migranti soccorso nel Mediterraneo che sbarcano, sia in Italia sia in un altro Paese.


2. una volta ridistribuiti, il Paese di accoglienza si farà carico della richiesta di asilo e delle eventuali operazioni di rimpatrio delle persone non aventi diritto di asilo.

3. un meccanismo di rotazione dei porti di approdo, su base volontaria

4. si tratta di un progetto pilota da verificare, una volta che verrà applicato

5. l'obiettivo dell'accordo è che possa essere esteso al maggior numero di Paesi comunitari

Ma da parte di Macron arriva un chiaro messaggio: no all’accoglienza indiscriminata che tanto piace alla sinistra Open Borders e no ai migranti economici, che devono essere rispediti a casa. Nei giorni scorsi, e prima di incontrare il premier Giuseppe Conte a Roma, come riporta La Stampa, Macron ha incontrato i deputati del suo partito, la République en Marche. Durante l’incontro, il presidente francese ha chiesto una stretta sugli immigrati. Vuole eliminare “le distorsioni del diritto d’asilo”, per cui in Francia, dopo gli afghani, sono i georgiani e gli albanesi i richiedenti più numerosi (provenienti da due Paesi che non hanno diritto allo status di rifugiati). Inoltre, Macron pretende dai suoi parlamentari nuove norme che limitino il ricongiungimento familiare.  

“Visto che il governo francese è così generoso (almeno a parole) con gli immigrati, indirizzeremo i prossimi eventuali barconi verso Marsiglia” replicò Salvini. “Sarebbe bello che i governi francese e tedesco si occupassero di quello che succede in Francia e Germania e non dessero lezioni all’Italia”. Ora, lo stesso Presidente francese che dava lezioni di umanità all’Italia e parla di una “mancanza di solidarietà europea” agisce né più né meno proprio come il suo rivale Salvini, chiudendo i rubinetti dell’immigrazione illegale.  

Cosi dopo il documento di Malta sui migranti – presto rivelatosi un “eurobidone” per l’Italia – ecco che il presidente francese Emmanuel Macron chiarisce, ancora una volta, un aspetto importante che la sinistra italiana e il governo “giallo-rosso” fanno finta di non sapere e comprendere. “La Francia non può accogliere tutti se vuole farlo bene”, ha dichiarato il capo dell’Eliseo in un’intervista a Europe 1 a margine dell’assemblea generale dell’Onu a New York. Per il capo di Stato francese, “non c’è abbastanza cooperazione in Europa, dobbiamo guardare alla realtà di questo fenomeno migratorio e prendere decisioni”. “Oggi – ha sostenuto Macron – siamo sia inefficaci che disumani in Europa come in Francia. Dobbiamo accelerare la rifondazione delle regole di Schengen e Dublino, vale a dire avere regole comuni in materia di asilo ed essere più efficienti nel rimandare nel loro Paese, fin dall’inizio, coloro che non sono destinati a rimanere in Europa”.  

Tutto semplice, almeno sulla carta sottolinea il Giornale . Almeno così appare ai massimi esponenti del governo giallorosso, stando alle dichiarazioni sopra riportate di Luigi Di Maio. Peccato che, a livello pratico, nessuno sia mai riuscito a trovare accordi risolutori con i Paesi nordafricani in questione. Un precedente incoraggiante è rappresentato dall’accordo italo-libico firmato a Bengasi nel 2008, vanificato però dall’inizio delle primavere arabe e dai bombardamenti contro Muammar Gheddafi. Per il resto, esistono già accordi con la Tunisia ed intese con l’Algeria, ma al momento i risultati non sono significativi. Il piano che trapela da New York è, se non impossibile da realizzare, quanto meno difficile. E l’attuazione potrebbe richiedere tempi molto lunghi e non rispondere quindi alle esigenze immediate che invece ha il governo giallorosso.

Questo perché già più volte la Tunisia fa sapere di non volere hotspot nel proprio territorio. Ben che meno da Tunisi accetteranno l’idea di mettere a disposizione i propri porti per far entrare le navi con i migranti a bordo. Inoltre, un accordo sui rimpatri con la Tunisia già c’è, chi arriva a Lampedusa dal paese africano lo sa ed è per questo che, come in questi giorni, vengono inscenate proteste per non tornare subito in patria. Fin qui la situazione che riguarda la Tunisia, paese considerato più stabile rispetto agli altri dell’area. In Algeria attualmente non c’è nessuno con cui trattare, visto che dopo le dimissioni di Bouteflika il Paese è retto ad interim dal suo successore e fatica a ritrovare un certo equilibrio istituzionale. Il Marocco già a malincuore, e non senza difficoltà, si riprende i migranti respinti dalla Spagna: Madrid e Rabat nel 1992 siglano un accordo in tal senso, reso però pienamente operativo soltanto in questo mese di febbraio dal governo di Pedro Sanchez, con le autorità marocchine che accettano frettolosi rimpatri solo in caso di numeri molto alti.

In poche parole, la questione dei rimpatri non è semplice. Occorre certamente affrontarla, ma non è facile venirne a capo in poco tempo. Per di più, al netto di un eventuale successo della strategia italiana, il tutto riguarderebbe solo la tratta libica, quella cioè sì in ripresa nelle ultime settimane ma che complessivamente dona al momento meno grattacapi di quella tunisina. L’Italia quindi si sta muovendo, sul discorso immigrazione, solo a livello mediatico. Nulla di concreto in Europa o nel Mediterraneo verrà posto in essere.

Ma ancora l’approccio realista e pragmatico del presidente Emmanuel Macron sul tema dell’immigrazione – che ha chiuso da tempo il confine di Ventimiglia così come i porti francesi – stona un po’ con le polemiche di quest’estate contro l’Italia. Prima di riappacificarsi con il nostro Paese – grazie all’insediamento del governo “giallo-rosso” – il capo dell’Eliseo è stato protagonista di numerosi battibecchi con l’ex ministro dell’Interno e leader leghista Matteo Salvini. “Dobbiamo rispettare le regole umanitarie e del diritto marittimo internazionale. Quando una nave lascia le acque della Libia e si trova in acque internazionali con rifugiati a bordo deve trovare rifugio nel porto più vicino. È una necessità giuridica e pratica. Non si possono far correre rischi a donne e uomini in situazioni di vulnerabilità”, osservò Macron a Parigi lo scorso 22 luglio, sottolineando che “l’impegno della Francia è totale per proseguire una politica efficace e che risponda ai nostri principi. Non dobbiamo lasciar montare i populismi da nessuna parte”.

Nonostante i toni trionfalistici del presidente del Consiglio Giuseppe Conte, il documento di Malta si è rivelato in poche ore quello che in realtà è: un bluff. Appena la bozza è finita nelle mani delle cancellerie europee è subito apparso chiaro che il meccanismo sugli sbarchi e la ripartizione dei migranti discussi ieri al mini-summit della Valletta non risolveranno affatto l’emergenza immigrazione né argineranno le partenze dal Nord Africa. L’adesione, fanno sapere all’agenzia Agi fonti vicine al dossier, sarà infatti “totalmente volontaria” e non ci sarà “obbligatorietà” per i Paesi che decideranno di partecipare.

Come scrive inoltre Mauro Indelicato su InsideOver, di redistribuzione e di rimpatri se ne parla già da anni ed esecutivi di diverso colore da almeno due decenni provano ad imprimere simili svolte nel contrasto all’immigrazione. A La Valletta cinque ministri dell’interno dell’Ue raggiungono un’intesa preliminare in cui si sancisce la redistribuzione automatica, ma dei soli migranti che arrivano con le navi ong o che vengono salvati dalle navi militari, pari al 10% dei migranti che arrivano nel nostro Paese. Sempre che l’accordo vada effettivamente in porto.

 

 

 

 

Pubblicità laterale

  1. Più visti
  2. Rilevanti
  3. Commenti

Per favorire una maggiore navigabilità del sito si fa uso di cookie, anche di terze parti. Scrollando, cliccando e navigando il sito si accettano tali cookie. LEGGI