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La mia lotta per vincere le potenze delle tenebre

Copertina_Contro Satana_Ruscica

 

Parlare del diavolo non è mai facile. Tanto più in un tempo di relativismo imperante come il nostro, che ha finito per condizionare anche non pochi settori della stessa Chiesa. E' quindi un'occasione da non perdere la lettura dell'ultima testimonianza, inedita, concessa da uno dei più grandi esorcisti italiani, padre Matteo La Grua (1914-2012), il religioso francescano scomparso lo scorso inverno a Palermo, all'età di 97 anni (cfr. La Grua, Contro Satana. La mia lotta per vincere le potenze delle tenebre, Piemme, Milano 2013, Pp. 221, Euro 15,50). Nel testo, frutto di una lunga intervista rilasciata poco prima di morire alla giornalista Roberta Ruscica, viene infatti alla luce – senza cedere allo spettacolarismo, ma anche senza tacere alcunché – tutta l'attività pluridecennale che il sacerdote siciliano, noto per i suoi particolari carismi spirituali, oltre che per la sua opera di esorcista, ha svolto accogliendo con pazienza persone di ogni genere e specie operando non poche guarigioni, fisiche o spirituali. Non a caso quello che oggi è di gran lunga il più celebre esorcista noto al grande pubblico, padre Gabriele Amorth, ha parlato di lui come di uno dei più potenti esorcisti di sempre. Venendo al racconto dei fatti, la vita di La Grua, segnata da una precocissima vocazione al francescanesimo e trascorsa nel più completo nascondimento per molti anni, conosce una svolta decisiva a Palermo, quando il religioso riceve in affidamento la parrocchia del Sacro Cuore nel quartiere degradato de La Noce, sulla piazza Gesù Liberatore, giusto a pochi passi da uno dei territori storicamente 'governati' da Cosa Nostra. Sarà qui che la sua fama di 'guaritore' carismatico lentamente, ma inesorabilmente, si diffonderà a macchia d'olio richiamando l'attenzione anche di uomini politici, industriali e finanzieri, magari già affermati, celebri e ricchi nel portafoglio, ma interiormente sulla via della disperazione morale e spirituale, se non del suicidio. La Grua non farà mai distinzione accogliendo sempre tutti (ha continuato a farlo finchè è rimasto lucido, pochi giorni prima di morire) diffondendo così intorno a sé una genuina fama di santità, tutta ancora da vagliare ufficialmente ma già acclarata a furor di popolo, com'era accaduto per un altro religioso carismatico molto ricercato in vita per le sue doti di veggente – e pure morto recentemente in fama di santità – il padre canadese Emiliano Tardif (1928-1999).

Ruscica, dopo aver intervistato e parlato più volte con La Grua lo descrive così: “Padre Matteo leggeva il tuo cuore, scrutava la tua mente. Non c'erano segreti. Niente rimaneva nascosto al suo grande dono: quello della conoscenza del passato, del presente e del futuro. Le sue profezie sono note. Grazie a queste, molte persone hanno superato prove difficili” (pag. 12). L'analisi del francescano sui tempi che viviamo, però, fuori da ogni retorica facile e ingenuo ottimismo, suonava spietata: “La malattia del secolo è la bulimia spirituale. Mai come oggi il mondo ha avuto tanta fame di consolazione! L'uomo si sente solo. Per colmare questa solitudine ricorre a due soluzioni distruttrici. L'edonismo o l'esoterismo” (pag. 13). Dal suo osservatorio privilegiato 'popolare' La Grua vedeva infatti una “grande sofferenza che sommerge il mondo” (pag. 31). Il motivo, a suo avviso, era da ricercarsi nel fatto che “l'Italia – un po' come tutta l'Europa, del resto – si dirige verso il declino culturale e religioso. Penso che se Cristo non ritornerà al centro della vita, se anzi Gesù verrà allontanato dalla quotidianità, allora l'intero mondo occidentale crollerà. Eliminato Cristo, tutto vacillerà” (ibidem). La lotta contro Satana infatti non è una battaglia di un giorno, solo astratta, riservata magari a chi ha una certa conoscenza dell'oscuro mondo dell'aldilà, ma una sfida quotidiana che coinvolge tutta l'umanità che vive e soffre nel mondo compiendo le scelte fondamentali che organizzano e danno senso alla propria esistenza: dalla famiglia, al lavoro, alla politica. In questa battaglia, evidentemente, ha un grande valore la preghiera, personale e comunitaria, e in particolare quella dei gruppi di preghiera (come quelli carismatici del Rinnovamento nello Spirito, che il religioso condusse per anni). La preghiera in quanto tale infatti è compito di tutti i battezzati, diversamente dalle orazioni cosiddette 'di liberazione' che sono invece a tutti gli effetti un esorcismo riservato ai ministri ordinati della Chiesa (i sacerdoti) all'uopo incaricati dal Vescovo. D'altronde, in realtà, i casi in cui occorre veramente l'esorcismo (perchè la persona è 'vessata' o 'posseduta' dal demonio, detti casi 'straordinari' in manualistica) sono relativamente pochi. Di solito, un serio cammino di conversione che fugge le tentazioni (e quindi l'azione 'ordinaria' del demonio) e un ritorno convinto alla vita cristiana con la preghiera e i sacramenti (confessione ed eucarestia) sono di per sé più che sufficienti per tornare a godere una vita serena e 'normale'.

Dopo avere ricordato, e sperimentato, gli effetti benefici della preghiera di lode o del cosiddetto 'canto in lingue', a scanso di equivoci La Grua aggiunge poi che “la liberazione è un dono di Dio. Soltanto Dio può liberare: quando e come vuole, ricordiamocelo, poiché se Satana è potente, Dio è Onnipotente! Il Signore può dunque liberare anche senza l'intervento di intermediari umani. L'uomo è chiamato a impetrare, cioè a chiedere nella preghiera, la liberazione dal maligno, ma questa, quando giunge, è e rimane comunque una grazia. Colui che libera è infatti sempre e solo Gesù” (pagg. 53-54), tanto per sgombrare il campo dal miracolismo e dalla ricerca di inopinabili 'santoni' che pure talvolta alberga anche nei fedeli meno formati, e quindi più strumentalizzabili, del popolo cristiano. Per restare contro Satana, e non avere nulla da temere, quindi, citando il titolo del libro, la prima cosa da fare è rimanere lontani dal peccato e dalle sue seduzioni. Dice invece La Grua, parafrasando un'intuizione di Papa Pio XII: “purtroppo la più grande eresia è, oggi, la negazione del peccato. Ed è, questa menzogna, frutto della lusinga e della seduzione del maligno” (pag. 76) il quale, dall'inizio dei tempi, cerca sempre di convincere l'umanità che egli non esista e dunque i 'lacci' morali della religione non sarebbero altro che inutili ostacoli da rimuovere definitivamente per vivere finalmente liberi e felici. Ovviamente questo negherebbe frontalmente l'azione redentiva di Cristo, perchè se il peccato (a partire da quello originale, compiuto da Adamo ed Eva) non esiste, non si capisce da che cosa ci avrebbe salvati l'Incarnazione del Figlio di Dio. Per rispondere a tutto questo il religioso aveva coniato un termine pseudo-medico dal profondo significato: ovvero, “Cristoterapia”. Se il mondo moderno rifiutava di ammettere la presenza demoniaca rendendo vana l'azione del Signore, egli rispondeva ribadendo (in polemica anche con certo scientismo che negava l'ipotesi stessa dell'esistenza delle realtà ultime) che solo “Cristo è la medicina universale. Lui solo guarisce tutte le malattie, quelle dell'anima e quelle del corpo” (pag. 91). Per accedere a questa medicina occorrono però quattro condizioni: 1) riconoscere che Cristo è nostro Signore e Salvatore, e quindi credere in Lui con atto di fede; 2) riconoscere che siamo malati e quindi bisognosi di cure, nel fisico come nello spirito; 3) prendere la medicina prescritta dal medico, come in ogni terapia, quindi ascoltare i suggerimenti del sacerdote in confessionale o della guida spirituale a cui ci si affida; 4) collaborare alla guarigione attivamente, cooperando noi stessi e non limitarsi ad essere passivi, sperando che tutto cambi come 'per magia', dall'alto, con la bacchetta magica. Si tratta quindi di un cammino impegnativo e d'altronde non a caso San Paolo nelle sue lettere parla della vita cristiana come di un combattimento morale e spirituale che coinvolge tutto il corpo per tutta la nostra vita, fino all'ultimo giorno sulla terra. E' con questa convinzione che padre La Grua ha messo la sua esistenza a disposizione degli altri compiendo, senza risparmiarsi, anche straordinarie opere di bene come la creazione del centro di spiritualità di Margifaraci, sorto simbolicamente vicino al cimitero, fatto in realtà da vere e proprie fosse comuni, delle vittime della mafia. Qui la gente era solita attendere ore e ore pur di avere una parola di conforto da lui, a testimonianza di un sensus fidei diffuso e radicato, anche laddove il male sembrava avere definitivamente vinto. Qui, nell'angolo dimenticato e superficialmente più sconvolgente della sua Palermo è morto il gennaio scorso, all'alba dei 98 anni. Le ultime parole consegnate alla giornalista valgono da sole un ritratto di una vita che, è il caso di dirlo, ha guardato al male senza timori, dall'alto in basso, combattendolo eroicamente senza tregua: “non dobbiamo mai arrenderci” (pag. 221).

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