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Sabato, 01 Giugno 2024

L'Unione Europea sarebbe "a pochi centimetri dalla distruzione" e si starebbe preparando alla guerra con la Russia. Con queste parole, il premier ungherese Viktor Orban ha intensificato il dibattito, già acceso, sull'atteggiamento che l'Europa dovrebbe adottare nel conflitto in Ucraina. La questione delle armi da inviare a Kiev, del loro possibile uso in territorio russo, delle truppe da schierare e dei livelli di aiuti da fornire, ha diviso l'Europa tra interventisti e pacifisti.

Secondo Orban, Bruxelles sarebbe già entrata in una fase avanzata dei preparativi per la guerra con Mosca. Durante un'intervista alla radio Kossuth, il primo ministro ungherese ha spiegato che “l'entrata in guerra non avviene in una sola fase”. Le sue dichiarazioni, forti e provocatorie, sono state riprese dalla Tass, l'agenzia di stampa russa. Orban ha delineato tre fasi: discussione, preparazione e distruzione. “Ora stiamo terminando la discussione e siamo nella fase di preparazione. Siamo a pochi centimetri dalla distruzione”, ha affermato.

Queste parole non fanno che esacerbare un clima già teso all'interno dell'Unione Europea, dove le posizioni dei diversi Paesi membri variano notevolmente. Mentre alcuni stati sono favorevoli all'invio di armi e a un intervento più deciso a fianco dell'Ucraina, altri preferiscono un approccio più cauto, preoccupati dalle possibili escalation e dalle conseguenze di un coinvolgimento diretto nel conflitto.

Orban, noto per le sue posizioni spesso in contrasto con quelle di Bruxelles, ha anche espresso il suo sostegno all'ex presidente americano Donald Trump, attualmente al centro di una nuova controversia legale. Su X, il social network di Elon Musk, Orban ha scritto: “L’ho conosciuto come un uomo d'onore. Come Presidente ha sempre messo l'America al primo posto, si è fatto rispettare in tutto il mondo e ha usato questo rispetto per costruire la pace. Lasciamo che il popolo si pronunci a novembre! Continui a combattere, signor Presidente!”

Le dichiarazioni di Orban aggiungono un ulteriore strato di complessità al già delicato scenario geopolitico europeo. La sua visione critica dell'operato di Bruxelles e il suo sostegno a figure politiche controverse come Trump, non fanno che alimentare le tensioni e polarizzare ulteriormente il dibattito sull'approccio dell'Europa alla crisi ucraina. Con le sue parole, il premier ungherese non solo mette in discussione la coesione interna dell'Unione Europea, ma lancia anche un monito sui pericoli di un'escalation che potrebbe avere conseguenze devastanti per il continente.

Le recenti dichiarazioni dei ministri italiani Guido Crosetto e Antonio Tajani hanno chiarito la posizione del governo riguardo all’uso delle armi italiane nel conflitto tra Ucraina e Russia. La Costituzione italiana impone restrizioni severe sull’impiego delle armi, con implicazioni significative per la politica estera e la difesa del Paese. Questo articolo esplora in dettaglio le affermazioni dei due ministri e l’importanza dell’articolo 11 della Costituzione italiana.

L’articolo 11 della Costituzione italiana è un pilastro fondamentale della politica estera e di difesa del Paese. Esso afferma che “l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali“. Questo principio si traduce in restrizioni concrete sull’uso delle armi italiane nei conflitti internazionali.

 

 

 

Si tratterebbe di un ultimo, non certo secondario tassello nel complesso mosaico geopolitico. Il presidente americano Joe Biden sta prendendo in considerazione la possibilità di revocare i limiti all'uso delle armi a corto raggio fornite dagli Stati Uniti a Kiev per attaccare obiettivi in Russia. Questo via libera seguirebbe quello già manifestato da Polonia, Finlandia e Canada, mentre l'Italia si oppone fermamente e il presidente francese Emmanuel Macron si dichiara favorevole.

Secondo Eurocomunicazione «Se l’Occidente smettesse di fornire armi a Kiev sarebbe (teoricamente) possibile accelerare su una eventuale soluzione politica per porre fine al conflitto tra Mosca e Ucraina». Queste le parole del ministro degli Esteri russo Sergej Viktorovič Lavrov intervistato dall’agenzia di stampa russa Ria Novosti sottolineando che prima Kiev interrompe le ostilità, prima sarà possibile parlarne.

Contestualmente però Lavrov ha precisato che Mosca potrebbe adottare delle misure specifiche per quanto riguarda la deterrenza nucleare nel caso in cui gli Usa dovessero schierare in Europa e nella Regione Asia-Pacifico i propri missili, affermando che il presidente Vladimir Putin prenderà una decisione in merito e che se gli americani dovessero procedere con i loro piani di dispiegamento dei missili a medio e corto raggio, Mosca sicuramente reagirà e potrebbe addirittura abbandonare le autolimitazioni unilaterali adottate dalla Russia dopo l’uscita degli Usa dal Trattato Inf (Intermediate-Range Nuclear Forces Treaty, siglato nel 1987 sulla presenza di missili nucleari a medio-corto raggio in territorio europeo).

«Non escludiamo» – conclude il ministro – «ulteriori passi nel campo della deterrenza nucleare, dopo tutto, i missili avanzati americani, saranno in grado di coprire i posti di comando e le posizioni delle nostre forze nucleari. Le decisioni su questi temi sono di competenza del presidente della Federazione russa».

Varsavia ha chiarito che "non ci sono restrizioni sulle armi polacche fornite all'Ucraina" e Stoccolma, che ha recentemente annunciato aiuti militari per 1,16 miliardi di euro, non si oppone all'uso delle armi svedesi su suolo russo. Dello stesso avviso sono Repubblica Ceca, Olanda e i Paesi Baltici, seguiti da Finlandia e Canada che hanno dato il loro consenso.

La cordata dei favorevoli è sostenuta dal segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg, il quale a Praga cercherà di far valere le loro ragioni. Secondo una fonte dell'Alleanza Atlantica, l'intento non è quello di favorire "un'escalation". Tuttavia, l'opposizione è forte e determinata. L'Italia, rappresentata dal ministro degli Esteri Antonio Tajani, ribadisce che il materiale militare italiano in Ucraina non potrà mai essere usato oltre confine. Il vicepremier Matteo Salvini ha criticato aspramente le "idee folli" di Macron e del cancelliere tedesco Olaf Scholz, che non ha bocciato l'idea di usare munizioni tedesche in Russia, ma ha parlato di "accordi confidenziali" e del rispetto del diritto internazionale.

Anche Elly Schlein, segretaria del PD, si è espressa contro la posizione di Parigi, mentre Giuseppe Conte, leader del M5S, ha dichiarato che l'Europa è "già in guerra" e le parole di Macron e Scholz sono "uno schiaffo" alla prudenza richiesta dalla premier Giorgia Meloni.

Secondo il Washington Post, cresce la preoccupazione dell'amministrazione americana per la vulnerabilità ucraina sul campo di battaglia. Alla Casa Bianca, il dibattito è aperto. Questa decisione rappresenterebbe un'ulteriore concessione alle richieste di Volodymyr Zelensky, con Mosca che accusa la NATO di trascinare il mondo verso una guerra totale, mettendo in allerta le proprie forze nucleari.

Nonostante il crescente numero di alleati favorevoli, il no dell'Italia resta fermo. Il portavoce del dipartimento di Stato, Matthew Miller, ha ribadito che "la politica Usa è quella di non incoraggiare né consentire attacchi al di fuori dei confini dell'Ucraina". Tuttavia, secondo i media americani, il segretario di Stato Antony Blinken sarebbe favorevole a una revoca mirata del veto per colpire almeno le basi vicino al confine da dove partono i missili russi, mentre il consigliere per la Sicurezza nazionale Jake Sullivan e lo stesso presidente Biden sembrano contrari.

Le indiscrezioni arrivano a poche ore dalla ministeriale Esteri della NATO in programma giovedì a Praga, dove i Paesi più inclini a "fare di più" per Kiev cercheranno di convincere i più cauti a "rimuovere le restrizioni" sull'uso delle armi, secondo fonti dell'Alleanza.

Sono almeno dieci gli Stati favorevoli. Il Regno Unito è stato il primo ad annunciare che l'Ucraina ha il diritto di colpire basi militari su suolo russo con armi britanniche. Emmanuel Macron, con mappa alla mano, ha chiesto di autorizzare l'Ucraina a colpire "in Russia" le postazioni da cui viene attaccata, e si prepara ad annunciare l'invio di "istruttori" in Ucraina durante le celebrazioni del D-Day, accanto a Zelensky.

Hamas ha comunicato che la propria delegazione negoziale ha lasciato Il Cairo, capitale dell'Egitto, per fare ritorno a Doha, capitale del Qatar. Un rappresentante ha dichiarato che Hamas ha dato il proprio assenso al documento proposto dai mediatori per un cessate il fuoco a Gaza, come riportato da al-Jazeera. Izzat al-Rishq, membro del politburo di Hamas, ha espresso che l'incursione israeliana nella città di Rafah e il controllo del passaggio confinario hanno lo scopo di ostacolare gli sforzi dei mediatori volti a stabilire una tregua. Al-Rishq ha poi confermato che la delegazione negoziale del gruppo islamista ha abbandonato Il Cairo diretta a Doha, ribadendo "la determinazione a ratificare il documento dei mediatori per il cessate il fuoco nella Striscia di Gaza".

Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha intanto confermato che interromperà alcune consegne di armi offensive ad Israele in caso di offensiva contro Rafah. Come procedere sul terreno a Gaza e nel Libano, alla luce della decisione della Casa Bianca di bloccare alcune spedizioni di armi, sarà deciso stasera durante le "fatidiche" riunioni del gabinetto di guerra e del gabinetto di sicurezza di Israele. Lo riferisce il quotidiano Israel Hayom, citando un anonimo funzionario israeliano, secondo il quale nella telefonata domenica scorsa tra Biden e il premier, Benjamin Netanyahu, quest'ultimo ha assicurato che lo Stato ebraico "combatterà con le unghie e con i denti se necessario". "E lo diceva sul serio", ha sottolineato il funzionario.

"Oggi affrontiamo nuovamente nemici intenzionati a distruggerci", "dico ai leader del mondo: nessuna pressione, nessuna decisione da parte di alcun forum internazionale impedirà a Israele di difendersi". "Se Israele sarà costretto a restare da solo, Israele resterà da solo". Lo dice il primo ministro israeliano, Benjanim Netanyahu in occasione del Giorno della Memoria dell'Olocausto a Gerusalemme, in quella che sembra essere una risposta alla decisione del presidente degli Stati Uniti Joe Biden di sospendere le spedizioni di armi a Israele. "Innumerevoli persone per bene in tutto il mondo sostengono la nostra giusta causa", ha aggiunto Netanyahu "sconfiggeremo i nostri nemici genocidi".

Gli ospedali del Sud della Striscia di Gaza hanno solo tre giorni di carburante, ha dichiarato il capo dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), a causa della chiusura dei valichi di frontiera a Rafah. Nonostante le obiezioni internazionali, ieri Israele ha inviato i carri armati nella sovraffollata città meridionale di Rafah e ha chiuso il vicino valico con l'Egitto, che è il principale canale di accesso per gli aiuti al territorio palestinese assediato. "La chiusura del valico di frontiera continua a impedire alle Nazioni Unite di portare carburante. Senza carburante tutte le operazioni umanitarie si fermeranno. La chiusura del confine impedisce anche la consegna degli aiuti umanitari a Gaza", afferma il direttore generale, Tedros Adhanom Ghebreyesus su X. "Gli ospedali nel sud di Gaza hanno solo tre giorni di carburante, il che significa che i servizi potrebbero presto fermarsi".

Il governo di Hamas nella Striscia di Gaza ha individuato una nuova fossa comune dalla quale sono già stati riesumati 49 corpi nell'ospedale Al Shifa. Le autorità di Gaza fanno sapere che le squadre di soccorso continuano a dissotterrare i corpi e che si aspettano di trovare "dozzine di nuovi corpi" nella fossa comune, la terza trovata nel centro ospedaliero da cui sono già stati recuperati circa 400 morti, secondo un comunicato. Durante le operazioni presso l'ospedale, Israele ha affermato di aver ucciso circa 200 presunti militanti e di aver interrogato più di 800 sospetti, tra i quali ha affermato di aver identificato circa 500 membri di Hamas e della Jihad islamica palestinese, compresi alti funzionari. Finora, secondo Hamas sono state trovate sette fosse comuni negli ospedali della Striscia di Gaza, di cui tre a Naser, tre Khan Yunis (a sud) e un'altra nell'ospedale Kamal Adwan (a nord).

Fonte Varie agenzie Agi

 

Emmanuel Macron rompe gli indugi. Il presidente francese, nella conferenza stampa congiunta con il cancelliere tedesco Olaf Scholz dopo la riunione interministeriale franco-tedesca, ha espresso il suo sostegno alla linea del segretario generale della NATO Jens Stoltenberg.

Dall’Eliseo arriva dunque un sì all’utilizzo delle “armi occidentali” consegnate all’Ucraina anche per colpire obiettivi in territorio russo. Macron ha specificato che è favorevole a "consentire di neutralizzare i punti da cui partono i razzi e le basi da cui in sostanza viene attaccata l’Ucraina", con particolare riferimento alla regione di confine di Belgorod.

Tuttavia, Macron ha posto dei paletti: secondo Parigi, Kiev non dovrebbe colpire obiettivi civili o militari russi oltre confine con i missili NATO.

La Posizione della Germania

Questa posizione non ha trovato l'accordo di Scholz. Il cancelliere socialdemocratico ha ricordato nella conferenza stampa tenuta a Parigi che la Carta delle Nazioni Unite garantisce il diritto all'autodifesa a ogni Paese membro e che quindi l'Ucraina "ha diritto a difendersi". Allo stesso tempo, ha sostenuto che l’uso dei missili forniti dall’Occidente all’Ucraina deve continuare ad avvenire "nel quadro del diritto internazionale", cosa che "finora ha funzionato bene".

La Risposta degli USA

Nel frattempo, la Casa Bianca ha respinto la richiesta di Kiev di porre fine alle restrizioni sull'utilizzo di armi fornite dagli Stati Uniti per colpire il territorio russo. "Non c'è alcun cambiamento nella nostra politica su questo punto. Non incoraggiamo né consentiamo l'utilizzo di armi fornite dagli Stati Uniti per colpire all'interno della Russia", ha detto in un briefing il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale John Kirby.

Queste diverse posizioni riflettono le complesse dinamiche diplomatiche tra gli alleati occidentali e l'importanza di mantenere una linea unitaria e coerente nel supporto all'Ucraina.

Mentre l'Europa si mostra divisa sull'uso delle armi fornite all'Ucraina, la Francia prende una posizione netta. Il presidente Emmanuel Macron ha dichiarato l'intenzione di inviare addestratori militari a Kiev, sostenendo l'uso delle armi occidentali per colpire obiettivi militari in territorio russo.

Il presidente russo Vladimir Putin ha reagito duramente a queste notizie, mettendo in guardia contro un'escalation che potrebbe coinvolgere direttamente i Paesi della NATO nel conflitto. In un avvertimento chiaro, Putin ha detto che l'invio di truppe NATO in Ucraina sarebbe un "ulteriore passo verso un grave conflitto in Europa e un conflitto globale". Ha aggiunto che qualsiasi presenza di truppe NATO in Ucraina le renderebbe obiettivi legittimi per le forze armate russe. "Si troverebbero nella zona di tiro delle nostre forze armate. Vogliono fare così? Possono andare e auguriamo loro buona fortuna, ma noi faremo ciò che riteniamo opportuno", ha dichiarato Putin.

Il segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg, ha dichiarato che gli alleati dovrebbero consentire all'Ucraina di colpire la Russia con le armi fornite dall'Occidente. Macron ha concordato, affermando che è necessario "neutralizzare" le basi militari russe da cui partono gli attacchi contro l'Ucraina. Anche il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha sostenuto l'idea di aumentare il sostegno all'Ucraina, ma ha insistito sul fatto che ciò deve avvenire nel quadro del diritto internazionale.

La Casa Bianca ha invece escluso questa possibilità per le armi fornite dagli Stati Uniti. Il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale, John Kirby, ha chiarito che non c'è alcun cambiamento nella politica americana: "Non incoraggiamo né consentiamo l'uso di armi fornite dagli Stati Uniti per colpire all'interno della Russia".

Diversa è la posizione della Polonia, che ha dichiarato di non porre restrizioni all'uso delle armi fornite all'Ucraina. Il vice ministro della Difesa polacco, Cezary Tomczyk, ha affermato che le armi polacche possono essere utilizzate per attaccare strutture sul territorio russo.

Nel frattempo, sul campo di battaglia, Kiev ha dichiarato di aver abbattuto 13 droni russi su 14 lanciati nella notte sull'Ucraina. I droni, lanciati dalla regione russa di Primorsko-Akhtarsk, sono stati intercettati nelle regioni di Mykolaiv, Kirovohrad e Rivne. Da parte sua, il Ministero della Difesa russo ha riferito di aver distrutto un drone ucraino e sette razzi Grad MLRS nella regione di Belgorod.

Questi sviluppi sottolineano le tensioni crescenti e la complessità del conflitto in Ucraina, con le potenze internazionali che dibattono su come fornire supporto senza innescare un'escalation incontrollata.

 

 

 

Il presidente francese Emmanuel Macron ha riaffermato, in un'intervista con il settimanale The Economist, la possibilità di inviare truppe occidentali in Ucraina se la Russia dovesse avanzare nel fronte orientale e se Kiev lo richiedesse. "Se i russi riuscissero a rompere le linee del fronte e ci fosse una richiesta da parte dell'Ucraina - cosa che al momento non si verifica - dovremmo legittimamente considerare la questione dell'invio di truppe," ha dichiarato Macron. "Escludere questa opzione a priori significherebbe non aver appreso la lezione degli ultimi due anni", durante i quali i paesi della NATO hanno inizialmente esitato a inviare carri armati e aerei in Ucraina, prima di cambiare posizione, ha aggiunto il presidente.

L'anno scorso, la guerra in Ucraina e l'escalation delle tensioni geopolitiche hanno portato al più significativo incremento della spesa militare globale dal 2009, secondo l'analisi dello Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI). Gli investimenti in armamenti hanno toccato un picco storico di 2.290 miliardi di euro, marcando un aumento del 6,8% rispetto al 2022 e rappresentando il 2,3% del PIL globale. Tale spesa è stata dominata dagli Stati Uniti e dalla NATO.
Gli USA hanno mantenuto una posizione di netta supremazia con spese per 860 miliardi di euro, il 2,3% in più rispetto all'anno precedente, costituendo il 37% della spesa militare mondiale, una cifra tre volte maggiore rispetto a quella della Cina, che si posiziona al secondo posto, e il 68% della spesa complessiva dei 31 paesi membri della NATO.
L'analisi del SIPRI mette in luce anche l'incremento degli investimenti nella difesa da parte dei paesi europei membri della NATO, che ora costituiscono il 28% del totale dell'Alleanza, il livello più alto degli ultimi dieci anni, con undici nazioni che superano l'obiettivo del 2% del loro PIL. In particolare, la Polonia si distingue con un aumento annuale del 75%, il più elevato in Europa. È importante sottolineare che la spesa totale dei membri della NATO ha raggiunto 1.260 miliardi di euro, pari al 55% del totale globale.

Negli ultimi due anni, il conflitto in Ucraina ha profondamente modificato la visione europea sulla sicurezza. Questa nuova percezione del rischio si manifesta nell'incremento delle percentuali del PIL destinate alla difesa, come riporta il SIPRI. La Russia, al terzo posto nella classifica globale, ha allocato circa 102 miliardi di euro, pari al 4,5% del totale mondiale e al 24% in più rispetto all'anno precedente, ossia il 5,9% del suo PIL. L'Ucraina, ottava a livello mondiale per investimenti nel settore militare, ha incrementato le sue spese del 51%, raggiungendo oltre 60 miliardi di euro, il che corrisponde a un terzo del suo PIL. Grazie ai quasi 32 miliardi di euro ricevuti in aiuti militari, l'Ucraina ha notevolmente ridotto il gap con la Russia, portando la sua spesa militare totale al 91% di quella russa.

Si sono verificati aumenti degli investimenti anche in Asia e Medio Oriente. La Cina ha investito quasi 278 miliardi di euro, con un incremento del 6% e rappresentando il 12% del totale globale, che corrisponde alla metà degli investimenti nella regione Asia-Oceania, secondo il SIPRI. Di conseguenza, il Giappone (decimo nella classifica) ha incrementato le proprie spese militari dell'11%, così come Taiwan dell'11%.
Il Medio Oriente ha visto il maggiore aumento in un decennio, del 9%, con l'Arabia Saudita (quinta) come leader regionale, seguita da Israele (15°), che ha incrementato le proprie spese del 24% a seguito della sua offensiva nella Striscia di Gaza dopo gli attacchi di Hamas dello scorso ottobre.

"Il significativo incremento della spesa militare in Medio Oriente nel 2023 riflette il rapido cambiamento della situazione nella regione, dal miglioramento delle relazioni diplomatiche tra Israele e diversi paesi arabi negli ultimi anni, allo scoppio di un grande conflitto a Gaza e alla paura di un conflitto regionale", si evince dal documento.
In America Centrale e nei Caraibi, l'aumento della spesa (+54% nel 2023) è stato guidato dalla lotta contro la criminalità organizzata. Il Brasile detiene il triste record, essendo il diciottesimo paese a livello mondiale, con una spesa di 21,5 miliardi di euro, il 3,1% in più rispetto all'anno precedente.

Intanto la Polonia è pronta a ospitare armi nucleari qualora la Nato decidesse di schierarsi in risposta al rafforzamento degli armamenti russi in Bielorussia e Kaliningrad: lo ha detto il presidente Andrzej Duda in un'intervista, provocando un duro monito del Cremlino. La Polonia, membro della Nato e convinto sostenitore dell'Ucraina, confina con l'exclave russa di Kaliningrad e con la Bielorussia, alleata di Mosca. "Se i nostri alleati decidessero di schierare armi nucleari sul nostro territorio come parte della condivisione nucleare, per rafforzare il fianco orientale della Nato, siamo pronti a farlo", ha dichiarato Duda in un'intervista pubblicata dal quotidiano Fakt.

Duda ha parlato ai media polacchi dopo la sua visita a New York, dove ha tenuto incontri alle Nazioni Unite e ha discusso della guerra in Ucraina con l'ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump. A marzo, aveva già visitato Washington, per un colloquio col presidente degli Stati Uniti Joe Biden. Le discussioni sulla cooperazione nucleare tra Polonia e Stati Uniti vanno avanti "da tempo", ha detto il presidente polacco. "Devo ammettere che, interpellato a riguardo, ho dichiarato la nostra disponibilità", ha riferito Duda rispetto ai contenuti dei suoi colloqui negli Usa.

"L'esercito ovviamente analizzerà la situazione e in ogni caso prenderà tutte le misure di risposta necessarie per garantire la nostra sicurezza", ha commentato il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov. Dal canto suo, il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov ha dichiarato che "gli occidentali sono pericolosamente sull'orlo di uno scontro militare diretto tra potenze nucleari". La parole di Duda - stretto alleato dell'ex partito al potere nel Paese, il nazionalista Diritto e Giustizia - hanno riacceso i riflettori sulla frattura apertasi tra presidenza e governo polacco, dopo le ultime elezioni di ottobre, vinte dalla coalizione filo-europea di Donald Tusk. "Ci tengo molto che la Polonia viva in sicurezza, che sia armata il meglio possibile, ma vorrei anche che ogni possibile iniziativa fosse, prima di tutto, ben preparata dai responsabili", ha affermato il premier Tusk.

Fonte Varie agenzie / Agi

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