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La prima grappa di Al-Cantàra da vinacce di nerello mascalese

“Aulentissima” e sicilianissima, di nome e di fatto. E’ la grappa di nerello mascalese prodotta sull’Etna da Al-Cantàra, l’azienda vinicola del produttore Pucci Giuffrida e delle sue “poesie da bere”: vini Etna DOC, Igp e monovitigni rossi, bianchi e rosati pluripremiati ai concorsi nazionali e internazionali.

Battezzata da Giuffrida con il primo verso di “Rosa Fresca Aulentissima” - omaggio al poeta-giullare medievale siciliano, Ciullo d’Alcamo, e alla sua composizione ingannevolmente cavalleresca e fitta di divertenti allusioni erotiche – la nuova grappa di Al-Cantàra vede la luce a Valdina. Qui, in provincia di Messina, fra alambicchi di rame realizzati su misura, il mastro distillatore Giovanni La Fauci, in arte Giovi, estrae l’anima delle vinacce (le bucce esauste di fine fermentazione dell’uva) che i migliori produttori della Sicilia e di alcune parti d’Italia gli affidano per ottenere distillati d’eccellenza: vinacce di pregiatissimi Barolo e Chianti, infatti, vengono spedite proprio a Valdina da storiche casate di viticoltori piemontesi e toscani.

“L’idea di cimentarci con una grappa dell’Etna – spiega Pucci Giuffrida – è stata una entusiasmante ed ulteriore sperimentazione del nerello mascalese: occorreva portare le vinacce fuori dalla nostra cantina di Randazzo e affidarle a occhi chiusi a seri professionisti, perché garantissero l’alto livello di qualità raggiunta da Al-Cantàra in questi anni, investendo in professionalità come quella del nostro enologo Rizzuto e in macchinari per la vinificazione di ultima generazione, come la pressa inertizzata con azoto che riduce la presenza di solfiti nei nostri vini. Ci siamo affidati al miglior mastro distillatore in Sicilia, Giovi, puntando sulla sua fama, riconosciuta anche fuori dall’isola. Da parte nostra, incoraggiati da premi e riconoscimenti a competizioni internazionali, avevamo la consapevolezza di affidargli dell’ottima materia prima allevata in uno dei territori più generosi e straordinari della Sicilia, le contrade del versante nord dell’Etna. E adesso, per fine anno, puntiamo alle “bollicine” Etna DOC, con il primo spumante Al-Cantàra”.

“Rosa Fresca Aulentissima” è una grappa giovane, che riposa poco più di 10 mesi prima di essere imbottigliata. Viene distillata in alambicchi di rame con un procedimento definito “discontinuo”, ossia riempiendo la caldaia con un carico per volta, rispettando le singole materie prime provenienti da vari produttori e scaldando gli alambicchi – nota singolare – con una profumata brace naturale, quella del legno di faggio. “Il nostro impianto – aggiunge La Fauci - lavora sotto vuoto per favorire sia l’estrazione aromatica che la separazione delle varie frazioni di distillato: cuore, testa e code”. Il passaggio successivo alla distillazione è la diluizione con acqua demineralizzata, che “Mastro Giovi”, rispettando antichissimi e misteriosi rituali, esegue rigorosamente secondo calendario lunare.

Determinanti per strutturare una grappa d’eccellenza tutte le fasi di lavorazione: a cominciare dalla prima, la vinificazione nella cantina di Al-Cantàra, in Contrada Feudo S. Anastasia a Randazzo, dove l’enologo Salvatore Rizzuto seleziona le migliori vinacce di nerello mascalese. “Esauste dopo la fermentazione alcolica – spiega Rizzuto - vengono pigiate a basse pressioni per lunghi cicli e infine versate in contenitori ermetici. Entro 24 ore La Fauci viene a ritirarle per lavorarle immediatamente nella sua distilleria di Valdina”.

A tracciare un profilo sensoriale della grappa di Al-Cantàra è Maurizio Molinaro, sommelier, assaggiatore professionista e commissario della Delegazione ANAG Catania (Associazione Nazionale Assaggiatori Grappa e Acquavite): “Rosa Fresca Aulentissima si presenta al naso con un piacevole profumo fresco e floreale, con note spiccate di viola e sambuco, lasciando successivamente spazio anche a sentori di nocciola. All'assaggio è piacevole equilibrata ed armonica. Dopo il primo sorso ti invoglia a berne ancora. Elegante espressione di Nerello Mascalese, RFA si degusta sola, in abbinamento con un cioccolato fondente 85% oppure, in versione “young” nel mondo della mixology, abbinata nei cocktail insieme a frutta e spezie dai bartender più creativi”.

Infine l’etichetta, anche questa raffinatissima e sempre originale, com’è nello stile Al-Cantàra. A raccontare visivamente “Rosa Fresca Aulentissima”, conquistando per la grazia del tratto e del soggetto, è l’etichetta firmata da Annachiara Di Pietro. L’artista catanese, che per Al-Cantàra ha già realizzato l’immagine degli ultimi due vini – “Ciuri di Strata”, Sicilia Doc bianco e “Un bellissimo novembre” Etna Rosso Doc 2016 – ha preso spunto da una romantica miniatura del XIII secolo ricavando un delicatissimo acquerello: “Per restare in tema di amori cavallereschi – spiega Annachiara – ho attinto a una miniatura del Codice di Manesse (XIII sec.), una raccolta di disegni dedicati alle poesie dell’amor cortese: ma a differenza dell’originale, questo per “Rosa fresca aulentissima”, propone un abbraccio fra due amanti sullo sfondo dell’Etna: un gesto, l’abbraccio, che speriamo sia augurale per noi tutti, costretti a rinunciare al contatto fisico per via dell’epidemia in corso”.

Rosa Fresca Aulentissima, la grappa di nerello mascalese, è stata prodotta da Al-Cantàra in 599 esemplari. Per info e acquisti Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

NOTIZIE SU AL-CANTARA

Al-Cantàra è una fiorente azienda vitivinicola nata nel 2005 a Randazzo, in Contrada Feudo Sant’Anastasia (versante nord occidentale del vulcano Etna, a 600 mt di altitudine e a pochi passi dal fiume e dalla Riserva naturale dell’Alcàntara), dall’amore e dalla caparbietà del commercialista catanese Pucci Giuffrida che, appassionato di letteratura e teatro, ha ispirato tutta la produzione – vini Etna Doc, Sicilia Igp, passito e un olio extravergine d’oliva da nocellara etnea – a etichette che evocano poesie, romanzi e opere di scrittori e commediografi siciliani, tanto da essersi guadagnato l’appellativo di “vigneron letterario”. Grande cura anche nell’immagine delle bottiglie, con raffinate etichette affidate all’estro creativo di giovani artisti come Alfredo Guglielmino e Annachiara Di Pietro. Tutta la filosofia Al-Cantàra è ispirata al concetto della tradizione vitivinicola etnea nel rispetto del territorio, nella tutela del paesaggio – che qui vede tre straordinarie torrette o “Piramidi dell’Etna” - e della sostenibilità degli impianti, con la gestione in verde della vigna, la raccolta a mano delle uve e l’avvio della conversione al bio di alcune cultivar, come il carricante. Una cura meticolosa che prosegue anche nell’ultima fase, cioè quella dell’imbottigliamento con una linea di produzione all’avanguardia che permette di lavorare, come nella pressa, con l’azoto. Con il doppio beneficio di ridurre l’uso dei solfiti e documentando valori sotto i limiti del biologico.

Mentre prosegue la sperimentazione sul nerello mascalese, il vigneto per antonomasia dell’Etna, oggetto di un continuo lavoro di ricerca e progressiva valorizzazione da parte di Al-Cantàra che, dal calice al flute, si avvia a declinarlo in otto differenti proposte.

AL-CANTARA E IL MONDO DELL’ARTE. IL MUSEO

Negli anni Al-Cantàra ha promosso la conoscenza della sua produzione e, per inciso, della cultura del vino dell’Etna, con concorsi fra artisti per realizzare etichette originali destinate ad aste di beneficenza. Una ricca selezione di queste opere – etichette, bottiglie e tappi, alcune firmate da Oliviero Toscani, Ferdinando Scianna, Bruno Caruso, Alessandro Bronzini etc. - è confluita nell’originale Museo realizzato in un edificio rurale dell’azienda, dalla cui terrazza si ammira il profilo fumante dell’Etna e, ai suoi piedi, le ordinate distese ordinate di filari delle vigne Al-Cantàra

CURIOSITA’: IL PAESAGGIO CON LE “PIRAMIDI DELL’ETNA”

Fra le curiosità dell’azienda Al-Cantàra, la presenza fra le vigne e gli ulivi centenari, di tre colossali “Piramidi dell’Etna”, misteriose costruzioni rurali la cui origine e funzione divide gli alcuni studiosi. Mentre, secondo la tradizione popolare, si tratterebbe di pietraie “razionali”, realizzate dai contadini per dare una collocazione stabile – ed esteticamente coerente, tanto da far pensare a installazioni di land art – ai sassi strappati alla terra durante le periodiche operazioni di spietramento dei terreni di origine vulcanica.

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