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È sicura Federica Mogherini: il piano Ue sull'immigrazione sarà approvato e sarà una vera e propria rivoluzione nella solidarietà in Europa

 

Ne è sicura, ma non ha fatto i conti con il Consigliu Ue che non ha alcuna intenzione di accettare il meccanismo della redistribuzione in base alle quote.

"Se il vertice Ue andrà come previsto sull’immigrazione sarà una soluzione non perfetta ma comunque rivoluzionaria nell’accogliere il principio di solidarietà che sino a qualche giorno fa non era sul tavolo", ha detto l’Alto rappresentante Ue Federica Mogherini al suo arrivo al summit a Bruxelles.

Eppure sono giorni che si inseguono le voci di un piano tutt'altro che già approvato. "Non c’è consenso tra gli Stati membri sulle quote obbligatorie di migranti", ribadisce oggi il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, secondo cui il meccanismo volontario che potrebbe sostituire quello obbligatorio "è credibile soltanto con significativi e precisi impegni entro la fine di luglio".

Matteo Renzi prova a scaricare sulle Regioni l'emergenza immigrazione. "Siamo un Paese serio, solido - dice - la nostra risposta sul tema immigrazione deve essere condivisa e congiunta"

"Sul tema dell'accoglienza ci vogliono soluzioni che rispondano a requisiti etici e criteri di ragionevolezza" ha detto il premier Matteo Renzi, secondo quanto riferito da alcuni presenti, aprendo l'incontro con le Regioni e l'Anci. "I richiedenti asilo si accolgono, i migranti economici vengano rimpatriati", ha aggiunto il presidente del Consiglio che ha lanciato un appello ai goverantori riuniti a palazzo Chigi: Bisogna "provare insieme" a risolvere il problema immigrazione. "Ci vuole condivisione in Europa. E più l'Italia si mostra compatta, meglio è". Lo ha detto il premier Matteo Renzi, a quanto si apprende, aprendo l'incontro con le Regioni. "Siamo un Paese serio, solido, la cui risposta sul tema immigrazione deve essere condivisa e congiunta".

 

Peccato che la ricetta del premier non coincida con quella che hanno in mente i governatori che, questa mattima, si sono presentati all'incontro a Palazzo Chigi. "È lui il capo del governo - taglia corto il presidente della Regione Lombardia, Roberto Maroni - deve andare in Europa e imporre una linea che finora non è riuscito a far condividere a nessuno". D'altra parte, a Bruxelles, il governo Renzi (e, quindi, l'Italia) viene preso in giro e sbeffeggiato un giorno sì e l'altro pure.

Dopo il braccio di ferro, Renzi prova a tendere le mani alle Regioni. Lo fa perché non sa più che pesci pigliare per risolvere l'emergenza immigrazione. Ma a Palazzo Chgi i governatori di centrodestra si presentano sul piede di guerra: non sono disposti a cedere di un millimetro per venire incontro a un premier che, insieme al ministro dell'Interno Angelino Alfano, è responsabile dell'invasione. "Per la prima volta - prova a difendersi il premier - l’Europa riconosce il problema immigrazione, si apre una finestra di opportunità". E, dopo aver imposto un'accoglienza forzata a tutte le Regioni d'Italia, parla di "condivisione" e chiede compattezza sulle decisione prese arbitrariamente da Palazzo Chigi.

"L'incontro con Renzi è stato assolutamente deludente e inutile: nessuna risposta concreta ai problemi. Continua il caos immigrazione. Il premier ha chiesto unità ma sono solo chiacchiere, io chiedo risposte concrete a piani concreti", è il commento del presidente della Lombardia, Roberto Maroni, al termine dell'incontro a Palazzo Chigi.

Ma la posizione del presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, non sembra lasciare molti margini di trattativa: "I prefetti devono ribellarsi, rispettare le istanze dei territori, rappresentare, nel mio caso, i veneti fino in fondo e non rispondere più al telefono al governo", aveva detto il governatore arrivando a Palazzo Chigi. "Sull'immigrazione paghiamo l'incapacità di un governo che non si è accorto che nel 2012 aveva 13mila immigrati, 43mila nel 2013, 170mila nel 2014 e oggi 200mila", ha proseguito Zaia, secondo il quale "il governo si è occupato troppo tardi del problema e i prefetti", dovrebbero "ribellarsi" alle direttive del Viminale e "rispettare le istanze dei territori e non rispondere più neanche al telefono al governo".

Sulla vicenda immigrazione "servirebbe più spirito nazionale e meno spirito di parte": così il presidente della conferenza delle Regioni Sergio Chiamparino, al termine dell'incontro a Palazzo Chigi di Regioni e Comuni con il Governo sull'immigrazione.

Stamani, nel porto di Catania, è attraccato il pattugliatore d'altura svedese "Poseidon" con a bordo 497 migranti tratti in salvo in tre distinte operazioni di soccorso nel Mediterraneo. Sulla nave anche il cadavere di una donna e una donna ferita. Non sono chiare le modalità del decesso e del ferimento.

I creditori non accettano le proposte elleniche. Tsipras twitta che stanno facendo di tutto per far fallire gli accordi … se mai ci saranno. Secondo te cosa potrebbe succedere il giorno dopo di un Grexit?

Accadrebbe che il minuscolo granello di sabbia greco, che incide solo per il 2% sul pil continentale, farebbe scoppiare il gigante dell’Ue, ancora senza unione politica e governato teutonicamente alla giornata. Non erano questi “i patti” dei padri fondatori dell’Unione Adenauer, Spinelli e Schuman come ho sostenuto nel mio pamphlet “Greco eroe d’Europa”. Venendo alla trattativa il brussels group chiede altre misure di spending review mentre non dice una parola sul vero grande punto: il taglio del debito. Tutti sanno che il debito greco non è sostenibile e che il Paese non sarà in grado di onorarlo. Occorrerebbe un passo in avanti, serio, da entrambe le posizioni. Il tema, semmai, è relativo al rapporto eletti-elettori. Tsipras ha vinto le elezioni con un programma anti austerità e contro nuovi tagli. Come spiegherà ora ai greci che si è impegnato per nuove misure?

Pensi che i creditori accetteranno la proposta Tsipras /Varoufakis su Iva e pensioni? E quali potrebbero essere le conseguenze in un rifiuto da parte dei creditori?

Varoufakis è stato osteggiato da più parti. Avrà certamente commesso alcuni errori, ma quando osserva che dopo altri tagli la Grecia non avrà la forza di rialzarsi ha ragione, tesi sostenuta dal suo mentore, l’economista James Galbright. Il Fmi ha già detto che quella proposta non è sufficiente. Sin dall’inizio della crisi ellenica ho raccontato, credo con onestà intellettuale, tutti i difetti della politica greca e tutte le deficienze strutturali del Paese, numerose e in parte ancora irrisolte. Ma vedere che in quel piano le tasse sono aumentate per chi guadagna più di 30mila euro annui mi sembra un paradosso: non è tra chi ha uno stipendio mensile di 2000 euro che si nascondono i grandi evasori, ma nella Lista Lagarde, affollata di quegli stessi personaggi (deputati, ministri, giornalisti, faccendieri) che hanno affondato la Grecia acquistando anche un sottomarino con timone rotto. Quelli che si vorrebbe tassare oggi sono gli unici che spendono ancora un euro nelle taverne greche: aumentare le tasse su di loro, così come l’iva sul turismo, è controproducente. Invece ci vorrebbero due mosse coraggiose: una politica industriale vera e strategica, per evitare che la Grecia importi persino olio e cotone, presenti copiosi in loco; un netto cambio di mentalità per chi sino ad oggi ha vissuto al di sopra delle proprie possibilità. Ma, come don Abbondio, uno il coraggio non se lo può dare. In caso di un altro no secco da parte dei creditori sarebbe default e quindi, come osservato dai creditori, si aprirebbe la navigazione in acque inesplorate: tanto per la Grecia quanto per l’Europa.

In caso di Grexit che prevedi, elezioni o referendum?

Dipende. Un referendum sarebbe inutile, i cittadini greci hanno scelto già da che parte stare lo scorso gennaio in occasione delle elezioni politiche. Hanno ancora validità le urne nel nostro continente o no? Altre elezioni ci potrebbero essere solo in caso di crisi di governo, ovvero qualora Tsipras non avesse i voti del suo partito per far passare in aula le misure. Quindi temo che il solito governo di larghe intese possa insinuarsi ancora una volta tra cittadini e voto. Ma il tema non è solo questo: la Grecia rappresenta plasticamente lo specchio in cui l’Ue si scopre debole e controversa, dove non si decide sul caso libico e si lascia solo sulle spalle italiane il dramma dell’immigrazione. La tragedia è l’assenza di un leader vero: ieri c’erano i De Gaulle, i Churchill e i De Gasperi. Oggi…

Quale il ruolo della Russia in questa vicenda?

Mosca vorrebbe partecipare al processo di privatizzazione delle utilities greche, come le ferrovie di Trainose e il porto di Salonicco. Si aggiunga l’accordo per il Turkish Stream che passerà dalla Grecia già siglato tra i due ministri dell’energia. Anche Scalfari, qualche settimana fa, lo ha scritto nella sua rubrica domenicale su Repubblica: è un errore non cercare il dialogo con Putin. L’Eurasia è ormai un dato di fatto e i paesi Brics sono il futuro, non un appestato da evitare.

In caso di Grexit come cambierà la vita della gente?

Innanzitutto ricordo che il primo a parlare di fallimento pilotato fu il già Nobel per l’economia Christopher Pissarides, che nel 2012 propose un default controllato per Atene ma non fu ascoltato perché in quel caso le banche tedesche e francesi avrebbero subito molti danni. Oggi fa specie che si riparli di crack e quindi di Grexit. Ma cosa ci sarebbe di strano? Già Londra è fuori dalla moneta unica per altri motivi. Atene vi è entrata truccando i conti, come riportò un’interessante inchiesta del Messaggero alla vigilia delle Olimpiadi del 2004. In quella commissione che curò il passaggio della Grecia dalla dracma all’euro vi era l’economista Iannis Stournaras, ministro per due volte dal 2012 al 2014 e da quest’anno governatore della Banca di Grecia. Senza dimenticare il premier socialista Kostas Simitis, vero registra di quella folle operazione. Una Grecia con la dracma vivrebbe un inizio duro, con una svalutazione del 40% ma poi, forse, diventerebbe fiscalmente sexy per nuovi investimenti. Ma a patto che ricominci a produrre qualcosa di vendibile, dal momento che non le mancano le forze, se non quelle mentali. Ciò fa però paura a chi teme esperimenti e novità. D’altronde senza cambiamenti il mondo morirebbe di noia (e anche i commentatori).

Secondo te - direttore di due prestigiosi giornali e giornalista di vari media nazionali innamorato della Ellade - i nostri colleghi Italiani presentano in modo giusto la tragedia Greca e quello che succede con il debito?

Ho trascorso quasi per intero il 2012 in Grecia per le doppie elezioni e la frequento assiduamente ormai da 18 anni. Ho letto molta approssimazione e molti, forse troppi, luoghi comuni in questi quattro anni di crisi. Come quella notizia, poi smentita dall’Istituto Mondiale di Sanità, che i tossicodipendenti greci si iniettavano dolosamente il virus dell’hiv per avere la pensione. Quando lessi l’indiscrezione sui social, la prima telefonata che feci su negli Usa per chiedere conferma. Che ovviamente non arrivò. Nessuno però ha sfatato ancora quei tabù. Non è vero ad esempio che i greci sono fannulloni, sono stati solo “drogati” da un sistema compiacente per tutti, ma fior fior di imprenditori mondiali sono greci, come il patron di Easyjet. Non è vero che i tedeschi sono tutti “brutti e cattivi”, stanno solo esercitando fino in fondo il potere assoluto che oggi hanno. Ricordo però a tutti, greci e nordeuropei, che se la nostra meta è una casa comune europea allora non servono regole uguali per Paesi ancora diversi, un passaggio che la grande stampa non approfondisce. La verità è che il nostro Paese si è perso tra salotti televisivi e inaugurazioni di locali, o nei dibattiti infiniti su Italicum o presunte rivoluzioni. Mentre alla cultura e alla paedia non si riserva neanche una briciola. Certo, se poi l’obiettivo è ognuno per sé, allora che si continui così in questo medioevo 2.0. Con tanti saluti all’eurorinascimento mediterraneo che servirebbe come l’aria al mondo intero.

Se l'Europa soffre e soprattutto soffrirà a causa delle sanzioni, un costo molto alto lo paga anche l’economia russa. Sono stati quattordici mesi davvero duri per Mosca, con la Banca centrale che ha bruciato 150 miliardi di dollari. Centoquaranta miliardi di dollari, invece, sono stati "bruciati" dal calo dell'export verso l’Europa e dal crollo del prezzo del petrolio (vera e propria mannaia per l'economia russa).

Ma torniamo all'Italia. Se ci limitiamo a cibo e bevande, nel primo trimestre 2015 abbiamo esportato verso la Russia il 45% in meno di prodotti. Crollo massiccio per le automobili, con un -82,6% che è la quota più alta fra tutti i comparti. Duro colpo anche per la moda e i tessuti, con un -33,9% di export.

A pagare il conto sono, in primo luogo, le banche e le grandi aziende. Però, come rivela l'inchiesta, si hanno ripercussioni negative per tutti i cittadini.

Lo abbiamo scritto diverse volte, citando varie categorie produttive: le sanzioni contro la Russia ci costano un sacco di soldi.

Ora un'inchiesta di sette giornali europei del Lena (Leading European Newspaper Alliance), che comprende anche Repubblica, svela che l'Europa proprio per effetto delle sanzioni rischia di perdere due milioni di occupati, con 100 miliardi di euro in meno di esportazioni tra beni e servizi. Per l'Italia si stima un danno di quasi 12 miliardi, con una perdita di lavoro per almeno 215 mila persone.

Ovviamente le sanzioni producono danni a entrambe le parti, sia a chi applica sia a chi le subisce. La "caccia ai capitali" degli oligarchi finiti nella lista nera (150 nomi in tutto) ha prodotto qualche risultato, ma davvero minimo se andiamo a guardare i dati. In nove paesi su 27 non è stato trovato (e bloccato) nemmeno un centesimo. L'Italia è riuscita a sequestrare beni per 30 milioni di euro al miliardario Arkadj Rotenberg. La Germania ha congelato solo pochi "spiccioli", bloccando alcuni cavalli da corsa per un valore di 124mila euro. Stesso magro bottino a Cipro (solo 120mila euro), con l'aggravante che l'isola è una storica roccaforte finanziaria russa.

Silvio Berlusconi, dopo l’incontro con il presidente russo Vladimir Putin, il gruppo di Forza Italia alla Camera ha presentato una mozione per impegnare il governo italiano ad attivarsi in sede europea affinché si dia fine alle sanzioni contro la Russia.

L'obiettivo dell’iniziativa assunta personalmente da Berlusconi, che di questo ha parlato nello specifico con Putin nell’incontro avuto all’aeroporto di Fiumicino, e della conseguente mozione che il gruppo azzurro della Camera ha presentato oggi è recuperare lo spirito di Pratica di Mare ridando all'Italia un ruolo di "ponte di pace" tra Europa, Stati Uniti e Russia. L’azione prende spunto innanzitutto dal danno economico che le sanzioni stanno producendo nei confronti dell’Italia e della stessa Russia: 8 milioni di euro al giorno è il conto che il sistema industriale paga per le sanzioni. Nei primi 4 mesi del 2015 la riduzione dell’export supera i 900 milioni di euro rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente e in previsione la voragine si amplia. Le stime prevedono un calo del Pil di oltre 4 punti per la Russia. "Ieri abbiamo presentato una mozione sul tema dell’immigrazione, punto centrale della sicurezza del nostro Paese ma anche dell’Europa, e il tema delle sanzioni nei confronti della Russia rappresenta l’altra faccia della stessa medaglia - ricorda Brunetta - senza la Russia non è pensabile che l’Europa attui una azione incisiva e significativa nei confronti del terrorismo mediorientale e quindi poter riuscire ad attuare le azioni necessarie per la sicurezza non è pensabile ritenere che una nuova guerra fredda non abbia ripercussioni". Invece, un rinnovato spirito di collaborazione è elemento fondamentale per vincere la minaccia terroristica e quindi anche il problema strettamente legato dell’immigrazione.

La mozione, illustrata in conferenza stampa dal capogruppo Renato Brunetta, si articola su tre punti. In primo luogo, "impegna il governo ad assumersi la responsabilità di fronte ai cittadini con riguardo alle sanzioni perché ingiuste e controproducenti e dannose". Poi, Forza Italia chiede al governo di "battersi in tutte le sedi Ue affinché l’esempio italiano sia seguito da un numero crescente di Paesi, riconoscendo alle parti il diritto di difendere, privilegiando il dialogo, le proprie identità nazionali e i legami con le proprie origini nel rispetto delle libertà, attraverso la logica del compromesso e non della prova di forza". Infine, la mozione è tesa a "far sì che gli Stati Uniti riconoscano che la strada della collaborazione non passa attraverso le sanzioni che umiliano i popoli". Brunetta si augura che "la discussione della mozione posa esserci già la prossima settimana in parlamento. Abbiamo dalla nostra sicuramente la stragrande maggioranza dei cittadini italiani e delle imprese ma anche dell’opinione pubblica continentale".

Intanto solo Tsipras gioca sul tavolo di Vladimir Putin, al quale fa visita nel giorno in cui Atene ufficializza un accordo con la Russia per la realizzazione di un gasdotto. L'intesa prevede il passaggio del Turkish Stream sul territorio ellenico: la firma di San Pietroburgo prevede che Mosca fornisca ad Atene un prestito pari al 100% dell'importo del gasdotto, con Gazprom che non controllerà la tratta. Dalla città russa, il premier greco usa parole di sfida:  "L'Europa non si deve considerare come l'ombelico del mondo, deve capire che il centro dello sviluppo economico mondiale si sta spostando verso altre aree", dice affianco al leader del Cremlino chiedendo a Bruxelles "scelte coraggiose".

 

La Bce ha alzato la liquidità d'emergenza (Ela), fornita dalla banca centrale greca agli istituti ellenici, a circa 89 miliardi di euro, secondo quanto riferisce il Financial Times

Tanti summit con la Grecia inutili e costosi. I ministri delle finanze europei hanno espresso il loro disappunto per il tempo e i soldi sprecati.

Il ministro delle Finanze finlandese pro-austerity, Alex Stubb, ha definito l’incontro straordinario di lunedì scorso"uno spreco di miglia aeree". Anche il ministro delle Finanze austriaco, Hans Jörg Schelling, che vola sempre a Bruxelles su aerei commerciali, si è lamentato degli innumerevoli meeting tra Riga, Lussemburgo e Bruxelles, che non hanno prodotto alcun risultato. "A un certo punto dovremmo decidere chi pagherà il conto di tutti questi viaggi", ha detto Schelling

Il lavoro tecnico sulle nuove proposte greche è già ripartito. Il nuovo documento, ha spiegato il ministro dell'Economia greco Giorgios Stathakis, contiene nuove tasse sui ricchi e sulle aziende, un aumento dell'Iva su alcuni prodotti - elettricità esclusa - ma non ulteriori tagli a pensioni e stipendi pubblici, come volevano le istituzioni. Atene, ha spiegato, ha accolto le richieste dei creditori di raggiungere un avanzo primario dell'1% del Pil quest'anno, del 2% l'anno prossimo e del 3% nel 2017. E, per ora, è consapevole che non ci sarà un accordo sulla ristrutturazione del debito, nonostante le pressioni di Syriza. Ma si aspetta che i partner la mettano in agenda per i prossimi mesi. "Oggi non abbiamo parlato dei dettagli, ma la questione della sostenibilità finanziaria del debito deve far parte dell'accordo" e "in seno all'Eurogruppo bisognerà anche parlare delle condizioni di finanziamento", ha detto la Merkel precisando però che "non si discute di ristrutturazione".

Tsipras ci ha assicurato che continuerà a collaborare, le nuove proposte sono un passo molto positivo", ha detto il presidente del Consiglio Ue Donald Tusk, che aveva convocato il summit affinché tutti mettessero "le carte sul tavolo", in modo da "mettere fine alle strategie e a questo gioco d'azzardo politico". Per il premier Matteo Renzi "Atene deve far fronte ai suoi impegni che sono di natura economica, ma anche l'Ue deve far fronte ai suoi obblighi morali nei confronti di un Paese come la Grecia", anche perché "non è solo una discussione di natura economica", ma anche "su che tipo di comunità vogliamo per il nostro futuro".

"Quella presentata da Atene è una buona proposta ma bisogna lavorarci su e ci resta molto poco tempo", ha detto la cancelliera tedesca Angela Merkel a fine lavori. Concetto ribadito dal direttore generale del Fmi Christine Lagarde: "C'è ancora molto, moltissimo lavoro". Il presidente Francois Hollande spiega che due ministri greci resteranno a Bruxelles per limare le misure e lavorare alle proposte alternative al taglio delle pensioni minime che Tsipras non vuole toccare. Tutto questo entro le prossime 48 ore. Anche Tsipras vuole vedere altre aperture da parte dei creditori. "La palla è ora nel campo della leadership europea", ha detto al termine dell'Eurosummit. Del resto Atene ha inviato le nuove proposte "molto, molto tardi" ha spiegato il presidente dell'Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem. E' per questo che le istituzioni non hanno potuto valutarle, e i ministri da lui presieduti non hanno potuto dire la loro per preparare l'Eurosummit, come prevedeva il programma. L'Eurogruppo si è quindi confrontato solo un paio d'ore, per poi darsi appuntamento nuovamente a mercoledì sera. Pur senza risultati tangibili, l'Eurosummit è stato comunque un momento importante nel negoziato greco. E' la prima volta che i leader dell'Eurozona hanno discusso apertamente del caso Grecia, assieme al presidente della Bce Mario Draghi e alla Lagarde
L'Eurosummit sulla Grecia fa progressi, questa volta sembrano reali e si punta ad un'intesa in settimana. "Dobbiamo trovare un accordo questa settimana semplicemente perché non abbiamo i tempi supplementari", ha detto il presidente Jean Claude Juncker al termine della riunione a tarda sera. Pur essendo arrivate tardi, tanto che né le istituzioni né l'Eurogruppo hanno potuto esaminarle, le nuove proposte greche sono considerate una buona base su cui lavorare. Domani (mercoledì) sera si riunirà quindi un altro Eurogruppo e giovedì i leader dovrebbero mettere il sigillo finale nel summit Ue. Ma nonostante un altro rinvio, i mercati non si scoraggiano e chiudono positivi, e le banche greche ottengono una nuova iniezione di liquidità dalla Bce

Alla vigilia dell'Eurogruppo dell' 'ultima chance', Europa e Grecia sono ai ferri corti. L'intesa è lontana più che mai: Ue, Bce ed Fmi non si muovono dalle loro richieste convinti di aver già ceduto molto, e il premier greco minaccia di aver pronto un "grande no" ad un accordo che prolunghi le "politiche catastrofiche" attuate finora. La paura per quello che accadrà continua ad agitare le Borse europee che chiudono in negativo, spinge gli Usa a tornare in pressing sull'Europa e la Banca di Grecia a mettere pressione sul Governo ellenico, avvertendolo che senza compromesso si va dritti al default e all'uscita da euro e Ue. Intanto la Bce continua a tenere aperto il rubinetto della liquidità d'emergenza Ela (aumentata di 1,1 miliardi) che continuerà a sostenere le banche greche fino a che non avverrà un 'incidente', cioè il fallimento. "La richiesta di reperire risparmi con tagli alle pensioni è incomprensibile, se i leader europei insistono su questa incomprensibile richiesta, si assumeranno il costo di conseguenze che non porteranno benefici a nessuno", ha detto Tsipras dopo aver incontrato il cancelliere austriaco Werner Faymann ad Atene. Il Governo greco, ha spiegato, è pronto a dare un "grande no" a un cattivo accordo e lui stesso non ha paura di prendere decisioni difficili. Perché sui tagli alle pensioni, ha chiarito, non si può fare di più: la proposta greca elimina gradualmente l'opzione del pensionamento anticipato dal 2016 e genererà risparmi aggiuntivi per 2,5 miliardi nel periodo 2016-2022. Per il premier greco ottenere risparmi per 1,8 miliardi nel 2016 solo dai tagli alle pensioni non è possibile. Ma le proposte greche non sono "credibili" secondo i creditori: "I greci devono dire quello che vogliono, non solo quello che non vogliono", ha detto il vicepresidente della Commissione responsabile per l'euro, Valdis Dombrovskis, spiegando ancora una volta come le istituzioni abbiano in parte proposto delle alternative ai tagli alle pensioni, come tagli alla difesa (da 200 milioni all'anno devono salire a 450), ma i greci non hanno risposto. In ogni caso, ha spiegato il commissario Pierre Moscovici, le pensioni vanno riformate perché il sistema è insostenibile per le casse dello Stato. "E' falso dire che la Commissione propone nuova austerità", ha detto Moscovici. I creditori, che si dicono unanimi, ritengono di aver ceduto già su tutti gli obiettivi di bilancio e aspettano un segnale da Atene. Lo stallo è sotto gli occhi di tutti, e una nuova telefonata Juncker-Tsipras in serata non ha portato a nulla. Domani Angela Merkel terrà al Bundestag un discorso in cui affronterà il nodo greco. La cancelliera vuole che la Grecia rimanga nell'eurozona, pur ritenendo necessario che vada avanti sulla strada delle riforme. Ma parecchi in Europa, dalla stessa Germania a Irlanda e gran Bretagna, hanno fatto sapere di aver preparato 'piani di contingenza' in caso di fallimento dei negoziati. L'ultima parola non sarà all'Eurogruppo, dove nemmeno il ministro greco Yanis Varoufakis si aspetta progressi. Il caso Grecia finirà sul tavolo dei capi di Stato e di Governo il 25-26 giugno, visto che al momento non sembra guadagnare terreno l'ipotesi di un appuntamento straordinario prima di allora.

"Se al 1 luglio non risulterà pagato, vuol dire che non è pagato": così il direttore generale del Fmi, Christine Lagarde, risponde alla domanda se la Grecia farà default verso il Fmi non pagando la rata entro fine giugno. Lagarde ha precisato che "non c'è nessun periodo di grazia", e definito "imperativa" una riforma delle pensioni in Grecia.

"Non prendiamo in considerazione l'opzione di fermare l'orologio, anzi sappiamo che l'orologio continua a ticchettare". Così il portavoce della Commissione Ue Margaritis Schinas a chi gli chiedeva se poteva essere presa in conto l'opzione diplomatica di fermare il conto alla rovescia per dare più tempo ai negoziati sulla Grecia.

Il ministro dell'economia Pier Carlo Padoan non è preoccupato per la Grecia. Entrando alla riunione annuale del board del Esm, il fondo salva-Stati, il ministro ha risposto "no" a chi gli chiedeva se fosse preoccupato per la situazione greca.

L'euro resta irreversibile. Così il portavoce della Commissione Ue Margaritis Schinas su una Grexit. "Sì", ha risposto netto a chi gli chiedeva se la Commissione continui a restare dell'idea che l'eurozona sia "irreversibile".

Il negoziato vero "comincia adesso": le parole pronunciate ieri da Alexis Tsipras, il premier greco che sta portando all'estremo il braccio di ferro con i creditori, stupiscono dopo cinque mesi di trattativa. Ma forse quella frase, detta al Parlamento di Atene, è rivelatrice. Sia la Grecia che i creditori si preparano alla rottura della trattativa e già guardano oltre, sapendo che il 'Grexit' non è affatto scontato. E fra Francoforte, Washington e Bruxelles c'è chi scommette che la Grecia sarebbe costretta a tornare al negoziato entro fine anno. Per firmare un momento prima di non riuscire a pagare stipendi e pensioni. E' quello che trapela dalla Germania, dove il ministro delle Finanze Wolfgang Schaeuble avrebbe informato i parlamentari di "piani di contingenza". E dalle istituzioni creditrici sempre più scettiche dopo che, fra le parti, ormai volano gli stracci.

E' in questo scenario che si dipanerebbe il "vero negoziato" di cui parla Tsipras. Con i mercati in probabile sommovimento, stipendi pubblici e pensioni a rischio e un'economia privata di un sistema bancario funzionante, la sua strategia sarebbe addossare le colpe ai creditori, magari aprendo a una coalizione d'emergenza con l'opposizione. Sempre che non intervengano elezioni. Il sommovimento politico e sociale in Grecia, però, potrebbe ritorcersi contro il governo mettendo sempre più all'angolo Syriza. E' uno scenario che i creditori mettono in conto da un po': Atene, si ragiona nel fronte dei creditori, sarà costretta a firmare un momento prima di non essere in grado di pagare pensioni e stipendi. E' un gioco che rischia di sfuggire di mano e che, facendo crollare la fiducia fra paesi, rischia di impattare anche sui conti pubblici dei vicini. Come Italia e Francia: il fallimento della 'linea morbida' tenuta dal presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker, potrebbe portare a un irrigidimento dopo lo sforzo pro-flessibilità delle istituzioni europee. Senza contare il rialzo degli spread già evidente in questi giorni, che se continuasse potrebbe peggiorare gli scenari di bilancio e costringere a rifare i conti.

Un flop all'Eurogruppo di domani è dato quasi per certo da chi è vicino al negoziato. I capi di governo europei - sempre che le pressioni Usa e l'emergenza non portino a una soluzione politica al fotofinish - potrebbero essere costretti a prenderne atto. Se andrà così, è quasi escluso (a meno di confische e prelievi straordinari) che Atene riesca a pagare i circa 1,5 miliardi dovuti al Fmi a fine mese, per non parlare deo sette miliardi dovuti alla Bce fra luglio e agosto. Con appena il 15% del debito greco in mano ai privati, tuttavia, non sarebbe necessariamente un default: Standard & Poor's ha fatto già sapere che non lo considererebbe tale. "Un default non può essere dichiarato senza una decisione politica del Fmi e della Bce, cui probabilmente si opporrebbero sia l'amministrazione Obama che il board del Fmi", ragiona Jacob Kirkegaard, un esperto del Peterson Institute a Washington.

Nel frattempo la Bce - con i 'falchi' rafforzati dal 'buco' di bilancio che si creerebbe a Francoforte - dovrà decidere sulla liquidità d'emergenza alle banche. A maggioranza di due terzi, potrebbe chiudere la bombola d'ossigeno (ha raggiunto oggi gli 84 miliardi di euro) che fa funzionare la Grecia. Ma anche senza questo giro di vite, la liquidità verrà comunque intaccata dal rialzo (quasi automatico in caso di mancato pagamento al Fmi, riferiscono fonti europee) dello 'sconto' sul valore dei titoli greci che garantiscono i fondi 'ELA'. Tsipras sarà quindi obbligato a introdurre limiti ai movimenti di capitali, forse a chiudere le banche per alcuni giorni, per fermare una vera e propria fuga che del resto è già in atto: solo negli ultimi tre giorni si sarebbero dileguati quasi due miliardi.

"Gli sforzi della Germania restano tesi a che la Grecia rimanga nell'eurozona" ha detto Angela Merkel parlando al Bundestag in vista del prossimo consiglio europeo del caso greco. "Vogliamo che la gente in Grecia, come accaduto alla gente in Irlanda, Portogallo e Spagna, abbia una prospettiva migliore". "Un accordo con le tre istituzioni è ancora possibile". La cancelliera ha sottolineato che si tratta di un "presupposto decisivo" per il proseguimento del programma in Grecia. "L'euro è sempre stato più di una valuta", ha detto la Merkel.
"La Grecia era sulla buona strada ma non ha concluso il percorso. Purtroppo ha sempre di nuovo rimandato alcune importanti riforme". "Queste riforme non sono soltanto presupposto per chiudere il secondo programma - ha aggiunto - ma sono anche il presupposto perché gli aiuti possano avere un effetto sostenibile". Per la cancelliera "diversamente da Atene Portogallo, Irlanda e Spagna hanno affrontato i programmi e stanno di nuovo sulle loro gambe".

La Commissione Ue e la Bce starebbero lavorando alla bozza di un possibile comunicato per la ristrutturazione del debito se la Grecia farà l'accordo con i creditori riporta Kathimerini. Si tratta di una potenziale svolta nella trattativa.

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