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Il Presidente della Repubblica congela le dimissioni che Renzi gli ha presentato al Quirinale vista la necessità di completare l'iter parlamentare della manovra e per scongiurare i rischi di esercizio provvisorio. Il premier potrà lasciare 'al compimento di tale adempimento', presumibilmente venerdì'. Dopo la vittoria del No al Referendum costituzionale, 59,11% contro 40,89%, Mattarella ha ricordato che in Italia c'è una 'democrazia solida' e 'scadenze da rispettare'. Per questo, 'il clima politico sia improntato al rispetto reciproco'. Nel pomeriggio, prima di salire al Colle, Renzi ha presieduto un Consiglio dei ministri nel quale ha ringraziato i membri del Governo per lo 'spirito di squadra', confermando le sue dimissioni.

Ci sono due casi recenti di presidenti del Consiglio che "congelarono" le loro dimissioni per permettere una rapida approvazione della manovra economica per scongiurare il rischio di un esercizio provvisorio. Si tratta delle dimissioni dell'ultimo governo Berlusconi nel 2011 e del Governo Monti l'anno successivo nel 2012. In entrambe i casi la crisi si manifestò tra la fine di novembre e dicembre: Berlusconi "congelò" le dimissioni per soli quattro giorni, mentre Monti ci mise un po' di più a chiudere la legge di Bilancio: 13 giorni.

Basta scorrere le notizie dell'epoca e i comunicati ufficiali del Quirinale per una rapida ricostruzione di quello che sembra al momento un percorso possibile anche per il Governo Renzi. Era l'otto novembre quando Berlusconi salì al Colle per dimettersi. Questo fu il comunicato diffuso in serata dal Quirinale: il presidente Napolitano "ha espresso viva preoccupazione per l'urgente necessità di dare puntuali risposte alle attese dei partner europei con l'approvazione della Legge di Stabilità, opportunamente emendata alla luce del più recente contributo di osservazioni e proposte della Commissione europea.

Una volta compiuto tale adempimento, il Presidente del Consiglio rimetterà il suo mandato al Capo dello Stato". Cosa che puntualmente avvenne quattro giorni dopo, il 12 novembre. "Il Presidente Napolitano ha ricevuto il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, il quale, essendosi concluso l'iter parlamentare di esame e di approvazione della legge di stabilità e del bilancio di previsione dello Stato, ha rassegnato le dimissioni del Governo da lui presieduto. Il Presidente della Repubblica, nel ringraziarlo per la collaborazione, si è riservato di decidere ed ha invitato - si legge nel comunicato ufficiale - il Governo dimissionario a rimanere in carica per il disbrigo degli affari correnti". Ed ha quindi indetto le consultazioni per il giorno successivo.

Per quanto riguarda poi l'analisi dei flussi, l'Istituto Cattaneo evidenzia come ci sia stata nel Pd una "componente minoritaria ma significativa di elettori dissenzienti rispetto alla linea ufficiale", che va da un minimo del 20,3% di Firenze (rispetto a chi ha votato Pd nel 2013) e del 22,8% di Bologna, al 33% di Torino, fino a punte del 41,6% di Napoli e di 45,9% di Cagliari. Quasi nessuno degli elettori del Pd nel 2013 si e' rifugiato nell'astensione. Secondo Antonio Noto il 23% di No sono elettori Dem. Granitico invece il voto dei simpatizzanti di M5s, che hal 90% ha seguito le indicazioni di Grillo.

Gli elettori del Pdl del 2013 in parte si sono astenuti, ma una buona fetta ha votato sì (il 44% a Firenze e il 41% a Bologna), mentre tutti gli elettori centristi di Scelta civica ha messo una croce sul Si. Quindi i 13.432.187 di Sì, sono già il tanto evocato "partito della nazione", vale a dire un Pd più spostato al centro e privato della propria sinistra. Proprio questo dato potrebbe indurre Renzi a rimanere sulla tolda del Pd e, grazie a una legge elettorale a turno unico, tentare di vincere eventuali elezioni anticipate. I 13,4 milioni di Si sono tutti suoi, mentre i 19,4 milioni sono distribuiti tra i vari partiti del No (M5s, Fi, Lega, Fdi, Sinistra Italiana).

Dopo un costante calo dei votanti nella diverse tornate elettorali, i cittadini recatisi alle urne per il referendum hanno segnato un vero boom: 33.243.845 per l'esattezza, un numero superiore a qualsiasi altra consultazione referendaria, e paragonabile a quello delle elezioni politiche del 2013, quando ai seggi si presentarono in 36 milioni. Questo dato, come evidenzia anche l'Istituto Cattaneo di Bologna, significa che il voto di ieri è stato "politico" prima ancora che sul testo della riforma.

Che la tornata di ieri sia stata anche, e per molti soprattutto, un giudizio sul Governo Renzi, viene messo in evidenza da alcuni dati dell'analisi dell'Istituto Cattaneo: il No, infatti ha prevalso nelle fasce di popolazione più in difficoltà, sia a livello geografico, che a livello generazionale, che sotto il profilo del reddito. Al Sud il No è stato più forte, così come tra i giovani e nelle fasce di reddito più basse. Il Cattaneo ha evidenziato che anche la percentuale di presenza straniera ha inciso: nelle zone con maggior concentrazione ha prevalso il No, in quelle a minor concentrazione ha vinto il Si.

Renzi al risveglio del dopo-voto voleva lasciare tutto e subito: sia il governo e, secondo alcuni, perfino la guida del Pd. "L'ho detto, sono diverso dagli altri, non posso restare un giorno in più", era inamovibile il premier agli alleati e ai fedelissimi che gli chiedevano di restare almeno fino a fine anno. C'è voluta una paziente moral suasion del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, durata per tutta la giornata, a convincere il segretario Pd a "congelare" le dimissioni fino all'approvazione della legge di bilancio che il governo vuole in tempi brevissimi ma che ha riti e passaggi che comunque richiedono tempo. In fondo si tratta solo di qualche giorno di sacrificio, ha detto il presidente. E Renzi si è convinto solo quando si è capito che l'approvazione della manovra potrebbe essere rapidissima.

Il Presidente della Repubblica, considerata la necessità di completare l'iter parlamentare di approvazione della legge di bilancio onde scongiurare i rischi di esercizio provvisorio, ha chiesto al Presidente del Consiglio di soprassedere alle dimissioni per presentarle al compimento di tale adempimento": lo si legge in una nota del Quirinale al termine dell'incontro, al Quirinale, tra il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e Matteo Renzi.

Il capo dello Stato in mattinata in una nota ave a ricordato che "Vi sono di fronte a noi impegni e scadenze di cui le istituzioni dovranno assicurare in ogni caso il rispetto, garantendo risposte all'altezza dei problemi del momento". "L'Italia è un grande Paese con tante energie positive al suo interno. Anche per questo occorre che il clima politico, pur nella necessaria dialettica, sia improntato a serenità e rispetto reciproco". "L'alta affluenza al voto, registratasi nel referendum di ieri, è la testimonianza di una democrazia solida, di un Paese appassionato, capace di partecipazione attiva". 

Intanto tempi strettissimi per l'ok della manovra in Senato. Il governo chiederà la fiducia sulla legge di bilancio e punta ad arrivare al voto in Aula entro domani sera. Le dichiarazioni di voto cominceranno alle 12 e la prima chiama è prevista per le 14.30. Il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha accettato di 'congelare' le proprie dimissioni in attesa dell'ok alla manovra convinto anche dai tempi strettissimi di approvazione che saranno, dunque, tali.

Già in mattinata il Pd aveva fatto sapere di voler accelerare. Sulla legge di bilancio - aveva detto il capogruppo Pd in commissione Bilancio Giulio Santini -  "chiederemo di fare il più presto possibile" ed è quindi "presumibile" che vada in Aula domani sera. 

Ma la Lega va all'attacco: "Non ci sono le basi - scrivono in una nota i capigruppo a Camera a Senato Massimiliano Fedriga e Marco Centinaio - per l'approvazione rapida della legge di bilancio al Senato a meno che il governo non elimini immediatamente tutte le marchette pre-elettorali inserite prima del voto di domenica. Non vogliamo prolungare l'agonia per ripagare gli endorsement ricevuti da Renzi in campagna elettorale". 

Giorgia Meloni, leader di Fratelli d'Italia non usa giri di parole e a Porta a Porta chiede un passo indietro da parte del premier. E ancora: "Mi aspetto che il presidente del Consiglio tragga le conseguenze di un segnale chiaro che gli italiani gli mandano, credo che già dalla conferenza stampa di questa sera dovrebbe rassegnare le proprie dimissioni e dico da orache il messaggio che arriva ora dagli italiani è un messaggio per Renzi ma è anche un messaggio per Mattarella, gli italiani non vogliono più essere governati da governicchi, frutto di inciuci e di giochi di palazzo, -continua Meloni - gli italiani vogliono potersi scegliere un governo che finalmente faccia i loro interessi credo che sia un bel giorno per l’Italia, c’è un’Italia che a testa alta dice che non si fa comprare da una fritturadi pesce, per la nostra metà campo non possiamo dire che siamo pronti giàda domani a metterci al lavoro per offrire un’alternativa di governo è una proposta per gli italiani fondata sul concetto di sovranità e interessenazionale". Renzi ha raccolto il messaggio del referendum e ha annunciato le sue dimissioni.

"Sfidiamo la scaramanzia e osiamo perché se vittoria sarà, sarà vittoria di popolo contro i poteri forti di tre quarti del mondo". Lo dice il leader della Lega Matteo Salvini intervenendo subito dopo gli exit poll. Salvini ha sottolineato che si tratterebbe di una "grande vittoria dei cittadini italiani", che  "Renzi dovrebbe dimettersi nei prossimi minuti" e si dovrebbe andare al voto.  "Niente governicchi", è stato il suo monito. Salvini ha parlato di una sconfitta "non solo di Renzi ma di tutti i suoi lacchè". 

"Siamo pronti - ha detto Salvini - da subito a dare un'alternativa, perché l'opzione Renzi gli italiani l'hanno rottamata". Lo ha detto il segretario della Lega Matteo Salvini in via Bellerio. "Per il centrodestra si apre una stagione di responsabilità e di possibile vittoria", ha aggiunto.

E sui primissimi dati arrivano anche le parole di Umberto Bossi: "Sono stati sconfitti i gufi e se fossero confermati questi dati sarebbe una grande vittoria dei cittadini italiani e Renzi dovrebbe dimettersi nei prossimi minuti, se fosse un Paese normale. Secondo me - ha proseguito Bossi - i No saranno un 70%. Venti milioni di famiglie stanno male. Ciò significa che non hanno votato No alla riforma costituzionale, ma contro il governo che non è riuscito a migliorare le loro vite".

Beppe Grillo interviene sul suo blog: "Addio Renzi" ora, "gli italiani devono essere chiamati al voto al più presto. La cosa più veloce, realistica e concreta per andare subito al voto è andarci con una legge che c'è già: l'Italicum", ha scritto il leader M5S.

"Dalla prossima settimana inizieremo a votare online il programma di governo e in seguito la squadra di governo".

"Felice per la grande partecipazione. L'Italia c'è!". Così il deputato M5s e presidente della Commissione vigilanza Rai, Roberto Fico commenta il voto al referendum ad urne chiuse. Il deputato campano che sta attenendo i risultati a Napoli ha anche dato appuntamento via Fb a "tutti gli amici del Movimento 5 Stelle della Campania, siamo ad aspettare i risultati definitivi del referendum a Napoli in via Port'alba 28. Vi aspettiamo tutti qui

Matteo Renzi annuncia le sue dimissioni, dopo la vittoria del No al referendum, con voce rotta dalla commozione, in una conferenza stampa a Palazzo Chigi che conclude con un ringraziamento a moglie e figli. Il popolo italiano "ha parlato in modo inequivocabile chiaro e netto", ha detto il premier Matteo Renzi. "Questa riforma è stata quella che abbiamo portato al voto, non siamo stati convincenti, mi dispiace, ma andiamo via senza rimorsi. Come era chiaro sin dall'inizio l'esperienza del mio governo finisce qui", ha detto ancora Renzi. "Nel pomeriggio riunirò il consiglio dei ministri e poi salirò al Quirinale per consegnare al presidente della Repubblica le dimissioni".

La sconfitta e le dimissioni di Matteo Renzi rappresentano un nuovo shock per l'Europa, mentre esultano i populisti. Il risultato che esce dalle urne, con la vittoria travolgente del No alle riforme costituzionali, conferma i timori tra i sostenitori del progetto comunitario, che ora - dopo la Brexit, il trionfo di Trump negli Usa e il voto dell'Italia - guardano con preoccupazione ad un possibile effetto domino per le elezioni del 2017 in Olanda, Francia e Germania, mentre l'onda lunga dell'instabilità politica italiana, ancora alle prese con importanti sfide economiche, potrebbe sconvolgere tutta l'Euro zona.

L'Euro è già scivolato ai minimi da 20 mesi, tornando ai livelli di marzo 2015 e cedendo ancor più terreno rispetto a quanto accadde dopo la Brexit. L'euro si deprezza di oltre l'1,2% al cambio con lo yen, in apertura di contrattazioni a Tokyo e subito dopo il risultato del referendum in Italia. La valuta nipponica, considerata un bene rifugio nelle fasi congiunturali di instabilità finanziaria, avanza fino a quota 119,50 nei confronti della moneta unica, da valori di 120,20 di venerdì scorso, per poi stabilizzarsi intorno a quota 120.

Fin dai primi exit poll italiani, rimbalzati in tempo reale sui media di tutto il mondo, lo slancio europeista si è andato man mano afflosciando, lasciando spazio all'esultanza dei populisti, con in testa Marine Le Pen che ha subito twittato: "Bravo al nostro amico Matteo Salvini per questa vittoria del No. Gli italiani hanno ripudiato l'Ue e Renzi. Bisogna ascoltare questa sete di libertà delle nazioni e di autodifesa!". Seguita da Nigel Farage: "Questo voto ha l'aria di essere più sull'Euro che sulla riforma costituzionale".

"Questa riforma è stata quella che abbiamo portato al voto, non siamo stati convincenti, mi dispiace, ma andiamo via senza rimorsi - ha detto ancora Renzi -. Come era chiaro sin dall'inizio l'esperienza del mio governo finisce qui". "Ho perso e a saltare è la mia poltrona. L'esperienza del governo è finita e nel pomeriggio salgo al Colle per dimettermi", ha spiegato ancora nel corso della dichiarazione alla stampa a Palazzo Chigi. "Volevo tagliare le poltrone della politica e alla fine è saltata la mia", ha aggiunto. 

"Grazie ad Agnese per la fatica di questi mille giorni e per come ha rappresentato splendidamente il Paese. Grazie ai miei figli", ha concluso Renzi.

E' stata del 68,48% l'affluenza definitiva alle urne in Italia per il referendum. Lo si rileva dal sito del Ministero dell'Interno e Renzi annuncia che oggi salirà al Colle per dimettersi.Altissima l'affluenza alle urne, oltre il 68%; il 30% nel voto all'estero.

Il Sì vince solo in Emilia Romagna, Toscana, Alto Adige e all'estero.
In conferenza stampa a Palazzo Chigi il premier si assume "tutte le responsabilità" di una sconfitta "straordinariamente netta" e si commuove ringraziando moglie e figli."Ha vinto la democrazia, subito al voto con l'Italicum", afferma Grillo. "Pronti a votare con qualsiasi legge elettorale", gli fa eco Salvini.

Attesa ora la risposta dei mercati all'esito del referendum italiano. In calo le aperture delle borse asiatiche (Tokyo -0,41%, Shanghai -1,23%), con l'euro ai minimi da 20 mesi (-1,2% con lo yen).

Alta tensione al Pd dopo i primi exit poll e le proiezioni sul voto referendario. "Convocheremo la direzione del Partito democratico probabilmente già martedì per la valutazione dell'esito del voto e le indicazioni sulle iniziative politiche da assumere", ha fatto sapere il vicesegretario del Partito democratico Lorenzo Guerini parlando alla sede del Pd al Largo del Nazareno. Il vice segretario Dem ha confermato la conferenza stampa di Matteo Renzi da Palazzo Chigi a mezzanotte.

"Il Pd - ha detto Guerini - sottolinea l'ampia partecipazione degli italiani al referendum, è un fatto molto positivo che dimostra che il dibattito di questi mesi ha interessato i nostri concittadini, è positiva la grande affluenza".

"Oggi si è scritta una bellissima pagina di partecipazione democratica. L'Italia ha dimostrato ancora una volta di essere un grande Paese. Nel campo del No c'è stato un pezzo irrinunciabile del centrosinistra. Noi lo abbiamo rappresentato dentro il Pd. Il risultato che si preannuncia dimostra che eravamo nel giusto a difendere le convinzioni nostre e di molti militanti e cittadini del centrosinistra".

"Io non competo per nessun incarico, lo farà una generazione nuova. Bisogna lavorare per ricostruire l'unità del Pd ma su base nuove. Un certo disegno neo centrista, del partito della nazione, è stato battuto assieme alla proposta di riforma". Lo afferma l'ex premier Massimo D'Alema confermando che, nei prossimi giorni, tornerà a Bruxelles a dirigere la Fondazione Italianieuropei. "Il Pd deve tornare ad essere il Pd essendo chiaro che non è il partito di Renzi. Naturalmente Renzi è una forza fondamentale, io non voglio togliergli spazio, era lui che voleva rottamare gli altri, spero che questa passione gli sia passata", aggiunge D'Alema.

"Il Capo dello Stato darà l'incarico a una personalità che lavorerà a misurare le disponibilità per un governo necessario al paese. Si dovrà verificare il senso di responsabilità delle forze politiche e credo che ci sia una maggioranza in Parlamento che non intenda favorire lo scioglimento irresponsabile delle Camere. Andare a votare ora sarebbe irresponsabile anche perché la Consulta deve ancora pronunciarsi sull'Italicum. E mi auguro che l'assunzione di responsabilità possa essere la più ampia possibile".

La stampa Estera :  Il quotidiano finanziario della City nelle ultime settimane ha seguito con grande attenzione la campagna referendaria italiana, lanciando allarmi sui rischi di destabilizzazione per il sistema bancario italiano in caso di vittoria del No. E anche il britannico Daily Telegraph apre l’edizione on line con il titolo: "In base agli exit poll Matteo Renzi si avvia verso una pesante sconfitta al referendum italiano". Nel pezzo Barney Handerson ricorda che "l’esito del referendum era seguito attentamente all’estero per vedere se l’Italia sarebbe diventato il prossimo Paese a respingere lo status quo. Il premier Matteo Renzi aveva detto che si sarebbe dimesso se le sue riforme fossero state respinte". Il sito del quotidiano conservatore ha deciso di seguire con un live la nottata politica italiana. La notizia della sconfitta di Renzi ha subito fatto immediatamente il giro del mondo. E anche in Spagna prendono della sconfitta del Sì e di Renzi: il sito del progressista ’El Pais’ apre con un ultim’ora: "Renzi ha perso il referendum, secondo i sondaggi". Il moderato ’El Mundò apre con "Gli exit poll danno la vittoria al No alle riforme costituzionali di Renzi". Sulla stessa linea il conservatore ’Abc’: "I No hanno chiaramente vinto, secondo i risultati preliminari.

E' breaking news in tutto il mondo la notizia della vittoria del 'No' all'uscita dei primi exit poll al referendum costituzionale in Italia. El Pais titola "Renzi perde il referendum", Sky News commenta con un tweet: "Renzi ha perso un referendum chiave". Il britannico Guardian scrive "vittoria per la campagna del No", mentre la Bbc sottolinea che il presidente del Consiglio ha perso "con largo margine". Anche France 24 dà la notizia, che le agenzie hanno immediatamente rilanciato, dalla tedesca Dpa ("Gli italiani danno un colpo a Renzi"), alla France Presse, alla Reuters.

 

Nuovo affondo, dunque, di Salvini sul voto all'estero: "Io penso che nei consolati e nelle ambasciate ne siano successe di cotte e di crude. Ma conto sul fatto che il voto degli italiani, quello dei romani, dei milanesi, dei torinesi o dei napoletani, sarà un voto per il no che supererà anche gli eventuali Sì inventati e comprati da Renzi in giro per il mondo. Non sono preoccupato".

L'ultimo giorno di campagna elettorale vedrà il premier impegnato a Palermo, Reggio Calabria e, infine, a Firenze. "Il risultato del referendum è totalmente aperto, si gioca sul filo dei voti", dice alla convention per il sì nel capoluogo siciliano. Quindi un botta e risposta con la gente presente nel teatro per l'iniziativa referendaria. "Posso lasciare lunedì mattina..." dice Renzi ma la gente urla "no non no", e il presidente del consiglio aggiunge: "Era un modo di dire, un finale poetico. C'è un unico modo: vinciamo".

Ultimo giorno di campagna elettorale in vista del referendum costituzionale di domenica. E nuovo scontro, in particolare, sul voto all'estero. Il premier Matteo Renzi, secondo il quale il risultato è sul filo, va all'attacco di Matteo Salvini sulla questione del voto all'estero. "Mi spiace molto - ha detto Renzi a Rtl -  è un film che ogni volta si ripropone, il voto all'estero è stato proposto dall'allora ministro del centrodestra Tremaglia e votato a sinistra. Non capisco perché dire che lì si fanno i brogli, perché alimentare tensioni e polemiche? Ieri Salvini era in giro per l'Italia ad alimentare polemiche e in Ue si discuteva sul terremoto in Italia. Se fosse stato all'estero avrebbe onorato meglio il suo lauto stipendio e ruolo".  Ma il leader del Carroccio insiste: "Nonostante i voti inventati o comprati in giro per il mondo da Renzi, il voto degli italiani farà vincere il No". 

Pare che agli italiani l'appuntamento referendario del 4 dicembre non importi poi così tanto. Le ricerche che vengono effettuate dal nostro Paese su Google e che hanno per parola chiave «referendum» sono state pochissime, in ottobre. L'espressione «referendum costituzionale del 4 dicembre» è stata ricercata appena 18.100 volte. «Referendum costituzionale» solo 5.400 volte e ancora meno «referendum Italia», mille volte. L'espressione più pertinente all'oggetto, cioè «referendum confermativo», è stato ricercato sul motore di ricerca appena 480 volte. Gli italiani continuano, invece, ad essere interessatissimi ad avere notizie su «referendum Grecia», che si è svolto il 5 luglio del 2015 che, nello stesso arco di tempo, è stato ricercato ben 49.500 volte.

Secondo il quotidiano il Giornale : Il sito Truenumbers.it curato dal giornalista di Panorama Marco Cobianchi ha verificato, una a una, tutte le promesse fatte dal presidente del Consiglio Matteo Renzi e dai promotori del Sì al referendum confermativo sulla riforma della Costituzione firmata dal ministro Maria Elena Boschi. Ed ecco che rispetto ai risparmi per lo Stato e alla lotta alla Casta e allo snellimento delle procedure legislative, la freddezza dei numeri smonta le bufare propalate dal Sì una ad una. Ne abbiamo scelte cinque: il costo del Senato, appunto, l'iter delle leggi e il voto di fiducia e il costo del Cnel, che per il Csm è già stato abolito tanto che l'organismo di autogoverno della magistratura ha messo da parte 21 milioni per trasferirsi da Palazzo de' Marescialli nella sede di Palazzo Lubin. Con una curiosità: secondo il sito gli italiani che hanno cercato su Google lo scorso ottobre la parola referendum per informarsi rispetto alla riforma sono meno di 25mila.

Tra i 47 articoli che la riforma costituzionale continua il quotidiano intende modificare c'è anche quello riguardante il Cnel, che verrebbe abolito. Se passasse la riforma nello splendido Palazzo Lubin, sede del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, si trasferirebbe il Csm, il Consiglio superiore della magistratura che, a quanto pare, è sicurissima che la riforma otterrà il via libera degli italiani. Il grafico, infatti, mostra alcune delle maggiori spese previste dal Csm per l'anno in corso tra le quali spicca una uscita-monstre di oltre 21 milioni per pagare i costi del trasloco da Palazzo dei Marescialli a palazzo Lubin. Come vengono trovati questi soldi? Il Csm ha tagliato molte delle spese del suo bilancio colpendo soprattutto la spesa per il personale, calata del 7%: gli stipendi dei magistrati non sono stati toccati mentre sono stati colpiti quelli del «personale non di ruolo in servizio al Csm».

Secondo il Giornale :  La riforma costituzionale intende ridurre il numero dei senatori da 321 (compresi quelli a vita) a soli 100. Ma a quanto ammonterebbero i risparmi veri? Come si vede dal grafico si risparmierebbero 24,5 milioni per gli stipendi e 19,4 per diarie e rimborsi per un totale di 43,9 milioni di euro, lo 0,125% della spesa pubblica italiana. Ma c'è un aspetto, quello pensionistico, che non è stato mai preso in considerazione: di questi 315, almeno 150 avranno 60 anni e circa 90 di questi 150 saranno al termine di due legislature, quindi avranno il diritto alla pensione. Se ipotizziamo una spesa di 50mila euro per pensionato, abbiamo la cifra di 4,5 milioni di euro di esborso aggiuntivo. Ma c'è anche una piccola beffa: se il numero di senatori calerà del 69%, da 321 a 100, la spesa totale per il Senato scenderà solo del 16%, da 279 a 235 milioni. Vuol dire che pro-capite i senatori costeranno di più: da 869 mila euro si passerà a 2,35 milioni.

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