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I rapporti dell'ISTAT e del Cisf (Centro Internazionale di Studi sulla Famiglia) sulla situazione demografica hanno acceso diverse reazioni, tra questi quella del cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della CEI è abbastanza forte. Intervistato dal settimanale delle Diocesi dell'Umbria, “La Voce” e poi ripreso dai media nazionali, il cardinale afferma: «Attraversiamo un lungo e temibile inverno demografico ma non si vedono purtroppo i segni di una prossima primavera. Come cittadino e come pastore sono preoccupato. Siamo di fronte a quella che ritengo a tutti gli effetti una crisi di civiltà. Alla radice si colloca un cambio di mentalità collettiva che ha mutato, fino a rovesciare completamente, la concezione della natalità: non più una ricchezza per i genitori e la società, bensì una causa di miseria, un impedimento al successo e, in alcuni casi, una fonte di angoscia […] Oggi esiste indubbiamente un problema di organizzazione politico-economica. Non è una questione di destra o di sinistra. Tutti, indipendentemente dall’appartenenza partitica, sono chiamati a trovarsi concordi nell’abbracciare le necessità delle famiglie».

Di qui l’appello: «Oggi più che mai è necessario cambiare questo paradigma. Di fronte a una società che si sta polverizzando e a un potere politico sempre più particolaristico e feudale, occorre avere la consapevolezza che la nascita di un bambino è una ricchezza per tutti e non un peso per pochi».
Il presidente della Cei conclude: «Occorre tornare ad annunciare con semplicità, gioia e senza dannose strumentalizzazioni politiche il Vangelo della vita: occorre cioè ‘riversare sulle anime’ quella che La Pira chiamava ‘l’onda vitale e rigeneratrice della Grazia, della verità e della pace'».

Sullo stesso tema è intervenuto anche il quotidiano online La NuovaBussolaquotidina, che ha commentato uno studio di ricercatori americani.

«Finalmente qualcuno che non sia etichettato come pro-life e quindi screditato, si accorge della catastrofe demografica cui stiamo andando incontro. Si tratta dei ricercatori dell’Institute for Health Metrics and Evaluation dell’Università di Washington (USA), il cui studio è stato pubblicato dalla rivista scientifica The Lancet, e ripreso con enfasi dalla BBC. In realtà lo studio, finanziato dalla Fondazione Bill e Melinda Gates, non usa toni allarmistici pur presentando dati drammatici, mentre molto più chiaro è uno degli autori dello studio nell’intervista alla BBC, in cui parla di «dati sbalorditivi» di cui «si fatica enormemente a capire la gravità», visto che si tratterà di «riorganizzare completamente le società». (Riccardo Cascioli, Il mondo verso la catastrofe demografica, 16.7.2020, laNuovaBQ.it)

Da settimane dopo l'emergenza sanitaria a causa del Covid 19, il dibattito sui media è incollato sull'emergenza economica, sui finanziamenti europei (Mes si, Mes no, o Recovery Fund).Abitualmente seguo su rete4, tutte le sere, i vari interventi degli invitati che noiosamente ruotano sempre sullo stesso tema: sugli euro che non arrivano o che arrivano troppo tardi. Non metto in dubbio che l'emergenza economica sia seria, ma non c'è solo questa. Certamente c'è quella demografica, che sicuramente c'era prima del Covid 19, a maggior ragione ora diventa ancora più drammatica.

La Chiesa fin dagli anni '90 ha lanciato l'allarme, in particolare san Giovanni Paolo II, la mancanza di figli in Europa, soprattutto nel mondo occidentale, l'ha definita, “inverno demografico”. Ma in questi anni nessuno Stato, nessuna istituzione internazionale, ha cercato di porre rimedio. Anzi si è continuato a mettere in atto la politica antinatalista, l'ideologia antinatalista, in primis l'ONU, con le sue agenzie.

Da questo rapporto americano si desume che alla fine del secolo quasi ogni paese al mondo avrà tassi di fecondità al di sotto del livello di sostituzione, ben 23 paesi vedranno la loro popolazione più che dimezzata, e se le società non saranno capaci di riorganizzarsi sarà un disastro.

«La novità di questo studio - scrive Cascioli - è nei modelli usati per la proiezione dei dati sulla popolazione, modelli più completi e sofisticati rispetto a quelli usati dalle Nazioni Unite per le proiezioni più recenti. E quindi, mentre l’ultimo rapporto ONU prevede che la popolazione mondiale continuerà a crescere fino al 2100 attestandosi intorni agli 11 miliardi di abitanti, la ricerca in questione vede il picco della popolazione 2/3 raggiunto già nel 2064 con circa 9.7 miliardi di persone e poi un declino fino a 8.8 miliardi per la fine del secolo».

Sostanzialmente l’Italia dovrebbe passare dagli attuali 60 milioni di abitanti ai 28 milioni del 2100, mentre il Giappone scenderà da 128 milioni a meno di 53, la Spagna da 46 a 21.5, la Corea del Sud da 52.7 a 24.7. Cifre da incubo, che per di più tengono conto anche dell’immigrazione. «Il fatto è, dicono i ricercatori, che - crollando i tassi di fecondità in tutto il mondo - anche i paesi che hanno scelto l’immigrazione come soluzione alla denatalità si troveranno in forte competizione fra di loro».

E chi pensa di risolvere tutto con l’immigrazione che dovrebbe riempire il vuoto lasciato dalla popolazione locale, alla fine crea molti più problemi di quelli che può risolvere.

Vista la matrice ideologica dei finanziatori della ricerca americana, si guarda con una certa soddisfazione il calo delle nascite, anzitutto perchè da questi dati per loro emerge un dato positivo: meno persone, meno emissione di anidride carbonica (CO2), meno pressione sull’ambiente.

Da questa catastrofe sociale non si evidenziano i rischi che si andrà incontro. Soprattutto si chiede Cascioli, «se non si saprà rispondere ad alcune semplici domande: chi pagherà le tasse in una popolazione dove gli anziani sono maggioranza? Chi pagherà i servizi sanitari per gli anziani? Chi li curerà? Si potrà ancora andare in pensione?»

Peraltro la ricerca americana non osa mettere in discussione quei presunti diritti civili: aborto e contraccezione. Anzi, il loro problema sarebbe come sia possibile riequilibrare la popolazione e riorganizzare la società senza mettere in discussione queste “conquiste”.

Per decenni si è cercato di convincere il mondo intero che il problema più grave era la sovrappopolazione, e che se non si fossero abbattuti i tassi di fecondità il mondo sarebbe andato incontro alla catastrofe; per decenni si sono commessi veri e propri crimini contro l’umanità, con la copertura dell'ONU, attraverso sterilizzazioni di massa e aborti forzati e selettivi (come Cina e India) pur di ridurre drasticamente le nascite. La misura contro il sovrappopolamento, anche se non veniva esplicitamente ammesso, era quella di eliminare senza pietà i bambini (l’aborto certo, ma in alcuni paesi anche l’infanticidio). Ora probabilmente per riequilibrare la struttura della popolazione si passa anche all’eliminazione degli anziani, cominciando con l’abbandono terapeutico, già diventato una prassi in tanti paesi, per poi proseguire con l’eutanasia e il suicidio assistito. Qualcosa si è visto chiaramente nell’emergenza Covid: siccome non c’è possibilità di assistere tutti, si fa una selezione, e ovviamente i più anziani sono i primi ad essere sacrificati.

Inoltre, per Cascioli «si è inventata anche una "emergenza ambientale" per giustificare il controllo delle nascite, e non a caso la ricerca considera per questo il calo della popolazione un dato positivo. Si è dunque provocata artificialmente una crisi demografica devastante e ora, senza un’ombra di autocritica, si cerca qualche operazione di ingegneria sociale per riparare i danni». Praticamente si pretende di trovare la soluzione attingendo all'ideologia anti-umana, ma i danni sono troppo gravi per poter essere riparati.

Sulla questione ambientale il direttore de LaNuovaBQ, mette in guardia certi settori della Chiesa che, con tanto entusiasmo, hanno abbracciato la causa dello sviluppo sostenibile e dell’ambientalismo, pensando così di curare la terra secondo la volontà del Creatore. Si dovrebbe stare un po' accorti di collaborare con certi esponenti di questa concezione anti-umana, «da Jeffrey Sachs a Paul Ehrlich, fanatici sostenitori del controllo delle nascite e della necessità di ridurre la popolazione mondiale. La loro cura della terra è eliminare gli uomini, la loro lotta alla povertà è eliminare fisicamente i poveri e i più vulnerabili. Camminarci insieme significherà alla lunga abbracciare tutte le loro “terapie”, anche quelle oggi inconfessabili».

 

Con i colleghi della stampa estera del gruppo del gusto, presieduto da Alfredo Tesio abbiamo fatto un tour ai castelli per visitare tre eccellenze The Circle, L'Olivella e alla fine la maestosa villa Cavalletti, il nostro gruppo della Stampa Estera,e un gruppo liberamente formato da giornalisti di diverse nazionalità, che vivono in Italia e che, oltre ad informare i loro lettori e ascoltatori sui fatti della vita sociale - economica - politica del Paese, li aggiornano costantemente sull'evoluzione della tradizione enogastronomica e agroalimentare italiana. Lo scopo del gruppo di lavoro è rendere più organica la copertura giornalistica del settore agroalimentare attraverso uno scambio di esperienze tra i giornalisti e favorire maggiori e migliori contatti con gli operatori e i territori italiani.

Così verso le 10.00 di mattina siamo arrivati a The Circle dove producono ortaggi senza lavorare la terra,l'orto del futuro
Niente zappa o pesanti aratri perché, nell'azienda agricola gestita da quattro neolaureati romani, le verdure vengono coltivate senza lavorare la terra.  
Quello che sembra essere a tutti gli effetti l'orto del futuro si trova nelle campagne di Fontana Candida a Roma e a realizzarlo sono stati Valerio Ciotola, Simone Cofini, Lorenzo Garreffa e Thomas Marino, tutti 30 enni, i primi tre laureati in biotecnologia e Marino in scienze politiche.

Tre anni fa hanno dato vita all'azienda The Circle e alla speranza di una agricoltura che non contribuisca alla dissipazione delle risorse del pianeta. Nelle loro serre hanno realizzato un sistema produttivo agricolo capace di risparmiare il 90% di acqua rispetto alle coltivazioni tradizionali; realizzabile ovunque perchè si sviluppa fuori dal suolo verticalmente, occupando uno spazio ristretto senza tener conto delle condizioni ambientali esterne alla serra. Caratteristiche che fanno immaginare ortaggi coltivati in serre spaziali su Marte, sulla Luna o in stazioni orbitanti.  

"The Circle è una azienda agricola acquaponica che fa innovazione e che ha realizzato il primo impianto semi industriale con produzione acquaponica in Italia" dichiara Tomas Marino.
          
"L'obiettivo è creare un modello di produzione sostenibile e anche competitivo dal punto di vista economico, dimostrando che nella sostenibilità ambientale c'è anche vantaggio economico".

Il fatturato della loro azienda è cresciuto esponenzialmente fino a permettergli di assumere due persone e avere altro personale con contratti di collaborazione. The Circle produce insalata o verdura a foglia piccola come la baby rucola, senape rossa, acetosa ed erbe aromatiche, tutto fuori dal suolo, utilizzando un sistema produttivo ad anello chiuso che parte dalle vasche di pesci.

"Tutto può essere prodotto con questo sistema - dichiara Marino - chiaramente l'impianto deve essere strutturalmente e biologicamente adeguato alla produzione che si vuole realizzare. In questo momento a noi non serve ampliare la gamma di prodotti. Quello che produciamo va a coprire le esigenze del mercato che abbiamo scelto e questo ci permette di aver reso economicamente vantaggiosa una produzione agricola sostenibile".   

Con questo sistema si dice addio alla zappa e al trattore. "Speriamo di sì". L'agricoltura, nonostante sia l'attività fondamentale per la vita, è quel settore che più di altri è stata ai margini del salto tecnologico fatto in tutti i campi. Basti pensare a come sono cambiate le comunicazioni negli ultimi 30 anni e come, nello stesso periodo, non sia cambiato quasi nulla nell’agricoltura".

La nostra seconda visita e stata alla cantina "L'Olivella" che si trova sulle colline romane tra Monteporzio e Frascati. i terreni sono di antica origine vulcanica e i suoli sono molto ricchi di minerali e particolarmente adatti alla coltivazione della vite. Il vino prodotto nel territorio di Frascati può vantare una tradizione storica che risale addirittura agli antichi Romani, che già coltivavano le vigne sulle colline attorno alla Città Eterna. La tradizione del territorio si è tramandata nei secoli fino al presente e oggi L'Olivella prosegue la valorizzazione di questo antico e nobile terroir, portando avanti la coltivazione dei vitigni autoctoni laziali

L’Olivella è stata fondata nel 1986, grazie all'ispirazione di un esperto viticoltore pugliese, il signor Umberto Notarnicola, e di uno scrupoloso esperto di vini piemontese, il signor Bruno Violo, entrambi innamorati del paesaggio del Lazio. E’ un'azienda agricola giovane e dinamica, che si innova costantemente, seppur mantenendo forti legami  con la cultura e le tradizioni locali. Le colline, dove le vigne di Frascati crescono, sono di origine vulcanica, ricche di sali minerali (potassio, fosforo, calcio e magnesio) e povere di azoto.

Il mix ideale per la coltivazione della vite e la produzione di vini di alta qualità organolettica. L’Olivella è situata tra Monteporzio e Frascati, sulle colline intorno a Roma, pochi chilometri a sud, lungo la via Tuscolana. E’ facilmente raggiungibile dall'autostrada Roma-Napoli, uscendo allo svincolo Monte Porzio Catone. Frascati è sempre stato il vino di Roma, che vanta la più lunga tradizione storica: gli antichi romani apprezzavano il vino di Tuscolo, collina sopra Frascati, una terrazza naturale che si affaccia sulla Capitale.

Papa Paolo III (1534 – 1549), prima di diventare Papa, come vescovo di Frascati, ha reso questo vino, il Frascati appunto, sempre presente sulla tavola papale. Goethe, il famoso scrittore tedesco, durante il suo soggiorno a Roma nel 1816, lo definisce  “paradisiaco”.
 
La nostra terza visita e stata alla villa tuscolana Cavalletti dove ci aspettava Tiziana Torelli proprietaria insiema alla famiglia e dove ci ha spiegato la storia della bellissima villa, ci ha portato anche al posto dove il cardinale Ratzinger e ora Papa emerito  passava le sue giornate guardando la splendida vista di Roma scrivendo i suoi libri...intanto la storia della splendida villa e questa :  in seguito dello spostamento della Comunità Cattolica di Integrazione nel 2014 a Roma, il complesso è interessato da un graduale processo di rigenerazione sostenibile ed ecocompatibile ad opera di un gruppo privato, con l'obiettivo di tutelarne la preziosa bellezza e insieme riportarle all'antico splendore in armonica con l’altisonante, prestigiosa e significativa storia internazionale. Il principio ispiratore è la creazione di sinergie tra le eccellenze del nostro Paese, mantenendo l’aspirazione alla formazione e alla cultura multidisciplinari, alla salute e all’innovazione. Per la rinascita di un sito così importante per il pregio storico, culturale e paesaggistico, si è proceduto secondo le dimensioni di sostenibilità sociale, ambientale ed economica, studiando approfonditamente le destinazioni d'uso storiche e utilizzandole per mantenere un continuum di significato, applicando esclusivamente i dettami della rigenerazione in bioedilizia e intessendo relazioni e sinergie con il territorio per valorizzarlo.  

Grazie ad un clima socialmente sereno ed economicamente florido, al risveglio culturale e al rinnovato interesse per i classici, sorgono magnifiche residenze per lo svago e il riposo, in prossimità delle proprietà agricole, secondo il ritrovato costume dell’otium romano. Lo stimolo all’edificazione è favorita dalle condizioni del clima, asciutto e ventilato d'estate, dalla fertilità del terreno, dall’agevole reperibilità in zona di materiali da costruzione di pregevole qualità, da una relativa facilità di acquisire risorse idriche, che oltre a consentire colture produttive e la messa a dimora di piantumazioni, permettono di arricchire i parchi con i giochi d’acqua. 
 
A tali prerogative si aggiungono lo splendido affaccio su Roma e sulla Campagna Romana. Nel Settecento, le ricche famiglie inglesi, tedesche e francesi, cominciano a mandare i loro rampolli in un viaggio istruttivo in Italia, Roma con i Colli Albani (Castelli Romani), divengono una meta fondamentale; “Grand Tour”, “Voyage d’Italie”, “Italienische Reise” diviene un dottorato popolare e necessario per la formazione anche degli gli artisti.

Il primo nucleo edilizio, antecedente al 1602, viene realizzato su un fondo appartenente nella seconda metà del XVI sec. al Cardinale Bartolomeo Cesi, venduto successivamente da questi nel 1596 al marchese Ermete Cavalletti: rimanda alla tipologia del cosiddetto “Casino” ed è identificabile col piccolo edificio in asse con il viale d'ingresso alla proprietà. Questo primo nucleo, a cui si accedere da un portale incorniciato da lesene bugnate, posto al centro di un portico, si affaccia su un piccolo cortile, delimitato a destra dal corpo riconducibile al primo ampliamento, databile metà del XVIII secolo. Lo sviluppo della villa non segue una logica simmetrica, ma si accresce prevalentemente verso la direzione nord, determinando un nuovo assetto distributivo del primo nucleo, che diviene l'ambito dei collegamenti verticali a servizio del nuovo ampliamento, che in questa fase conserva la stessa altezza del primo nucleo. Alla terza fase si fa risalire lo scalone, introdotto da due colonne ornamentali, che porterà all’innalzamento di un piano.

La quarta fase è quella riguardante la nuova ala, realizzata nel secondo dopoguerra del Novecento, che ripercorre in forma minimalista il bugnato e le cornici marcapiano già presenti sulle facciate del secondo ampliamento. Il portale settecentesco è coronato da un timpano con lo stemma dei Cavalletti ed è affiancato da finestre rettangolari arrotondate in alto e in basso e chiuse da ferro battuto. 
 
Le finestre del piano nobile, sormontate da timpani riccamente ornati e le colonne di ordine ionico con festone ribattute su paraste, poste nell’androne da cui parte lo scalone principale, sono liberamente ispirate a soluzioni adottate da Martino Longhi il Giovane. La scalinata è ornata da una balaustra in ferro battuto e coperta da una volta a padiglione, decorata e aperta da lucernai. Su di essa si affacciano, sormontate da frontoni invertiti già visti in alcune soluzioni di Bernardo Buontalenti.

 

“Siamo disposti a perdonare i tanti errori commessi dalla classe politica centrale e locale e i troppi torti subiti dal popolo calabrese in questi cinquant’anni, ma vogliamo risposte immediate e concrete alle problematiche critiche che impediscono lo sviluppo di questa terra”: sono le parole di Alfredo Iorio al Corriere del Sud, (Calabria prima di tutto), al primo giorno di sciopero della fame nell’anniversario dei moti di Reggio Calabria del 1970.

“Sono qui a Reggio Calabria non soltanto per ricordare quella che fu la prima e unica rivolta popolare della storia italiana, ma per richiamare il governo alle sue responsabilità di fronte ad una terra e un popolo al quale da cinquant’anni sono state tarpate le ali per un reale sviluppo sociale ed economico. 

Sono qui per chiedere alla regione e al governo progetti concreti per il rilancio di una regione dalla quale ogni anno 5.000 persone fuggono all’estero per mancanza di lavoro e di prospettive. Chiedo al governo e alla regione investimenti per costruire infrastrutture, creare posti di lavoro e bonificare i disastri ambientali generati da quei poli industriali con i quali nel 1970 la classe politica socialista e democristiana ha illuso il popolo e comprato la fine della rivolta. Di fronte agli errori e alle mancanze del passato, di fronte alle parole vuote che abbiamo sentito in questi cinquant’anni, è il momento di impegni concreti”.

“Con il mio sciopero spiega al Corriere del Sud della fame e la mia presenza continua di fronte al monumento ai caduti della rivolta, voglio evitare che questi morti non siano caduti invano e che altri calabresi perdano la vita, vittime non più dell'esercito, ma di una malapolitica che ha cancellato la Calabria da qualsiasi programma di investimento”.

Intanto altri sbarchi incontrollati nelle spiagge del nostro meridione, stavolta in Calabria e nuovamente ci sono decine di clandestini risultati positivi al Covid-19. La politica delle braccia aperte del governo giallorosso e di papa Francesco mette seriamente a rischio la salute dei nostri cittadini e l'economia del paese. Abbiamo fatto enormi sacrifici, che possono essere vanificati da queste politiche, che Conte vorrebbe perpetuare sotto l'ombrello dello stato d’emergenza. Ma la vera emergenza non è il coronavirus, piuttosto l’atteggiamento irresponsabile del governo verso l’accoglienza indiscriminata, che rischia di minare le fondamenta della nostra società.

«I 28 migranti positivi al Covid-19 arrivati ieri a Roccella Jonica confermano gli enormi rischi connessi agli sbarchi di persone che arrivano da Paesi in cui l'epidemia è ancora fuori controllo». A dirlo è il presidente della Regione Calabria, Jole Santelli. «Per mesi – spiega Santelli – abbiamo combattuto il Coronavirus, al costo di grandissimi sacrifici esistenziali, sociali ed economici

I nostri uomini in divisa hanno così provveduto a far attraccare in tutta sicurezza l'imbarcazione, per poi trasferire gli immigrati al porto di Madonna delle Grazie di Roccella Jonica, dove sono stati sottoposti alle prime cure. Subito hanno fatto il tampone.

Secondo quanto riportato dal quotidiano locale Telemia, i risultati degli esami parlano chiaro: ben 28 dei 70 immigrati sono risultati positivi al coronavirus, seppur dichiarati asintomatici e in buone condizioni di salute. Gli stranieri sono stati quindi affidati alle cure della croce rossa e degli operatori dell'Azienda Sanitaria Provinciale di Reggio Calabria, la quale ha il compito istituzionale di assicurare i livelli essenziali di assistenza definiti dal Piano sanitario regionale.

Seguendo scrupolosamente le disposizioni esistenti in casi come questo, nelle prossime ore verranno sottoposti a tampone tutti coloro i quali sono entrati in contatto coi positivi, questo naturalmente per scongiurare ed eventualmente circoscrivere possibili nuovi piccoli focolai d'infezione. I soggetti minorenni (circa una ventina) sono stati accolti a Roccella Jonica, mentre tutti gli adulti sono stati smistati fra Bova ed Amantea.

 

 

 

 

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