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Accura

Il prossimo 7 marzo 2015 alle ore 16.30, in occasione della Giornata Internazionale della Donna, l’INMP ente pubblico afferente al Ministero della Salute, in collaborazione con la fondazione “Atena Donna” ed “AccurA Teatro”, rivolge un invito, esteso alla cittadinanza romana, per l’interessante rappresentazione dell’opera teatrale “Taddrarite”, che si terrà negli spazi dell’Ospedale San Gallicano di Roma, via di S. Gallicano 25/a, per riflettere insieme sulla piaga sociale della violenza nei confronti delle donne, un fenomeno purtroppo ricorrente anche in Italia.

Il teatro rappresenta un mezzo assolutamente efficace per trattare questa dolorosa tematica, spesso sommersa o completamente taciuta, anche a causa di retaggi culturali, ancora troppo presenti nel tessuto sociale.

Questo spettacolo è realizzato dalla Compagnia “AccurA Teatro”, un’associazione culturale fondata nel 2011 da Luana Rondinelli, che promuove una significativa attività teatrale e culturale, attraverso le sue opere teatrali.

Lo spettacolo “Taddrarite”, che in siciliano significa pipistrelli, già dal titolo ci presenta un genere teatrale basato sul testo e sulla parola, dove il dialetto siciliano, intriso di musica e passione, arriva in modo immediato e travolgente al pubblico. Quindi, partendo da questi presupposti, si lavora sulla sfera emotiva, attraverso il ritmo, le sonorità e la musicalità offerte dal linguaggio.

Questa opera racconta la modalità in cui tre sorelle siciliane, riunite in occasione di una veglia funebre, fanno trapelare attraverso le loro confidenze, la realtà a volte inconfessabile della violenza dell’uomo nei confronti della donna.

Queste donne hanno vissuto nell’oscurità, proprio come pipistrelli, ogni sorta di violenza, non solo fisica, come le sopraffazioni psicologiche che, nell’arco dello spettacolo trovano la via maestra per manifestarsi, determinando un primo, importante segno di riscatto e di affermazione della dignità all’interno dell’universo femminile.

INMP

La rappresentazione teatrale sarà preceduta da un momento di riflessione, condotto dal Direttore Generale dell’INMP Concetta Mirisola, accanto a Myriam Tinti, Giudice del Tribunale ecclesiastico regionale umbro, M. Diku, Presidente dell’Associazione “Tam Tam d’Afrique”, Margherita De Bac, Giornalista del Corriere della Sera, Carla Vittoria Cacace, Presidente del Comitato “Atena Donna”. E’ previsto un saluto da parte del Ministro della Salute, l’On. Beatrice Lorenzin.

L’INMP, nato nel 2007, è un centro di riferimento nazionale per l’assistenza socio-sanitaria alle popolazioni migranti ealle fragilità sociali, nonché centro per la mediazione transculturale in campo sanitario. Un’attenzione particolare è rivolta alla salute della donna ed in particolare al tema della violenza in genere, a cui dedica un apposito servizio nei propri ambulatori.

Il servizio di Salute e Tutela della Donna accoglie donne, italiane e straniere, ponendo l’accento su ogni forma di violenza, attraverso attività di sostegno ed interventi in rete da parte di varie istituzioni e realtà esistenti a livello territoriale, che si dedicano alla tutela dei diritti della donna, oltre che alla prevenzione dei costi sociali del disagio, inevitabile conseguenza delle violenze stesse.

L’obiettivo strategico è quello di sviluppare sistemi innovativi, che possano combattere le disuguaglianze in Italia, anche nell’ambito della salute pubblica, rendendo più agevole l’accesso al servizio sanitario nazionale per i gruppi socialmente più svantaggiati ed assicurare un alto livello di qualità delle prestazioni fornite. Tale obiettivo viene perseguito attraverso l’assistenza socio-sanitaria rivolta a tutti i cittadini e la realizzazione di programmi di formazione e di educazione sanitaria, con particolare attenzione alle fasce più deboli della popolazione.

“La violenza sulle donne non è un problema solo femminile. Riguarda tutti noi - commenta la Dott.ssa Concetta Mirisola – La violenza non è inevitabile e il passaggio dall’immagine di vittima all’assunzione della responsabilità del cambiamento è lo snodo cruciale per prendere le distanze dalla distruttività. Noi lo facciamo attraverso un servizio che offre alle donne, vittime di violenza, un approccio multidisciplinare: medici, psicologi, assistenti sociali, antropologi e avvocati, professionisti, tutti a disposizione delle numerose donne italiane e straniere che fruiscono del servizio”.

Dai recenti dati ISTAT, (indagine nazionale sulla sicurezza delle donne nel 2014), emerge che circa il 32% delle donne ha subito violenze contestualizzabili nella sfera affettiva e familiare ed il servizio STD dell’INMP conferma la gravità della situazione. Negli anni 2012-2014 sono state accolte e seguite presso il centro 230 donne, di cui 42 italiane. Attraverso i loro vissuti, sono state raccolte 147 storie di violenza, fra esse ben 119 casi di violenza domestica. Molto significativo il fatto che 28 donne abbiano riferito storie di abusi avvenuti in minore età. La presenza all’interno dell’Istituto di diverse figure professionali,(lo sportello socio-sanitario per orientamento ed informazioni riguardanti l’accesso ai servizi territoriali sociali e sanitari, l’alloggio e la ricerca del lavoro), favoriscono un approccio sinergico in grado di conferire maggior efficacia rispetto al singolo intervento, accompagnando la donna nel suo difficile, ma possibile percorso di recupero psico-fisico dopo aver subito un abuso. La Fondazione “Atena Donna” costituisce un importante punto di riferimento per tutte le donne in difficoltà. L’obiettivo che si prefigge è quello di diffondere il più possibile la cultura della prevenzione, al fine di contribuire ad affrontare il tema della salute della donna, in un’ottica di educazione permanente, in grado di contrastare l’insorgere di gravi patologie.

Una scena del film su Pio XII

La disputa sulle responsabilità di Papa Pio XII in relazione alle persecuzioni ebraiche perpetrate dal Terzo Reich durante la Seconda Guerra mondiale, come noto, continua a essere accesa, soprattutto a livello mass-mediatico. Tuttavia, per gli storici di professione e gli studiosi seriamente impegnati da anni sulla vicenda, la questione dovrebbe essere chiusa già da tempo e, semmai, con un giudizio finale totalmente positivo sull’operato di Pacelli. E’ questo il messaggio del film-inchiestaShades of Truth (“Sfumature di verità”), scritto e diretto dalla regista Liana Marabini (con la partecipazione tra gli altri di attori del calibro di Christopher Lambert, Giancarlo Giannini e Remo Girone), che a maggio sarà presentato al festival di Cannes ed è stato proiettato in anteprima ieri sera a Roma presso l’“Istituto Maria Santissima Bambina”. La pellicola, ambientata ai giorni nostri, sulla scorta degli studi più accreditati, delle testimonianze registrate durante il processo di beatificazione attualmente in corso (soprattutto grazie al relatore, il gesuita tedesco Peter Gumpel) e della cronaca più recente, ricostruisce infatti gli anni più contestati del pontificato di Pacelli prendendo spunto narrativamente – non a caso – proprio da un protagonista ebreo, un giornalista poco incline ai temi religiosi, all’inizio pregiudizialmente avverso a Pio XII, che con la sua indagine guida gli spettatori passo passo nell’intricata vicenda percorrendo i luoghi più significativi: Roma, Gerusalemme, Lisbona. Si scopre così che l’opera di Pio XII in favore del popolo perseguitato fu persino antecedente all’irruzione delle SS nel ghetto di Roma (16 ottobre 1943) e risale agli anni in cui l’ex Nunzio in Germania era Segretario di Stato, per la precisione già quando furono varate le leggi razziali (novembre 1938). Già allora infatti il futuro Pontefice si prodigò per procurare documenti di espatrio, visti e lasciapassare a suoi amici o conoscenti di stirpe ebraica, come ad esempio l’ex compagno di scuola Guido Mendes, che per questo gli sarà sempre grato. Quando poi fu eletto Papa, questa azione di carità materiale del tutto disinteressata non venne mai meno: fu così che diverse tra chiese, parrocchie e conventi capitolini aprirono le porte ai perseguitati salvando di fatto la vita a intere famiglie nei modi più impensabili; apponendo targhe vaticane su appartamenti privati, estendendo oltre ogni limite la cosiddetta zona di extraterritorialità posta sotto il governo della Santa Sede, ospitando persino diversi ebrei a Castelgandolfo, all’intero del palazzo pontificio dove nacquero addirittura decine di bambini.Alla fine saranno così centinaia di migliaia gli ebrei salvati e, solo a Roma, si stima quasi 4.500. Tra questi quel rabbino-capo della comunità locale, Israel Zolli, che ammirato da quanto accaduto, non solo successivamente si convertì a Cristo ma scelse come nome di battesimo quello di Eugenio, in onore proprio di quel Pontefice che così tanto aveva fatto per il suo popolo. Così, quando Paolo VI negli anni Sessanta decise di aprire il processo di beatificazione, nessuno vi trovò alcunché di scandaloso o offensivo: i problemi cominciarono semmai più tardi quando la situazione geopolitica della Guerra fredda e il mutamento del clima culturale in Occidente videro una certa propaganda politico-ideologica (perlopiù di matrice comunista, ma non solo) iniziare un’opera di vera e propria diffamazione della memoria di Pacelli prima con studiate operazioni teatrali (come la pièce Il Vicario del drammaturgo tedescoRolfHochhuth) quindi con una pubblicistica strumentale ad hoc mirata a creare l’incredibile (questa sì) leggenda nera del ‘Papa di Hitler’: a decenni di distanza, e con il mondo completamente cambiato, si spera ora che, grazie anche a questo film, il dibattito pubblico possa finalmente riportare la figura di Pio XII alla veridicità storica che gli appartiene.

Tristan-und-Isolde-0195

Domenica 22 febbraio ore 19 sarà uno dei più celebri direttori d’orchestra al mondo, Zubin Mehta, a salire sul podio del Teatro di San Carlo per il ritorno di un noto allestimento del Massimo napoletano: Tristan und Isolde di Richard Wagner premio Abbiati nella stagione 2004-2005,( «Per il segno visivo e la straordinaria accuratezza della realizzazione di scene, citazioni pittoriche e costumi che hanno contraddistinto la produzione» come si leggeva nella motivazione che portò la giuria dei critici composta dall'Associazione Nazionale Critici Musicali ad esprimersi all'unanimità). Spettacolo osannato da pubblico e critica, è firmato da una strepitosa compagnia, con la regia di Lluís Pasqual e le scene e i costumi della coppia da Oscar Frigerio/Squarciapino. Nel ruolo di Isolde la voce straordinaria e unica di Violeta Urmana, Trosten Kerl in quello di Tristan. E ancora Stephen Milling sarà il Re Marke di Cornovaglia, Kurwenal sarà Jukka Rasilainen e Melot Alfredo Nigro. Lioba Braun darà la voce a Brangäne.

Azione in tre atti su libretto dello stesso Wagner tratto dall’omonimo romanzo in versi di Goffredo di Strasburgo, Tristan und Isolde fu composta tra Zurigo, Venezia e Lucerna tra il 1857 e il 1859 e andò in scena per la prima volta il 10 giugno 1865 al Nationaltheater di Monaco di Baviera.

Così Wagner scriveva a Liszt nel 1854: «poiché in vita mia non ho mai gustato la vera felicità dell’amore, voglio erigere al più bello dei miei sogni un monumento nel quale dal principio alla fine sfogherò appieno questo amore. Ho sbozzato nella mia testa un Tristano e Isotta; un concetto musicale della massima semplicità, ma puro sangue; col bruno vessillo che sventola in fine del dramma, voglio avvolgermi per morire!».

Nel Tristan und Isolde destino e amore coincidono in maniera assoluta e la morte dei due amanti non è tragica fatalità ma il compimento supremo e necessario dell'amore. I due protagonisi infatti non solo assecondando, ma si fanno entusiasticamente carico del destino che li travolge.

Zubin Mehta

Maccarrone, Camisasca

Un viaggio nella Russia senza tempo, popolata di leggendari viandanti-cantori, dove riscoprire la spiritualità che si cela dietro la semplice saggezza popolare. È questa l’atmosfera rarefatta di “Nastienka e il Cantore”, pièce impregnata di misticismo e pregnanti melodie, liberamente tratta da un breve e struggente racconto del poeta Rainer Maria Rilke, nato a Praga nel 1875, intitolato “Come il vecchio Timoteo morì cantando”. Lo spettacolo, che è frutto di un’altra, nuova impegnativa produzione del Teatro Stabile di Catania, andrà in scena, dal 27 febbraio al 1° marzo, alla sala Musco per il cartellone alternativo “L’isola del teatro”, ideato dal direttore del TSC Giuseppe Dipasquale.

A concepire interamente l’opera è il regista Gioacchino Palumbo, qui anche artefice del testo e delle scene, coadiuvato dal costumista Riccardo Cappello e dal light designer Franco Buzzanca. Sulla narrazione s’innestano canti molto particolari, composti ed eseguiti dal vivo da un artista del calibro di Juri Camisasca. Nei panni dell’unica protagonista evocata dal titolo ci sarà Ilenia Maccarrone, il fresco, intenso volto siciliano applaudito nel 2013 in “Antigone” al Teatro Greco di Siracusa e conosciuto dal pubblico televisivo per la sua interpretazione in un episodio della fiction “Il Commissario Montalbano”, al fianco di Luca Zingaretti.

In scena, con Ilenia Maccarrone e Juri Camisasca, ci sarà anche Marta Cirello, allieva del IV anno della Scuola d’Arte drammatica dello Stabile etneo, intitolata ad Umberto Spadaro.

Ambientata in un ipotetico villaggio del Caucaso, la storia è quella di una giovane donna che racconta la sua relazione d’amore e le nozze con il figlio di un vecchio cantore, il quale ha dovuto drammaticamente abbandonarla, costringendola a una vita di mendicante, per seguire il padre ed ereditarne l’antica tradizione: canti combinati a melodie che sono l’anima del villaggio e che altrimenti andrebbero perduti per sempre.

“Come il vecchio Timoteo morì cantando” fu scritto in pochi giorni - subito dopo un viaggio in Russia in compagnia di Lou Andreas Salomé, una donna che aveva fortemente segnato la vita artistica di Rilke - e fa parte di una raccolta, “Le storie del Buon Dio” pubblicate nel 1900, che costituisce il momento più alto della fase di “apprendistato” giovanile dell’autore in cui sono già presenti temi e modi espressivi della sua maturità, imperniati sulla ricerca della religiosità.

Osserva Palumbo: «Il tema del sacro e della trasmissione di saperi tradizionali ed esoterici affiora in modo tangibile anche in questo racconto. La Russia di allora appariva al poeta praghese la terra "che confina con Dio", un paese di grandi tensioni spirituali e affascinanti tradizioni. Come quelle dei cantori girovaghi, eredi di canti antichissimi attraverso i quali venivano trasmesse storie che erano raccontate a viva voce e che “erravano di bocca in bocca” sin dai tempi remoti. Leggende, non ancora sepolte nei libri, per cui Rilke prova una dichiarata e consapevole nostalgia. È per questo motivo che lo spettacolo è basato su una scrittura scenica che fa sua la ricerca di essenzialità e apparente semplicità di personaggi e scenari, caratteristica dello stile e dei contenuti dello scrittore».

Una cifra espressiva, quella del boemo, da cui non è estraneo il significativo sottotitolo della citata antologia: “Ai grandi perché li raccontino ai bambini”, in cui proprio il “raccontare” diventa azione poetica, di riscoperta del bambino che è nascosto in ogni adulto, e sa ascoltare, vedere, stupirsi. Emblematica è anche la dedica del libro a Ellen Key, una pedagogista d’avanguardia di origine scandinava che sosteneva con forza che solo chi è capace di imparare dai bambini può essere un buon insegnante in grado di aiutarli a crescere.

«Gioacchino mi ha chiesto melodie semplici, che siano l’eco di mondi interiori – afferma, sapiente, Camisasca - Ho scelto un Harmonium indiano per creare sonorità avvolgenti. Sulle sue note lunghe improvviso con la voce delle melodie che sono frutto del mio “sentire”. E per infondere nel canto delle modulazioni ritmiche, sperimento la tecnica della “lingua inventata”, con gruppi consonantici alternati a vocali molto dilatate. Sottolineando le misteriose risonanze che intercorrono tra la musica e lo spirito dell’uomo, la messa in scena ci suggerisce che, pur in un mondo così caotico come quello attuale, le tematiche che riguardano la nostra intima essenza hanno ancora un loro spazio. La vera gioia è terra di conquista delle anime semplici».

 

 

L’Università eCampus incontra Dario Argento. In occasione della presentazione del libro di Mauro D’Avino e Lorenzo Rumori “Dario Argento, si gira!” (Gremese Editore) l’ateneo ospiterà il noto regista per una serata speciale, Il Corriere del Sud, presente giovedì 18 dicembre a partire dalle ore 18.


Dopo i saluti di apertura di Rita Neri, Responsabile della sede di Roma dell’Università eCampus, dialogheranno con il regista Dario Argento gli autori Mauro D’Avino e Lorenzo Rumori e l’editore Gianni Gremese.

 

Il volume rappresenta un affascinante itinerario alla scoperta dei luoghi che hanno reso celebre nel mondo l’opera del Maestro del brivido e sono stati a loro volta resi celebri dai suoi film. Un viaggio a ritroso che ci riporta indietro nel tempo a quell’indimenticabile e felice stagione del thriller all’italiana, tra l’inizio degli Anni ’70 e la fine degli Anni ’80, in cui bastava poco per creare suspense e il terrore si annidava nei recessi pigri e apparentemente rassicuranti della vita di tutti i giorni. Gli autori conducono il lettore per mano laddove Argento ambientò nove tra i suoi capolavori d’esordio, una passeggiata suggestiva e a tratti sorprendente che consente di riassaporarne ancora oggi appieno il gusto crudele e seducente. Perché in fondo… non è tutto horror quel che spaventa! Roma e Torino costituiscono il set privilegiato, ma non mancano le trasferte oltre confine e addirittura oltreoceano. Ciò che viene narrato, tuttavia, non sempre corrisponde all’effettiva realtà delle location. Apprendiamo ad esempio che la splendida “Tanz Akademie” di Friburgo, coloratissima cornice art-déco alle torbide vicende di Suspiria (1977), si trova nella Capitale. Non potendo utilizzare l’originale edificio tedesco “ispiratore”, la scuola fu infatti riplasmata all’interno degli Studi De Paolis in Via Tiburtina 521. Stesso destino toccò alla sulfurea dimora di Mater Tenebrarum in Inferno (1980), ricostruita nei minimi dettagli sulla base di un palazzo di Harlem, “The Castle”, all’epoca abbandonato. Anche la galleria d’arte dove si svolge la scena clou de “L’uccello dalle piume di cristallo” (1970) venne realizzata ai De Paolis, mentre l’Istituto Terzi de “Il Gatto a nove code” (1971) è un singolare mix tra la GAM - Galleria d’Arte Moderna di Torino (esterni) e il Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture (interni) all’Eur. Il celebre quartiere capitolino, peraltro, farà nuovamente la sua comparsa in “Quattro Mosche di velluto grigio” (1971) per poi diventare protagonista assoluto, con i suoi spazi sconfinati e la sua gelida fermezza, del violento Tenebre (1982). È la Svizzera, invece, a giocare un ruolo di prim’ordine in Phenomena (1985), la “fiaba nera” che ruota attorno al rigido pensionato femminile Richard Wagner, sintesi di ben quattro diverse ambientazioni, e a uno spietato serial killer di adolescenti. E come dimenticare Opera (1987)? Argento pensò addirittura alla Scala di Milano, ma la mancanza di permessi lo costrinse a “ripiegare” sull’altrettanto maestoso Teatro Regio di Parma. Infine, gli appassionati saranno felici di ritrovare la “villa del bambino urlante” di Profondo Rosso (1975): Villa Scott, a Torino, progettata da Pietro Fenoglio nel lontano 1902.

Di queste e altre curiosità si parlerà nel corso dell’evento. D’Avino e Rumori dialogheranno con il regista e con l’editore Gianni Gremese coinvolgendo il pubblico in un focus si approfondimento cinematografico unico e imperdibile.

 

 

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