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Più forte del dolore: l’impresa di Denny Carvelli alla Maratona di New York

Più forte della sfortuna, più forte del dolore. La sua quarta Maratona di New York Antonio “Denny” Carvelli l’ha corsa praticamente con un piede solo, dopo essersi infortunato pochi metri dopo il via. Ma non ha mollato, non ha voluto rinunciare al suo sogno, perché “a New York non ci si ritira, neppure se a correre ti funziona solo un piede”.

Passione, cuore, caparbietà, sacrificio, forza di volontà. Ci ha messo tutto, e anche qualcosa in più il podista crotonese, front runner dell’Asics, che quest’anno ha corso con lo sponsor di Gerardo Sacco sulla maglia e con al polso il bracciale della linea Ricci. #ForgeYourSuccess è stato lo slogan che l’ha accompagnato. E lui ha mostrato ancora una volta che ciascuno è artefice della propria fortuna, che con la forza di volontà si può superare qualsiasi difficoltà, e che quei valori di orgoglio, caparbietà e duro lavoro che condivide col maestro orafo crotonese sono davvero importanti, e possono davvero far compiere imprese che sembrano impossibili.

La sua, di impresa, a poche ore dalla conclusione della gara Carvelli la racconta così.

“New York, tutto bellissimo come sempre. La prima fila, una leggera pioggia, il fresco, pronti per lo start. Sparo e, si parte. Pochi metri e vengo spinto da un runner che nel superarmi mi urta con una certa forza; perdo l'equilibrio e sbatto col piede destro a un marciapiede, prendendo una bella storta. Il dolore è allucinante e devo dirvi che è difficile prendere decisioni in questi momenti. Fermarsi o continuare? La mia testa mi diceva di andare avanti, inutile piangersi addosso. Mi sono detto vediamo, magari ce la faccio e il dolore passa. Nulla di tutto questo. Il dolore si acutizzava a ogni passo, ho visto un santo ogni volta che appoggiavo il piede a terra. Al 20 km ho capito che sarebbe stata ancora più dura tra percorso, fatica, pioggia, stanchezza, e senza un piede. Ho iniziato a piangere, e non mi vergogno a dirlo. Paradossalmente nei tratti in discesa, seppur aiutato dall'inclinazione, ho dovuto camminare per il dolore. Ho continuato a correre col pensiero rivolto a chi mi seguiva, amici, parenti, sconosciuti e poi a quel #ForgeYourSuccess che portiamo avanti con chi ha voluto fortemente la mia presenza a questa maratona, il maestro orafo Gerardo Sacco. Non potevo e non dovevo fermarmi, andare avanti a ogni costo tra mille problemi da risolvere e emergenza da tamponare a ogni metro fatto. È solo così che nella vita puoi andare avanti, guardando oltre, oltre il dolore e il sacrificio, cercando di raggiungere e colpire l'obiettivo. Dal 30km in poi ho corso all’inferno. Quando mi sono trovato al 42km, e mi mancavano 195 metri ho iniziato a urlare così forte che tutti hanno capito che qualcosa non andava e sul traguardo sono stato raggiunto da infermeri e medici. Il piede non mi si toglieva dalla scarpa per quanto si era gonfiato. Alla fine ho concluso la mia quarta maratona di New York in 3h 07’.

Non mi sento un eroe, ho solo fatto quello che mi piace fare, correre con i suoi pro e con i suoi contro, tra fatica, dolore, passione e amore per lo sport. A New York non ci si ritira, neppure se a correre ti funziona solo un piede”.

 

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