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Lettera aperta a Silvio Berlusconi

Caro Silvio,

Mezzo secolo fa ti avrei scritto una lettera molto più affettuosa, ma allora tu facevi sentire la tua bella voce ai crocieristi e io pagavo ancora il mutuo di casa. Ecco perché oggi ho scelto la formula della “lettera aperta” che, pur essendo rivolta ad un unico destinatario, riguarda fatti e problemi di un più diffuso interesse.

Le “lettere aperte” propongono, infatti, una lettura dei segni dei tempi in una chiave storica razionale, al fine d’individuare nel passato quei semi che portavano già in grembo l’avvenire.

Il coraggio che ha sempre contraddistinto il tuo pensiero è stato visto e compreso da molti, e da chi ti scrive, nonostante le mistificazioni giornalistiche di una certa stampa.

Nel passaggio dal Secondo al Terzo millennio, molte ombre pesano ancora sulla storia politica dell’Italia. Di certo non saranno mai diradate da quei “mostri sacri” a cui le lottizzazioni della Prima Repubblica ha conferito fin troppo credito.

Nel mio piccolo, vorrei comunque tentare di gettare uno sguardo retrospettivo sulla tua figura di leader.

So bene che è tanto il mio ardire.

Tu sei stato e sei tuttora un Grande; io, invece, un metro e cinquantotto in altezza! È poco, lo so, ma sono una donna e so che le donne ti stanno a cuore; il che, per me, è un punto a tuo favore.

Eppure, nel frattempo mi sono un po’ distratta e, come tanti altri, ho preferito il silenzio.

Beh, ho sbagliato e sono pentita.

Sarai “decaduto” da qualche parte, ma in cambio sei cresciuto nella mia stima e di tutte quelle persone, che, come me, talvolta si scoraggiano, ma poi ci ripensano.

Di un uomo come te, caro Silvio, scrive la Storia, e se gli capita malauguratamente di “cadere” si rialza come tu hai sempre fatto dando un ottimo esempio.

Questo è il motivo principale che mi ha convinto a rompere il silenzio.

Forse bisogna prima dimenticare per poter poi ricordare ciò che eravamo e ciò che siamo.

Il primo ricordo che affiora alla mia mente riguarda la volta che ti ho visto, durante una convention di “Forza Italia”, a Napoli, nella primavera di 1994. Mi trovavo alla Mostra d’Oltre Mare in mezzo ad una folla oceanica, assieme ad alcune mie amiche giornaliste. Quando hai cominciato a parlare è accaduto l’incredibile! Le mie amiche, chiacchierone impenitenti, sono rimaste zitte per un’ora ad ascoltarti, mentre io pensavo tra me: “ecco il siluro che affonderà la Prima Repubblica». Non mi sbagliavo affatto.

Il tuo programma era davvero una “favola”, e io di favole me ne intendo, perché di tanto in tanto ne scrivo una. A quel tempo, qualcuno affermava che facevi “sognare” la gente.

Le favole, come i miti, sono messaggi di speranza per un futuro migliore e rimangono scolpite nella coscienza collettiva.

Tu dicevi, invece, pane al pane e vino al vino. Avevi il carisma di un vero leader, e tuttora non ti manca, ma credo che tu, caro Silvio, sia stato sempre, in realtà, un pragmatico, un “ingegnere dell’organizzazione”.

I Club di Forza Italia, fin dal loro sorgere, hanno rappresentato il modello organizzativo di un Partito strutturato. Per curiosità giornalistica, ho studiato anch’io qualcuno dei Club della prima ora, ma poiché non avevo nulla da chiederti, ho smesso di frequentarli. In cuor mio avrei forse preferito una formula intermedia trascajolianie publitalisti, ovvero circoli formati da tre o quattro “Amici di Silvio” alla pari, con nomi suggestivi o buffi e senza oneri di sorta. Previa una buona visibilità mediatica, ognuno di questi “Amici” avrebbe potuto dar vita a un altro circolo di tre o quattro componenti e così via, ingenerando una rete del tipo: “catena di Sant’Antonio”, estesa in modo capillare sul territorio. Forse questa formula non t’avrebbe convinto, anche perché non credo che tu abbia una grande dimestichezza con i Santi.

Beh, non importa. Siamo tutti peccatori.

Sono però sicura che sarebbe piaciuta ai giovani che ti seguono in tanti. Purtroppo, in amore e nell’amicizia, non sempre si ha fortuna e mi pare che nemmeno tu sia ben messo in questo settore.

Secondo la saggezza popolare, non tutto il male viene per nuocere, e credo fermamente che dal male che ti è stato fatto ti verrà anche del bene.

La gente vede, pensa e valuta nel segreto delle urne.

I tempi storici sono lunghi, ma talvolta risolvono problemi apparentemente irrisolvibili.

Pochi mesi fa, nessuno, nella palude della sinistra, sembrava avere il coraggio di tagliare i rami secchi in casa propria e di fare il salto nell’era post ideologica. Invece il ribaltamento si è verificato. Ciò che a Berlusconi i cosiddetti “parrucconi” non hanno permesso di fare nel 2006, oggi diventa attuabile grazie all’opposizione costruttiva di Forza Italia.

Quel passo indietro che hai fatto nel 2011 è stato a misura di un vero Statista. Hai dato tempo al tempo, rendendo possibile un riassetto generale delle forze politiche in campo.

A rifletterci bene, potrei formulare l’ipotesi che uno dei motivi principali della distrazione di alcuni milioni tra i vecchi elettori dall’ex “Popolo della Libertà”, sia da addebitarsi, nell’ultima tornata elettorale, alla difficoltà di riconoscersi in un partito in cui tutti erano tutto.

La nascita delle coalizioni attuali dei Moderati di destra ha permesso il disegno di un’architettura più interessante perfino del Beaubourg di Parigi. Finalmente, ora, si vede chiaramente, guardando dal di fuori, ciò che si trova nell’edificio. E vi sono proposte e programmi in abbondanza per tutti i palati.

Il cammino verso la Terza Repubblica resta tuttavia ancora disseminato d’insidie.

Non ho nessun dubbio che tu sia stato e che sei tuttora “l’uomo della Provvidenza”.

Nei momenti più tragici della Storia di questo Paese ci sono sempre state grandi personalità politiche in grado di fronteggiarli.

Non ti ho scritto questa lettera aperta per osannarti, ma per dare merito al merito.

Ahimè, “MERITO”, parola magica che ha così poco corso e che la Storia riconosce solo a posteriori!

Ho deciso di scriverti semplicemente pensando che potrebbe esserti utile sentire l’opinione di qualcuno fuori dal coro.

Vorrei solo aggiungere un’ultima cosa, nello stile della lettera che non ti ho mai scritto. Tu sei un combattente e lo sarai fino al tuo ultimo respiro. È in questa ottica che ti prego di guardare alle vicende che tanto ti amareggiano.

Ad ogni buon conto, se il 10 Aprile decideranno d’inviarti ai “servizi sociali”, io sarei disposta a venire a darti una mano. Sai, noi donne, siamo brave a “fare i servizi”, anche a settant’anni.

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