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Il presidente della regione Veneto, Luca Zaia: "Non possiamo accettare che la Svizzera consideri gli italiani degli appestati, e la Croazia vada su questa strada, non esiste che qualcuno ci cataloghi come la Wuhan d'Europa solo perché in Italia il virus è arrivato prima che in altri Paesi europei".

"Il problema è che ormai siamo ai tempi supplementari – ha attaccato il governatore – di corridoi turistici se ne parla da settimane, e non è stato fatto nulla: è necessario che si muova la nostra diplomazia, il ministero degli Esteri si deve far sentire e ci deve essere una regia europea che finora è mancata".

Per una volta la Grecia sta dando lezione ai primi della classe del Nord Europa. In rapporto alla popolazione si tratta di una percentuale molto bassa. Sulla carta, a fine febbraio, la Grecia si presentava come la vittima ideale della pandemia: il suo sistema sanitario è azzoppato da un decennio di tagli selvaggi e le abitudini sociali portano a vivere all’aperto, in contatto tra sconosciuti. 

L’ambiente ideale per diffondere un virus. Il risultato sembrava essere un inevitabile alto tasso di infezioni, con conseguente rapida saturazione della capacità di risposta ospedaliera e, infine, una tragica, altissima, mortalità. Invece, tra i Paesi colpiti, la Grecia sembra essere uno di quelli che ha reagito meglio. Perché? Forse il merito è da cercare nella stima verso l’Italia.

E cosi la Grecia ha annunciato la lista dei 29 Stati i cui turisti potranno visitare il Paese dal 15 giugno, quando gli aeroporti riapriranno ai voli internazionali. Tra loro non c'è l'Italia.

Questi i Paesi: Albania, Australia, Austria, Nord Macedonia, Bulgaria, Germania, Danimarca, Svizzera, Estonia, Giappone, Israele, Cina, Croazia, Cipro, Lettonia, Libano, Lituania, Malta, Montenegro, Nuova Zelanda, Norvegia, Corea del Sud, Ungheria, Romania, Serbia, Slovacchia, Slovenia, Repubblica Ceca e Finlandia. La lista verrà aggiornata il primo luglio, ha detto il governo.

E non solo la Grecia ma anche la Svizzera ha fatto sapere che non riaprirà i confini con l’Italia il 3 giugno prossimo, mentre proseguono i controlli alla frontiera italo-slovena. Limite che i migranti, però, continuano ad attraversare a decine ogni giorno. Sarà pure la Grecia a dire di no ai turisti che arrivano dall'Italia, almeno fino al primo luglio. Il nostro Paese finisce nella black list di Atene. O meglio, non figura nella lista dei 29 Paesi per i quali, secondo quanto riporta il quotidiano Kathimerini, le frontiere greche saranno aperte.

Una lista compilata, fa sapere il quotidiano Greco , "dopo aver esaminato i dati epidemiologici di ogni Paese e prendendo in considerazione le comunicazione dell'Agenzia europea per la sicurezza del volo (EASA) e del Comitato per le malattie infettive, e che include Germania e Cina. I viaggiatori provenienti dai Paesi che figurano nell'elenco saranno monitorati con controlli spot negli aeroporti, mentre resta almeno fino all'inizio di luglio lo stop ai voli da tutte le altre destinazioni.

I visitatori provenienti da questi 29 paesi - conterà il luogo di partenza, non la nazionalità, è stato precisato - verranno sottoposti a test a campione al loro arrivo negli scali ellenici: tuttavia per tutti i paesi che non sono in questa lista, il divieto a recarsi in Grecia resta, ma la lista verrà aggiornata ed ampliata a inizio luglio, sulla base dell'andamento dell'epidemia, ha fatto sapere il governo.

 Anche la Croazia ha annunciato che non riaprirà il confine con l’Italia, mentre lunedì si prepara ad accogliere i turisti provenienti da Germania, Austria, Slovenia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Polonia, Ungheria e Paesi Baltici. Da mesi il governo di Zagabria, presidente di turno dell’Unione europea, lavora al progetto di corridoi bilaterali proponendosi come meta "Covid-free", alternativa all’Italia. Ieri nel Paese non si è registrato nessun nuovo caso di coronavirus e al momento il bilancio è di 2.245 contagiati e 102 morti.  

Uno scenario, quello dei corridoi, che si sta concretizzando, e che potrebbe costare caro al nostro Paese. Finora le perdite stimate dalla Coldiretti per alloggi, ristorazione, trasporti e shopping ammontano a quasi 20 miliardi di euro. "Prima la Slovenia, poi l'Austria, ora la Croazia. Non è accettabile che paesi facenti parte dell'Unione europea facciano passare gli italiani per untori, e con questo pretesto cerchino di creare corridoi turistici che aggirano l'Italia", attacca il deputato di Forza Italia, Roberto Novelli.

Rosanna Conte, eurodeputata leghista, parla di "far west" senza regole. La Commissione europea, denuncia, non è riuscita ad esprimere "un criterio unico" per gli spostamenti e così "auspicare che Bruxelles faccia rispettare una concorrenza leale nel turismo europeo, così come dovrebbe essere in un mercato unico, è cosa vana".

Oggi il cancelliere austriaco Sebastian Kurz annuncerà ulteriori passi in avanti verso un ritorno alla normalità. Difficile però che Vienna faccia retromarcia rispetto alla decisione di mantenere chiusi i valichi con l’Italia. "Le aperture delle frontiere sono un processo in corso che durerà fino a giugno, luglio e agosto", ha detto all’agenzia di stampa Apa il ministro degli Esteri, Alexander Schallenberg. "Tutte le riaperture – ha aggiunto - dovrebbero essere basate su fatti e dati".

Anschober tira in ballo i parametri epidemiologici per nascondere un braccio di ferro che potrebbe sfociare in una crisi diplomatica. "Cancelleremo i Paesi europei dalle liste di sconsiglio ma ci aspettiamo reciprocità", aveva detto, infatti, il 18 maggio scorso il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio agli omologhi di Germania, Austria, Croazia, Cipro, Grecia, Spagna, Portogallo e Slovenia durante il vertice sui flussi turistici nel’Unione. Un appello rimasto inascoltato

Diciamo la verità il Covid 19 non ha avuto soltanto effetti funesti, ma paradossalmente ha aiutato a comprendere lo “stato di salute” di gran parte dei nostri giovani. In particolare di quelli che ogni sabato sera affollano le movide delle nostre città. Dal Parlamento fino ai Media il dibattito è abbastanza infuocato, i giovani sono stati messi sotto accusa dai vari amministratori locali che temono di veder vanificato per colpa loro, il lavoro di questi mesi per evitare il contagio coronavirus.

In questi giorni è apparso un interessante studio del professore psicoterapeuta Claudio Risè sul quotidiano La Verità. Che cosa sostiene Risè: la movida, «non può essere risolta con esortazioni paternalistiche e norme di polizia […] Essa non è solo terreno di coltura del Covid 19, come della maggior parte dei virus e batteri che hanno impestato il sud Europa da quando nacquero le movide, ma uno dei principali protagonisti dello stile di vita dell'Europa triste e malata di passività e stanchezza».

(Claudio Risè, “Dal regime sanitario di Giuseppi non si esce con la sbornia da movida”, 24.5.2020, La Verità)

Il professore evidenzia l'incoerenza di certi amministratori locali, che si indignano perchè i giovani non rispettano le regole. Tra questi in testa c'è il sindaco di Milano Giuseppe Sala, che ora si “incazza” perchè i giovani affollano i Navigli: proprio lui si dovrebbe ricordare quante volte ha esaltato la vivacità della movida milanese come segno dell''avanzamento' della città. Sono in tanti gli amministratori che dovrebbero fare mea culpa, soltanto per gli effetti sanitari, che colpiscono questi giovani come i gravi disturbi psichici, epatitici, cardiaci e di diabete.

Sono stati proprio loro i politici ad apprezzare e lodare le movide, che, «sono parte integrante (come i fritti di pipistrelli o di zibetti di Wuhan) del tempo della pandemia, ma prima ancora delle canne e del Kiss the devil che si stava cantando all'inizio della strage al Bataclan di Parigi. Sono le forme – scrive Risè – con le quali le nuove generazioni dell'Europa più priva di forze e idee hanno cercato di tenere insieme divertimento e disperazione».

Pertanto per superare virus e movida secondo Risè «è necessario alzare lo sguardo al di sopra delle norme di polizia, verso i principi fondativi della stessa convivenza sociale, che ha ben poco a vedere con il peana strettamente utilitario del 'distanziamento sociale' che oggi tanto eccita gli attuali reggitori del potere, essi stessi parte integrante della stessa compagnia di giro di cui fa parte la movida».

La movida è nata in Spagna ai tempi del governo socialista Gonzales, in 40 anni non ha espresso né in Spagna, né altrove personalità artistiche rilevanti. Il motore delle movide sono «l'alcol e le droghe, con il sesso come rinforzo». Le forze dell'ordine che stanno sulle strade possono offrire materia di studio.

Per avere maggiori ragguagli, Risè cita i film del noto regista Pedro Almodovar dove si intravedono quei stili di vita, quel modo di vivere e divertirsi nella disperazione. Niente di nuovo per lo psicoterapeuta è il nichilismo odierno, che non ha mai fatto felice nessuno. «Il nulla non nutre né il corpo né l'anima; e le sue compagne abituali, le droghe e l'alcol, non migliorano certo la situazione […] Né l'edonismo, la ricerca sfrenata del piacere, è in grado di rimediare la mancanza di senso della vita, che si nutre di appartenenze autentiche e di un impegno sincero e non di maniera nel viverle».

Il professore insiste, le movide non sono solo il risultato di indisciplina personale, «ma della bancarotta culturale, spirituale e formativa dei paesi occidentali dove sono state incoraggiate (in particolare nel Sud Europa), con costi sociali e umani altissimi: le numerose vittime del Covid 19 tra i loro frequentatori ne sono l'ultima manifestazione».

Il professore Risè continua a deprecare gli effetti delle movide che «si sono rivelate come una delle sovrastrutture sociali più pericolose del nostro tempo, capaci di corrodere anche fisicamente zone integre e forti, come si è visto in questa ultima epidemia in certe zone della provincia bergamasca che ne sono state devastate».

Dunque per una vera “ripartenza” fuori dalla pandemia cinese, uscire dalla sottocultura della movida sarà un elemento indispensabile non tanto semplice da realizzare. Per farlo da un lato occorre uscire dal paternalismo poliziesco dei Giuseppi, dall'altro dall'«indifferentismo etico di quei primi cittadini che scambiano per progresso la perdita dei valori e delle tradizioni di cui sono essi stessi espressione».

Per una vera rigenerazione post pandemia serve una nuova classe dirigente, ma soprattutto occorre un nuovo senso della vita per se stessi e per la società con riferimenti al trascendente (valori religiosi e filosofici). Servono «motivazioni forti e nutrire volontà capaci di andare oltre al piccolo cabotaggio dell'interesse individuale, che ha invece strangolato negli ultimi anni la respirazione della vita personale e pubblica in Italia, e in buona parte dell'Europa».

 

Una festa virtuale, a distanza, ma più che mai vissuta con la presenza, forte e universale, di Santa Rita. Questa è la rivelazione offerta oggi dalla Festa di Santa Rita da Cascia, una giornata storica, vissuta con grande gioia, unione e partecipazione virtuale di devoti.

“Siamo profondamente felici di aver portato virtualmente a Cascia e accanto alla loro amata Santa Rita, attraverso la nostra maratona in diretta, decine di migliaia di pellegrini, anche in questa festa così particolare. La nostra amata Santa Rita ha mostrato, ancora una volta, a noi e al mondo, che nulla è impossibile a Dio. Nulla è stato impossibile oggi, per il popolo cristiano che custodisce in sé la presenza viva di Rita, in Italia e nel mondo. Unito contro ogni divisione, ha festeggiato colei che ogni giorno ci ricorda la potenza dell’amore e della speranza, ringraziando il Signore per il dono così prezioso che ci ha concesso”. Queste le parole della Madre Priora del Monastero Santa Rita, Suor Maria Rosa Bernardinis.

#MARATONAFESTASANTARITA, LA FESTA IN EDIZIONE SPECIALE - Pur non potendo essere a Cascia, ai piedi di Rita, l’immensa famiglia di devoti si è oggi ritrovata come sempre per celebrare la sua Madre spirituale. Invitata ed accolta dalle monache agostiniane, che hanno costruito per l’occasione una strada nuova e pioneristica verso Cascia, lo ha fatto in un modo virtuale, ma non meno capace di trasmettere affetto, vicinanza e devozione, le stesse emozioni che ogni anno si respirano tra la folla interminabile di devoti. C’erano tutti per Rita, soprattutto quest’anno, in cui la mancanza fisica si è trasformata in ricchezza di comunione umana e spirituale. Questo ha dimostrato la storica #MaratonaFestaSantaRita di 8 ore, in diretta streaming mondiale dalla Basilica di Santa Rita e in contemporanea sui canali social del monastero di Cascia, attraverso la quale la Festa di Santa Rita ha valicato ogni confine ed è arrivata nelle case di ogni devoto. Un’intera giornata per raccontarsi, condividere, riflettere e gioire, nel nome di Santa Rita.

La maratona, condotta da Alessia Nicoletti (Fondazione Santa Rita da Cascia), si è aperta con il messaggio di auguri delle monache ai devoti. In attesa della Messa Solenne, celebrata in Basilica dall’Arcivescovo di Spoleto-Norcia Mons. Renato Boccardo, grazie a numerosi ospiti la diretta è trascorsa rivivendo momenti della festa che non si sono potuti ripetere quest’anno, parlando della figura di Santa Rita, di devozione, ma anche di attualità, con la situazione post Coronavirus e sisma in Valnerina e i collegamenti dai Santuari o Chiese d’Italia dove è vivo il culto della taumaturga di Cascia, da Milano, Torino, Tolentino, Bergamo e Palermo. La maratona ha parlato dei miracoli di Santa Rita, del clima devozionale presente e dell’importanza del messaggio di ritiano. Spazio anche alle Donne di Rita, donne premiate negli scorsi anni con il “Riconoscimento Internazionale Santa Rita”, che quest’anno non si è potuto ripetere, per aver incarnato nell’oggi i valori di perdono, pace, sofferenza e amore. Tra le altre tematiche, poi, l’iniziativa “Le Rose di Santa Rita”, le opere di carità ritiana portate avanti dal monastero, l’Alveare di Santa Rita, la Rivista “Dalle Api alle Rose” e la “Pia Unione Primaria Santa Rita”, con il collegamento da Conversano (BA) e Genazzano (RM).

LA ROSA VIRTUALE DI SANTA RITA PER IL PAPA - Durante la #MaratonaFestaSantaRita è stata lanciata l’iniziativa della Rosa di Santa Rita virtuale, personalizzata con il proprio nome, che i devoti hanno potuto e possono ancora scaricare dal sito santaritadacascia.org/rosa, a fronte di una donazione, che va a sostenere le opere di carità del monastero, prima fra tutte l’Alveare di Santa Rita, che da oltre 80 anni accoglie e cresce bambine e ragazze provenienti da famiglie in difficoltà. Un piccolo segno a ricordo di questa Festa di Santa Rita virtuale, che non rinuncia al calore umano e nella speranza dei più bisognosi, avvicina i devoti allo spirito di carità di Santa Rita. Proprio all’interno di questa iniziativa, una particolare sorpresa sarà rivolta a Papa Francesco. Santa Rita, morente, ricevette in dono dal Signore la rosa sbocciata miracolosamente in mezzo alla candida neve, dopo aver superato, in Lui e per Lui, le tante spine della vita. Così, in questi tempi difficili, il Monastero Santa Rita ha simbolicamente voluto donare a sua volta al Signore, per le mani del Pontefice, vicario di Cristo in terra, una rosa ma virtuale: un dono d’amore che rappresentala fragilità dell’umanità, che oggi vediamo ancor più chiare e contemporaneamente il profumo meraviglioso della santità, che Santa Rita ci invita a conquistare nel quotidiano per costruire uomini migliori per un mondo migliore.

La Rosa di Santa Rita virtuale, con il nome “Papa Francesco” sarà pubblicata in diretta durante la maratona in streaming alle 13.15 circa, sull’account Instagram del monastero @monasterosantarita e inviata al Papa taggando l’account @pontifex_ita.

ROSE BENEDETTE PER UNIRE IL MONDO - Virtuale e non, il simbolo di questo 22 maggio in edizione speciale, è stata senza dubbio la rosa, fiore che universalmente richiama Santa Rita e che ogni devoto le dona, affidandole le proprie intenzioni. Infatti, il momento della Benedizione delle Rose, al termine della Messa Solenne, è stato anche quest’anno uno trai i più attesi ed emozionanti. La benedizione, che in via straordinaria è valsa anche per chi da casa ha alzato al cielo le rose, così come avrebbe fatto dipingendo di rosso il viale della Basilica di Cascia, oppure per chi ha condiviso sui social la sua speciale Rosa di Santa Rita virtuale, è stata più che mai sentita. Durante la cerimonia, sono state benedette 45 rose, che le monache agostiniane invieranno al Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella (1 rosa), al Presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte (1 rosa), ai Presidenti delle Regioni d’Italia (20 rose), al Presidente della Conferenza Episcopale Italiana Cardinale Gualtiero Bassetti (1 rosa), ai Presidenti delle Conferenze Episcopali Regionali (16 rose). Una rosa, inoltre, viene consegnata al Sindaco di Cascia, mentre le ultime 5 rose, che rappresentano simbolicamente i cinque continenti, saranno inviate a Papa Francesco, come custode del popolo cristiano nel mondo.

 

 

Luca Parmitano era tornato dallo spazio il 6 febbraio dopo 200 giorni sulla Stazione spaziale internazionale. Una seconda missione da record dopo quella del 2013, con quattro passeggiate per una complessa riparazione e il ruolo di primo italiano al comando della base orbitale.

Luca Parmitano, l’astronauta sapeva del virus da novembre. Prima ancora che la notizia della diffusione dell’epidemia Cina si diffondesse, Luca e la sua equipe sapevano già tutto. Infatti, dalla stazione orbitante, il gruppo era già intento a monitorare quanto stava accadendo sulla Terra. Luca Parmitano, lo ha affermato per ben due volte, prima che la notizia diventasse ufficiale solo a partire dal mese di gennaio

Quando è sbarcato ha trovato un pianeta malato, prigioniero di un invisibile nemico che rapidamente si diffondeva come nessun romanzo di fantascienza aveva così drammaticamente immaginato. «Purtroppo — continua — è l’espressione di malattie più grandi e più profonde. Non sono sorpreso, ma semmai preoccupato per la direzione in cui stiamo andando nella vita sulla Terra. L’aggressione del virus è un segnale forte per tutti, dobbiamo cambiare il modo di pensare. Ci atterrisce, perché ci colpisce direttamente come umani, dimenticando, intanto, tanti altri problemi gravi. Noi siamo solo una delle componenti di una natura vulnerata nel magnifico pianeta che ci ospita».

L'ufficiale dell’Aeronautica Militare con 25 anni di servizio e sei missioni spaziali alle spalle, come riporta David Rossi in difesa online, per ben due volte afferma in merito al coronavirus: «A bordo abbiamo un collegamento quotidiano con le realtà terrestri; abbiamo anche accesso alla rete internet; possiamo comunicare con i centri di controllo e già da novembre, avevamo iniziato a seguire i primi contagi, inizialmente soltanto nei paesi asiatici, poi al mio rientro i primi contagi in Europa…» e ancora: «sulla stazione abbiamo seguito quello che stava succedendo sulla Terra: anche prima del mio rientro già da novembre eravamo al corrente di questo probabile contagio pandemico e soprattutto la gravità che si andava allargando a macchia d’occhio proprio in Europa poco prima del mio rientro».

Cosi il colonnello Luca Parmitano, ufficiale dell’Aeronautica militare, era a conoscenza del pericolo pandemico rappresentato dal coronavirus già nel mese di novembre. Possibile che Giuseppe Conte, che ha anche la delega ai servizi segreti, non ne sapesse nulla? È la domanda legittima posta da David Rossi per difesa online, e la risposta appare scontata. No, non è possibile credere che il premier a novembre ne sapesse meno del comandante della Iss, che in due recenti interviste sulla Rai ha rivelato dei particolari tutt’altro che banali.

A bordo abbiamo un collegamento quotidiano con le realtà terrestri - ha svelato lo scorso 25 aprile durante la trasmissione Petrolio ma anche a David Rossi in difesaonline.i - abbiamo anche accesso alla rete internet e già da novembre avevamo iniziato a seguire i primi contagi, inizialmente solo nei paesi asiatici, poi al mio rientro i primi contagi in Europa”.

Poi un paio di settimane più tardi Parmitano ha confermato in toto la sua versione al Tg2: “Già a novembre eravamo al corrente di questo probabile contagio pandemico e soprattutto la gravità che si andava allargando a macchia d’olio proprio in Europa poco prima del mio rientro”.

Difficile credere che una persona dell’autorevolezza e del grado di Parmitano possa aver detto una sciocchezza, però involontariamente ha reso ancora più scomoda la posizione del governo Conte: come diamine ha fatto a farsi trovare impreparato, pur sapendo dell’epidemia con oltre tre mesi d’anticipo rispetto a quando poi è scoppiata in Italia?

L'ipotesi è che il colonnello Parmitano sapesse, grazie alle informazioni in arrivo dall'intelligence americana, della presenza di un pericolo per la salute mondiale. Secondo difesa on line  l’intelligence americana avvertì gli alleati e altri governi, fra cui quello israeliano, già a novembre 2019, mentre ancora ufficialmente la Cina comunista non dichiarava alcuna epidemia da coronavirus.

Secondo l articolo di David Rossi in difesa on line se così fosse sono stati molti i paesi a sapere della presenza della pandemia in corso, Italia inclusa, ma nessuno ha fatto nulla. Non almeno in Occidente. Corea e Giappone, reduci di sars e mers si erano adeguati, ma in Occidente nessuno ha prestato attenzione all'imminente pericolo, con le conseguenze note a tutti. L'ipotesi è quindi che i governi sapessero della pericolosità del Covid, ma nessuno avrebbe preso provvedimenti. 

Pare che il virus circolasse addirittura da Ottobre, come riportato da alcuni atleti che hanno preso parte ai giochi di Wuhan il 18-27 ottobre e la domanda che si pone dunque Rossi è: perché il premier Conte che, verosimilmente sarebbe stato al corrente delle stesse informazioni di Parmitano, non ha fatto nulla se non dopo molti mesi quando ormai l'epidemia era al limite dell'incontrollabile?

Quello stesso rapporto, sicuramente già disponibile per tutti i leader prima del 28 novembre, secondo tutte le fonti avvertiva che il dilagare di una siffatta pandemia avrebbe provocato “un evento catastrofico”. Lo faceva, con dovizia di prove, molte settimane prima che il compianto dottor Li Wenliang, martire per la libertà assassinato da funzionari comunisti (in Rolls Royce) della Cina continentale, annunciasse al mondo il pericolo imminente.

E ancora a Tg2 Storie, il 9 maggio. «Sulla stazione abbiamo seguito quello che stava succedendo sulla Terra: anche prima del mio rientro già da novembre eravamo al corrente di questo probabile contagio pandemico e soprattutto la gravità che si andava allargando a macchia d’occhio proprio in Europa poco prima del mio rientro».


 


 

Sarà presentato venerdì 22 maggio, alle ore 15, in un webmeeting che si terrà in Zoom, il Rapporto della Fondazione Farefuturo su come la Cina agisce per sottomettere l’Italia, con quali “armi”, con quali connivenze e con quali obiettivi.

Interverranno Giulio Terzi, Laura Harth e gli altri autori del documento, insieme con esperti di geopolitica, parlamentari, ambasciatori, giornalisti e imprenditori.
Introdurrà Adolfo Urso, vicepresidente del Copasir.
Saranno presenti, tra gli altri, anche i parlamentari Raffaele Volpi, Lega, presidente Copasir; Enrico Borghi, PD; Lucio Malan ed Enrico Aimi, Forza Italia; Antonio Zennaro, Cinque Stelle; Carlo Fidanza e Andrea Del Mastro, Fratelli d’Italia.

Il rapporto, curato da Giulio Terzi e Laura Harth, sarà presentato nello stesso giorno in cui a Pechino si apriranno i lavori dell’Assemblea nazionale del Popolo che dovrebbe rivendicare la “vittoriosa battaglia” contro il coronavirus del regime comunista.

“Purtroppo, la realtà è ben diversa - rileva il presidente di Farefuturo, Adolfo Urso - e, come documenta il nostro Rapporto, chiama direttamente in causa proprio la responsabilità del Partito comunista cinese nella drammatica diffusione della pandemia in Italia e nel mondo. La vicenda del coronavirus è emblematica di quale sia la natura del regime e di come vi sia ormai una acquiescenza negli organismi internazionali, in tal caso innanzi tutto della Organizzazione Mondiale della Sanità, e le modalità di condizionamento in diversi Stati, persino in alcuni che aderiscono alla Alleanza Atlantica”.

Il Rapporto di Farefuturo evidenzia come negli ultimi anni, l’attenzione all’interno dei Paesi democratici verso le iniziative di regimi autoritari volte a minare la stabilità, nonché i principi e i valori costituzionali, delle democrazie liberali è cresciuto esponenzialmente, in particolare oltreoceano, ma anche nell’Unione europea. Ne sono testimoni le ormai innumerevoli pubblicazioni internazionali che mirano innanzitutto a fare luce sulla natura di tali regimi, i loro obiettivi e le tattiche impiegate, al fine di istruire il dibattito politico e pubblico circa tali temi.

Considerata la dichiarata ambizione egemonica della Repubblica popolare cinese, e la particolare esposizione della Repubblica italiana nei confronti del Partito comunista cinese in un quadro di crescente tensione internazionale, il Rapporto di Farefuturo fornisce una serie di elementi con lo stesso obiettivo quindi di creare innanzitutto conoscenza e dibattito, che saranno poi oggetto del dibattito  durante la presentazione con esperti di geopolitica, ambasciatori e opinion makers, in un confronto a cui sono stati invitati parlamentari di tutte le forze politiche, di maggioranza e opposizione.

A tal fine, questo rapporto - una prima assoluta in lingua italiana - raccoglie delle sintesi di contributi internazionali autorevoli nonché dichiarazioni aperte del regime cinese stesso circa l’opera del Partito comunista cinese di rovesciare i principi e i valori sottostanti le nostre democrazie occidentali, e le varie armi impiegati nel conseguimento di tale obiettivo anche nel nostro Paese. Dal quadro presentato emerge chiaramente quanto Pechino cerchi attivamente di utilizzare le nostre stesse risorse nazionali - i settori economici, tecnologici e strategici, il mondo politico e culturale, e i mass media - non solo per censurare le critiche nei suoi confronti, ma anche per creare una dipendenza sempre maggiore con dei risvolti concreti di sinesizzazione anche del nostro sistema Paese stesso, che mettono a rischio il posizionamento della Repubblica italiana all’interno delle alleanze storiche.

Il rapporto inoltre dedica particolare attenzione al capitolo legato alla pandemia del COVID_19, in quanto abbia reso visibile le incongruenze del regime cinese circa la gestione della crisi e il suo rapportarsi con la comunità internazionale, nonché la sua forte pressione di censura nei confronti di istituzioni nazionali e internazionali. Dalle varie ricostruzioni e contributi contenuti in questo rapporto, emerge un evidente quadro di tentativo di insabbiamento circa lo scoppio e la gestione della pandemia, in violazione delle International Health Regulations e dei Trattati sul Global Health. Inoltre, continua il rifiuto netto di Pechino di aprire ad una vera indagine internazionale e indipendente circa le origini del virus, opera essenziale per evitare simili scenari futuri con impatto devastante sulla popolazione e l’economia mondiale. Come ha rivelato il Rappresentante dell’OMS in Cina il 1° maggio scorso, tutt’ora l’organizzazione creata a tutela della salute mondiale è esclusa dalle indagini nazionali in corso all’interno della Repubblica popolare.

Secondo gli autori del Rapporto, Giulio Terzi e Laura Harth, “L’istituzione di una vera Commissione Internazionale di Inchiesta su origine e modalità di diffusione della pandemia è un dovere per tutta la Comunità Internazionale, una responsabilità per i Governi degli Stati colpiti nei confronti dei loro cittadini, e per lo stesso Governo cinese. Se non vuole essere soltanto simulacro a ulteriori fini propagandistici, tale indagine andrebbe svolta in modo veramente imparziale e tempestiva, e non come attualmente proposta dall’Ams, con bene placet del Presidente Xi Jinping, come un’indagine effettuato dall’Oms sull’operato dello stesso Oms. Organizzazione che, come dimostrato in questo rapporto, ha contribuito in modo significativo alle operazioni di insabbiamento e propaganda da parte di Pechino”.

Pertanto, la Fondazione Farefuturo ritiene che “il fatto che Pechino sia riuscito a capovolgere la richiesta internazionale di una vera e propria indagine tempestiva nelle origini e la gestione della crisi dimostra ancora una volta che quanto descritto in questo rapporto circa la sua opera di minare le regole internazionali, imponendo un sistema con “caratteristiche cinesi”, ha messo e continuerà a mettere in pericolo la salute e la vita della popolazione mondiale. Va ribadito con urgenza la necessità di una vera Commissione internazionale d’Inchiesta, che possa agire in modo tempestivo anche sul territorio cinese per accertare tutte le responsabilità sull’origine e la gestione della crisi.”  

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