Gli scontri armati continuano, sono molto cruenti soprattutto negli stati dell’Upper Nile e del Jonglei ed è estremamente difficile per gli operatori umanitari raggiungere la popolazione per portare assistenza: molti compound, tra cui quello di INTERSOS a Bor e a Bentiu, hanno subìto attacchi e saccheggi.
65.000 persone si sono riversate nelle basi di peacekeeping delle Nazioni Unite nel paese (UNMISS), che stanno garantendo protezione ai civili in fuga dai combattimenti.
Nel campo di Tongping, all’interno del compound di UNMISS di Juba, sono arrivati più di 17.000 sfollati: qui l’organizzazione umanitaria INTERSOS, ha distribuito coperte, lenzuola, zanzariere, stuoie, set da cucina, sapone e taniche per l’acqua, per rispondere ai bisogni immediati della popolazione sfollata. Ma la situazione umanitaria rimane gravissima: i campi sfollati, sorti nelle ultime settimane, sono allo stremo a causa del continuo e massiccio afflusso di persone. A Malakal, nell’Upper Nile, dove si sono verificati numerosi scontri e saccheggi, più di 12.000 persone si sono rifugiate nel campo. “Sono in condizioni drammatiche” avverte Bruno Tassan Viol, operatore umanitario INTERSOS, “migliaia di persone vivono all’aperto, intere famiglie con donne e bambini dormono per terra e di notte fa veramente freddo, non hanno nulla con cui coprirsi se non i vestiti con cui sono fuggiti. I pochi che sono riusciti a trovare un riparo vivono nei container destinati alle merci, ma anche questi sono ormai stracolmi e la situazione igienica è al limite: il rischio di epidemie è altissimo a causa del sovraffollamento e della mancanza di servizi igienici sufficienti.”
“Durante gli attacchi ai villaggi, molte famiglie, nella fuga per mettersi in salvo, si sono divise” racconta Domenica Costantini, responsabile per la protection INTERSOS, “al campo, sono arrivati molti bambini che hanno perso i propri genitori. In una situazione come questa, il rischio di subire violenze e abusi è davvero molto alto per dei bambini soli, soprattutto se escono dal campo. Il nostro team sta lavorando per identificare questi bambini, le loro famiglie e favorirne al più presto il ricongiungimento”.
INTERSOS chiede che l’accordo di pace raggiunto a Luanda sia firmato al più presto dalle parti coinvolte nel conflitto e che sia così garantita alle organizzazioni umanitarie la possibilità di raggiungere e soccorrere la popolazione nelle aree del paese rimaste isolate.
Nonostante il difficile contesto operativo, INTERSOS sta continuando il suo lavoro di assistenza e protezione della popolazione in Sud Sudan, attraverso la distribuzione di beni di prima necessità, la fornitura di acqua e la facilitazione delle procedure igieniche. Tuttavia, i bisogni umanitari in questo momento rimangono elevatissimi tra le migliaia di sfollati: servono urgentemente coperte, tende, teli di plastica per garantire ripari alle famiglie, cibo e acqua, vestiti, kit igienici per scongiurare il diffondersi di epidemie. Con 50 euro si può garantire un kit di emergenza ad una famiglia di sfollati con un telo di plastica, corde, coperte, una tanica per l’acqua e del sapone: semplici oggetti che, per chi in questo momento, non ha davvero nulla, possono significare la sopravvivenza