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Fino al 15 gennaio 2021 Scicli rende omaggio alla memoria di due grandi artisti, compagni nella vita e nel lavoro, che hanno legato il loro nome alla piccola capitale del barocco ibleo, testimoni entrambi di una felice stagione di creatività condivisa con la comunità locale e non solo.

Si tratta di Piero Guccione (1935-2018) e Sonia Alvarez (1932-2021) al quale il Movimento Culturale “Vitaliano Brancati” dedica due mostre. Al primo è dedicata “Omaggio a Piero Guccione” (Palazzo Spadaro, 12 dicembre – 15 gennaio 2022, visite tutti i giorni, h. 10-14 e 15-19, ingresso libero) inaugurata ieri, domenica 12 dicembre. Ispirate alla poetica di uno dei grandi maestri della pittura del Novecento, in mostra sono le opere di ventisei artisti che in vita hanno incrociato il percorso di Guccione che scelse Scicli – la sua campagna, il suo mare, la sua luce mediterranea – come rifugio. Sono Loredana Amenta, Ilde Barone, Salvatore Barone, Giovanni Blanco, Sandro Bracchitta, Carmelo Candiano, Mavie Cartia, Giuseppe Colombo, Monica Ferrando, Giovanna Gennaro, Maria Guastella, Giovanni La Cognata, Gianni Mania, Sebastiano Messina, Luigi Nifosì, Fernanda Paternò Castello, Franco Polizzi, Cetty Previtera, Giuseppe Puglisi, Lucia Ragusa, Gianni Robustelli, Manlio Sacco, Ninni Sacco, Giovanni Viola, Piero Zuccaro e Franco Sarnari. “Il Brancati – spiega lo storico dell’arte Paolo Nifosì - ha voluto ricordare Guccione invitando quanti, tra gli artisti, hanno dialogato con più frequenza con lui. Il risultato è una corale e affettuosa organicità che mette i luce la presenza molto avvertita di Guccione, a tre anni dalla sua scomparsa; una presenza che ha determinato la vitalità artistica dell’area iblea e della Sicilia, proprio in virtù del suo carisma. Diversi i ritratti, e diverse le opere interpretate dagli artisti, oltre ai luoghi del microcosmo in cui la vita del maestro e dei suoi amici artisti è stata rivissuta”.

Sempre a Palazzo Spadaro, su iniziativa del Comune di Scicli che ne è proprietaria, è esposta nello stesso periodo una raccolta di incisioni di Piero Guccione del ciclo “Discorsi intorno a due nuove scienze” pubblicate con la prefazione di Papa Giovanni Paolo II nel 2001 in occasione della riedizione, da parte delle Edizioni Il Cigno, dell’opera omonima di Galileo Galilei.

Alla seconda è dedicata la mostra “Ricordo di Sonia Alvarez” in corso dal 6 novembre nella sede del Movimento Culturale “Vitaliano Brancati” e che sarà visitabile sempre fino al 15 gennaio 2022 (via Aleardi, visite dalle 17 alle 20, dal lunedì al sabato, ingresso libero). In mostra 24 opere della Alvarez, tre pastelli di Piero Guccione e un olio, un ritratto di grandi dimensioni del 1983 mai esposto in Sicilia. “Questa grande pittrice venuta da lontano, ma con una memoria greca – scrive il filosofo Giorgio Agamben, autore di uno dei saggi in catalogo - ha ritrovato in Sicilia, dove secondo la leggenda Persefone è stata rapita nell’Ade, la forma ancestrale del mistero. Gli interni, che ostinatamente dipinge, sono interni eleusini, le umili cose disseminate sulle sue tele, copriletti e lenzuoli, reggiseni e giubbotti, accappatoi e sciarpe dimenticati su una sedia ricordano i semplici oggetti che gli iniziati contemplavano a Eleusi, non meno che le marine di Guccione e le spiagge di Sampieri”. Accompagna la mostra un catalogo con testi di Agamben, Tina Causarano, Monica Ferrando, Angelo Giavatto, Elisa Mandarà, Lucia Nifosì. La mostra voluta e curata dal Movimento culturale “Vitaliano Brancati” è sponsorizzata da Cora Banche, Gruppo Minardo, Confeserfidi, con il patrocinio del Comune di Scicli.

 

PAFF!, acronimo di Palazzo Arti Fumetto Friuli di Pordenone è la prima istituzione culturale in Italia e una delle pochissime in Europa che promuove la divulgazione dell'arte e della scienza attraverso lo strumento facilitatore del fumetto, che permette una comprensione immediata e divertente delle tematiche culturali. Tramite il linguaggio intuitivo e giocoso delle immagini, PAFF! propone esposizioni temporanee, corsi di formazione, percorsi ludico-didattici, eventi e conferenze per varie fasce di pubblico.

Fondato nel 2018 da Giulio De Vita, insieme a un team di professionisti provenienti da esperienze in settori eterogenei, PAFF! utilizza lo strumento del fumetto per interagire in maniera creativa, smart e multidisciplinare con gli utenti e farli avvicinare in modo divertente alla cultura.

Il museo PAFF! è gestito dall’Associazione Vastagamma APS e sostenuto dalla Regione Friuli-Venezia Giulia e dal Comune di Pordenone. Concepito inizialmente come progetto sperimentale, è oggi un’istituzione permanente che  promuove la cultura, favorisce la formazione professionale, facilita lo scambio sociale e valorizza le risorse del territorio, grazie alla sua originalità e alla capacità, data dalle caratteristiche tipiche del fumetto, di coniugarsi con ambiti e tematiche anche molto distanti fra loro: l’arte, la scienza, le discipline sociali.


PAFF! continua con i numeri uno del fumetto mondiale, dopo Cavazzano per il fumetto Disney, Milton Caniff delle storiche strip avventurose americane, i maestri Marvel & DC per i supereroi e un Manara a tutto tondo e non solo erotico, ora giunge nel nord Italia il numero uno del fumetto fantastico e fantascientifico: MŒBIUS - Alla ricerca del tempo, la più ampia mostra realizzata in Italia dedicata a Mœbius (Jean Henri Gaston Giraud, 1938 – 2012), uno dei più influenti fumettisti e illustratori di tutti i tempi, massimo esponente della Nona arte francese e autore di opere visionarie note e tradotte in tutto il mondo  come Arzach, Il Garage Ermetico o L’Incal.


Il percorso espositivo guida i visitatori nell’universo immaginifico di Mœbius, (si pronuncia con la ö tedesca), esplorando il suo rapporto con il tempo, che è sempre stato uno dei temi più significativi e memorabili della sua arte. Esso infatti non è il presente, il passato o il futuro, ma sembra esistere in un loop infinito (come l’œ del nome ci ricorda), che coinvolge ogni amante del fumetto e dell'arte in un continuo gioco di rimbalzi tra dimensioni già trascorse e destini incipienti, realtà e fantascienza, aggiungendo straniamento e sogno a tavole già di per sé strabilianti. Oltre trecento opere, con 153 disegni originali e 174 riproduzioni di vario tipo: incisioni con autografo, stampe d'arte a tiratura limitata con autografo, stampe su Dibond, riproduzioni digitali e scenografiche, distribuite lungo le sale della galleria nell'ala moderna annessa alla Villa Galvani a Pordenone, sede di PAFF!.

Costruita presumibilmente nel 1826, fu dimora dei Galvani, facoltosa famiglia proveniente dall’Emilia Romagna, che ricoprì un ruolo di rilievo nella società locale di fine Ottocento e prima metà del Novecento. Dal 2018 è sede di PAFF!, progetto speciale di Vastagamma APS, che le restituisce centralità e vi colloca il proprio cuore operativo con le sale espositive, dove ci si perderà nelle immagini vertiginose dei carnet di Inside Mœbius e nelle invenzioni fantastiche de La Faune de Mars. Non mancherà naturalmente una sezione dedicata ai legami tra Mœbius e l'Italia. Uno spazio significativo sarà poi destinato alla dimensione più intima del lavoro di Mœbius, alla sua ricerca sul “deserto interiore”, con le tavole tratte da 40 jour dans le Désert B e alle sperimentazioni personali sulle forme fantastiche di cristalli. Un'intera sezione sarà dedicata a Dante, in occasione del settecentesimo anniversario della scomparsa del sommo poeta, e alla memorabile interpretazione mœbiusiana del Paradiso, per la Galleria Nuages. Il percorso sarà arricchito da Metamœbius, documentario di 52 minuti di Damian Pettigrew e Olivier Gal.

Elemento innovativo nel progetto di allestimento sarà la realtà aumentata: lungo il percorso, alcuni quadri prenderanno vita; basterà scaricare un'APP e inquadrare le opere con un semplice smartphone. Al via dal 13 novembre quindi, alla ricerca di queste immagini lungo le suggestive sale del museo.

“L’inedita e peculiare esposizione sulle opere di Mœbius – rileva l’assessore regionale alla Cultura Tiziana Gibelli – dimostra ancora una volta come PAFF! sia un’eccellenza italiana e internazionale per il fumetto. La rassegna, infatti, non solo raccoglie oltre trecento opere del grande artista francese, ma ne consente la fruizione anche attraverso l’innovativo uso della realtà aumentata che non può che rendere la mostra ancora più attrattiva per i più giovani, ma non solo. Mi piace anche ricordare il contributo che è stato riservato alle celebrazioni per il settecentesimo anniversario dalla scomparsa di Dante Alighieri con un’intera sezione dedicata al Paradiso come lo vedeva Mœbius: una rappresentazione insolita che merita di essere vista dal vivo”.

Tiziana Gibelli

Assessore alla Cultura

Regione Friuli Venezia Giulia
    
"La mostra di Mœbius conferma e rafforza la dimensione nazionale e internazionale di Pordenone e del Palazzo arti fumetto Friuli come centri di cultura e di creatività. E’ una soddisfazione per chi ha sempre creduto e sostenuto questa esperienza visionaria e innovativa. Ma non è un punto di arrivo, deve essere invece un punto di partenza per rafforzare il legame tra Paff e città e per attrarre sempre più visitatori dall’Italia e non solo."


Alberto Parigi

Assessore alla Cultura

Comune di Pordenone

“C’erano anni in cui il nome di Mœbius e Gir sembravano appartenere a persone diverse, perché le loro opere sembravano essere distanti anni luce.

In Italia le notizie che arrivavano dal fumetto d’oltralpe non erano così chiare, almeno per i ragazzini che come me iniziavano ad appassionarsi all’arte del fumetto e un certo mistero aleggiava sull’identità che si celava dietro questi due pseudonimi.

Da un lato Gir, il disegnatore di Blueberry, il più noto e ammirato western francese su sceneggiature di Charlier, pregne di vignette, testi e disegni colmi di ombreggiature a pennello; dall’altro Mœbius dal tratto altrettanto dettagliato ma più raffinato, pulito e arioso, spesso senza testi dov’erano le immagini a parlare, a comunicare emozioni, a fare volare lontano con la fantasia, apparivano come due approcci diametralmente opposti alla narrazione disegnata. Due universi paralleli e due modi di fare fumetto drammaticamente in contrasto: quello del fangoso e polveroso selvaggio west raccontato attraverso una struttura del racconto classica e rigorosa con il disegno al servizio della storia; dall’altro del visionario universo parallelo rivoluzionario, libero e innovativo di Arzach, Jerry Cornelius e del Maggiore Grubert in cui l’immagine e concedetemi, l’inconscio e l’irrazionale che conduce la storia.

Solo più tardi scoprii che Mœbius e Gir erano le due facce del nastro omonimo ci Mœbius e della complessa e affascinante mente di Jean Giraud. Non le due tradizionali facce della stessa medaglia, ma due percorsi meravigliosamente avviluppati su se stessi in maniera infinita, inscindibile e indistinguibile. Mœbius non poteva esistere senza Gir e viceversa.

Una complessità autoriale la cui profondità non si era mai vista prima nel mondo del fumetto e che ha conferito all’immagine disegnata quello spessore intellettuale che oggi gli viene universalmente riconosciuto.

Ma quello che nella sua sterminata produzione mi fa amare Mœbius/Giraud, continuando a stupirmi sempre di più nel tempo, oltre ogni altro autore del fumetto e di tutte le altre arti - non a caso il suo è talento visionario è stato utilizzato nella realizzazione di film come Dune, Alien, Blade Runner, Tron, Willow, Abyss, il Quinto Elemento - è la sua facoltà unica di trasformare, attraverso il suo segno di eleganza pura, l’arte del disegno in meditazione, riflessione, sogno, associando all’idea di avventura fisica quella mentale, dove il viaggio dell’immaginario ci porta tanto più lontano, quanto più nell’intimo di un percorso interiore.”


Giulio De Vita

Direttore Artistico di PAFF!

"Il Palazzo Arti Fumetto Friuli corrisponde perfettamente allo spirito senza tempo di Mœbius. L'architettura del luogo è una combinazione di conservazione di una bella tenuta boschiva, di un vecchio edificio restaurato e di un'estensione contemporanea, il tutto ridisegnato per farne un luogo di ritrovo per l'arte. Questo luogo riconcilia il passato, il presente e il futuro, poiché è il risultato di un restauro e di una creazione. È dotato di eccellenti strumenti progettati per esporre; in particolare sale di proiezione, grandi spazi espositivi e grandi altezze dove le luci naturali e artificiali evidenziano le opere che vi sono esposte. C’è tutto."


Isabelle Giraud

Direttrice Mœbius Production

"Dopo l'esperienza fortunata della mostra di Milo Manara, proseguiamo la collaborazione tra COMICON e PAFF! presentando nelle splendide sale del Palazzo Arti Fumetto Friuli di Pordenone la personale dedicata a un altro grande maestro della nona arte internazionale: Mœbius. La mostra, dopo il grande successo al Museo Archeologico Nazionale MANN di Napoli, arriva in Friuli Venezia Giulia con un allestimento ripensato per l'occasione e siamo sicuri che incanterà tutti i visitatori del Nord Italia che avranno l'opportunità di apprezzare le tavole del grande autore francese. Si completa così un primo anno di partenariato davvero eccezionale tra le nostre strutture, all'insegna delle grandi mostre di fumetto."

Jean Giraud, alias Mœbius, alias Gir, è nato l’8 maggio 1938 a Nogent-sur-Marne, Francia. Nel corso della sua vita, ha sviluppato una vasta gamma di stili, dal realismo dettagliato di Blueberry ai disegni fantastici di Arzach o di 40 giorni nel deserto B.

I suoi paesaggi futuristici, popolati da creature ibride e astronavi ultrasofisticate, dove l’incredibile favorisce la metafisica onirica, l’hanno fatto conoscere in tutto il mondo. Il suo lavoro ha avuto una profonda influenza sul mondo della fantascienza, dell’animazione, del cinema, del 3D e dei videogiochi. Oggi è considerato un artista imprescindibile, avendo ispirato intere generazioni con le sue innovazioni visive e narrative.

Dopo aver studiato Belle Arti, Jean Giraud ha iniziato la sua carriera nel fumetto molto presto, collaborando a riviste di fumetti per ragazzi dall’età di sedici anni. In seguito, ha creato con J-M. Charlier, sotto la firma di “GIR”, alla serie Blueberry - di cui ha inventato il nome e che oggi conta una trentina di titoli. Co-fondatore nel 1975 della rivista Métal Hurlant e della casa editrice Les Humanoïdes Associés, Jean Giraud ha sviluppato uno stile unico con lo pseudonimo di “Mœbius”. Ha pubblicato opere che hanno rivoluzionato l’aspetto creativo del fumetto, come Arzach (1976) e Il Garage Ermetico (1979), di cui è stato anche sceneggiatore. Nel 1976, ha disegnato The Long Long Tomorrow, scritto con Dan O’Bannon, che ha incontrato durante il progetto del film Dune, interrotto.

Questo fumetto diventerà in seguito la base grafica dell’Incal, sceneggiato da Alejandro Jodorowsky. Mœbius disegna per il cinema, immaginando i costumi per Alien di Ridley Scott (1979), lo storyboard e i disegni preparatori per Tron (1982) e concept artistico per Abyss (1989) e per Il Quinto elemento (1997). Tra il 2000 e il 2010, Mœbius ha dedicato parte del suo tempo, oltre alle sue commissioni principali, a scrivere una sorta di autofiction a fumetti, in sei volumi intitolata Inside Mœbius(COMICON Edizioni): 700 pagine della vita immaginata da un Mœbius nel fiore degli anni, che si confronta con i suoi stessi alter-ego in diverse età, e interagisce con le creature che sono anche i suoi personaggi in cerca del loro autore.

Nel 1997, ha creato la Mœbius Production con sua moglie Isabelle e, insieme a lei, ha continuato a promuovere il suo lavoro attraverso grandi mostre in tutto il mondo, e la pubblicazione di opere originali (Inside Mœbius, Le Chasseur Déprime, 40 giorni nel Deserto B.). Dalla morte di Jean Giraud, il 10 marzo 2012, la Mœbius Production sotto la direzione di Isabelle Giraud, continua a pubblicare ed esporre l’opera magistrale del fumettista, preservandone la sua conservazione e la sua influenza.



   







Originale e innovativa, oltre che dalle molteplici fascinazioni, è la nuova mostra in programma dal 16 ottobre 2021 a Venezia, presso Palazzo Franchetti-Istituto
di Scienze Lettere ed Arti, promossa della Fondazione Giancarlo Ligabue
presieduta da Inti Ligabue, che ancora una volta ci conduce a scoprire
le bellezze artistiche e gli elementi culturali e simbolici di mondi
e civiltà lontani, fuori dagli stereotipi.

“POWER & PRESTIGE. Simboli del comando in Oceania”, curata da Steven Hooper direttore del Sainsbury Research Unit per le Arti dell’Africa, Oceania e delle Americhe presso l'Università dell'East Anglia nel Regno Unito - tra i massimi esperti internazionali in materia -, promossa dalla Fondazione Giancarlo Ligabue con il Musée du quai Branly di Parigi, il museo con la più vasta collezione di arte etnografica del mondo che la ospiterà in seconda sede, riunisce per la prima volta in Italia e in Europa 126 bastoni del comando: mazze di straordinaria bellezza con diverse funzioni, realizzate nel XVIII e XIX secolo, una decina delle quali appartenenti alla Collezione Ligabue.

Una mostra che può considerarsi una pietra miliare, essendo la prima interamente dedicata a questi manufatti sui quali getta nuova luce,
e una rivelazione per tutti coloro che sono interessati alla scultura
e alle affascinanti culture dei “mari del Sud”.

Il Nuovissimo Continente, come viene oggi indicata l’Oceania, l’ultimo ad essere scoperto dagli Europei prima dell’Antartide, è un insieme estremamente diversificato di isole sparse su metà della superficie del nostro pianeta, accomunate dal grande Oceano che le unisce. Dall’Australia e la Nuova Guinea a ovest abitate da 50.000 anni, alle isole della Polinesia come Tahiti, l’isola di Pasqua e le Hawaii scoperte da intrepidi viaggiatori polinesiani mille anni fa, queste terre hanno una ricca varietà di culture che affascinarono i primi europei, che le raggiunsero a partire dal Cinquecento.

Gli abitanti del Pacifico avevano sviluppato tecniche, usi e forme d’arte originali che si erano evolute o modificate nei territori oceanici in base ai diversi contesti e alla storia di ognuno. I bastoni del comando - solitamente classificati come armi primitive anche se in molti casi mai utilizzati come tali, in realtà anche bellissime sculture in legno, pietra e osso di balena, manufatti dai molteplici usi e significati, pezzi unici espressione della creatività e della capacità di straordinari artigiani - erano tra i materiali più diffusi e ancora prodotti quando, tra Sette
e Ottocento, le spedizioni del Vecchio Continente iniziarono a giungere con frequenza in quelle terre, prima che i missionari e le amministrazioni coloniali ne scoraggiassero la produzione. Oggetto di curiosità e ammirazione, di studio
e di collezionismo, vennero portati in Occidente da avventurieri, ricercatori, commercianti, missionari e ufficiali coloniali. Eppure, proprio perché
a lungo considerati strumenti cruenti di selvaggi, furono costretti
a un ruolo minore nei musei e nelle esposizioni.

Ora i bastoni del comando dell’Oceania saranno mostrati nella loro
stupefacente bellezza scultorea e, sfidando gli atteggiamenti convenzionali
e “la deformazione percettiva delle letture occidentali”, verranno presentati
nelle loro molteplici valenze: vere opere d’arte complesse, rappresentazioni di divinità, status symbol, pregiati oggetti di scambio e accessori
per le esibizioni e talvolta strumenti di combattimento.

Opere connesse al potere umano e a quello divino.

“Nel mondo Occidentale e in Europa solo in anni recenti si è iniziato a guardare con occhi non viziati da pregiudizi e da preconcetti alle popolazioni e alle culture di continenti lontani: popolazioni spesso sopraffatte e di cui sono state cancellate, volutamente o per supponenza, memoria e saperi” – spiega Inti Ligabue Presidente della Fondazione Giancarlo Ligabue, che quest'anno festeggia
il primo lustro di attività. “Manufatti come le mazze oceaniche sono ancora
oggetti in parte misteriosi, non capiamo fino in fondo i loro messaggi né i simboli
che le adornano, ma appaiono straordinari per fattezze e le storie che possono narrare sapranno condurvi con rispetto attraverso l'Oceano,
spiegando le vele della conoscenza”.

Giungeranno in mostra a Venezia pezzi rari e importanti provenienti dalle principali collezioni del Regno Unito e dell'Europa continentale, come il National Museum of Scotland di Edimburgo, il Cambridge University Museum of Archaeology & Anthropology, il National Museums of World Cultures nei Paesi Bassi, il Musée des Beaux-Arts di Lille, la Congregazione dei Sacri cuori di Gesù e di Maria a Roma e da altre collezioni, sia private che pubbliche, che detengono tesori in gran parte mai esposti prima d'ora: in particolare dal British Museum di Londra che presta eccezionalmente per l'evento
della Fondazione Giancarlo Ligabue 26 prestigiosi pezzi .

Accompagnata da un prezioso catalogo Skira,  “Power & Prestige”
è stata anche l’occasione per il primo studio sistematico di questi materiali,
che avevano un ruolo importante nelle culture delle isole del Pacifico - nelle Figi, Tonga, Tahiti, Nuova Guinea, Isola di Pasqua e altre isole – espressioni d’arte
e usi radicati da conoscere e rispettare; oggetti che hanno suscitato l'ammirazione di celebri artisti del Novecento come Alberto Giacometti,
Henry Moore e Constantin Brancusi, ma che sono stati dimenticati
o poco indagati dagli stessi musei proprietari.

“La Fondazione Giancarlo Ligabue è un centro di ricerca prezioso per la diffusione della conoscenza sulle collezioni, le culture e su diverse tematiche care ai musei come i nostri” ha dichiarato Emmanuel Kasarhérou Presidente del Musée du quai Branly-Jacques Chirac, commentando la collaborazione tra le due Istituzioni. “Questa relazione è una meravigliosa opportunità per il nostro Museo di condividere le sue collezioni e di farlo per la prima volta, in particolare, con il pubblico italiano. Gli specialisti del settore museale lo sanno, non esiste una ricetta ideale per una mostra di successo. Ma esistono dei punti di vista, degli spunti di riflessione che permettono ai visitatori di “entrare” nel vivo della materia e di realizzare un viaggio nuovo, attraverso le opere. E’ il caso di questa esposizione.”

Una mostra che lo stesso Presidente del Quai Branly, nell’introduzione in catalogo, non esita a definire “di portata storica” per la quantità e qualità dei pezzi esposti e per l'ambiziosa ricerca che l’accompagna.

Procedendo per tematiche, scelte per mettere in evidenza le molteplici caratteristiche e identità degli oggetti, la mostra accompagna dunque in un viaggio attraverso l’Oceania, illustrando anche i percorsi compiuti da queste opere, dalla loro creazione circa duecentocinquanta anni fa, fino all'attuale collocazione nelle teche o nei depositi di musei e collezionisti: oggetto per lo più di baratto in cambio di beni ambìti nei contesti indigeni di allora (“da quelle parti i denti di capodoglio valevano più dell’oro” !), assunti come trofei di battaglia dai pakeha nelle guerre maori degli anni sessanta dell’Ottocento, oppure in molti casi ripudiati dalla comunità locali neoconvertite dai missionari.

Talvolta l’interesse degli europei era semplicemente di tipo folcloristico come souvenir esotici da mostrare o rivendere; tal altra era un interesse di tipo scientifico, animato dalle filosofie illuministe e dal sistema linneano, al fine di portare esemplari di ogni genere nei circoli intellettuali d’Europa
come quelli del British Museum o di Oxford, di Cambridge o di Edimburgo.

Joseph Banks – per esempio - fu un grande promotore di questa diffusione al suo ritorno dal primo viaggio di Cook; così come Ashton Lever fondò un suo personale museo noto come Museum Leverianum, prima a Liverpool e poi a Londra, finendo in bancarotta per aver collezionato in maniera
ossessiva materiali naturali e curiosità da tutto il mondo.
Venduta all’asta la sua fantasmagorica collezione, che conteneva moltissimi bastoni dall’Oceania, gli studiosi stanno tentando di ricostruirla anche
attraverso gli acquarelli realizzati nel 1783 dall’artista Sarah Ston e proprio in occasione della mostra “Power & Prestige”, Hooper e Kasarhérou hanno identificato un bastone della Nuova Caledonia conservato ora al National Museum of Scotland di Edimburgo e aggiunto alla lista una mazza ituki
delle Figi conservata a Cambridge: entrambi i bastoni saranno esposti
a Palazzo Franchetti a Venezia in questa speciale occasione.

Ci furono anche molte società missionarie, sia cattoliche che protestanti, che raccolsero questi oggetti in musei itineranti allo scopo di esibire il successo delle attività evangeliche e facilitare la raccolta di fondi, mostrando i manufatti dei “pagani “ convertiti, come la London Missionary Society - la cui collezione si disperse a partire dal 1890, confluita in parte cospicua
nelle raccolte del British Museum – o la Methodist Missionary Society
che invitò i missionari a promuovere la raccolta e la vendita di prodotti locali
anche a fini di beneficenza. Alcuni oggetti presenti in mostra provengono
da collezioni di questa natura come le due pregevoli sculture antropomorfe dell’isola di Pasqua che adesso appartengono alla Congregazione
dei Sacri Cuori di Gesù e Maria di Roma.

Il mondo museale comunque nella seconda metà dell'Ottocento vide emergere figure chiave che promossero l’acquisizione di materiale etnografico sviluppando rivalità sul piano personale ed istituzionale come August Francks al British di Londra, Hanry Balfour al Museo di Oxford, il barone von Hugel a Cambridge e, per l’Italia lo zoologo e antropologo Enrico Giglioli, le cui raccolte sono oggi il nucleo centrale delle collezioni sull’Oceania dei musei di Roma e Firenze.

Insomma, l’Europa cominciava a conoscere, ammirare e studiare questi incredibili oggetti, ma era ancora lontana dal comprenderne la valenza
plurima, i messaggi, la grande bellezza, lasciando solo alla avanguardie
artistiche il compito di farsi ispirare.

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