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Venerdì 9 marzo 2018 alle ore 18.00 la Galleria Civica di Modena inaugura Ad Reinhardt. Arte + Satira, la prima mostra organizzata sotto l’egida della nuova FONDAZIONE MODENA ARTI VISIVE, di cui fa parte, a partire dallo scorso ottobre, la storica istituzione modenese.

La mostra, dedicata al celebre artista americano Ad Reinhardt (New York, 1913-1967), presenta per la prima volta in un’istituzione italiana un aspetto ancora poco studiato del suo lavoro. Benché l’artista americano sia noto principalmente come pittore astratto, questa esposizione raccoglie più di 250 opere tra fumetti a sfondo politico e vignette satiriche selezionati dagli archivi dell’Estate of Ad Reinhardt di New York. I lavori su carta sono accompagnati da una proiezione di diapositive scattate dall'artista in 35mm e ora digitalizzate, nonché da un considerevole numero di diari di viaggio, schizzi e pamphlet.

Conosciuto dal grande pubblico per i suoi black paintings, tele minimaliste, nere, realizzate negli anni Sessanta e venerate da un nutrito gruppo di artisti più giovani noti a livello internazionale – tra cui Sol LeWitt, Frank Stella, Robert Irwin, e Joseph Kosuth – l’eccezionale percorso di Reinhardt continua ancora oggi ad avere ampia risonanza. La pittrice sudafricana Marlene Dumas ha recentemente affermato: “Tutti coloro a cui interessa la differenza tra dipinti e immagini devono entrare in relazione con Ad Reinhardt. […] Chiunque trovi piacere nella critica d’arte e apprezzi l’ironia e lo humor […] non può che amare Ad Reinhardt”.

Reinhardt sviluppò il proprio interesse verso la pittura e il fumetto da bambino, mettendo a frutto questi talenti in numerose pubblicazioni scolastiche e durante i lavori estivi dalle scuole superiori al college. Nel corso degli anni Trenta e Quaranta, durante e dopo i quattro anni passati a lavorare in qualità di pittore astratto per la Easel Division del Federal Art Project degli Stati Uniti, Reinhardt creò più di 3.000 vignette satiriche e illustrazioni per copertine che apparvero su numerose pubblicazioni americane. Si ricordano i periodici New Masses, The Student Advocate e The Fight Against War and Fascism; svariate riviste tra cui Glamour, Listen e Ice Cream Field; nonché annuari di baseball e The Races of Mankind, pamphlet anti-razzista che vendette più di un milione di copie. Più notoriamente, Reinhardt lavorò nello staff artistico della redazione del quotidiano PM a partire dal 1943, realizzando le caratteristiche vignette-collage che uniscono elementi disegnati a mano a ritagli da libri di seconda mano, una tecnica inusuale mai apparsa prima sui quotidiani.

Dopo aver studiato e insegnato Storia dell’Arte per gran parte della sua vita, nel 1958 l’artista dichiarò: “Non credo nell’originalità. Io credo nella Storia dell’Arte”. Tale dichiarazione è comprovata nella sua serie di vignette sull’arte ampiamente omaggiata e riproposta, intitolata How to Look. La celebre serie apparve a pagina intera nell’edizione domenicale di PM nel corso del 1946 e fu utilizzata dall’artista come piattaforma per difendere in modo adamantino lo sviluppo e la comprensione dell’arte astratta in America. Il fumetto presenta un approccio didattico nel quale Reinhardt ironizza sul ruolo

dell’intrattenitore pronto a spiegare tutto e che non era diretto unicamente ai lettori ma anche ai colleghi artisti. Dopo essersi assicurato una cattedra al Brooklyn College nel 1947, Reinhardt pubblicò occasionalmente altre vignette sull’arte nei periodici ARTnews, trans/formation e Art d’aujourd’hui, dove espresse le sue taglienti osservazioni satiriche sul mondo dell’arte contemporanea del tempo.

Nel 1952 Reinhardt cominciò a girare il mondo in lungo e in largo. Nei suoi numerosi viaggi in Europa, Medio Oriente, Giappone e Asia Sudorientale scattò più di 12.000 fotografie a colori che furono presentate in occasione dei suoi leggendari “Non-Happenings”. Queste conferenze visive, presentazioni di diapositive simili a maratone, riordinavano geografie e periodi storici in stupefacenti e imprevedibili sequenze, trasformando la lezione di storia dell’arte in una parodia umoristica del diario di viaggio dell’artista. Numerose immagini provenienti da culture lontane trovano così corrispettivi e giocosi accostamenti: le natiche delle statue fanno il verso alle geometrie di un idrante urbano. Le loro composizioni formali richiedono allo spettatore grande attenzione, come i dipinti e gli scritti di Reinhardt incoraggiano una consapevolezza attiva mentre li si guarda e se ne fa esperienza. Lungo tutto il lavoro di Reinhardt, incluse le opere presentate in questa occasione, risulta evidente un’incredibile capacità di allargare la nozione corrente di quale sia il dominio estetico dell’arte, e di quale possa essere.

Ad Reinhardt. Arte + Satira è realizzata in collaborazione con Ad Reinhardt Foundation, New York, e Mudam Luxembourg, e con un ringraziamento particolare a David Zwirner, New York/London/Hong Kong. La mostra curata da Diana Baldon è stata originariamente presentata dal 12 giugno al 6 settembre 2015 con il titolo Art vs. History alla Malmö Konsthall, Svezia.

Ad Reinhardt (1913-1967) è stato uno dei più importanti artisti americani del XX secolo. I suoi dipinti incoraggiano la partecipazione attiva dello spettatore nell’atto di guardare ed esperire l’“arte per l’arte”. Come disse l’artista: “L’arte è arte. Tutto il resto è il resto”. Nel corso della sua vita con le sue opere ha preso parte a importanti esposizioni museali, tra cui Abstract Painting and Sculpture in America (1951-1952), Americans 1963 (1963-1964) e The Responsive Eye (1965-1966), The Museum of Modern Art, New York; The New Decade: 35 American Painters and Sculptors, Whitney Museum of American Art, New York (1955-1956); Abstract Expressionists Imagists, Solomon R. Guggenheim Museum, New York (1961); Painting and Sculpture of a Decade: 1954–64, Tate Gallery, Londra (1964); Black, White and Grey, Wadsworth Atheneum, Hartford, Connecticut (1964). Nel 1966 il Jewish Museum di New York organizzò la sua prima grande retrospettiva. Nel 1991 il Museum of Modern Art di New York inaugurò una retrospettiva del suo lavoro che in seguito fu esposta anche al Museum of Contemporary Art di Los Angeles. L’opera di Reinhardt è stata inclusa in mostre recenti presso il Whitney Museum of American Art, New York (2017), Haus der Kunst, Monaco di Baviera (2016-2017), National Gallery of Art, Washington, D.C. (2016-2017), Royal Academy of Arts, Londra (2016-2017) e Fondation Beyeler, Basilea (2016). Una serie di mostre dedicate all’artista, curate da Diana Baldon, sono state ospitate dalla Malmö Konsthall in Svezia (2015), EMMA – Espoo Museum of Modern Art in Finlandia (2016), e dal Museum Mudam Luxembourg in Lussemburgo (2017). Nel 2017 David Zwirner, New York, ha presentato una mostra dei blue paintings dell’artista in collaborazione con la Ad Reinhardt Foundation, la più vasta esposizione dedicata questo corpus di lavori di Reinhardt dal 1965.

 

 

Venerdi 2 marzo al Museo della Figurina di Modena inaugura World Masterpiece Theater. Dalla letteratura occidentale all'animazione giapponese, a cura di Francesca FontanaSi tratta dell’ultimo episodio della serie di mostre 80-90. Televisione, musica e sport in figurina, percorso espositivo ideato da Thelma Gramolelli, iniziato nel 2014 per indagare un periodo cruciale della storia della figurina caratterizzato dall'irrompere della televisione commerciale nei diversi ambiti della vita sociale. Negli anni Ottanta e Novanta, infatti, i cartoni animati giapponesi compirono una vera e propria rivoluzione estetica e narrativa che ha influenzato generazioni di bambini, oggi trentenni e quarantenni, anche mediante il merchandising delle figurine.

Il World Masterpiece Theater ovvero il Teatro dei capolavori del mondo (dal giapponese Sekai meisaku gekijō) è stato un fortunatissimo ciclo di cartoni animati prodotto dalla Nippon Animation dal 1975 fino al 1997. Lo stile Meisaku era caratterizzato da cura minuziosa dei dettagli e qualità grafica superiore rispetto agli anime coevi, ma soprattutto dal fatto che fosse basato sulla letteratura occidentale per ragazzi. L’intenzione era dichiaratamente educativa: oltre ad istruire gli spettatori nipponici su paesaggi, architetture, usi e costumi occidentali, offriva loro una profonda analisi psicologica dei protagonisti che, come nei romanzi, erano spesso orfani e affrontavano prove difficilissime che consentivano loro di acquisire le competenze necessarie per diventare adulti rispettabili, capaci e altruisti.

Precursore del progetto è il celeberrimo Heidi, creato da Isao Takahata e Hayao Miyazaki nel 1974, che, a causa degli alti costi, porta al fallimento della casa di produzione Zuiyo Eizo, costretta a scindersi in due distinte società, una delle quali sarà la Nippon Animation. Tra i cartoni più amati di fine anni Settanta e inizio anni Ottanta si possono ricordare Marco. Dagli Appennini alle Ande (1976), tratto dal libro Cuore, Anna dai capelli rossi (1979), Tom story (1980) tratto da Le avventure di Tom Sawyer, Flo, la piccola Robinson (1981), Lucy-May (1982), Là sui monti con Annette (1983). Dal 1986 al 1993 la veste grafica degli anime subisce una trasformazione e i colori si fanno più vivaci e intensi, come si può notare in Pollyanna (1986), in Una per tutte, tutte per una (1987), trasposizione animata del romanzo Piccole Donne e in Peter Pan (1989).

Soprattutto nel corso degli anni Ottanta e prima metà degli anni Novanta, l’Italia contribuisce al successo dei cartoni animati del WMT, testimoniato dalla popolarità crescente degli album di figurine a essi dedicati. Il progetto si conclude ufficialmente il 23 marzo 1997 per essere poi solo temporaneamente recuperato negli anni Duemila con alcuni anime tra cui Sorridi, piccola Anna (2009), basato sul romanzo prequel che descrive i primi undici anni di vita di Anna Shirley.

Nonostante non facciano parte ufficialmente del ciclo denominato World Masterpiece Theater, molti altri cartoni animati condividevano le tematiche tratte da romanzi per ragazzi occidentali e l'intento educativo. Tra questi, alcuni prodotti della Nippon Animation non esplicitamente inseriti nel progetto WMT, come L'ape Maia (1975), Jacky, l'orso del monte Tallac (1977), D'Artacan e i tre moschettieri (1981), Il giro del mondo di Willy Fog (1983), Il libro della giungla (1989), e cartoni animati di stile Meisaku di altre case produttrici quali Remi - Le sue avventure (1977), Capitan Futuro (1978), Nils Holgersson (1980), Don Chisciotte (1980), Il Mago di Oz (1987), Robin Hood (1990). Non è giapponese, infine, ma spagnolo il cartone animato David Gnomo amico mio (1985), tratto da un libro illustrato per bambini. 

In occasione dell’inaugurazione di venerdì 2 marzo alle 18.00 si terrà una visita guidata per grandi e piccoli con la curatrice Francesca Fontana tra le immagini e le colonne sonore dell’infanzia.

Il Museo della Figurina fa parte – insieme a Galleria Civica di Modena e Fondazione Fotografia Modena – di FONDAZIONE MODENA ARTI VISIVE, istituzione diretta da Diana Baldon e dedicata alla presentazione e alla promozione dell'arte e delle culture visive contemporanee.

Cento magnifiche opere, tra cui molti capolavori assoluti, appartenenti ad una delle più antiche istituzioni culturali italiane, l’Accademia Nazionale di San Luca di Roma, giungono a Perugia per una mostra di ampio respiro che si sviluppa nelle due prestigiose sedi di Palazzo Baldeschi e Palazzo Lippi Alessandri, edifici storici di proprietà della Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia situati nel centro storico cittadino e adibiti a spazi museali.

Con Raffaello, Bronzino, Pietro da Cortona, Guercino, Rubens, Wicar, Hayez,   Giambologna, Canova, Valadier, Balla, vi compaiono dipinti e sculture di altri fondamentali artisti italiani e stranieri, a documentare la grande arte tra il Quattrocento e il recente Novecento.

La mostra nasce dalla collaborazione tra la Fondazione CariPerugia Arte e l’Accademia Nazionale di San Luca. E’ curata da Vittorio Sgarbi e accompagnata da un catalogo edito da Fabrizio Fabbri editore con tutte le opere riprodotte e analizzate da schede scientifiche curate da specialisti e da un testo, oltre a quello del curatore, di Francesco Moschini Segretario Generale dell'Accademia, che vi traccia una rapida storia dell'istituzione.

Il progetto espositivo offre una immersione nella storia dell’Accademia Nazionale di San Luca, testimoniata in mostra da dipinti, sculture, disegni architettonici, bozzetti preparatori, tutti patrimonio dell’Istituzione romana.

Stimolante il confronto che la mostra propone con la realtà artistica perugina ed umbra. Alcune opere appartenenti alla collezione dell’istituzione romana, infatti, non solo entrano in dialogo con altre della Collezione Marabottini esposta permanentemente a Palazzo Baldeschi - è il caso dell’artista Jean-Baptiste Wicar - ma anche con capolavori di storiche istituzioni perugine, come l’Accademia di Belle Arti Pietro Vannucci.

In questa sorta di viaggio artistico che da Roma conduce a Perugia per svilupparsi nel cuore cittadino, il corpus di opere dell’Accademia di San Luca - allestito nelle due sedi espositive situate entrambe in corso Vannucci, a pochissimi metri di distanza l’una dall’altra - complessivamente si snoda in 12 sale, seguendo un ordine cronologico.

Le opere esposte sono state oggetto di una vasta campagna di restauri promossa e supportata dall’Associazione Forte di Bard che le ha recentemente presentate presso la sua sede in Valle d'Aosta. La Fondazione CariPerugia a dArte contribuisce alla salvaguardia delle opere stesse attraverso un sostegno per la sistemazione e ristrutturazione dei depositi dell’Accademia.“Dopo un impegnativo lavoro di scavo, ricognizione e studio – afferma Vittorio Sgarbi – siamo riusciti ad ottenere un risultato egregio. I depositi dell’Accademia hanno rivelato un patrimonio artistico di immenso valore, con molte opere che sono ancora sconosciute e in attesa di essere sistemate in modo congruo. La mostra di Aosta e questa di Perugia rappresentano un antefatto della creazione di una Galleria nuova e strutturata all’interno dell’Accademia che permetta di valorizzare tale patrimonio facendolo uscire dai depositi e rendendolo fruibile al pubblico”.Il percorso inizia da Palazzo Baldeschi, dove nella prima sala è possibile ammirare il Putto reggifestone di Raffaello Sanzio, affresco staccato appartenuto a Jean-Baptiste Wicar e da lui donato, opera tra le più prestigiose della mostra. Percorrendo gli spazi si incontrano dipinti di Bronzino, Pietro da Cortona, Paris Bordon, Jacopo da Ponte detto il Bassano, che convivono con terrecotte di Vincenzo Danti e del fiammingo Giambologna. Ancora per il Seicento – molto ben rappresentato nell’Accademia Nazionale di San Luca – ecco tra gli altri il Cavalier d’Arpino con la sua teatrale interpretazione della Cattura di Cristo, Peter Paul Rubens con il notevole bozzetto Le ninfe che incoronano la dea dell’abbondanza, Anton Van Dyck con la Madonna con il Bambino fra gli angeli musicanti accompagnata dal relativo disegno, Sassoferrato con l’assoluta espressione di una pittura senza tempo nella purissima Madonna con il Bambino e poi Pier Francesco Mola, Swerts, Borgianni e tanti altri.

La sesta sala è un tripudio di capolavori tra i quali campeggiano la compostezza di Amore e Venere del Guercino, il mondo del visionario pittore fiammingo Jan de Momper, Pietro da Cortona, Maratti, per arrivare ad un Settecento fortemente europeista che si caratterizza per la presenza di maestri come Angelika  Kauffmann, Jan Frans Van bloemen, il pittore di marine Claude Joseph Vernet  e con i prestigiosi gessi del grande scultore danese Thorvaldsen e di Antonio Canova, l’idolo che, omaggiato dalle corti internazionali, reinventa il monumento funebre e di cui è esposto un gesso di un dettaglio del Monumento a Papa Clemente XIII in San Pietro datato 1784, il tutto insieme alle due splendide vedute antiquarie del Pannini.Una delle sale è dedicata ai disegni di architettura – di cui la collezione dell’Accademia è ricchissima - tra i quali si sono stati scelti gli spettacolari progetti per un Regio Palazzo in Villa di Filippo Juvarra e il rinnovamento di Roma nei progetti del Panteon e di Piazza del Popolo dell’architetto Giuseppe Valadier.A Palazzo Lippi Alessandri i visitatori sono accolti da artisti del calibro di Francesco Hayez, artista veneziano poliedrico e innovatore autore de Il bacio, opera simbolo del romanticismo italiano, Jean Baptiste Wicar, con il suo potente Ritratto ufficiale di Giuseppe Valadier, Rinaldo Rinaldi con il bel ritratto in marmo di Domenico Pellegrini, pittore amatissimo da Canova. In tempo di nominata Scapigliatura, ecco le moderne prove di Tranquillo Cremona, un misterioso Ritratto di donna, e di Federico Faruffini, un ombroso Autoritratto. Espressione artistica del Novecento sono l'autoritratto il Contadino di Giacomo Balla, l’autoritratto del dannunziano Lawrence Alma Tadema, il ritratto dello scultore Giovanni Nicolini realizzato da Antonio Mancini. Il dipinto forse più poetico dell’intera collezione è il Ritratto di Bianca in piedi, mentre attraversa le stanze della casa, portando una teiera di ceramica: è la giovane figlia del pittore Amedeo Bocchi, morta ventiseienne nel 1934.E ancora, marmi di Antonio D’Este – che ritrae Antonio Canova - Francesco Nagni, Pietro Tenerani, Albino Candoni e bronzi di Nicola D’Antino, Francesco Coccia, Adolfo Apolloni, Attilio Selva, Aroldo Bellini e Alberto Viani a coronare un percorso che si contraddistingue per essere particolarmente autorevole dal punto di vista autoriale e iconografico e altrettanto vario per quanto riguarda le tecniche e i linguaggi artistici usati.

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