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Martedì, 18 Giugno 2024

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Don Garro e don Occhipinti nella cappella della Medaglia miracolosa

 

Un pellegrinaggio in tre tappe. E’ quello che è stato effettuato da don Giorgio Occhipinti, direttore dell’Ufficio diocesano per la Pastorale della salute, che, assieme ad una trentina di pellegrini iblei, ha visitato Parigi, con tappa spirituale al Sacro Cuore e alla cappella della Medaglia miracolosa, poi Nevers, dove si trova il corpo incorrotto di Bernadette Soubiros, la giovane veggente delle apparizioni di Lourdes, e, infine, nello stesso santuario francese. “In questi luoghi – dice don Occhipinti – santificati dalla presenza di Maria, che in sé compendia e irraggia le principali verità della fede, i pellegrini ragusani hanno avuto modo di concretizzare un incontro speciale con il Signore reso possibile proprio da Colei che si è fatta strumento della bella notizia, dell’Emanuele, del Dio con noi. Ci siamo fatti promotori di questi pellegrinaggi mariani, senza dimenticare quelli precedenti a Fatima e a Santiago di Compostela, in Portogallo, perché abbiamo voluto rivivere un’esperienza particolare, così come ho avuto modo di specificare più volte ai “miei” pellegrini durante il percorso. Abbiamo vissuto, molto semplicemente, l’esperienza dei figli che tornano alla madre, che ritrovano lungo il cammino la prima Pellegrina della fede, la Madonna. Abbiamo incontrato, in questo ultimo viaggio, la testimonianza di Santa Bernadette che ancora oggi è estremamente viva e che ci fa comprendere come, con gli occhi della fede, si possa guardare davvero oltre”. Molto ricca di significati simbolici, poi, la visita alla cappella della Medaglia miracolosa, nel cuore di Parigi. “Qui – dice don Occhipinti – ho avuto modo di celebrare la santa messa, insieme con padre Roberto Garro di Ferla, ed è stata una esperienza molto arricchente anche per i fedeli che hanno partecipato all’evento religioso. Nell’anno della Fede, si tratta di un pellegrinaggio, quello che abbiamo appena sostenuto, che ha assunto una portata simbolica molto imponente, la stessa che abbiamo cercato di trasmettere a tutti coloro che hanno condiviso con noi questo percorso molto particolare”.

I pellegrini ragusani a Nevers

Alcuni dei portatori con don Gino Ravalli e il simulacro del Patrono

 

Tutto un paese è in festa. Per rinnovare la devozione al Patrono principale. A Giarratana, Perla degli Iblei, l’attesa durata un anno si è conclusa. Hanno preso il via, infatti, venerdì 16 agosto, le celebrazioni in onore di San Bartolomeo Apostolo il cui momento clou è in programma il 24 quando, con la tradizionale “Sciuta” del simulacro del santo, l’intera cittadina tornerà a colorarsi di rosso, con il festoso scoppiettio dei mortaretti e il tradizionale lancio di “nzaireddi”. Scene folkloristiche di grande suggestione che fanno rivivere una tradizione che si tramanda da secoli. Quest’anno il comitato dei festeggiamenti e il parroco, don Gino Ravalli, rispettando la linea della sobrietà chiesta dalla diocesi di Ragusa, hanno allestito un programma che punta, soprattutto, a sottolineare l’attenzione che, nel corso del tempo, continua ad essere riservata a questo insostituibile appuntamento religioso. Il messaggio religioso che il parroco, don Gino Ravalli, intende lanciare per l’edizione 2013 della festa, verte sulla santità, la cattolicità e l’apostolicità della Chiesa. “La Chiesa – è detto ai fedeli – è apostolica.

Il simulacro di San Bartolomeo

 

La Chiesa è fondata sugli Apostoli nel senso che, anzitutto, essi ne sono fondamento, perché costituiti da Cristo, poi, nel senso che trasmettono il deposito autentico della fede e, infine, nel senso che fino al ritorno di Cristo, essa continua ad essere istruita e guidata da essi. Poiché gli apostoli dovevano continuare a trasmettere il messaggio cristiano, anche dopo la loro morte, hanno lasciato testamento ai loro successori attraverso la successione apostolica. Usando le parole del Papa emerito Benedetto XVI, possiamo dire che la figura di San Bartolomeo resta comunque davanti a noi per dirci che l’adesione a Gesù può essere vissuta e testimoniata anche senza il compimento di opere sensazionali”. L’apostolo era uno scriba, uno studioso della Torah, un uomo alla ricerca della Verità. Il suo studiare la scrittura, però, non era volto al mantenimento di un certo potere, come lo era per molti scribi e sacerdoti del suo tempo, bensì una sincera e approfondita ricerca della verità su quel Dio che si nasconde e si rivela e su quel Messia promesso e atteso proprio in quegli anni secondo le Sacre scritture.

I festeggiamenti, come detto, hanno preso il via ieri con il primo suggestivo appuntamento, come sempre molto partecipato, della discesa del simulacro del santo Patrono dalla cappella dell’altare maggiore.

Il suggestivo momento della Sciuta

bracchitta 3

 

Colori caldi e solari che si intrecciano lasciando sullo sfondo le sfumature per mettere in evidenza i segni di un’arte ricca di intimità e piena di energia che cattura il pubblico grazie ad un messaggio semplice e al tempo stesso disarmante. Inaugurata domenica 10 agosto, con un ottimo successo di pubblico e con la presenza di molti turisti, la mostra “#carte” dell’artista Sandro Bracchitta ospitata all’interno della Galleria Koinè di Scicli, in occasione del decennale del centro d’arte guidato da Bartolo Piccione. Dopo due anni di assenza da Scicli, Bracchitta torna nella città barocca che non ha mancato di ispirarlo anche se la sua arte è principalmente generata da una grande ricerca intimistica, facilmente rintracciabile nelle 20 opere selezionate per questa nuova esposizione e realizzate su carta. Disegni, incisioni, pastelli, tecniche miste che l’autore usa per raccontarsi ed esprimere la propria arte con i segni che più lo contraddistinguono. “Scicli è una città dove si respira arte, nelle sue strade, nelle sue architetture, nel forte fermento che la contraddistingue – dichiara Sandro Bracchitta – E’ sempre un piacere tornare e confrontarmi col territorio a me più vicino. Riscoprire il calore della gente e le suggestioni dei luoghi. Una familiarità che non manca di stupire e sorprendere, regalando emozioni sempre nuove e in divenire”. La mostra rimarrà visitabile fino a 10 settembre, dando la possibilità ad appassionati, turisti, collezionisti, di perdersi o ritrovarsi nell’arte di Bracchitta, in stati emozionali dove una casa è capace di fluttuare in spazi indefiniti che trovano un appiglio nella familiarità delle cose semplici. Un’arte che trova la sua forma in un contenitore che racchiude passione, dolore, gioia, amore. L’esposizione “#carte” rientra all’interno delle attività culturali organizzate dalla galleria Koinè per celebrare i primi dieci anni di attività. Il direttore della galleria, Bartolo Piccione, ha pensato di aprire con la mostra dell’artista siciliano questi eventi organizzati sotto l’acronimo “K10”.

Il simulacro della Dormitio Mariae in processione

 

La Vergine Maria, al termine della sua vita terrena, è stata assunta in corpo ed anima alla gloria del Cielo. La Chiesa, in questa festa, lancia a tutti un forte appello perché al materialismo imperante sia data una forte risposta con una riaffermata e responsabile spiritualità della vita. Ecco perché ne viene fuori una festa intima, spirituale e ontologica. Ha visto la partecipazione di numerosi fedeli, la sera della vigilia di Ferragosto, sino quasi a mezzanotte, il rito del Transito, vale a dire la Pasqua della Beata Vergine Maria, tenutosi nella chiesa di Santa Maria di Betlem nel contesto dei festeggiamenti della “Dormitio Mariae”. L’appuntamento religioso si è rivelato il più seguito dell’agosto modicano, con una presenza di fedeli superiore a quella dello scorso anno, segno che la rievocazione voluta dal parroco, don Antonio Maria Forgione, da cinque anni a questa parte, sta cominciando a lasciare il segno non solo tra la comunità dei fedeli della parrocchia ma anche tra quelli di altre chiese cittadine che mercoledì sera hanno partecipato all’evento. Prima della celebrazione eucaristica, il rito dell’accensione della luce, a simboleggiare il trionfo del bene sul male, e quello della svelata, con i portatori che hanno liberato il simulacro della “Dormitio” dal velo che lo aveva ricoperto sin dalla sera precedente. La santa messa è stata presieduta da mons. Angelo Giurdanella, vicario generale della Diocesi di Noto, che si è detto entusiasta per l’attenzione che questa celebrazione ha riscosso. “L’icona della Dormitio – ha poi ricordato mons. Giurdanella nella sua omelia – in fondo è un canto alla vittoria di Cristo sulla morte. Cristo ha vinto la morte. E contemplando l’icona della Dormitio, noi vogliamo vivere l’esperienza della Pasqua. Grazie a questa vittoria di Cristo, il corpo di Maria entra, prima tra tutti gli eletti, nella Gloria di Dio. L’assunzione è annuncio e promessa della Resurrezione. Maria dorme con le mani incrociate sul petto, su questo letto, riccamente adornato, e il suo manto, color porpora, è il segno della sua regalità. La Dormitio è un sonno beato, il sonno del passaggio glorioso dalla terra al cielo, è un ingresso nella dimora di Dio. L’Assunzione della Vergine Maria al cielo in anima e corpo è garanzia della nostra condizione di vita che ci lascia anche un preciso messaggio. Dobbiamo sviluppare una speciale accoglienza nei confronti di Dio ma anche nei confronti degli altri. Anche in questo tempo in cui sembriamo tutti presi da mille cose ma ci manca l’aspetto più importante, la dimensione spirituale e religiosa”. Al termine della santa messa, la particolare processione dell’Arca santa reliquiaria e del simulacro della Dormitio Mariae si è mossa, preceduta da una lunga fiaccolata, dalla chiesa lungo via Marchesa Tedeschi. Sotto il baldacchino, è stato mons. Giurdanella a recare l’ostensorio con il Santissimo, affiancato da don Forgione. La processione è proseguita per corso Umberto sino ad arrivare in piazza Corrado Rizzone. Poi ha fatto ritorno e prima del rientro in chiesa è stato possibile assistere ad un interessante spettacolo pirotecnico impreziosito dal lancio di alcune piccole mongolfiere. Un modo pregnante, per i fedeli, di trascorrere la vigilia di Ferragosto sotto il segno dell’Assunzione in cielo della Beata Vergine Maria.

La fiaccolata e la processione con il baldacchino

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Un omaggio ad Andrea Camilleri, creatore del commissario Montalbano, un omaggio al territorio, Scicli, dove viene in gran parte girata la serie della fiction televisiva dedicata proprio a Montalbano, ma soprattutto un incontro di sensibilità artistiche diverse che si mescolano insieme per diventare pretesto e contemporaneamente dialogo. La mostra "Habitat#2 - L'età del dubbio", inaugurata ieri sera presso Clang a Scicli, raggiunge più obiettivi grazie alle opere di due artiste, l'italiana Concetta Modica e la francese Sophie Usunier, realizzate a conclusione della loro residenza artistica. Per 30 giorni esatti Concetta e Sophie hanno convissuto proprio all’interno dello spazio espositivo trasformando una delle sale in una project room, e il proprio tavolo da lavoro in un’installazione finale così come lo spazio dove hanno dormito, arricchito adesso da disegni e video proiezioni multimediali. Si parte dal titolo della mostra, appunto “l’età del dubbio”, che trae origine dal titolo di uno dei libri di Camilleri in cui si parla di Montalbano. Nella città barocca, anche le due artiste sono rimaste folgorate dai luoghi indirettamente celebrati nella fiction tv. Ma in questo caso è l’occasione per aprire un discorso decisamente più ampio sull’età del dubbio che nei fatti è anche l’era del dubbio, un’epoca senza fine, senza certezze o forse con un’unica certezza, appunto quella del dubbio. Le due artiste, utilizzando varie tecniche, dalla pittura alla pietra scolpita, dal disegno alla stampa, hanno voluto evidenziare simboli ed elementi del territorio conosciuti durante questo mese di permanenza in città, fatto di incontri, confronti, visite nelle chiese e tra le vie dei palazzi nobiliari. “Abbiamo pensato mesi fa all’ipotesi di avviare questo progetto – dice Sophie Usunier – quando casualmente parlavo con Concetta delle storie di Montalbano che avevo conosciuto, innamorandomene, dopo che un’amica mi aveva passato i dvd. In Montalbano e nella penna di Camilleri c’è molta Sicilia, più di quanto a prima vista si possa intuire e leggere. Abbiamo dunque pensato ad un titolo che potesse aprirsi a qualcosa di più grande e l’età del dubbio ci è sembrato essere quello più interessante sotto questo aspetto. Dubbi personali, intimi, ma che vanno anche al di là di se stessi, dubbi religiosi, sull’arte, sulla politica. Con un’unica certezza, ovvero che non c’è certezza. E questa idea del dubbio è stata sviluppata all’interno della residenza artistica che è stata molto interessante perché nei fatti è un continuo creare, ispirarsi, mettersi in movimento. Uno scambio critico che è di crescita e che attraverso un continuo feedback con Concetta, è servito a creare le opere adesso in mostra”. Opere che solo da questa convivenza all’interno di uno spazio pensato per l’arte e non per essere abitato, e dunque con tutti i limiti del caso, hanno avuto luce nei modi e nelle modalità presentate nell’esposizione. E’ quanto conferma Concetta Modica, l’altra artista protagonista del progetto “Habitat#2”: “Il dubbio è il tema che abbiamo scelto come pretesto per costruire un dialogo perché siamo convinte che quando si cambia prospettiva e punti di visione, allora nascono nuove idee, scatta l’interrogativo che ti porta magari ad avere più dubbi per poi, alla fine, averne di meno. E le opere che abbiamo realizzato per questa mostra, e che nascono da un mese di residenza artistica, penso che non sarebbero nate se fossimo state in altri posti. I luoghi di Scicli ci hanno molto ispirate, con continui stimoli che arrivavano da questa città, suggestioni che puoi trovare nei quadri delle chiese o nei balconi dei palazzi ma anche semplicemente incontrando la gente per strada. Un habitat che non si ferma alle quattro mura di Clang ma che si fonde con la città all’interno di un contesto unico”. Ieri sera, prima dell’apertura della mostra, si è svolto il secondo talk d’arte ospitato all’interno del giardino della chiesa di San Giovanni, sempre in via Mormino Penna, con l’intervento di don Antonio Sparacino e dell’artista Francesco Lauretta. Il progetto lanciato da Clang ha dunque trovato ottimi riscontri, come spiega Sasha Vinci, direttore artistico: “L’obiettivo che ci siamo dati è quello di portare a Scicli gli artisti, di far vivere questa città, i nostri luoghi, farli interagire con il tessuto urbano, la gente, il territorio per scoprire i simboli dei luoghi, simboli che gli artisti intercettano in poco tempo e che rielaborano all’interno dei loro lavori”. La mostra potrà essere visitata fino all’1 settembre.

 

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