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Sabato, 01 Giugno 2024

La Corte di Giustizia dell'Unione europea ha bocciato i respingimenti dei migranti da parte delle autorità francesi al confine con l'Italia. Per i giudici di Lussemburgo - che si sono pronunciati su un ricorso di un gruppo di associazioni - la direttiva sui rimpatri va sempre applicata, anche nel caso di controlli ai confini interni.

il 31 agosto 2018 quando ministro dell’Interno e vicepremier era Matteo Salvini il 30 agosto aveva scritto su Facebook: “Da inizio 2017 ad oggi la Francia del ‘bravo Macron’ ha respinto più di 48.000 migranti alle frontiere con l’Italia, comprese donne e bambini”.

Secondo i dati che ha comunicato  l’ufficio stampa al epoca del Ministero dell’Interno – e che non risultano pubblicati sul sito del Viminale - nel 2017 sono stati respinti dalla Francia verso l’Italia 30.911 migranti (di cui 10.407 in possesso di un titolo di soggiorno valido in Italia).

Nel 2018, tra il primo gennaio e il 28 agosto, sono stati respinti 17.476 migranti, di cui 6.561 in possesso di permesso di soggiorno.

Dunque in totale si tratta di 48.387 migranti in circa 20 mesi.

Secondo il quotidiano francese le Monde, che riporta i dati del ministero dell’Interno francese sempre di quel periodo ottenuti dall’associazione di sostegno ai migranti la Cimade, i respingimenti francesi sono aumentati moltissimo da quando sono stati introdotti i controlli alle frontiere nel novembre 2015, per far fronte alla minaccia terroristica dopo gli attentati di Parigi.

In particolare, secondo i dati riportati da le Monde, nel 2017 nel dipartimento delle Alpi Marittime - quello al di là del confine di Ventimiglia - sarebbero stati 44.433 gli stranieri a cui è stato impedito l’accesso nel territorio francese (tra cui 13.500 minori), contro gli appena 1.193 del 2015.

Ma non solo. A questi quasi 45 mila stranieri respinti a Ventimiglia si possono aggiungere i 6.036 respinti ai valichi della Savoia, i 2.074 dell’Alta Savoia e i 1.899 delle Alte Alpi. Il totale dei respinti dalla Francia verso l’Italia arriva così a 54.442.

Ad ogni modo, questa politica di chiusura dei confini da parte di Parigi ha suscitato aspre critiche in Francia. Médecins sans frontières ad esempio, ancora a luglio, ha parlato di “pratiche illegali”, da parte di Parigi, che “respinge sistematicamente i migranti verso l’Italia”....pensate quanti saranno stati respinti questo difficile periodo...


Il migrante irregolare deve quindi "beneficiare di un certo termine per lasciare volontariamente il territorio". L'allontanamento forzato avviene solo in ultima istanza". La Corte ha dichiarato che, in una situazione del genere, un provvedimento di respingimento può essere adottato sulla base del codice frontiere Schengen ma che, ai fini dell'allontanamento dell'interessato, devono comunque essere rispettate le norme e le procedure comuni previste dalla direttiva "rimpatri", il che può condurre a privare di una larga parte della sua utilità l'adozione di un siffatto provvedimento di respingimento.

La direttiva rimpatri - hanno spiegato i giudici - si applica in linea di principio, a partire dal momento in cui il cittadino di un Paese terzo, in seguito al suo ingresso irregolare nel territorio di uno Stato membro, è presente in tale territorio senza soddisfare le condizioni d'ingresso, di soggiorno o di residenza, e vi si trovi dunque in una situazione di soggiorno irregolare. "Ciò vale anche qualora, come nell'ipotesi in esame, l'interessato sia stato sorpreso ad un valico di frontiera situato nel territorio dello Stato membro di cui trattasi. Una persona può infatti essere entrata nel territorio di uno Stato membro anche prima di aver attraversato un valico di frontiera".

La Corte ricorda inoltre che gli Stati membri possono trattenere un cittadino di un Paese terzo, in attesa del suo allontanamento, in particolare qualora il cittadino costituisca una minaccia per l'ordine pubblico, e che essi possono reprimere con la pena della reclusione la perpetrazione di reati diversi da quelli attinenti alla sola circostanza dell'ingresso irregolare. Inoltre - ricordano i giudici - la direttiva rimpatri non osta all'arresto o al fermo di polizia di un cittadino di un Paese terzo il cui soggiorno è irregolare quando egli sia sospettato di aver commesso un reato diverso dal semplice ingresso irregolare nel territorio nazionale, e in particolare un reato che può costituire una minaccia per l'ordine pubblico o la sicurezza interna dello Stato membro interessato.

 

 

Fonte Agi

Benzina, accise e immigrazione sono tra i temi più caldi dell'agenda Meloni. Tra promesse e cambi di rotta rispetto al passato, il governo si trova nella posizione oggi di dover dare risposte concrete in merito a situazioni che stanno accendendo parecchio l'opinione pubblica. Da sovranista e anti europeista la Premier è passata ad essere più "accogliente" nei confronti dell'UE. I toni sono meno accesi e le sue più ferrate convinzioni un po' riviste.

Non ci sono solo vecchi video che confermano il suo passo indietro, perché su benzina, accise e immigrazione l'attuale Presidente aveva messo nero su bianco sul suo programma elettorale cosa avrebbe fatto, o cosa aveva intenzione di fare, con Fratelli d'Italia una volta arrivata al governo. Questo, però, prima delle elezioni.

Ma cosa aveva promesso in campagna elettorale? Nel suo programma, al momento ancora disponibile sul sito di Fratelli d'Italia , riguardo ai costi dell'energia, carburanti compresi, a pagina 26 punto 17 si legge:

"Immediata costituzione di un'unità di crisi su energia";
"Contrasto alle speculazioni finanziarie sui costi delle materie prime e istituzione di un tetto europeo al prezzo del gas";
ma anche "Sterilizzazione delle entrate dello Stato da imposte su energia e carburanti e automatica riduzione di Iva e accise".

In questi giorni, 100 barche sono arrivate a Lampedusa in meno di 24 ore. Non era mai successo prima che un numero così alto di persone arrivasse in così poco tempo nelle coste italiane. Inoltre, secondo i dati del ministero dell'Interno, gli sbarchi quest'anno sono stati il doppio rispetto all'anno scorso (nello stesso periodo, ovvero da gennaio a settembre)

Non si tratta di supposizioni, né di cavalcare l'onda dei contenuti virali. Per chi se lo fosse perso, rimbalza sul web ciclicamente un video diventato virale in cui Meloni in persona anni fa, non ancora al capo dell'Esecutivo, chiedeva il taglio delle accise all'allora governo in carica, al suon di "è una vergogna". Era il 6 maggio 2019. Poi è salita al governo e il taglio non c'è stato. Ma non solo, è stato tolto anche lo sconto che l'ex Presidente Draghi aveva approvato riguardo ai carburanti.

A questo però la Premier stessa ha però risposto. "Sono ancora convinta che sarebbe un'ottima cosa tagliare le accise sulla benzina" ha replicato commentando il video del 2019 sui suoi profili social "il punto è che si fanno i conti con la realtà con la quale ci si misura. E non sfuggirà a chi non ha dei pregiudizi che dal 2019 ad oggi il mondo intorno a noi è cambiato e purtroppo noi stiamo affrontando una situazione emergenziale su diversi fronti che ci impone a fare alcune scelte".

"Punto primo io non ho promesso che avrei tagliato in questa campagna elettorale le accise sulla benzina perché sapevo qual era la situazione", aggiunge poi la stessa

Nessuna unità di crisi è stata costituita ad oggi, anche se si parla di misure contro il caro carburanti ed energia che potrebbero essere inseriti nella prossima Legge di Bilancio 2024, come il bonus benzina per i redditi bassi (anche se è ancora tutto da decidere, per esempio perché pare che manchino le risorse).

Riguardo al tetto al prezzo del gas, dopo un acceso dibattito a Bruxelles durato mesi e iniziato prima che Meloni si insediasse, già a fine gennaio due studi commissionati dalla Commissione europea per monitorare gli effetti del price cap – uno dell'ACER (l'Agenzia europea per la cooperazione fra i regolatori nazionali dell'energia) e uno dell'ESMA (l'Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati) – escludevano che questa decisione potesse avere davvero un ruolo impattante nel tenere basso il prezzo del gas. E infatti mesi dopo, siamo a settembre, e i prezzi sono tornati di nuovo ad essere un problema per molte famiglie e imprese, perché insostenibili e instabili.

Ma passiamo alle accise. È vero, in campagna elettorale non era stato promesso di eliminarle del tutto, ma un taglio sì, dato che quando si parla di "sterilizzazione delle accise" si intende il ricorso a un sistema che prevede, in caso di aumento del prezzo oltre una determinata soglia dei benzina e diesel, l'utilizzo delle risorse incassate in più dallo Stato grazie all'IVA per finanziare interventi mirati ad abbassare i costi del carburante. Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del made in Italy, ha però spiegato più volte e a tal proposito che uno sconto come quello introdotto da Draghi nel 2022 è escluso ad oggi, perché costerebbe troppo e lo Stato non può permetterselo. L'Esecutivo ha invece preferito investire le risorse "per il taglio del cuneo fiscale, i salari più bassi e le famiglie numerose".

Per le famiglie più in difficoltà, quindi solo per i redditi bassi e non per tutti, l'unica soluzione su cui si sta riflettendo è quindi il noto bonus benzina, che tuttavia (dovendo far parte della Manovra 2024) non sarebbe attivo prima di fine anno. A meno che non si decida di intervenire con un decreto legge ad hoc prima.

Non sembrano essere lontani i tempi in cui Giorgia Meloni definiva come possibile e immediatamente realizzabile un blocco navale immediato. Lo aveva scritto anche nel suo programma elettorale: "Difesa dei confini nazionali ed europei come previsto dal Trattato di Schengen e richiesto dall'Ue, con controllo delle frontiere e blocco degli sbarchi per fermare, in accordo con le autorità del Nord Africa, la tratta degli esseri umani".

E poi "creazione di hot-spot nei territori extra-europei, gestiti dall'Ue, per valutare le richieste d'asilo e distribuzione equa solo degli aventi diritto nei 27 Paesi membri (c.d. blocco navale)". E ancora "Accordi tra Ue e Stati terzi per la gestione dei rimpatri di clandestini e irregolari, subordinando gli accordi di cooperazione alla disponibilità al rimpatrio degli Stati di provenienza".

Diversi mesi dopo la sua elezione, il 16 luglio è stato effettivamente siglato il memorandum d'intesa con la Tunisia, a cui ha partecipato anche la Presidente Meloni. In sintesi, La Tunisia con questo accordo si sarebbe impegnata a contrastare le partenze clandestine e in cambio avrebbe ricevuto aiuti UE. Al di là delle polemiche legate alla questione dei diritti umani (e di come questi sarebbero stati tutelati o meno), ad oggi quei soldi promessi non sono arrivati, semplicemente perché non sono stati presentati i progetti da finanziare per rendere l'accordo operativo. Così gli sbarchi ci sono stati e non si sono fermati, al contrario: si torna a parlare di emergenza.

Lunedì 18 settembre il governo ha approvato nuove misure per reprimere l'immigrazione e la questione migratoria è tornata al centro della scena. Le misure approvate dal Consiglio dei Ministri si concentrano sui migranti che non hanno i requisiti per l'asilo e che dovrebbero essere rimpatriati nei loro paesi d'origine. Il governo ha anche esteso il periodo di detenzione di queste persone al massimo di 18 mesi previsto dall'UE.

Meloni, in visita sull'Isola di Lampedusa insieme a Ursula von der Leyen, ha riparlato di blocco navale.

Avvocati e accademici specializzati in diritti umani hanno però sottolineato più volte quanto tali piani siano irrealizzabili. Prima di tutto perché le autorità sono obbligate a rispettare il diritto internazionale, quindi se le persone vengono intercettate in alto mare devono essere aiutate, non attaccate. Una sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo del 2012 infatti ha già condannato l'Italia per aver intercettato in mare e poi riportato in Libia un gruppo di 200 persone.

E a proposito di aiuti, è stata anche apertamente criticata da Meloni la missione Sophia, portata avanti durante i governi di Renzi e Conte, che aveva come obiettivo quello di individuare le navi utilizzate dai trafficanti di migranti e che ha salvato circa 45.000 persone. Più volte in passato e anche recentemente la missione è stata definita un fattore di attrazione per gli immigrati (sapendo di essere salvati o di trovare soccorso, secondo i sostenitori di questa tesi, chiunque sarebbe invogliato a partire). Gli studi hanno tuttavia dimostrato che le condizioni meteorologiche e l'instabilità politica, ad esempio in Libia, sono stati i principali fattori che hanno invogliato gli immigrati a partenza. Le attività di contrasto dell'UE, anche se più repressive, non hanno avuto risultato. Infatti, durante gli anni operativi di Sophia, dal 2015 al 2019, anche con un'operazione in mare aperto attiva che aveva come obiettivo il recupero delle persone in viaggi nel Mediterraneo (e non la cattura e la punizione), salvaguardando vite umane si è verificata una drastica diminuzione del numero di migranti che attraversano il Mediterraneo.

Fonte qui Finanza

Prima trasferta americana per la premier Giorgia Meloni, che è atterrata nella notte italiana a Washington, per la sua missione negli Stati Uniti.
La presidente del Consiglio in mattinata sarà al Congresso americano per incontrare i leader di diversi gruppi parlamentari Usa e subito dopo sarà alla Casa Bianca per il bilaterale con il presidente Joe Biden.

La prima visita negli Usa di Meloni in veste di presidente del Consiglio inizierà oggi a partire dalle ore 10.15 locali (le 16.15 italiane) con un incontro con i leader dei gruppi politici del Senato
A seguire sono previsti incontri alla Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti e successivamente una dichiarazione congiunta alla stampa con lo speaker della Camera
Alle ore 14.55 (20.55 italiane) Meloni arriverà alla Casa Bianca
A seguire il trasferimento nella Roosevelt Room per la firma del libro d'onore
Pochi minuti dopo, alle 15, ossia le 21 italiane, entrerà nello Studio Ovale, dove sarà accolta dal presidente degli Stati Uniti, Joseph R. Biden

Il presidente Usa riceverà la premier italiana alla Casa Bianca, "per riaffermare il forte rapporto tra Stati Uniti e Italia". Lo scrive la Casa Bianca in una nota. Il presidente americano e Giorgia Meloni "discuteranno gli interessi strategici comuni, tra cui il sostegno all'Ucraina contro l'aggressione della Russia, gli sviluppi in Nord Africa e un maggiore coordinamento transatlantico rispetto alla Cina". Biden e Meloni parleranno anche della "prossima presidenza italiana del G7 nel 2024", conclude la nota. Dopo un faccia a faccia dei due leader, seguirà un incontro allargato alle rispettive delegazioni.

Il giorno seguente, venerdì, la presidente Meloni arriverà verso le 10.10 (ore 16.10 italiane) al Cimitero di Arlington
Circa 20 minuti dopo si terra' la cerimonia di Cambio della Guardia. A seguire, l'omaggio alla Tomba del Milite Ignoto

Non sarà l'occasione per dire una parola definitiva, ufficiale. Ma la probabile uscita dell'Italia dalla Nuova via della Seta sarà, inevitabilmente, al centro dell'incontro di Giorgia Meloni con Joe Biden. Gli accordi con la Cina sono "pericolosi", l'avvertimento americano, anche se la scelta "spetta all'Italia". E Giorgia Meloni, alla sua prima negli Usa da presidente del Consiglio, parte per Washington con l'obiettivo di incassare il sostegno Usa, anche per il dossier che più le sta a cuore, la cifra della sua politica estera.

L'Africa, il Mediterraneo, la spinta allo sviluppo anche per contenere le migrazioni saranno il "filo rosso" della missione.
Una "mosca bianca tra i leader di destra" a essere ricevuti nello Studio Ovale, osserva alla vigilia il Washington post, ricordando che Biden non ha mai invitato il brasiliano Jair Bolsonaro e ha escluso l'ungherese Viktor Orban dai suoi vertici sulla democrazia. Ma tra il presidente Usa e Meloni si è creato un "grande allineamento", tanto che il presidente americano "non vede l'ora di incontrarla", dice il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale Usa, John Kirby.

"Biden si è trovato molto bene a lavorare con Meloni", aggiunge. E il feeling è cementato, come osserva anche il Wp, "da una sola parola, Russia". E' proprio la postura italiana sull'Ucraina, tenuta fin da principio e senza cedimenti, ad avere alimentato questo "ampio credito" con l'alleato, nonostante l'appartenenza a opposte famiglie politiche dei due leader. Certo, possibile che si affronti anche il tema dei diritti Lgbtq+ (già sollevato da Justin Trudeau in un bilaterale a margine del G7 di Hiroshima), perché gli Usa "non sono mai stati timidi" sui "diritti umani, civili e libertà di espressione". Ma Biden, taglia corto Kirby a chi gli chiede delle politiche di "estrema destra" di Meloni, "rispetta le scelte degli italiani".

I legami sono "forti" e "profondi", dicono americani e italiani nel presentare un bilaterale (nel pomeriggio di Washington, già sera in Italia) nel quale Meloni discuterà con Biden anche dell'agenda del prossimo G7 a guida italiana. Sarà l'Africa la protagonista, sulla falsariga di quel Piano Mattei che ha visto il primo step nella cercare di evitare eventuali ritorsioni. Il memorandum si è dimostrato "vantaggioso per tutti", va in pressing alla vigilia del bilaterale Italia-Usa l'ambasciatore cinese in Italia. Serve un "dialogo responsabile", alla ricerca di un "rapporto equilibrato", il messaggio che lancia Roma, che cerca però rassicurazioni da Washington dopo che la Ue ha raggiunto l'accordo politico sull'Anti-Coercition instrument (Aci) che di fatto offre una copertura anche all'Italia se vorrà dire addio alla via della Seta.

E molto interessante l'analisi del quotidiano "affaritaliani" articolo di Giuseppe Vatinno, che metto un po della sua analisi e riflessione :
La Meloni in questi anni ha creato un piccolo gioiello di equilibrio tattico e cioè è stata coraggiosamente fuori dalle coalizioni spurie che la Lega e Forza Italia hanno siglato con il centro – sinistra e poi è passata all’incasso.
Nel frattempo dall’opposizione ha pigiato i tasti del populismo sovranista soffiando voti alla Lega e poi una volta vinto ha compiuto un’inversione a 360 gradi, come direbbe lei.

Da anti – UE e anti - atlantica è diventata improvvisamente pro Ue e filo – atlantica, lasciando gli alleati di destra e i nemici di sinistra con un abbondante palmo di naso.

E poi ha avuto la “fortuna” –come del resto Zelensky- che gli sia scoppiata la guerra “giusta” tra le mani, una guerra per cui si è fiondata a mostrarsi garante di un delicato equilibrio con partiti come la Lega, con Salvini che andava sulla Piazza Rossa con la maglietta pro Putin e Forza Italia con Berlusconi che prestava il lettone sempre  all’uomo forte del Cremlino.

Giorgia ha avuto la scaltrezza di presentarsi come perno inamovibile di una coalizione che altrimenti avrebbe parteggiato per i Russi e così si è resa assolutamente inamovibile.
Se la mandano via l’Italia va con Mosca, visto che il “popolo” di centro – destra e anche i suoi giornali, vedi Vittorio Feltri e Maurizio Belpietro, sono tutti pro Putin.
Ma la Presidente del Consiglio –dicevamo- ha fatto un capolavoro tattico ma non strategico. La strategia è una cosa ben più complessa della tattica perché è di lunga durata e prevede una serie di obiettivi intermedi in vista di quello finale.

Se vince Trump le chiederebbe conto della sua vicinanza a Biden
E deve fare attenzione ai suoi elettori, lo zoccolo duro che l’ha votata per la sua coerenza e che ora potrebbe tornare indietro e cioè alla Lega, visto che Forza Italia sui tempi medio - lunghi dovrebbe evaporare, anche per la presenza interessata di Matteo Renzi
Trump, repubblicano, è la stella polare di tutte le destre mondiali.
Una sua vittoria il prossimo anno significherebbe la fine dell’appoggio Usa all’Ucraina e una marcata benevolenza, diciamo così, filorussa.
A quel punto Giorgia non potrebbe più fare un’altra piroetta e tornare come se niente fosse filo - russa abbandonando Zelensky e l’Ucraina al suo destino

 

Fonti Agi/ Ansa/ Affaritaliani

Il 26 luglio l’ormai ex presidente del Niger Mohamed Bazoum, eletto nel 2021 con elezioni democratiche, le prime dall’indipendenza dalla Francia del 1960, è stato deposto da un colpo di Stato militare. Bazoum è considerato il leader più filo-occidentale della storia del Niger, tanto da aver incontrato Sergio Mattarella lo scorso dicembre per ribadire la partnership strategica con l’Italia.

Diversi nigeriani hanno manifestato contro il golpe, ma la protesta è schiacciata in termini di quantità da tutte le persone favorevoli all’insediamento del generale Tchiani e al leader russo Vladimir Putin. La Russia è all'ammirazione di buona parte del Niger, vista come un’alternativa conveniente e fruttuosa al potere coloniale francese.

Il destino del Niger si appresta a segnare profondamente quello europeo, con un margine di imprevedibilità allarmante. Il Niger risulta particolarmente importante per l’equilibrio internazionale, non solo perché detiene più del 7% delle riserve mondiali di uranio (pur essendo tra i Paesi più poveri dell’intero pianeta), ma anche per la sua posizione strategica contro i gruppi jihadisti operativi in Maghreb e i trafficanti di migranti.

Ecco perché il risvolto del Niger può minare seriamente la sicurezza di tutta l’Europa, ma non meno rilevante è l’accrescimento di potere della Russia all’interno dell’Africa. Nel frattempo, i militari europei e quelli statunitensi sono chiusi all’interno delle basi locali, per il pericolo di essere coinvolti nella rivolta.

La riuscita dell’insediamento russo, attraverso la brigata Wagner, in Niger andrebbe ad accrescere un già vasto insieme di Stati africani che si trovano - più o meno esplicitamente – sotto il dominio russo, attenuando sempre più l’influenza dell’Europa e in genere dell’Occidente.

Due giorni fa si è svolto un summit in Nigeria proprio per valutare le possibili alternative, tra cui la mediazione politica affidata al presidente del Benin e l’intervento delle forze panafricane, proprio come avvenuto nel 2017 per sventare la guerra civile in Gambia.

Nel frattempo, il generale Omar Tchiani continua a ribadire di star agendo per il bene del Niger, mentre Macron è severamente preoccupato per “un colpo di Stato completamente illegittimo e profondamente pericoloso per il Niger e l’intera regione”.

Intanto gli Stati Uniti hanno ordinato l'evacuazione parziale della propria ambasciata in Niger. Lo ha reso noto il Dipartimento di Stato di Washington. "Il 2 agosto 2023, il Dipartimento ha ordinato la partenza dall'Ambasciata di Niamey dei dipendenti governativi statunitensi non essenziali e dei loro familiari", si legge nella nota.

L'avviso pubblicato sul sito del Dipartimento di Stato avverte i cittadini statunitensi di "non recarsi in Niger", ma non consiglia a tutti gli americani di lasciare il Paese africano. "L'Ambasciata degli Stati Uniti a Niamey ha temporaneamente ridotto il suo personale, ha sospeso i servizi di routine ed è in grado di fornire solo assistenza di emergenza ai cittadini statunitensi in Niger", rileva la nota.

Gli Stati Uniti hanno condannato con forza il rovesciamento del presidente Mohamed Bazoum ma, a differenza della Francia e di altri Paesi europei, non hanno ordinato evacuazioni né sospeso gli aiuti al Niger, che ammontano a diverse centinaia di milioni di dollari.

Matthew Miller, portavoce del Dipartimento di Stato sottolinea che l’America «respinge con forza tutti i tentativi di rovesciare l’ordine costituzionale del Niger e sostiene insieme al popolo nigeriano la governance democratica e il rispetto dei diritti umani e dello Stato di diritto», sottolineando che «Washington è impegnata diplomaticamente ai più alti livelli».

Lo stesso Miller in precedenza aveva dichiarato che non vi erano rischi o minacce concrete per i cittadini americani in Niger o per le strutture statunitensi sul suolo africano. “Situazione fluida a Niamey”. Circa 1.000 militari degli Usa sono di stanza nel Paese, dove stavano aiutando il presidente spodestato, Mohamed Bazoum, a combattere un’insurrezione islamista regionale.

Non solo l’America, anche la Francia, temendo possibili escalation che possano vedere coinvolti cittadini francesi e membri dell’ambasciata, chiede, tramite il ministero degli Esteri, alle forze di sicurezza nigeriane, di “prendere le misure necessarie per garantire la sicurezza dei diritti di passaggio dei diplomatici stranieri e del personale” sottolineando che si tratta di “obblighi previsti dal diritto internazionale, in particolare dalla Convenzione di Vienna”.

È proprio un forte sentimento anti-francese scrive money,ad aver animato il colpo di Stato, per il quale l’appoggio della Russia si è rivelato fondamentale. Il capo della brigata Wagner, Evgeny Prigozhin, ha dichiarato di essere pronto a inviare “mille mercenari” russi a sostegno dei rivoltosi. L’appoggio filo-russo della Wagner è apertamente a favore dei regimi militari, tanto più ora che anche l’ultimo leader filo-occidentale della regione è stato deposto. A Niamey sono stati in moltissimi a protestare contro il colonialismo appoggiando i rivoltosi e sventolando le bandiere russe, proprio come era accaduto in Mali nel 2021 e in Burkina Faso nel 2022.

Dopo Mali, Burkina Faso, Libia, Repubblica Centrafricana e ora Niger, la brigata di Prigozhin continua "money" si appresta a ottenere lo stesso risultato anche in Ciad e Sudan, approfittando del debole e precario equilibrio politico. Il Ciad non ha ancora pienamente superato la dittatura di Idriss-Deby, il presidente deceduto nel 2021, mentre in Sudan i conflitti proseguono da oltre tre mesi, in un contesto già fortemente provato dalla crisi umanitaria.

Secondo il giornale on line money continua così a rafforzarsi la politica russa all’interno dell’Africa occidentale, proprio parallelamente al summit russo-africano che si è svolto a San Pietroburgo. Nel Sahel, l’unico Paese ancora alleato con gli Stati Uniti e l’Unione Europea è proprio il Niger, ma presto le cose potrebbero cambiare. Ci sono concreti sbocchi per i mercenari russi, mentre i soldati francesi sul posto – circa 1.500 - sono in grave pericolo.

 

Fonti Agi e  money e varie agenzie 

 

 

 

 

 

Il Senato ha bocciato la mozione di sfiducia individuale contro il ministro del Turismo, Daniela Santanché. Il testo presentato dal Movimento 5 stelle e appoggiato dal Partito democratico e da Alleanza Verdi e sinistra, ha ottenuto 67 voti favorevoli, 111 contrari e nessun astenuto.

"Ho detto la verità e chi dice il contrario mente sapendo di mentire", ha attaccato Santanché in Aula ribadendo di aver ricevuto l'avviso di garanzia solo il 17 luglio, giorni dopo il suo intervento in Parlamento sulla vicenda che la vede coinvolta. Dure le parole che ha rivolto all'opposizione: "Ci possono essere diversità di opinioni, diversità che io rispetto. Ho qualche difficoltà a comprendere come si possa promuovere sulla base di elementi di un'inchiesta pseudo giornalistica una mozione che non ha come oggetto il mio operato da ministro ma fatti che, se verranno evidenziati, sono antecedenti al mio giuramento da ministro e che ritengo di aver chiarito in quest'Aula".

I senatori di Azione e Italia viva - come annunciato alla vigilia - non hanno partecipato al voto e la loro decisione ha scatenato la critica del Movimento 5 stelle che ha accusato i renziani di "fare da stampella all'esecutivo". "In situazioni come queste disertare è essere complici", ha poi tuonato Giuseppe Conte in un post sui social.

Il responso dell'Aula, giunto al termine di una seduta durata quasi tre ore, è stato accolto con soddisfazione dal ministro che ha risposto ai cronisti che le chiedevano un commento dicendo: "È una bellissima giornata".

Il ministro - che sedeva vicino ad almeno dieci ministri da Salvini a Casellati, da Musumeci a Ciriani ad Abodi - si è poi detta dispiaciuta per gli attacchi ricevuti in queste settimane e ha confermato di rimanere fedele "ai principi di legalità, responsabilità, disciplina e onore che la Costituzione indica come valori e criteri di condotta per chiunque operi al servizio della nazione".

Il voto dei senatori della maggioranza è stato compatto. Lucio Malan, capogruppo di FdI, ha definito la mozione "un tentativo di strumentalizzare una vicenda resa nota da trasmissioni televisive e inchieste giornalistiche", un "tentativo per infangare e screditare il lavoro del ministro e di tutto il governo".

Massimiliano Romeo, capogruppo della Lega, l'ha invece bollata come "un errore politico" che "ha rafforzato il ministro, il premier Meloni e diviso l'opposizione". Un'operazione politica fantastica, una mezza disfatta". Per Licia Ronzulli, presidente dei senatori di FI per l'opposizione l'Aula di Palazzo Madama "deve diventare un'Aula del Tribunale. Chi siamo noi per giudicare la colpevolezza di un membro del governo? Per noi - ha rimarcato - solo i giudici hanno il potere di emettere sentenze in nome del popolo italiano".

Confermata la divisione nel fronte delle opposizioni, con il Pd e Avs che si sono uniti alla richiesta del Movimento 5 stelle e il gruppo Azione-Italia viva che non ha partecipato al voto segreto. Già prima dell'avvio della seduta Carlo Calenda aveva giudicato il testo "un grande regalo al governo" pur confermando la richiesta di dimissioni a Santanché. Parole ribadite nel corso della seduta dal capogruppo, Enrico Borghi, che ha chiamato in causa il presidente del consiglio, Giorgia Meloni. "Ci deve dire fino a quando questa situazione sarà sostenibile nel governo. È in capo al premier tutta la responsabiltà politica e giuridica in ordine alla permanenza del ministro" nell'esecutivo.

La decisione del Terzo polo è stata duramente contestata dal Movimento 5 stelle. Per Alessandra Maiorino, vice capogruppo, i renziani "hanno deciso da tempo di fare da stampella al governo". Avevamo il dovere di presentare questa mozione perché rispondiamo ai cittadini e non a strategie di Palazzo incomprensibili qui fuori".

Netto il giudizio del leader Giuseppe Conte. "Noi abbiamo orgogliosamente votato la sfiducia al ministro, qualche altra opposizione ha preferito disertare il voto abbandonando l'Aula. In situazioni come queste disertare è essere complici", ha scritto sui social prima di aggiungere: "In qualsiasi grande Paese oggi Santanché non sarebbe più ministro. In qualsiasi grande Paese il premier l'avrebbe accompagnata alla porta già da giorni".

Nel corso della seduta una breve bagarre si è scatenata in Aula quando Ettore Licheri ha paragonato i membri della maggioranza a dei "pagliacci". Il senatore pentastellato è stato subito ripreso dal presidente Ignazio La Russa che ha messo anche a tacere chi dai banchi di FdI, Lega e FI rispondeva con il grido di "vergogna, chieda scusa".

Polemica anche tra il dem Walter Verini e il ministro della Protezione civile e senatore, Nello Musumeci. Verini ha notato la presenza in Aula del ministro "mentre la Sicilia brucia".

Una polemica "davvero singolare", ha replicato Musumeci. "Dal Pd, con evidente arroganza, pretendono persino di dettare l'agenda delle mie giornate. Dimenticando peraltro che partecipò alla seduta del Senato proprio perché richiesto dalle opposizioni, con la loro mozione. Da quarantotto ore, in costante contatto con il dipartimento nazionale di Protezione civile, seguo da ministro l'evolversi della difficile situazione del maltempo dal Nord alla Sicilia", ha assicurato.

Intanto Il Senato ha bocciato con 79 no la mozione del M5s sul salario minimo. I sì sono stati 61, sette gli astenuti. L'Assemblea ha invece approvato l'ordine del giorno presentato dalla maggioranza, a prima firma Malan (FdI). Sono stati 82 i si', 60 i no e 8 gli astenuti.

"Uno slogan che rischia di creare problemi": Giorgia Meloni interviene così sul tema del salario minimo che, nelle ultime ore, ha visto il muro contro muro fra maggioranza e opposizione in Commissione Lavoro.

Il nodo rimane quello del decreto soppressivo alla proposta di legge dell'opposizione e, assieme a questo, il rinvio o meno a settembre della discussione in Aula. Due ipotesi su cui le opposizioni alzano una nuova barricata. La richiesta alla maggioranza è di ritirare il soppressivo e portare il provvedimento in Aula per la discussione generale, come previsto anche dal calendario della Camera.

La premier fino ad oggi è rimasta in silenzio davanti a un dibattito che si è sviluppato per lo più nelle aule del parlamento. Ma a poche ore dalla seduta della Commissione che deciderà sull emendamento soppressivo e dopo l'apertura di Rizzetto alla possibilità di ritirare l'emendamento, Meloni interviene a Rtl per dire che "il tema per il quale io ho un dubbio sul salario minimo è che è un bel titolo, funziona molto bene come slogan, ma nella sua applicazione rischia di creare dei problemi".

 

Fonte Agi e varie agenzie 

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