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Medici: il precariato fa male alla salute

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La facoltà di Medicina, in Italia, è tra le più richieste. Ma molti degli iscritti ignorano le luci e le ombre che la professione medica riserva. È diventata abitudine ormai, che i laureati, specializzati, debbano attendere anche 10 anni prima di vedere trasformata in stabilità, la lunga militanza nelle fila del precariato.

E mentre in quasi tutte le regioni italiane, i dipendenti che operano nel settore medico, devono basare la loro vita professionale su contratti della durata di tre anni con rinnovo, in Sicilia invece, i contratti durano prevalentemente tre mesi. Inoltre, i contratti che vengono impiegati rafforzano un principio di precarietà essendo Co.Co.Co; Co.Co.Pro o borse di studio.

“Su 8.000 medici impiegati, il 13% è a contratto a tempo determinato - ha tuonato Pietro Pata, segretario regionale Anaoo-Assomed Sicilia. Il che si traduce nel non garantire ai pazienti un efficiente servizio sanitario!”.

A dargli man forte è Costantino Troise, segretario nazionale Anaoo-Assomed, che motiva come in Sicilia, così come in Campania e nel Lazio, il “piano di rientro regionale, danneggia fortemente il servizio sanitario nazionale perché non si creano più corsi di formazione per il mantenimento della qualità professionale, non si investe sul personale che non si specializza, non si eleva la dignità dei lavoratori, non si tutela la salute dei pazienti”.

Pazienti e medici, sono legati dal principio della correttezza, quella che, stando ai fatti, viene a mancare dalla stabilizzazione del personale chiamato a lavorare quotidianamente e che invece non viene previsto negli organici.

Il sistema medico italiano, non fa il turn over, mantiene la poltrona ai medici anche oltre l’età pensionabile e non dà l’opportunità alle nuove generazioni di accedere al tanto agognato posto di lavoro.

“Il servizio sanitario nazionale si regge sulle spalle di 90.000 operatori (10.000 medici e 80.000 infermieri) che non sono messi nelle condizioni di poter garantire una continuità assistenziale sanitaria” - ha spiegato Gianluca Albanese, segretario dell’Ordine dei Medici, chirurghi ed odontoiatri di Catania.

Ma il problema non è solo nella breve durata contrattuale, ma nello sblocco delle procedure concorsuali.

L’ultimo DPCM previsto dal Governo Renzi, prevederebbe il ripristino delle graduatorie del 2007, ma vi sono diversi punti oscuri, quali la percentuale dei posti riservati; l’accesso dall’esterno rispetto ai dipendenti già impiegati e in attesa di avanzamento di carriera; l’avvio delle procedure di mobilità.

Letizia Di Liberti, responsabile del Servizio 1 del personale dipendente nel servizio sanitario regionale, ha motivato che “la riduzione dei posti letto è stata avviata nel 1995, ancor prima che si parlasse di spending review, e da allora inizia il tortuoso percorso dei blocco dei concorsi”; ma ha voluto anche rassicurare: “I direttori generali delle aziende sanitarie regionali hanno già completato la procedura di verifica del piano triennale di rientro che la Regione ha chiesto nel giugno del 2013: entro il 10 novembre saranno stabiliti i criteri per la pianta organica della nuova rete sanitaria regionale”.

I sindacati però, non sono assolutamente d’accordo sulle posizioni assunte dai relatori presenti perché non sono stati informati di nulla, ancora. L’on. Giuseppe Beretta, deputato alla Camera, si è fatto carico della problematica, rendendosi disponibile al dialogo con i sindacati per la risoluzione del problema dei precari.

Di parere deciso, Giulia Grillo che si è detta in totale disaccordo con il DPCM proposto perché ritiene che non sanerà il problema alla base.

L’on. Lino Leanza, componente della commissione Bilancio dell’Ars, ha dichiarato che: “la volontà politica è assoluta. Alla Regione, non mancano i soldi per stabilizzare i precari del settore medico. L’assessorato regionale alla Sanità ha i conti in regola, si tratta solo di attendere il riordino definitivo della rete ospedaliera siciliana”.

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