Login to your account

Username *
Password *
Remember Me

Create an account

Fields marked with an asterisk (*) are required.
Name *
Username *
Password *
Verify password *
Email *
Verify email *
Captcha *
Reload Captcha
Lunedì, 13 Maggio 2024

Le opere di Bach: gli eff…

Mag 02, 2024 Hits:368 Crotone

In città l'ultima tappa d…

Apr 30, 2024 Hits:408 Crotone

Convegno Nazionale per la…

Apr 23, 2024 Hits:617 Crotone

L'Associazione "Pass…

Apr 05, 2024 Hits:1038 Crotone

Ritorna Calabria Movie Fi…

Apr 03, 2024 Hits:1039 Crotone

La serie evento internazi…

Mar 27, 2024 Hits:1413 Crotone

L'I.C. Papanice investe i…

Mar 01, 2024 Hits:1678 Crotone

Presentato il Premio Nazi…

Feb 21, 2024 Hits:1783 Crotone

Di spalle  Stefano Masciarelli, Stefania Sandrelli, la truccatrice napoletana Luisa Festa, il direttore della fotografia NIno Celeste, la regista Maria Pia Cerulo

Dal set: Il Pesce Pettine. Santa Maria di Castellabate(Sa)
Di spalle  Stefano Masciarelli, L'aiuto costumista Elisabetta Riccioli. Stefania Sandrelli, la truccatrice napoletana Luisa Festa, il direttore della fotografia Nino Celeste, la regista Maria Pia Cerulo.

 

NELLE SALE ORAMAI SUPER TECNOLOGIZZATE PRESTO  IL RACCONTO ED IL SUONO DI UN ANTICO "STRUMENTO", IL PETTINE.
Il Pesce Pettine è un film  scritto e diretto da Maria Pia Cerulo ed è  prodotto dalla Edesantis Production Film srl.
Tra gli interpreti: Amanda Sandrelli, Stefania Sandrelli, Stefano Mascairelli, Dario Tindaro Veca, Valerio Di Nardo, Elena De Santis.
Il film   racconta  la storia di una band che si esibisce suonando semplici pettini.
IL PETTINE COME METAFORA DELLE POTEZIALITA'  DELL'ESSERE UMANO:

"Il pettine anticamente usato come strumento musicale, nel film diviene metafora delle potenzialità dell'essere umano. Giuseppe D'Andrea, il protagonista, figlio di un pescatore del Cilento, lavorerà ad estrarre dal pettine usato da suo padre, ogni potenzialità sonora, ottenendo risultati meravigliosi, inaspettati, rendendo celebre in tutto il mondo  il brano scritto dal padre. con un semplice pettine usato come strumento musicale, non sapendo e potendo egli suonare altro.

"E' una favola, seppur con una stile neorealista", dichiara la regista,   "Mi sono ispirata a De Sica e Rossilini. I due aspetti però non sono in antitesi, la realtà può diventare una grande fiaba e questo è importante saperlo in un momento difficilissimo che la nostra società attraversa.E' nello sviluppo delle proprie potenzialità, nella rivoluzione interiore e non esteriore, voglio dire quella non indirizzata a modificare gli altri ma  che prima di tutto punta a guardare dentro di sè, a raggiungere il grande potenziale umano patrimonio genetico di ognuno di noi, è lì che risiedono molte soluzioni, inaspettate, inimmaginabili. Ognuno di noi raggiungendole e cominciando ad agire in maniera diversa potrà davvero influire, cambiare la società e realizzare i propri sogni".

Questo film è stato realizzato con una forma di sponsorizzazione in linea con l'attuale società: sul territorio oltre ai numerosi paesi hanno collaborato sponsorizzando il film numerosi imprenditori locali.

foto del pesce pettine3 

Il pettine a forma di Pesce Pettine che Giuseppe il  figlio del pescatore Vittorio, regala a suo padre.
L'IDEA LA BAND DI PETTINI:
Un film a cui hanno collaborato due tra più grandi sceneggiatori italiani e del mondo: Ennio De Concini, Suso Cecchi D'Amico.

L'idea di raccontare la storia di un pescatore che fonda una band di pettine, con l'unico strumento che sa suonare un pettine, nasce dalla collaborazione di Maria Pia Cerulo, con lo sceneggiatore premio Oscar Ennio De Concini per un altro progetto.

Fu Maria Pia Cerulo a proporre allo sceneggiatore di inserire in quel film la figura di un pescatore che a pagamento suonasse il pettine nella piazza del paese. Ad Ennio De Concini l'idea piacque moltissimo.

Quel PERSONAGGIO CHE ERA SFONDO POI DIVENNE FIGURA DI UNA NUOVA STORIA, IL PESCE PETTINE.

Maria Pia Cerulo dichiara:

"L'incoraggiamento di Ennio fu grande ed io senza alcuna produzione all'orizzonte, a mie spese, partii per il cilento dove volevo fortemente ambientare il film. Il Cilento è un territorio in cui la difesa delle tradizioni, forse anche per eccesso, è molto forte, e questo in un’era di globalizzazione. Siamo uniti con il mondo intero oramai e per questo risulta più importante, comprendere e salvaguardare le tradizioni, perché è fondamentale per la pace e l'armonia tenere presente che ogni paese, stato, o individuo ha la sua dimensione e l’incontro di diversità non è stressante ma divertente, importante e fonte di grande arricchimento.Perciò per poter raccontare la storia di un pescatore che l'unico strumento che sa suonare è un pettine, fonda una band di pettini, soggiornai a mie spese, circa sei mesi nel paese di Acciaroli (Sa).
I miei maestri di cinema mi avevano sempre detto, quando racconti un film devi conoscere i luoghi in cui l'ambienti, come le tue tasche. Quel soggiorno fu caratterizzato dalla speranza, ero certa che questo progetto si sarebbe concretizzato prima o poi.Inoltre continua la regista:
Suso Cechi D'amico, anch'essa tra le più apprezzate sceneggiatrici nel mondo, prima della sua scomparsa mi regalò una settimana di supervisone al soggetto. Mi recai nella sua casa ai Parioli dall'arredamento vitale ed essenziale come il carattere di Suso. Lei mi ha fatto comprendere una cosa che pare semplice ma non lo è: il rigore, la coerenza, quando scrivi il film bisogna individuarne bene il genere, reale, surreale?..." e la creatività deve essere contenuta e direzionata da questo apparente limite".
Il Cast Artistico:
Altri interpreti:  Bruno Colella, Carmen Napolitano, Raffale Gravina, Genny Fenny. Chiara Ricco, Pietro Guidarelli, Giuseppe Zinno.
Fotografia: Nino Celeste

Musiche composte, orchestrate e dirette da Andrea
Montepaone
Edizioni Musicali Effemme Records - Roma

Brani: Ti Parlerò Di Me - Un Senso Fra Noi
Musiche e testo di Elena De Santis
Brano: Cose D'amore Musiche e Testo Elena De Santis-Roberto Di Marco.
Edizioni Musicali Effemme Records - Roma

Stilista del trucco: Luisa Festa

Parrucco: Cristina Verrone

Montaggio: Pier Luigi Leonardi

FILM GIRATO PREVALENTEMENTE NEL TERRITORIO DEL CILENTO (Prov. di Salerno) NEI PAESI DI : Castellabate (Location del fortunato film "Benvenuti al Sud"), Cuccaro Vetere, Ceraso (LOCATION UNICA: Agriturismo LA PETROSA), Casal Velino: LOCATION UNICA: Hotel STELLA MARIS), San Giovanni a Piro, Valva, Montecorice, Magliano Vetere, Agropoli, Stio, Felitto, Ascea.

Soltanto alcune scene sono state GIRATE A ROMA.

Stefano Masciarelli, la regista Maria Pia Cerulo,Amanda Sandrelli, l'attore Adelmo Togliani

Piol

Il “Gruppo del Sole”, in collaborazione con l’Associazione Culturale “JONGLAR” di Roma ed il Teatro Tor Bella Monaca, il prossimo 17 aprile 2015 presenteranno la prima dello spettacolo teatrale “Chiarimenti allo sportello”presso il Teatro “Tor Bella Monaca” – Via Bruno Cirino (Roma), che verrà replicato anche nei giorni 18 e 19 aprile, per dare la possibilità di assistere a questo interessante evento ad un più largo numero di spettatori.

Per l’occasione, ho incontrato lo scrittore e poeta Franco Piol, anche autore e regista teatrale di lunga esperienza, da sempre motivato da un profondo interesse verso ogni attività di carattere umanistico. Negli anni ’70 ha fondato il “Gruppo del Sole”, che lo vede impegnato nella realizzazione di testi teatrali, laboratori di animazione per bambini e pubblicazioni, sapientemente rivolti al delicato e sorprendente universo dell’infanzia.

Egli è presente nel mondo editoriale italiano con libri di poesie e racconti, costantemente accolti con entusiasmo dalla critica e dal pubblico.

Franco Piol stavolta si rivolge alla platea romana, proponendosi nell’inedita veste di autore ed interprete, con “Chiarimenti allo sportello”: un testo nel quale il protagonista Alvise, un uomo burbero e severo, soprattutto con se stesso, si pone dinanzi ad interrogativi, attraverso una difficile analisi introspettiva, densa di contraddizioni e con risvolti spesso autopunitivi.

Da questa indagine, la presa di coscienza di non aver mai vissuto appieno la sua vita, desistendo a prescindere nel perseguire la realizzazione dei suoi sogni, come in un percorso obbligato da una strada già tracciata e, soprattutto, rinunciando al suo unico grande amore, Maria.

Nella rappresentazione di questo monologo appare palpabile la volontà di coniugare i canoni della struttura teatrale e cinematografica a quelli lirici della poesia, in una felice commistione che attraversa tutto lo spettacolo, regalando spunti di riflessione, emozioni e suggestioni.

Quindi, con questo lavoro teatrale, il “Gruppo del Sole” ritorna sulle scene proponendo un inedito percorso artistico di ricerca, nel quale si da spazio a nuove collaborazioni, allo scopo di porre a confronto le varie modalità espressive, accomunate fra loro da un percettibile filo conduttore.

Durante le prove del vostro spettacolo ho notato, grazie ad un occhio allenato dalla mia esperienza di attrice, una fotografia ed una regia audiovisiva eccellenti. Credo non sia stato sempre semplicissimo lavorare con il proprio figlio. E’ così?

Beh, devo ammetterlo, meno problematica di quanto uno si aspetti. La larga intesa con mio figlio, però, si è formata con il tempo ed è nata sin dai primi laboratori teatrali e da tanto cinema visto insieme. “Lui,” praticamente, oggi è il nostro insostituibile archivio di immagini cinematografiche e il serbatoio creativo nell’ambito fotografico. Se una difficoltà esiste, essa si riferisce soprattutto ai “tempi di esecuzione,” caratteristica propria delle ultime generazioni: operare sempre in tempi stretti e all’ultimo momento. A me fuma il cervello! Tuttavia, alla fine “loro” risolvono sempre, ma quanta adrenalina!!!

Cosa mi dici della preziosa presenza di Paola Rotella, da sempre impegnata nel’ambito culturale nelle vesti di attrice, regista ed autrice di testi?

Paola è una figura importantissima nella storia del “Gruppo del Sole”, una pietra miliare. Poliedrica, dinamica, lucidamente presente in ogni fase e progetti creativi e una preziosissima, (come tu dici), protagonista del panorama culturale romano e non solo.

Vorrei entrare meglio nella storia; chi più di te può raccontarmi la sua sinossi?

L’opera nasce da una bozza di un mio vecchio racconto, datato 1964, riadattata sulla “fisicità” e sulle note caratteriali di Gianfranco Salemi, che avrebbe dovuto interpretarla. Alvise è un vecchio uomo qualunque, senza particolari qualità, che viene richiamato presso degli uffici (comunali?) per un chiarimento sul suo stato civile. Una volta li, il “poveretto” si trova ad affrontare un giovane funzionario, che praticamente lo inquisisce, creandogli una serie dolorosa di vessazioni e difficoltà, mettendo a nudo le sue debolezze e le contraddizioni, fino a farlo letteralmente crollare. E, nel giorno del suo giudizio universale, Alvise cercherà il riscatto, rifugiandosi in Maria, il suo unico e grande amore perduto. Basterà?

La tua struttura caratteriale è diametralmente opposta a quella di Alvise. In che misura è stato difficile interpretare questo complesso personaggio?

La prima vera difficoltà nasce proprio dall’essere “regista” e non attore, per giunta a teatro. Ma, per amore di esso tutto si fa… Per fortuna c’è Paola, con i suoi suggerimenti, le sue trovate sceniche e tutta la sua sapienza artistica e professionale, a tentare di fare il miracolo. Riusciranno i nostri eroi…

Il tuo impegno verso il mondo dei bambini è una tematica ricorrente anche nelle tue liriche?

Forse indirettamente, non lo escludo di certo. I temi dell’infanzia ritornano continuamente sotto forma di epifanie, echi, ricordi, rumori, profumi: un arsenale ricco di tanti importanti reperti di memorie di una stagione bella, quella che mi porto sempre caramente dentro. La poesia, comunque, sembra più viaggiarle in parallelo.

Mi vuoi parlare dei tuoi progetti futuri?

E’ una stagione di intensa creatività, insperata, credimi e allora ne approfitto: sto raccogliendo vecchi e nuovi racconti, che spero di pubblicare per il prossimo Natale, sotto il titolo di “Gente del tempo che verrà”. In serbo, (sarebbe più corretto dire “in sala parto”), inoltre, sto maturando di scrivere due favolose storie per ragazzi, dal titolo “Il magico Spolverino” e “Attenti alla littorina di carta”. Tutto questo, senza trascurare, ovviamente, il teatro, magari con una storia su due vecchi malinconici clochard, perché no?!

Per il momento godiamoci questa meravigliosa avventura; le prevendite lasciano ben sperare. La nostra più grande soddisfazione sarà, come sempre, la risposta del pubblico.

 

 

Accura

Il prossimo 7 marzo 2015 alle ore 16.30, in occasione della Giornata Internazionale della Donna, l’INMP ente pubblico afferente al Ministero della Salute, in collaborazione con la fondazione “Atena Donna” ed “AccurA Teatro”, rivolge un invito, esteso alla cittadinanza romana, per l’interessante rappresentazione dell’opera teatrale “Taddrarite”, che si terrà negli spazi dell’Ospedale San Gallicano di Roma, via di S. Gallicano 25/a, per riflettere insieme sulla piaga sociale della violenza nei confronti delle donne, un fenomeno purtroppo ricorrente anche in Italia.

Il teatro rappresenta un mezzo assolutamente efficace per trattare questa dolorosa tematica, spesso sommersa o completamente taciuta, anche a causa di retaggi culturali, ancora troppo presenti nel tessuto sociale.

Questo spettacolo è realizzato dalla Compagnia “AccurA Teatro”, un’associazione culturale fondata nel 2011 da Luana Rondinelli, che promuove una significativa attività teatrale e culturale, attraverso le sue opere teatrali.

Lo spettacolo “Taddrarite”, che in siciliano significa pipistrelli, già dal titolo ci presenta un genere teatrale basato sul testo e sulla parola, dove il dialetto siciliano, intriso di musica e passione, arriva in modo immediato e travolgente al pubblico. Quindi, partendo da questi presupposti, si lavora sulla sfera emotiva, attraverso il ritmo, le sonorità e la musicalità offerte dal linguaggio.

Questa opera racconta la modalità in cui tre sorelle siciliane, riunite in occasione di una veglia funebre, fanno trapelare attraverso le loro confidenze, la realtà a volte inconfessabile della violenza dell’uomo nei confronti della donna.

Queste donne hanno vissuto nell’oscurità, proprio come pipistrelli, ogni sorta di violenza, non solo fisica, come le sopraffazioni psicologiche che, nell’arco dello spettacolo trovano la via maestra per manifestarsi, determinando un primo, importante segno di riscatto e di affermazione della dignità all’interno dell’universo femminile.

INMP

La rappresentazione teatrale sarà preceduta da un momento di riflessione, condotto dal Direttore Generale dell’INMP Concetta Mirisola, accanto a Myriam Tinti, Giudice del Tribunale ecclesiastico regionale umbro, M. Diku, Presidente dell’Associazione “Tam Tam d’Afrique”, Margherita De Bac, Giornalista del Corriere della Sera, Carla Vittoria Cacace, Presidente del Comitato “Atena Donna”. E’ previsto un saluto da parte del Ministro della Salute, l’On. Beatrice Lorenzin.

L’INMP, nato nel 2007, è un centro di riferimento nazionale per l’assistenza socio-sanitaria alle popolazioni migranti ealle fragilità sociali, nonché centro per la mediazione transculturale in campo sanitario. Un’attenzione particolare è rivolta alla salute della donna ed in particolare al tema della violenza in genere, a cui dedica un apposito servizio nei propri ambulatori.

Il servizio di Salute e Tutela della Donna accoglie donne, italiane e straniere, ponendo l’accento su ogni forma di violenza, attraverso attività di sostegno ed interventi in rete da parte di varie istituzioni e realtà esistenti a livello territoriale, che si dedicano alla tutela dei diritti della donna, oltre che alla prevenzione dei costi sociali del disagio, inevitabile conseguenza delle violenze stesse.

L’obiettivo strategico è quello di sviluppare sistemi innovativi, che possano combattere le disuguaglianze in Italia, anche nell’ambito della salute pubblica, rendendo più agevole l’accesso al servizio sanitario nazionale per i gruppi socialmente più svantaggiati ed assicurare un alto livello di qualità delle prestazioni fornite. Tale obiettivo viene perseguito attraverso l’assistenza socio-sanitaria rivolta a tutti i cittadini e la realizzazione di programmi di formazione e di educazione sanitaria, con particolare attenzione alle fasce più deboli della popolazione.

“La violenza sulle donne non è un problema solo femminile. Riguarda tutti noi - commenta la Dott.ssa Concetta Mirisola – La violenza non è inevitabile e il passaggio dall’immagine di vittima all’assunzione della responsabilità del cambiamento è lo snodo cruciale per prendere le distanze dalla distruttività. Noi lo facciamo attraverso un servizio che offre alle donne, vittime di violenza, un approccio multidisciplinare: medici, psicologi, assistenti sociali, antropologi e avvocati, professionisti, tutti a disposizione delle numerose donne italiane e straniere che fruiscono del servizio”.

Dai recenti dati ISTAT, (indagine nazionale sulla sicurezza delle donne nel 2014), emerge che circa il 32% delle donne ha subito violenze contestualizzabili nella sfera affettiva e familiare ed il servizio STD dell’INMP conferma la gravità della situazione. Negli anni 2012-2014 sono state accolte e seguite presso il centro 230 donne, di cui 42 italiane. Attraverso i loro vissuti, sono state raccolte 147 storie di violenza, fra esse ben 119 casi di violenza domestica. Molto significativo il fatto che 28 donne abbiano riferito storie di abusi avvenuti in minore età. La presenza all’interno dell’Istituto di diverse figure professionali,(lo sportello socio-sanitario per orientamento ed informazioni riguardanti l’accesso ai servizi territoriali sociali e sanitari, l’alloggio e la ricerca del lavoro), favoriscono un approccio sinergico in grado di conferire maggior efficacia rispetto al singolo intervento, accompagnando la donna nel suo difficile, ma possibile percorso di recupero psico-fisico dopo aver subito un abuso. La Fondazione “Atena Donna” costituisce un importante punto di riferimento per tutte le donne in difficoltà. L’obiettivo che si prefigge è quello di diffondere il più possibile la cultura della prevenzione, al fine di contribuire ad affrontare il tema della salute della donna, in un’ottica di educazione permanente, in grado di contrastare l’insorgere di gravi patologie.

Pesce_2

La Edesantis Production Film srl presenta il film “Il Pesce Pettine”, per la regia, come opera prima, di Maria Pia Cerulo, direttore della fotografia Nino Celeste. Il film nasce da un'idea originale di Maria Pia Cerulo che ne ha scritto il soggetto e la sceneggiatura.

Esclusivamente per la quinta settimana di riprese, ha collaborato alla sceneggiatura Elena De Santis.

Tra i protagonisti Amanda Sandrelli, Stefania Sandrelli, Adelmo Togliani, Stefano Masciarelli, Dario Tindaro Veca, Valerio Di Nardo, Carmen Napolitano, Chiara Ricco, Raffaele Gravina, Genny Fenny.

Ill film è stato girato nei paesi di Castellabate, Cuccaro Vetere, Ceraso, San Giovanni a Piro, Agropoli, Montecorice, Magliano Vetere, Stio e Felitto, Valva.

La storia di questo film rappresenta un’importante opportunità per il territorio, finalizzata anche alla valorizzazione delle splendide bellezze naturali del Parco Nazionale del Cilento, in un’ottica di conoscenza e tutela del prezioso patrimonio afferente alla sua cultura e all’ambiente, che affonda le radici in una civiltà millenaria.

Quindi, un film di intenso spessore culturale, volto al rispetto della “memoria e identità storica” del Cilento, testimonianza vivente di lingue primordiali, tradizioni, attività artistiche e culturali condivise nei secoli, che hanno caratterizzato in modo significativo quest’area geografica; valori troppo importanti per correre il rischio di estinzione.

Partendo da questo presupposto, già nel soggetto del film “Il Pesce Pettine” si evince la necessità di riscoprire, rispettare e salvaguardare questo patrimonio, combattendo l’impoverimento culturale, attraverso la promozione del dialogo intergenerazionale, della trasmissione dei “saperi” e delle antiche tradizioni, rendendo il tutto fruibile.

La memoria storica e la cultura, fortemente radicata in questo territorio, viene proposta sotto forma di arricchimento culturale e di riscoperte delle identità locali, attraverso un messaggio dai contenuti fortemente simbolici racchiusi nel “pettine”, atavico strumento ad ancia, per definizione.

La suggestiva e al tempo stesso selvaggia Terra Cilentana, compresa nel territorio della provincia di Salerno, fa da cornice a questo splendido film, dove l’utilizzo del “pettine”, come oggetto con capacità sonore, quindi strumento musicale, risiede nella notte dei tempi. Al pari di altri strumenti ad ancia, il “pettine” rappresenta il retaggio di una cultura ormai sopraffatta dalla modernità; al contrario, il valore della tradizione storica andrebbe sempre posto in relazione alla contemporaneità.

L’epoca che stiamo vivendo, quella della globalizzazione, è ricca di contraddizioni, che plasmano la nostra esistenza. Facendo una breve analisi sociologica, è d’obbligo riconoscere gli effetti prodotti da questo fenomeno sul piano culturale, con particolare riferimento alle problematiche legate all’identità, nell’ambito del rapporto esistente tra locale e globale.

In una società dove il concetto di globalizzazione è presente in ogni aspetto della nostra quotidianità, dalla cultura, alla politica, influenzandola fortemente, è di vitale importanza costruire un sapere che sappia attingere dall’analisi del territorio strumenti d’indagine, per una rielaborazione corretta e culturalmente rilevante. Il catalizzatore essenziale, costituito dall’innovazione scientifica, tecnologica ed organizzativa, ha posto in secondo piano il ruolo fondamentale della conoscenza, la tutela, la valorizzazione e la divulgazione del patrimonio culturale ed ambientale.

Nel film “Il Pesce Pettine” si riconosce determinante la base antropologica o etnomusicologica del mondo della musica, in questo caso riconducibile al folklore del Cilento e il “pettine” vuol rappresentare la metafora dell’evoluzione dell’uomo nella sua affermazione. Esso è uno strumento ancestrale, risalente all’Età del Ferro, quindi, apparentemente poco consono ad avere un suo ruolo in un’orchestra, ma i fatti dimostreranno l’esatto contrario. Nella sua semplicità, questo strumento, che possiamo considerare il precursore del sax, del clarinetto e di altri strumenti ad ancia, se coperto da un piccolo foglio di carta velina, soffiandoci sopra delicatamente, produce suoni ricchi di vibrazioni e di grande suggestione.

La tradizione di suonare il pettine è comunque presente nell'intera Italia anche se in maniera minore.

Pesce_1

L’aspetto allegorico sta ad indicare che l’uomo, nella sua continua ricerca di autodeterminazione e consapevolezza delle proprie capacità, dovrebbe opportunamente acquisire sempre maggiore fiducia in se stesso e non disperdere nel nulla le proprie energie ma, piuttosto, capitalizzarle, per cercare di realizzare i propri desideri.

La chiave di tutto sta proprio nel saper individuare e quindi riconoscere la forza insita nelle proprie potenzialità e andare avanti, in prospettiva di un’evoluzione delle proprie idee, attraverso forme di concettualizzazione applicate ai vari ambiti, per giungere, quindi, alla realizzazione dei propri sogni: una sorta di ricompensa, di gratificazione alla propria autostima.

Nel film il protagonista Giuseppe D’Andrea, interpretato dall’attore Adelmo Togliani, fa esattamente questo: non abbandona per nessuna ragione l’idea di poter realizzare i propri desideri…

Egli è un trentaquattrenne direttore d’orchestra, figlio di un pescatore di Castellabate. Sta seguendo una sua intervista televisiva, nella quale viene presentato un metodo per ottimizzare i suoni di oggetti, in particolare quello del “pettine” e in quel momento riaffiorano in lui ricordi, che lo riportano indietro nel tempo. Con un flash back lo ritroviamo ragazzo. Suo padre, abilissimo pescatore, sa suonare un unico strumento, il “pettine” e con esso riesce a realizzare pezzi musicali davvero coinvolgenti, che esegue con la sua band di “suonatori di pettine”. Il gruppo deciderà di partecipare alle selezioni di un importante festival di musica classica, il quale è sponsorizzato dall’imprenditrice Giulia Torchiara, interpretato dall’affascinante Stefania Sandrelli, icona del Cinema italiano, che spesso si scontrerà per divergenze di vedute con Alfredo, il direttore artistico, ruolo interpretato da Stefano Masciarelli.

Giuseppe solo in età adulta, grazie alla maturità, riuscirà ad apprezzare il valore dell’eredità culturale lasciatagli da suo padre, attraverso questo piccolo, arcaico strumento, un tempo sottovalutato.

Grazie ad una serie di eventi, Giuseppe rincontrerà il suo grande amore Elsa, interpretata da una meravigliosa Amanda Sandrelli, e con il suo sostegno riuscirà ad organizzare un concerto per “pettini”, eseguendo anche una composizione di suo padre e facendo conoscere, in tal modo, all’universo l’evoluzione del suono di questo strumento. Quindi, la storia di un uomo che, con impegno e grande forza di volontà, cercherà di realizzare se stesso e di recuperare un’antica e diffusa tradizione dell’impiego del “pettine” come strumento musicale. In questo modo, anche il sogno di suo padre troverà un’inattesa concretizzazione…

Lo stile del film, per diversi aspetti, ricalca quello del cinema del Neorealismo, in chiave moderna, seppur ricco di riferimenti allegorici ed evidenti spunti simbolici. Un sottile filo conduttore è la storia d’amore incardinata nella storia stessa.

Un omaggio al meridione italiano che, troppo spesso ingiustamente trascurato, in questo caso trova l’obiettivo riconoscimento del suo notevole bagaglio culturale ed artistico, esito di un imponente ed illustre background, che ha visto la Magnagrecia incontrovertibile protagonista nell’antichità. Il DNA “nobile” ereditato, presente nelle radici di questo popolo, da lustro al panorama intellettuale italiano presente da sempre in tutto il mondo; come è pur evidente quanto sia determinante, in termini di produttività, la forza lavoro italiana nei poli più industrializzati delle varie città europee e di oltreoceano. La fotografia del sud Italia che si esporta all’estero è troppo spesso non conforme alla realtà; troppi luoghi comuni, difficili da sdoganare, rappresentano questa parte del nostro Paese in modo scorretto.

Se pensiamo alle migrazioni, esse sono il risultato della diversa velocità di sviluppo economico tra paesi e regioni. Fino al 1860, periodo dell’Unità d’Italia, le migrazioni dei meridionali erano scarse e temporanee, al contrario del nord. Solo dopo la conquista da parte dei piemontesi del Regno delle due Sicilie, i meridionali cominciarono a migrare, anche in seguito allo smantellamento dei centri industriali costruiti dai Borboni, per favorire gli interessi delle prime industrie del nord; mentre i Savoia esercitavano il controllo dei territori attraverso il colonialismo. Quindi, solo dalla fine dell’Ottocento inizia quel flusso migratorio che ha visto coinvolte una generazione dopo l’altra di lavoratori e i paesi del nord rappresentano un forte polo d’attrazione.

Alla luce di tutte queste considerazioni, che meriterebbero un’analisi storica ancor più approfondita, si desume l’importanza del rispetto delle proprie radici culturali, che si esprime solo tenendo vivi usi, costumi e tradizioni popolari.

Per concludere, un film di riflessione, dai contenuti socio-ambientali, che ripropongono, con puntuali richiami simbolici, tematiche riconducibili all’annosa “questione meridionale”, mai affrontata in modo risolutivo e costruttivo.

I Comuni che hanno ospitato le riprese del film “Il Pesce Pettine,”per la maggior parte situati nell’area del Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano e Alburni, sono:

Comune di Castellabate – Comune di Comune di Agropoli – Comune di Valva – Comune di Cuccaro Vetere – Comune di Ceraso - Comune di San Giovanni a Piro – Comune di Montecorice – Comune di Magliano Vetere – Comune di Felitto – Gal Casacastra – Gal Sentieri del Buon Vivere – Gal Cilento Regeneratio, anche se la Produzione del film ha spiegato quanto sia stato difficile scegliere, data la vastità di offerta nel territorio cilentano.

Una scena del film su Pio XII

La disputa sulle responsabilità di Papa Pio XII in relazione alle persecuzioni ebraiche perpetrate dal Terzo Reich durante la Seconda Guerra mondiale, come noto, continua a essere accesa, soprattutto a livello mass-mediatico. Tuttavia, per gli storici di professione e gli studiosi seriamente impegnati da anni sulla vicenda, la questione dovrebbe essere chiusa già da tempo e, semmai, con un giudizio finale totalmente positivo sull’operato di Pacelli. E’ questo il messaggio del film-inchiestaShades of Truth (“Sfumature di verità”), scritto e diretto dalla regista Liana Marabini (con la partecipazione tra gli altri di attori del calibro di Christopher Lambert, Giancarlo Giannini e Remo Girone), che a maggio sarà presentato al festival di Cannes ed è stato proiettato in anteprima ieri sera a Roma presso l’“Istituto Maria Santissima Bambina”. La pellicola, ambientata ai giorni nostri, sulla scorta degli studi più accreditati, delle testimonianze registrate durante il processo di beatificazione attualmente in corso (soprattutto grazie al relatore, il gesuita tedesco Peter Gumpel) e della cronaca più recente, ricostruisce infatti gli anni più contestati del pontificato di Pacelli prendendo spunto narrativamente – non a caso – proprio da un protagonista ebreo, un giornalista poco incline ai temi religiosi, all’inizio pregiudizialmente avverso a Pio XII, che con la sua indagine guida gli spettatori passo passo nell’intricata vicenda percorrendo i luoghi più significativi: Roma, Gerusalemme, Lisbona. Si scopre così che l’opera di Pio XII in favore del popolo perseguitato fu persino antecedente all’irruzione delle SS nel ghetto di Roma (16 ottobre 1943) e risale agli anni in cui l’ex Nunzio in Germania era Segretario di Stato, per la precisione già quando furono varate le leggi razziali (novembre 1938). Già allora infatti il futuro Pontefice si prodigò per procurare documenti di espatrio, visti e lasciapassare a suoi amici o conoscenti di stirpe ebraica, come ad esempio l’ex compagno di scuola Guido Mendes, che per questo gli sarà sempre grato. Quando poi fu eletto Papa, questa azione di carità materiale del tutto disinteressata non venne mai meno: fu così che diverse tra chiese, parrocchie e conventi capitolini aprirono le porte ai perseguitati salvando di fatto la vita a intere famiglie nei modi più impensabili; apponendo targhe vaticane su appartamenti privati, estendendo oltre ogni limite la cosiddetta zona di extraterritorialità posta sotto il governo della Santa Sede, ospitando persino diversi ebrei a Castelgandolfo, all’intero del palazzo pontificio dove nacquero addirittura decine di bambini.Alla fine saranno così centinaia di migliaia gli ebrei salvati e, solo a Roma, si stima quasi 4.500. Tra questi quel rabbino-capo della comunità locale, Israel Zolli, che ammirato da quanto accaduto, non solo successivamente si convertì a Cristo ma scelse come nome di battesimo quello di Eugenio, in onore proprio di quel Pontefice che così tanto aveva fatto per il suo popolo. Così, quando Paolo VI negli anni Sessanta decise di aprire il processo di beatificazione, nessuno vi trovò alcunché di scandaloso o offensivo: i problemi cominciarono semmai più tardi quando la situazione geopolitica della Guerra fredda e il mutamento del clima culturale in Occidente videro una certa propaganda politico-ideologica (perlopiù di matrice comunista, ma non solo) iniziare un’opera di vera e propria diffamazione della memoria di Pacelli prima con studiate operazioni teatrali (come la pièce Il Vicario del drammaturgo tedescoRolfHochhuth) quindi con una pubblicistica strumentale ad hoc mirata a creare l’incredibile (questa sì) leggenda nera del ‘Papa di Hitler’: a decenni di distanza, e con il mondo completamente cambiato, si spera ora che, grazie anche a questo film, il dibattito pubblico possa finalmente riportare la figura di Pio XII alla veridicità storica che gli appartiene.

Pubblicità laterale

  1. Più visti
  2. Rilevanti
  3. Commenti

Per favorire una maggiore navigabilità del sito si fa uso di cookie, anche di terze parti. Scrollando, cliccando e navigando il sito si accettano tali cookie. LEGGI