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Domenica, 10 Novembre 2024

I creditori non accettano le proposte elleniche. Tsipras twitta che stanno facendo di tutto per far fallire gli accordi … se mai ci saranno. Secondo te cosa potrebbe succedere il giorno dopo di un Grexit?

Accadrebbe che il minuscolo granello di sabbia greco, che incide solo per il 2% sul pil continentale, farebbe scoppiare il gigante dell’Ue, ancora senza unione politica e governato teutonicamente alla giornata. Non erano questi “i patti” dei padri fondatori dell’Unione Adenauer, Spinelli e Schuman come ho sostenuto nel mio pamphlet “Greco eroe d’Europa”. Venendo alla trattativa il brussels group chiede altre misure di spending review mentre non dice una parola sul vero grande punto: il taglio del debito. Tutti sanno che il debito greco non è sostenibile e che il Paese non sarà in grado di onorarlo. Occorrerebbe un passo in avanti, serio, da entrambe le posizioni. Il tema, semmai, è relativo al rapporto eletti-elettori. Tsipras ha vinto le elezioni con un programma anti austerità e contro nuovi tagli. Come spiegherà ora ai greci che si è impegnato per nuove misure?

Pensi che i creditori accetteranno la proposta Tsipras /Varoufakis su Iva e pensioni? E quali potrebbero essere le conseguenze in un rifiuto da parte dei creditori?

Varoufakis è stato osteggiato da più parti. Avrà certamente commesso alcuni errori, ma quando osserva che dopo altri tagli la Grecia non avrà la forza di rialzarsi ha ragione, tesi sostenuta dal suo mentore, l’economista James Galbright. Il Fmi ha già detto che quella proposta non è sufficiente. Sin dall’inizio della crisi ellenica ho raccontato, credo con onestà intellettuale, tutti i difetti della politica greca e tutte le deficienze strutturali del Paese, numerose e in parte ancora irrisolte. Ma vedere che in quel piano le tasse sono aumentate per chi guadagna più di 30mila euro annui mi sembra un paradosso: non è tra chi ha uno stipendio mensile di 2000 euro che si nascondono i grandi evasori, ma nella Lista Lagarde, affollata di quegli stessi personaggi (deputati, ministri, giornalisti, faccendieri) che hanno affondato la Grecia acquistando anche un sottomarino con timone rotto. Quelli che si vorrebbe tassare oggi sono gli unici che spendono ancora un euro nelle taverne greche: aumentare le tasse su di loro, così come l’iva sul turismo, è controproducente. Invece ci vorrebbero due mosse coraggiose: una politica industriale vera e strategica, per evitare che la Grecia importi persino olio e cotone, presenti copiosi in loco; un netto cambio di mentalità per chi sino ad oggi ha vissuto al di sopra delle proprie possibilità. Ma, come don Abbondio, uno il coraggio non se lo può dare. In caso di un altro no secco da parte dei creditori sarebbe default e quindi, come osservato dai creditori, si aprirebbe la navigazione in acque inesplorate: tanto per la Grecia quanto per l’Europa.

In caso di Grexit che prevedi, elezioni o referendum?

Dipende. Un referendum sarebbe inutile, i cittadini greci hanno scelto già da che parte stare lo scorso gennaio in occasione delle elezioni politiche. Hanno ancora validità le urne nel nostro continente o no? Altre elezioni ci potrebbero essere solo in caso di crisi di governo, ovvero qualora Tsipras non avesse i voti del suo partito per far passare in aula le misure. Quindi temo che il solito governo di larghe intese possa insinuarsi ancora una volta tra cittadini e voto. Ma il tema non è solo questo: la Grecia rappresenta plasticamente lo specchio in cui l’Ue si scopre debole e controversa, dove non si decide sul caso libico e si lascia solo sulle spalle italiane il dramma dell’immigrazione. La tragedia è l’assenza di un leader vero: ieri c’erano i De Gaulle, i Churchill e i De Gasperi. Oggi…

Quale il ruolo della Russia in questa vicenda?

Mosca vorrebbe partecipare al processo di privatizzazione delle utilities greche, come le ferrovie di Trainose e il porto di Salonicco. Si aggiunga l’accordo per il Turkish Stream che passerà dalla Grecia già siglato tra i due ministri dell’energia. Anche Scalfari, qualche settimana fa, lo ha scritto nella sua rubrica domenicale su Repubblica: è un errore non cercare il dialogo con Putin. L’Eurasia è ormai un dato di fatto e i paesi Brics sono il futuro, non un appestato da evitare.

In caso di Grexit come cambierà la vita della gente?

Innanzitutto ricordo che il primo a parlare di fallimento pilotato fu il già Nobel per l’economia Christopher Pissarides, che nel 2012 propose un default controllato per Atene ma non fu ascoltato perché in quel caso le banche tedesche e francesi avrebbero subito molti danni. Oggi fa specie che si riparli di crack e quindi di Grexit. Ma cosa ci sarebbe di strano? Già Londra è fuori dalla moneta unica per altri motivi. Atene vi è entrata truccando i conti, come riportò un’interessante inchiesta del Messaggero alla vigilia delle Olimpiadi del 2004. In quella commissione che curò il passaggio della Grecia dalla dracma all’euro vi era l’economista Iannis Stournaras, ministro per due volte dal 2012 al 2014 e da quest’anno governatore della Banca di Grecia. Senza dimenticare il premier socialista Kostas Simitis, vero registra di quella folle operazione. Una Grecia con la dracma vivrebbe un inizio duro, con una svalutazione del 40% ma poi, forse, diventerebbe fiscalmente sexy per nuovi investimenti. Ma a patto che ricominci a produrre qualcosa di vendibile, dal momento che non le mancano le forze, se non quelle mentali. Ciò fa però paura a chi teme esperimenti e novità. D’altronde senza cambiamenti il mondo morirebbe di noia (e anche i commentatori).

Secondo te - direttore di due prestigiosi giornali e giornalista di vari media nazionali innamorato della Ellade - i nostri colleghi Italiani presentano in modo giusto la tragedia Greca e quello che succede con il debito?

Ho trascorso quasi per intero il 2012 in Grecia per le doppie elezioni e la frequento assiduamente ormai da 18 anni. Ho letto molta approssimazione e molti, forse troppi, luoghi comuni in questi quattro anni di crisi. Come quella notizia, poi smentita dall’Istituto Mondiale di Sanità, che i tossicodipendenti greci si iniettavano dolosamente il virus dell’hiv per avere la pensione. Quando lessi l’indiscrezione sui social, la prima telefonata che feci su negli Usa per chiedere conferma. Che ovviamente non arrivò. Nessuno però ha sfatato ancora quei tabù. Non è vero ad esempio che i greci sono fannulloni, sono stati solo “drogati” da un sistema compiacente per tutti, ma fior fior di imprenditori mondiali sono greci, come il patron di Easyjet. Non è vero che i tedeschi sono tutti “brutti e cattivi”, stanno solo esercitando fino in fondo il potere assoluto che oggi hanno. Ricordo però a tutti, greci e nordeuropei, che se la nostra meta è una casa comune europea allora non servono regole uguali per Paesi ancora diversi, un passaggio che la grande stampa non approfondisce. La verità è che il nostro Paese si è perso tra salotti televisivi e inaugurazioni di locali, o nei dibattiti infiniti su Italicum o presunte rivoluzioni. Mentre alla cultura e alla paedia non si riserva neanche una briciola. Certo, se poi l’obiettivo è ognuno per sé, allora che si continui così in questo medioevo 2.0. Con tanti saluti all’eurorinascimento mediterraneo che servirebbe come l’aria al mondo intero.

La Bce ha alzato la liquidità d'emergenza (Ela), fornita dalla banca centrale greca agli istituti ellenici, a circa 89 miliardi di euro, secondo quanto riferisce il Financial Times

Tanti summit con la Grecia inutili e costosi. I ministri delle finanze europei hanno espresso il loro disappunto per il tempo e i soldi sprecati.

Il ministro delle Finanze finlandese pro-austerity, Alex Stubb, ha definito l’incontro straordinario di lunedì scorso"uno spreco di miglia aeree". Anche il ministro delle Finanze austriaco, Hans Jörg Schelling, che vola sempre a Bruxelles su aerei commerciali, si è lamentato degli innumerevoli meeting tra Riga, Lussemburgo e Bruxelles, che non hanno prodotto alcun risultato. "A un certo punto dovremmo decidere chi pagherà il conto di tutti questi viaggi", ha detto Schelling

Il lavoro tecnico sulle nuove proposte greche è già ripartito. Il nuovo documento, ha spiegato il ministro dell'Economia greco Giorgios Stathakis, contiene nuove tasse sui ricchi e sulle aziende, un aumento dell'Iva su alcuni prodotti - elettricità esclusa - ma non ulteriori tagli a pensioni e stipendi pubblici, come volevano le istituzioni. Atene, ha spiegato, ha accolto le richieste dei creditori di raggiungere un avanzo primario dell'1% del Pil quest'anno, del 2% l'anno prossimo e del 3% nel 2017. E, per ora, è consapevole che non ci sarà un accordo sulla ristrutturazione del debito, nonostante le pressioni di Syriza. Ma si aspetta che i partner la mettano in agenda per i prossimi mesi. "Oggi non abbiamo parlato dei dettagli, ma la questione della sostenibilità finanziaria del debito deve far parte dell'accordo" e "in seno all'Eurogruppo bisognerà anche parlare delle condizioni di finanziamento", ha detto la Merkel precisando però che "non si discute di ristrutturazione".

Tsipras ci ha assicurato che continuerà a collaborare, le nuove proposte sono un passo molto positivo", ha detto il presidente del Consiglio Ue Donald Tusk, che aveva convocato il summit affinché tutti mettessero "le carte sul tavolo", in modo da "mettere fine alle strategie e a questo gioco d'azzardo politico". Per il premier Matteo Renzi "Atene deve far fronte ai suoi impegni che sono di natura economica, ma anche l'Ue deve far fronte ai suoi obblighi morali nei confronti di un Paese come la Grecia", anche perché "non è solo una discussione di natura economica", ma anche "su che tipo di comunità vogliamo per il nostro futuro".

"Quella presentata da Atene è una buona proposta ma bisogna lavorarci su e ci resta molto poco tempo", ha detto la cancelliera tedesca Angela Merkel a fine lavori. Concetto ribadito dal direttore generale del Fmi Christine Lagarde: "C'è ancora molto, moltissimo lavoro". Il presidente Francois Hollande spiega che due ministri greci resteranno a Bruxelles per limare le misure e lavorare alle proposte alternative al taglio delle pensioni minime che Tsipras non vuole toccare. Tutto questo entro le prossime 48 ore. Anche Tsipras vuole vedere altre aperture da parte dei creditori. "La palla è ora nel campo della leadership europea", ha detto al termine dell'Eurosummit. Del resto Atene ha inviato le nuove proposte "molto, molto tardi" ha spiegato il presidente dell'Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem. E' per questo che le istituzioni non hanno potuto valutarle, e i ministri da lui presieduti non hanno potuto dire la loro per preparare l'Eurosummit, come prevedeva il programma. L'Eurogruppo si è quindi confrontato solo un paio d'ore, per poi darsi appuntamento nuovamente a mercoledì sera. Pur senza risultati tangibili, l'Eurosummit è stato comunque un momento importante nel negoziato greco. E' la prima volta che i leader dell'Eurozona hanno discusso apertamente del caso Grecia, assieme al presidente della Bce Mario Draghi e alla Lagarde
L'Eurosummit sulla Grecia fa progressi, questa volta sembrano reali e si punta ad un'intesa in settimana. "Dobbiamo trovare un accordo questa settimana semplicemente perché non abbiamo i tempi supplementari", ha detto il presidente Jean Claude Juncker al termine della riunione a tarda sera. Pur essendo arrivate tardi, tanto che né le istituzioni né l'Eurogruppo hanno potuto esaminarle, le nuove proposte greche sono considerate una buona base su cui lavorare. Domani (mercoledì) sera si riunirà quindi un altro Eurogruppo e giovedì i leader dovrebbero mettere il sigillo finale nel summit Ue. Ma nonostante un altro rinvio, i mercati non si scoraggiano e chiudono positivi, e le banche greche ottengono una nuova iniezione di liquidità dalla Bce

Se l'Europa soffre e soprattutto soffrirà a causa delle sanzioni, un costo molto alto lo paga anche l’economia russa. Sono stati quattordici mesi davvero duri per Mosca, con la Banca centrale che ha bruciato 150 miliardi di dollari. Centoquaranta miliardi di dollari, invece, sono stati "bruciati" dal calo dell'export verso l’Europa e dal crollo del prezzo del petrolio (vera e propria mannaia per l'economia russa).

Ma torniamo all'Italia. Se ci limitiamo a cibo e bevande, nel primo trimestre 2015 abbiamo esportato verso la Russia il 45% in meno di prodotti. Crollo massiccio per le automobili, con un -82,6% che è la quota più alta fra tutti i comparti. Duro colpo anche per la moda e i tessuti, con un -33,9% di export.

A pagare il conto sono, in primo luogo, le banche e le grandi aziende. Però, come rivela l'inchiesta, si hanno ripercussioni negative per tutti i cittadini.

Lo abbiamo scritto diverse volte, citando varie categorie produttive: le sanzioni contro la Russia ci costano un sacco di soldi.

Ora un'inchiesta di sette giornali europei del Lena (Leading European Newspaper Alliance), che comprende anche Repubblica, svela che l'Europa proprio per effetto delle sanzioni rischia di perdere due milioni di occupati, con 100 miliardi di euro in meno di esportazioni tra beni e servizi. Per l'Italia si stima un danno di quasi 12 miliardi, con una perdita di lavoro per almeno 215 mila persone.

Ovviamente le sanzioni producono danni a entrambe le parti, sia a chi applica sia a chi le subisce. La "caccia ai capitali" degli oligarchi finiti nella lista nera (150 nomi in tutto) ha prodotto qualche risultato, ma davvero minimo se andiamo a guardare i dati. In nove paesi su 27 non è stato trovato (e bloccato) nemmeno un centesimo. L'Italia è riuscita a sequestrare beni per 30 milioni di euro al miliardario Arkadj Rotenberg. La Germania ha congelato solo pochi "spiccioli", bloccando alcuni cavalli da corsa per un valore di 124mila euro. Stesso magro bottino a Cipro (solo 120mila euro), con l'aggravante che l'isola è una storica roccaforte finanziaria russa.

Silvio Berlusconi, dopo l’incontro con il presidente russo Vladimir Putin, il gruppo di Forza Italia alla Camera ha presentato una mozione per impegnare il governo italiano ad attivarsi in sede europea affinché si dia fine alle sanzioni contro la Russia.

L'obiettivo dell’iniziativa assunta personalmente da Berlusconi, che di questo ha parlato nello specifico con Putin nell’incontro avuto all’aeroporto di Fiumicino, e della conseguente mozione che il gruppo azzurro della Camera ha presentato oggi è recuperare lo spirito di Pratica di Mare ridando all'Italia un ruolo di "ponte di pace" tra Europa, Stati Uniti e Russia. L’azione prende spunto innanzitutto dal danno economico che le sanzioni stanno producendo nei confronti dell’Italia e della stessa Russia: 8 milioni di euro al giorno è il conto che il sistema industriale paga per le sanzioni. Nei primi 4 mesi del 2015 la riduzione dell’export supera i 900 milioni di euro rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente e in previsione la voragine si amplia. Le stime prevedono un calo del Pil di oltre 4 punti per la Russia. "Ieri abbiamo presentato una mozione sul tema dell’immigrazione, punto centrale della sicurezza del nostro Paese ma anche dell’Europa, e il tema delle sanzioni nei confronti della Russia rappresenta l’altra faccia della stessa medaglia - ricorda Brunetta - senza la Russia non è pensabile che l’Europa attui una azione incisiva e significativa nei confronti del terrorismo mediorientale e quindi poter riuscire ad attuare le azioni necessarie per la sicurezza non è pensabile ritenere che una nuova guerra fredda non abbia ripercussioni". Invece, un rinnovato spirito di collaborazione è elemento fondamentale per vincere la minaccia terroristica e quindi anche il problema strettamente legato dell’immigrazione.

La mozione, illustrata in conferenza stampa dal capogruppo Renato Brunetta, si articola su tre punti. In primo luogo, "impegna il governo ad assumersi la responsabilità di fronte ai cittadini con riguardo alle sanzioni perché ingiuste e controproducenti e dannose". Poi, Forza Italia chiede al governo di "battersi in tutte le sedi Ue affinché l’esempio italiano sia seguito da un numero crescente di Paesi, riconoscendo alle parti il diritto di difendere, privilegiando il dialogo, le proprie identità nazionali e i legami con le proprie origini nel rispetto delle libertà, attraverso la logica del compromesso e non della prova di forza". Infine, la mozione è tesa a "far sì che gli Stati Uniti riconoscano che la strada della collaborazione non passa attraverso le sanzioni che umiliano i popoli". Brunetta si augura che "la discussione della mozione posa esserci già la prossima settimana in parlamento. Abbiamo dalla nostra sicuramente la stragrande maggioranza dei cittadini italiani e delle imprese ma anche dell’opinione pubblica continentale".

Intanto solo Tsipras gioca sul tavolo di Vladimir Putin, al quale fa visita nel giorno in cui Atene ufficializza un accordo con la Russia per la realizzazione di un gasdotto. L'intesa prevede il passaggio del Turkish Stream sul territorio ellenico: la firma di San Pietroburgo prevede che Mosca fornisca ad Atene un prestito pari al 100% dell'importo del gasdotto, con Gazprom che non controllerà la tratta. Dalla città russa, il premier greco usa parole di sfida:  "L'Europa non si deve considerare come l'ombelico del mondo, deve capire che il centro dello sviluppo economico mondiale si sta spostando verso altre aree", dice affianco al leader del Cremlino chiedendo a Bruxelles "scelte coraggiose".

 

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