Foibe ed esodo italiano: la pulizia etnica di Tito
Folle chi nega la Shoah e folle chi nega le foibe. Il nemico da combattere è ancora l'indifferenza, la violenza e l'ignoranza". Così il leader della Lega, Matteo Salvini, a margine della deposizione di corone di alloro alla foiba di Monrupino a Trieste, in occasione del Giorno del Ricordo.
"Oggi - ha ribadito Salvini - è una giornata importante che dovrebbe unire tutto il Paese in nome del ricordo di tutte queste migliaia di donne, uomini e bambini massacrati solo in quanto italiani. Una vera e propria pulizia etnica fatta dai comunisti slavi e non solo". Quindi, ha precisato, è necessario "onorare il ricordo del passato perché non accadano mai più bestialità simili in futuro. Spiace che ci sia ancora qualcuno che ritiene che ci siano morti di serie A e morti di serie B e che questi italiani siano un po' "meno morti" perché morti per mano comunista". Ma, ha concluso, "sono pochi i negazionisti rimasti".
Indro Montanelli li definì "italiani due volte" e, complessivamente, furono 350mila. Cosa trovarono al di qua dell'Adriatico? Una società ostile, che li tacciava di essere "fascisti". "Dalle colonne de L'Unità, il Partito comunista italiano, che all'epoca governava con i socialisti e i democristiani, iniziò una campagna denigratoria contro gli esuli". Li definivano "relitti repubblichini", "carnefici che si atteggiano a vittime" e "indesiderabili" che scappano "per sfuggire al giusto castigo della polizia popolare jugoslava". "Il prodotto della propaganda d'odio furono episodi di intolleranza spregevoli come quello che avvenne alla stazione di Bologna, quando a un convoglio di profughi fu impedito di fermarsi per dissetare i bambini a bordo o quando, nel 1948, a Taranto, diversi militanti comunisti cercarono di assaltare l'edificio che ospitava gli esuli da Pola".
I primi infoibamenti risalgono ai giorni successivi all'8 settembre del 1943. "All'indomani dell'armistizio di Cassibile - spiega al giornale il professor Giuseppe Parlato, docente di Storia contemporanea e presidente della Fondazione Ugo Spirito - il Paese era allo sbando e nelle terre dell'Adriatico orientale si venne a creare un vuoto di potere, così i partigiani jugoslavi di Tito ne approfittarono per fare giustizia sommaria contro gli italiani". Rastrellamenti e violenze durarono un mese. "Non solo tra coloro che avevano rappresentato il fascismo, per essere perseguitati bastava solo essere italiani. Poi, non ci furono soltanto gli italiani nelle foibe, ma molti sloveni e croati non comunisti", chiarisce il professore.
Ad ottobre dello stesso anno, i tedeschi ripresero il controllo di quei territori con l'operazione Nubifragio. Fu allora che vennero "scoperte" le foibe e iniziarono i primi recuperi. "Tra questi - ricorda lo storico - ci fu quello di Norma Cossetto, ritrovata ancora integra nella foiba di villa Surani". Circostanza raccontata anche da Giuseppe Comand, che aiutò i vigili del fuoco di Pola, guidati dal maresciallo Arnaldo Harzarich, ad effettuare i recuperi: "Con il raggio della pila (Harzarich, ndr) illuminò il corpo di una ragazza seminuda, che sembrava seduta sul fondo della foiba con la schiena poggiata alla parete e la testa rivolta in alto, come se sorridesse. Si trattava di Norma Cossetto, la studentessa istriana torturata e violentata dai partigiani, prima di venire infoibata". Le persecuzioni anti-italiane riprenderanno con la caduta di Berlino e il disfacimento dell'esercito tedesco, quindi in tempo di pace. "Le vittime sono state 12-13mila, non tutti - specifica l'esperto - sono stati infoibati, perché le foibe sono una caratteristica del suolo istriano, nella Dalmazia venivano affogati con una pietra al collo. Molti morirono in seguito a fucilazioni o di stenti nei campi di concentramento sloveni e croati".
"L'episodio più emblematico - ricorda il professore al giornale - è la strage di Vergarolla, a Pola, nell'estate 1946". La carneficina si consuma su una spiaggia gremita di famiglie, arrivate dalla città per assistere a una gara di nuoto. Un ammasso di vecchie mine di profondità, accatastate sulla spiaggia e bonificate mesi prima, esplode inspiegabilmente. Il bilancio è di più di cento vittime, molte delle quali rimaste senza nome. Le responsabilità di quel massacro non furono mai chiarite, ma la certezza è che dietro alla detonazione ci sia stata la mano di un esperto. L’ipotesi più probabile, è che anche Vergarolla sia stata un tragico avvertimento agli italiani perché se ne andassero dall’Istria: e infatti così avvenne. L'orrore e la paura portarono allo spopolamento di intere città e il 90 per cento dei giuliano-dalmati finirono per abbandonare le proprie case, iniziando una vita da profughi. Solo per citare qualche esempio, da Fiume se ne andarono 54mila su 60mila abitanti, a Rovigno 8mila su 10mila e a Dignano 6mila su 7mila.
"Uccisi e gettati in fosse carsiche, le foibe, simbolo del terrore, uccisi nei campi di prigionia, o costretti all'esodo e poi a lungo dimenticati. Erano migliaia di italiani, perlopiù civili, della Venezia Giulia, del Quarnaro e della Dalmazia, e vennero eliminati dalle milizie comuniste jugoslave al termine della seconda guerra mondiale e subito dopo. Di quell'eccidio - scrive il ministro degli Esteri Luigi Di Maio su Facebook - abbiamo il dovere di fare sopravvivere il ricordo, ricordo che si deve trasformare in insegnamento ed esaltazione dei valori di pace". "L'oblio e la negazione dell'ingiustizia e della morte sono i peggiori nemici da combattere - prosegue il titolare della Farnesina - perché nessuna tortura, nessuna vita persa, in qualunque circostanza storico-politica, vengano mai dimenticate, ma restino sempre come monito e come nuovo senso di direzione"
Il leader della Lega, Matteo Salvini è intervenuto sull'argomento in mattinata con un tweet: "Onore ai Martiri delle #Foibe, migliaia di uomini, donne e bambini, massacrati dai comunisti solo perché italiani" ha scritto Salvini, che questa mattina a Trieste parteciperà alle celebrazioni alla foiba di Monrupino e al Sacrario di Basovizza.
Un grande striscione con la scritta "Partigiani titini infami e assassini" con il caratteristico simbolo della tartaruga di CasaPound, è stato attaccato la notte scorsa sulla Casa della cultura a Bagnoli di San Dorligo della Valle e a Opicina (Trieste) sul Prosvetni dom.
"Una sciagura nazionale alla quale i contemporanei non attribuirono - per superficialità o per calcolo - il dovuto rilievo". Così il presidente della Repubblica Sergio Mattarella in occasione del Giorno del ricordo in memoria delle vittime delle Foibe. "Esistono ancora piccole sacche di deprecabile negazionismo militante", sottolinea il capo dello Stato, secondo il quale "oggi il vero avversario da battere, più forte e più insidioso, è quello dell'indifferenza, del disinteresse, della noncuranza, che si nutrono spesso della mancata conoscenza della storia e dei suoi eventi".
"Il Giorno del ricordo (istituito con larghissima maggioranza dal Parlamento nel 2004, ndr) contribuisce - si legge nella dichiarazione di Mattarella - a farci rivivere una pagina tragica della nostra storia recente, per molti anni ignorata, rimossa o addirittura negata: le terribili sofferenze che gli italiani d'Istria, Dalmazia e Venezia Giulia furono costretti a subire sotto l'occupazione dei comunisti jugoslavi. Queste terre, con i loro abitanti, alla fine della Seconda Guerra mondiale, conobbero la triste e dura sorte di passare, senza interruzioni, dalla dittatura del nazifascismo a quella del comunismo. Quest'ultima scatenò, in quelle regioni di confine, una persecuzione contro gli italiani, mascherata talvolta da rappresaglia per le angherie fasciste, ma che si risolse in vera e propria pulizia etnica, che colpì in modo feroce e generalizzato una popolazione inerme e incolpevole. La persecuzione, gli eccidi efferati di massa - culminati, ma non esauriti, nella cupa tragedia delle Foibe -
l'esodo forzato degli italiani dell'Istria della Venezia Giuliae della Dalmazia fanno parte a pieno titolo della storia del nostro Paese e dell'Europa".
"Si trattò di una sciagura nazionale - afferma Mattarella - alla quale i contemporanei non attribuirono - per superficialità o per calcolo - il dovuto rilievo. Questa penosa circostanza pesò ancor più sulle spalle dei profughi che conobbero nella loro Madrepatria, accanto a grandi solidarietà, anche comportamenti non isolati di incomprensione, indifferenza e persino di odiosa ostilità. Si deve soprattutto alla lotta strenua degli esuli e dei loro discendenti se oggi, sia pure con lentezza e fatica, il triste capitolo delle Foibe e dell'esodo è uscito dal cono d'ombra ed è entrato a far parte della storia nazionale, accettata e condivisa. Conquistando, doverosamente, la dignità della memoria.