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Dopo sette giorni di stop ai combattimenti, la tregua nella Striscia di Gaza è stata rotta venerdì mattina con la ripresa degli scontri a fuoco tra Israele e Hamas. "Hamas ha violato la tregua e ha sparato anche in territorio israeliano". Per questo motivo "le Forze di Difesa Israeliane hanno ripreso a combattere contro l'organizzazione terroristica nella Striscia di Gaza", ha dichiarato l'esercito in un comunicato.

L'esercito israeliano annuncia di aver "ripreso i combattimenti" contro Hamas. La proroga di un giorno della tregua, anticipata nella notte dal Wall Street Journal con la citazione di fonti del governo egiziano, non si è tramutata in realtà con la conseguente scadenza dell'accordo provvisorio e la ripresa delle ostilità.

Secondo quanto riporta Al Jazeera, che cita diversi testimoni a Gaza City e nel nord della Striscia di Gaza, "sono in corso pesanti scontri tra gruppi di combattenti palestinesi e truppe israeliane". Nella parte centrale della Striscia, i carri armati israeliani stanno colpendo anche i campi profughi di Nuseirat e Bureij. Un giornalista di Afp ha invece confermato di aver sentito numerosi colpi di artiglieria e attacchi aerei da parte dell'esercito israeliano.
Il Ministero degli Interni di Gaza, controllato da Hamas, ha dichiarato che "gli aerei israeliani stanno sorvolando la Striscia e i loro veicoli hanno aperto il fuoco nel nord-ovest dell'enclave".

La ripresa dei bombardamenti israeliani sulla Striscia di Gaza al termine della tregua di sei giorni per lo scambio di ostaggi-prigionieri ha già provocato la morte di 29 palestinesi, fra i quali anche dei bambini. Lo ha fatto sapere il ministero della Salute di Hamas, al governo dell'enclave. Sette vittime si trovavano nel Nord a Jabaliya e nella città di Gaza, dodici a Sud a Khan Younes e altri dieci nel centro, ad al-Maghazi, ha detto. La pressione è aumentata sugli ospedali della Striscia. Secondo Ashraf al-Qidreh, il portavoce dello stesso dicastero, 6 persone hanno perso la vita a Rafah.Hamas ha dichiarato che affronterà con "fermezza" ed "eroismo" i nuovi attacchi delle forze israeliane.

 

Fonte Agi e varie agenzie

È morto a 100 anni Henry Kissinger, ex segretario di Stato americano. Kissinger è morto nella sua casa nel Connecticut. Membro del Partito Repubblicano, fu Consigliere per la sicurezza nazionale e Segretario di Stato degli Stati Uniti durante le presidenze di Richard Nixon e di Gerald Ford tra il 1969 e il 1977.

Uomo politico stimato in tutto il Mondo e premio Nobel per la pace, fu consigliere di ben 12 presidenti da John Kennedy fino a Joe Biden. Celebre la sua frase “il potere è il massimo afrodisiaco”, Si impegnò nel rendere gli Usa una potenza globale, spesso anche con interventi controversi, come il sostegno al colpo di Stato di Augusto Pinochet del 1973.

Nato il 27 maggio 1923 nella Città bavarese di Fürth lascia la Germania all’età di 15 anni a causa delle persecuzioni naziste e si trasferisce con la famiglia a New York. Dopo gli studi a Harvard entrò in politica divenendo membro del Partito Repubblicano e consigliere per la Sicurezza nazionale, sotto le presidenze di Richard Nixon e di Gerald Ford, tra il 1969 e il 1977 fu nominato segretario di Stato.

Nel 1973 fu insignito del premio Nobel per la pace. All'inizio degli anni settanta Kissinger si rese protagonista di una innovativa politica estera, raggiungendo alcuni importanti successi per gli Stati Uniti, che gli valsero un grande prestigio internazionale e una crescente influenza all'interno dell'amministrazione Nixon.

Peraltro, i suoi metodi politici 'spregiudicati', che non escludevano pesanti interferenze, anche militari, su governi e politici stranieri, per salvaguardare a tutti i costi il potere statunitense e impedire la sopravvivenza di realtà politiche ritenute ostili, come nel caso del Cile e dell'Argentina, sono stati aspramente criticati.

"Il dottor Henry Kissinger, uno stimato studioso e statista americano, è morto oggi nella sua residenza nel Connecticut", ha annunciato in un comunicato la Kissinger Associates.

Nel comunicato viene spiegato che le esequie saranno in forma privata, mentre una cerimonia commemorativa si svolgerà a New York. Non è stata fornita la causa del decesso. Kissinger era rimasto attivo anche da centenario, recandosi in Cina lo scorso luglio per incontrare il presidente Xi Jinping.

Kissinger politicamente attivo fino agli ultimi giorni, tanto che lo scorso luglio prese parte all’incontro con il premier Meloni a Washington, fu un grande diplomatico a cui si deve il riavvicinamento con Pechino, e la negoziazione dei trattati di disarmo e gli accordi di pace.

C’è chi lo ritiene una figura controversa della politica statunitense per aver avuto un ruolo nel bombardamento della Cambogia oltre ad alcune implicazioni nella defenestrazione di Salvador Allende in Cile. 

Scrive la collega Rossella Fidanza nel suo articolo dove metto un po di paragrafi significative : Nel corso della sua vita Kissinger è stato responsabile di alcune delle peggiori atrocità della storia del mondo, questo è un dato di fatto ed è l’eredità che lascia e che abbiamo il dovere di condividere. Proprio non me la sento di unirmi alle voci ipocrite che da stamani riempiranno i nostri media per raccontarci “la grandezza” di questo “diplomatico”..

Scrive Rossella Fidanza sul suo articolo : Seymour Hersh, Bob Woodward e Carl Bernstein hanno tutti scritto storie che incolpano Kissinger per la prima serie di intercettazioni illegali messe in atto dalla Casa Bianca nella primavera del 1969 per mantenere il segreto sull’attentato in Cambogia.

Oggi sappiamo molto di più sugli altri "crimini di Kissinger" scrive Rossella Fidanza sul suo articolo, sulle immense sofferenze che ha causato durante i suoi anni di incarico pubblico, scrive Popoff quotidiano in occasione dei 100 anni di Kissinger. “Ha dato il via libera a colpi di stato e ha permesso genocidi. Ha detto ai dittatori di uccidere e torturare in fretta, ha svenduto i curdi e ha gestito l’operazione sbagliata di rapimento del generale cileno René Schneider (nella speranza di ostacolare l’insediamento del presidente Salvador Allende), che ha portato all’omicidio di Schneider. La sua svolta post-Vietnam verso il Medio Oriente ha lasciato quella regione nel caos, ponendo le basi per le crisi che continuano ad affliggere l’umanità.”

Henry Kissinger é arrivato a 90 anni con centinaia di accuse, ma senza essere stato portato in tribunale per crimini di guerra, contro l'umanitá e genocidio, scrive Rossella Fidanza e come voleva il giornalista Christopher Hitchens. Questo perché l'ex Segretario di Stato nell'amministrazione del presidente Richard Nixon, non solo fece la storia degli anni '70, ma da furbo, l'ha pure riscritta a suo favore con una serie di libri. Appena fuori dalle alte sfere del potere, ha sfornato 3 libri autobiografici  e ben 9 altri per spiegare il suo punto di vista e giustificare le sue azioni “discutibili.” L'ironia della sorte é che, nel 1973, gli fu persino conferito il Premio Nobel per la Pace assieme al leader vietnamita Le Duc Tho, il quale però lo rifiutó per non essere associato a Kissinger. Al conferimento del Nobel, il comico e musicista americano Tom Lehrer osservó che “Kissinger ha reso la satira politica obsoleta”.

Un altro passo dal articolo di Rossella : L’attività di Kissinger ha avuto gravissime ripercussioni anche in Italia.
Kissinger incontrò Aldo Moro a Washington il 25 settembre 1974.
L’allora ministro degli Esteri italiano stava lavorando all’ingresso nella maggioranza di governo del partito comunista di Enrico Berlinguer. Dopo un breve colloquio, il segretario di stato congedò Moro con un invito raggelante: “O lei smette di fare queste cose o la pagherà cara, molto cara”. La profezia poi si avverò, ma a Kissinger né la magistratura né il Parlamento italiani hanno mai potuto fare una domanda.

Parlando invece del suo coinvolgimento per la fine della guerra in Vietnam, c’è chi ritiene l’abbia prolungata per spingere verso la rielezione di Nixon alla Casa Bianca.

In molti hanno reso omaggio alla memoria di Kissinger, come l’ex presidente George W. Bush che lo ha ricordato come una delle voci più influenti e ascoltate a livello mondiale. A stringersi alla famiglia anche il presidente giapponese Fumio Kishida che lo ha elogiato per il suo contributo per la stabilità in Asia.

 

Fonti :  Eurocomunicazione/agi/ Rossella Fidanza

 

 

 

 

 

Mercoledì scorso la trasmissione “Fuori dal coro” condotta da Mario Giordano su rete 4 di Mediaset, il giornalista ha “confezionato” un interessante e ben documentato reportage sulla questione Islam in Europa, con riferimenti all'Italia. Giordano ha introdotto il tema ricordando la povera bambina inglese di otto mesi, Indy Gregory, uccisa per ordine di un giudice inglese, che fiscalmente ha rispettato il cosiddetto protocollo inglese. Ma una società, un mondo che non è in grado di rispettare e condanna a morte una bambina, è destinato ad essere “sottomesso”. A Chi? Ad una cultura, ad una religione identitaria come l'islam, in particolare, a quella fondamentalista che imperversa in tutta Europa e che soprattutto quest'ultima, sembra opportunamente piegarsi ai dettami della cultura islamica. Per certi aspetti sembrerebbe che Giordano oltre ai libri e ai servizi di Giulio Meotti, abbia letto il poderoso e articolato studio, “L'Islam in Europa” della prof.ssa Silvia Scaranari pubblicato nell'ultimo numero della rivista Cristianità, organo ufficiale di Alleanza Cattolica (n. 422, luglio-agosto 2023).

La questione islamica o musulmana è sempre attuale, soprattutto in queste settimane che si é “svegliato” il terrorismo del movimento filo palestinese di Hamas con un terribile sanguinoso attentato nei confronti del popolo israeliano, che ha causato la violenta reazione dell'esercito israeliano. Naturalmente con questo non vogliamo sostenere che tutto il mondo musulmano sia fatto di terroristi come Hamas pronti ad attaccare l'Occidente, per fortuna.

La Scaranari ammette che studiare la complessa e variegata presenza islamica in Europa non è cosa facile, tuttavia si può tentare di disegnare un quadro sommario dei fatti. Se prima negli anni, '60, l'immigrazione di persone di religione musulmane in Europa avveniva singolarmente, perché c'era bisogno di manodopera. Successivamente è cresciuta con i ricongiungimenti familiari, modificando il modus vivendi della comunità. Prima i lavoratori musulmani accettavano di vivere la pratica religiosa a livello individuale e privato, ora con la presenza di mogli e figli, cominciarono a sentire il bisogno di avere luoghi di culto, di alimenti conformi alle norme coraniche, di spazi di sepolture, di negozi di abbigliamento tradizionale, di cure sanitarie separate da maschi e femmine.

Dagli anni '90 si è generata un nuovo e forte e caotico flusso migratorio, che ha coinvolto Paesi lontani dall'Europa come il Bangladesh, il Pakistan, lo Sri Lanka. Tutti Paesi con un Islam variegato, fatto di diverse scuole giuridiche e nazionali, poi c'è l'Islam che riguarda gli Stati, in particolare quello dell'Arabia Saudita o del ricco Qatar, che fanno parte della Lega del mondo islamico. Questi con caratteristiche “missionarie”, “prendono iniziative e cercano di coagulare fra loro i fedeli emigrati, favorendo una serie di attività, come la costruzione di moschee, l'istituzione di fondazioni culturali e di banche, la creazione di scuole coraniche...”.

Lo studio della Scaranari elenca alcuni luoghi di culto, finanziati dai Paesi musulmani a partire dalla moschea di Roma, iniziative analoghe sono quelle di Colonia, finanziata dalla Turchia di Erdogan. Sempre in Germania dovrebbe sorgere un gigantesco complesso edilizio a Francoforte sul Meno, finanziato dal Qatar. Grandi moschee sono in costruzione in diversi Paesi. Per esempio, nella sola Albania, c'è un progetto di costruirne duemila. Ultimo progetto è quello di costruire di una mega moschea di diecimila quadrati a Strasburgo di ventotto cupole con minareti di 44 metri.

Quando c'è l'intervento degli Stati islamici, fa notare la professoressa torinese, c'è sempre la volontà di non far perdere l'identità ai propri concittadini emigrati. Il contrario di quello che pensano glie europei, che si illudono, immaginano che queste emigrati musulmani a poco a poco si integrano e vengono assorbiti diventando cittadini europei.

Prima o poi sulla questione islamica occorrerà aprire un tavolo di discussione e soprattutto smetterla di guardare il fenomeno al puro livello umanitario, anche perchè negli ultimi tempi è cresciuto il coinvolgimento degli Stati di origine. Anche la Scaranari sottolinea il grande impegno “missionario” in Europa del governo qatariano  di Abdullah Bin Nasser al-Thani della famiglia reale del Qatar. Esiste la più grande e influente organizzazione umanitaria controllata dai salafiti, il suo fondatore sarebbe legato ad al Qaida. A questo proposito rileva la Scaranari che un po' ovunque a Londra, Parigi, a Berlino, esistono dei centri chiamati “King Fahd Academy” che “devono favorire la reislamizzazione dei giovani musulmani e offrire un'immagine accattivante, pacifica e quasi suadente dell'islam agli occhi degli europei”.

Oltre a queste forme di appartenenza, esiste un islam politico, in particolare quello radicale dei Fratelli Musulmani. Ha diverse sfaccettature, si passa da una reislamizzazione dal basso a quella dei colpi di Stato o atti terroristici volti a destabilizzare i governi. Poi viene descritto l'islam delle confraternite, molto attivo. Successivamente si prende in considerazione del fenomeno abbastanza preoccupante che é quello dell'islam cosiddetto “sfuggente”, del web. Quest'ultimo è presente tra i giovani, apertamente in polemica con le autorità dei Paesi di provenienza.E' un mondo facile preda dei gruppi radicali e jihadisti, che sono molto presenti in rete e che hanno elaborato una valida strategia di comunicazione soprattutto con i giovanissimi, molto proiettati, come tutti i loro coetanei, a vivere un mondo virtuale”

In questo mondo è reso più facile la diffusione di materiale estremista, accelerando il processo di radicalizzazione. E' un mondo che rappresenta un problema sia per le comunità islamiche che per l'ordine pubblico. Legato a quest'aspetto esiste anche l'islam “Fai da te”, sempre presente sul web. Qui la Scaranari fa presente che non sempre, in particolare la maggioranza dei giovani, vive l'islam, del resto come molti giovani cristiani, con pratiche ridotte al minimo, con molti compromessi.

A questo punto lo studio avvia una domanda fondamentale per la questione che si sta trattando. Come vive l'Europa questo forte impatto col mondo musulmano?

Intanto in Europa si è ragionato riconoscendo a tutti la libertà religiosa, come diritto fondamentale, ha concesso diverse richieste agli immigrati di origine musulmana: macellazione halal, menù halal nelle scuole, aperture di centri culturali e moschee. Dopo queste aperture ci si aspettava da queste comunità ordine e trasparenza. Purtroppo non è stato così, “moschee, scuole, centri culturali si sono trasformati in punti di coagulo e di formazione all'islam radicale”. Spesso il controllo sui fedeli, in particolare sulle donne è diventato più pesante del Paese d'origine. “La comunità tende a irrigidire le norme e i costumi per non rischiare di perdere la propria identità e il proprio senso di appartenenza alla Umma e per marcare la distinzione rispetto al mondo occidentale, infedele e 'satanico'. Allora ecco apparire i matrimoni combinati anche con minori, se non addirittura con bambine, controllo sistematico in certi quartieri delle città europee del rispetto del digiuno. Attenzione quartieri dove gli stessi poliziotti si rifiutano di entrare per i pericoli in cui potrebbero incorrere. In Francia ci sarebbero almeno 1514 quartieri (circa 859 comuni) circa quattro milioni di francesi, che vivono con una legge islamica, chiamata dal politicamente corretto, “diversamente legale”. Questo è un fenomeno che penalizza altre comunità come quella ebrea, che subiscono attacchi antisemiti e pressioni, fino all'isolamento, tanto da indurli esasperati ad abbandonare certi quartieri a maggioranza islamica. Pertanto non si può parlare di integrazione dove questi gruppi di musulmani diventano maggioranza. “Invece di promuovere l'integrazione, si cade nell'esclusione reciproca”.

Un altro fattore che non fa comprendere la questione dell'islam in Europa è quello di una certa retorica esistente tra gli europei e gli immigrati musulmani, mi riferisco all'islamofobia che ha conquistato quegli europei per la paura, l'indignazione e la rabbia suscitate dal terrorismo. Certo è un grave errore generalizzare e vedere in ogni musulmano un potenziale terrorista. Tuttavia è difficile non ammettere che i terroristi erano e sono anche musulmani. Così di fronte al barbaro attentato alle Torri Gemelle di New York nel 2001, ai preti uccisi in Francia, e alle stragi dei cristiani in Nigeria e in Congo, alcuni ambienti musulmani, invece di riconoscere l'orrore di questi selvaggi attentati commessi dai loro correligionari, “hanno incominciato ad accusare il mondo occidentale di fare di tutta l'erba un fascio, hanno sostenuto che l'islam è una religione di pace e protestano ovunque si mette in dubbio le loro buone intenzioni, imponendo l'idea che qualunque osservazione critica verso l'islam sia animata da ostilità, sia cioè appunto 'islamofobia'”. La libertà di parola viene censurata anche sui media, chi cerca di dire la verità, è costretto ad autocensurarsi, se non lo fa finisce come il professore Samuel Paty o come i giornalisti di Charlie Hebdo.

Poi si prendono in esame gli aspetti demografici legati alla realtà musulmana confrontati con quelli degli europei. Da decenni l'Europa è esposta a un calo demografico, da poco i politici hanno preso consapevolezza del pericolo. Le proiezioni ci dicono per esempio che la popolazione della sola Nigeria nel 2058 supererà quella di tutta l'Europa, dove il tasso di natalità nelle comunità islamiche è decisamente superiore. Attualmente in alcuni Paesi della Francia, la popolazione musulmana supera il 20 % e poi c'è l'aspetto delle scuole da esaminare, dove c'è una presenza multietnica abbastanza significativa. Pertanto in simili contesti non è possibile parlare di integrazione: “la presenza di numeri così forti porta necessariamente a un cambio di cultura, di usi, di costumi...e si rischia di arrivare a un cambio di norme giuridiche”. Un imam in Danimarca ha reclamato decisamente la liceità delle spose-bambine, perché conforme alle consuetudini dei Paesi di provenienza di molti migranti, i giudici danesi invece di rispondere con un secco NO, hanno risposto che il problema va studiato.

Tuttavia per la Scaranari in Europa si sta assistendo a preoccupanti fenomeni di sostituzione culturale, invece che l'auspicata politica di integrazione graduale del mondo musulmano. Certamente l'Europa nella sua lunga storia ha affrontato massicce ondate di immigrazione, ma nel nostro secolo stiamo assistendo a qualcosa di diverso. Le popolazione piombate sull'impero romano spesso avevano un atteggiamento di gratitudine per quello che trovavano. “Gli stessi popoli barbari, con la loro sete di dominio, riconobbero il patrimonio culturale esistente e ne fecero tesoro”.  Ma adesso con un islam identitario forte con un senso di rivalsa, tutto cambia anche perchè dall'altra parte c'è un atteggiamento dimissionario e suicida degli europei.

Oggi, in diversi casi, “assistiamo a una immigrazione che disprezza l'Europa, le nostre tradizioni, la nostra cultura, la nostra storia e che assume un atteggiamento di sfrontatezza e di rivendicazione”. Anzi spesso questi popoli sono convinti di avere una superiorità culturale, talvolta “dominati da una sete di “vendetta” contro il Vecchio Continente, evidenziandone solamente le colpe e negandone i meriti”. Con queste premesse in certi quartieri e scuole delle città europee si crea un clima di suggestione collettiva, di “jihadismo d'atmosfera”, da cui vengono condizionati sia i musulmani che i non musulmani, un misto di paura, di tacito consenso, di condivisione, spesso per opportunismo e per quieto vivere. Chi non è disposto a piegarsi a questa perversa atmosfera, è costretto a cambiare città o quartiere.

Lo studio di Silvia Scaranari si chiude con delle interessanti riflessioni socio-politiche mettendo a confronto l'islam radicale che non può essere paragonato all'iper-tradizionalismo di qualche comunità cattolica: la visione coranica come verità religiosa, sociale, politica, vuole sottomettere il mondo, come ricorda Remi Brague.

Di fronte abbiamo “l'uomo occidentale post-moderno, privo di verità a cui fare riferimento, non è capace di comprendere una simile prospettiva esistenziale e finge che tutto l'islam sia pace e fratellanza”. L'Occedete spesso non comprende che gli Stati islamici, “non desiderano assolutamente l'integrazione, anzi operano per l'esatto contrario”. Anzi insiste la professoressa, “L'integrazione in Occidente è vista come un pericolo, il rischio di acquisire abitudini, culture e usi degli 'infedeli' e per questo si prodigano in sforzi significativi di reislamizzazione”.

Occorre mettere in guardia l'uomo occidentale, quello cristiano che ragiona con le nostre categorie, per comprendere quelle dell'islam, è un errore epocale. “Le belle parole “libertà religiosa”, “accoglienza”, “fratellanza” non bastano, occorre riempirle di significato e, soprattutto impiantare dei 'paletti' entro cui possono stare, altrimenti non è integrazione ma anarchia, in cui vince il più forte”.

 

L'accordo tra Israele e Hamas non si limita soltanto a fermare i combattimenti nella Striscia di Gaza e allo scambio tra prigionieri, ma riguarda anche il passaggio degli aiuti umanitari. Gli Stati Uniti, fanno sapere alti funzionari dell'amministrazione Biden, hanno dato l'ok all'invio di tre aerei militari che sbarcheranno in Egitto con a bordo aiuti destinati alla popolazione palestinese, dunque cibo, forniture mediche e attrezzature invernali. "Si tratterà di portare una serie di articoli medici, aiuti alimentari, articoli invernali, dato che l'inverno sta arrivando a Gaza - per la popolazione civile".

La tregua tra Israele e Hamas è stata prorogata per consentire il rilascio di altri ostaggi e detenuti palestinesi e l'ingresso di aiuti nella Striscia di Gaza, dove la situazione umanitaria rimane "catastrofica". In vigore da venerdì mattina, l'accordo negoziato dal Qatar, con il sostegno di Egitto e Stati Uniti, ha consentito finora il rilascio di 50 ostaggi detenuti da Hamas nella Striscia di Gaza e di 150 palestinesi imprigionati in Israele. Inoltre, altri 19 ostaggi, per lo più lavoratori stranieri in Israele, sono stati rilasciati da Hamas, ma al di fuori di questo accordo che, in linea di principio, sarebbe dovuto durare quattro giorni, fino alle prime ore di oggi.

La liberazione di 11 ostaggi israeliani, tutti con doppio passaporto e in gran parte minori, avvenuta in cambio del rilascio di 33 detenuti palestinesi è avvenuta la sera di lunedì, in quello che doveva essere l'ultimo scambio dell'ultimo giorno della tregua concordata la scorsa settimana. Ma oggi dal Qatar è invece giunta la notizia che la tregua è stata prolungata di altri due giorni, durante ognuno dei quali saranno liberati non meno di dieci ostaggi e 30 prigionieri palestinesi. Sono gli avvenimenti principali della 52ma giornata del conflitto scatenato lo scorso 7 ottobre dal sanguinoso attacco di Hamas nelle zone di Israele confinanti con la Striscia di Gaza.

In tutto, gli ostaggi rilasciati da venerdì scorso sono 50. Tre degli undici che stanno facendo ritorno a casa 3 sono francesi, 2 tedeschi e 6 argentini, secondo quanto fatto sapere dal Qatar che svolge il ruolo di mediatore. L'autorità carceraria israeliana ha poi dichiarato che 33 detenuti palestinesi sono stati liberati "durante la notte" secondo i termini dell'accordo di tregua che ha permesso il ritorno degli ostaggi di Hamas.
La mossa porta a 150 il numero di prigionieri liberati dopo la scadenza iniziale della tregua di quattro giorni, che può essere rinnovata.

Inoltre, Hamas ha lasciato liberi 19 ostaggi in più rispetto a quelli stabiliti nell'accordo: si tratta in gran parte di thailandesi che lavoravano in Israele. L'estensione della tregua è stata accolta con favore dalla Casa Bianca che auspica di vederla ulteriormente prolungata, mentre il segretario dell'Onu Antonio Guterres l'ha considerata una "luce di speranza nelle tenebre della guerra"

Poche ore prima della scadenza del termine, Stati Uniti e Qatar hanno annunciato la proroga di altri due giorni, fino alle 5 di giovedì, ora italiana, durante i quali dovrebbero essere rilasciati circa 20 ostaggi e 60 prigionieri palestinesi. "Le parti palestinese e israeliana hanno raggiunto un accordo per prolungare la pausa umanitaria a Gaza per altri due giorni", ha detto in una nota il portavoce diplomatico del Qatar, Majed al Ansari.

Secondo i media israeliani il governo di Netanyahu ha già ricevuto una lista di dieci ostaggi che il gruppo islamico avrebbe rilasciato nel corso della giornata, senza però svelarne i nomi.

Di notte, undici ostaggi israeliani erano stati rilasciati nella Striscia di Gaza, di cui sei provenienti da famiglie argentine: una madre e le sue due figlie adolescenti e la moglie di un argentino ancora tenuto prigioniero e le sue figlie gemelle di tre anni. Poco dopo, Israele ha rilasciato 33 palestinesi dalle sue prigioni. A Betania, in Cisgiordania, l'accoglienza dei prigionieri rilasciati si è conclusa con scontri con le forze di sicurezza israeliane in cui due giovani palestinesi sono stati uccisi.

Secondo l'Ansa donne rapite in territorio israeliano e tenute in ostaggio da Hamas a Gaza sono state tenute in gabbia: lo riportano i media israeliani citando la dichiarazione di un membro del Forum delle famiglie degli ostaggi e dei dispersi.

Questa affermazione non è la prima nel suo genere, scrive il Jerusalem Post indicando che nei giorni immediatamente successivi agli attacchi del 7 ottobre, video di un canale
Telegram di Hamas mostravano bambini rapiti tenuti in gabbia.

Oggi è in arrivo in Egitto il primo di tre voli umanitari per Gaza organizzati dagli Stati Uniti. Lo ha annunciato un alto funzionario della Casa Bianca in
un briefing con un ristretto gruppo di giornalisti. "Questi 'relief flights', resi possibili dalle capacità uniche dell'esercito americano, arriveranno nel Sinai del Nord e in Egitto con un carico di generi alimentari, medicinali e prodotti per affrontare l'inverno che saranno distribuite dall'Onu alla popolazione civile a Gaza", ha spiegato.

Un nuovo avvertimento ai palestinesi che si trovano nel sud della striscia di Gaza ad astenersi dal cercare di raggiungere il settore nord è stato lanciato oggi in arabo su X dal portavoce militare israeliano Avichay Adraee. Israele, ha aggiunto, consente invece ancora a chi si trova nel settore nord di passare a sud. Adraee ha inoltre fatto sapere ai palestinesi di Gaza che è vietato loro entrare in mare e spingersi a meno di un chilometro dalla linea di demarcazione con Israele. "Per la vostra sicurezza, rispettate queste regole", ha concluso.

Non c'è solo Hamas a sostenere lo sforzo bellico contro lo Stato ebraico. La Bbc riferisce infatti di almeno altri cinque gruppi che avrebbero abbracciato la lotta armata palestinese, con un addestramento iniziato nel 2020 a Gaza. Bbc Arabic e Bbc Verify scrivono che negli ultimi anni Hamas ha organizzato delle esercitazioni per allargare il fronte delle milizie a una coalizione più ampia

 

Fonte Agi /Ansa / Il giornale / e varie agenzie

 

 

 

 

Il Presidente A.I.P.I.N. e docente Università di Firenze, ha indossato i gambali e unendosi agli altri volontari, armato di pale, ha spalato il fango, in Toscana.

 Federico Preti  – Presidente Nazionale A.I.P.I.N. e docente di idraulica e Difesa Territorio dell’Università degli Studi di Firenze  ha dichiarato: “ Non dovremmo parlare di Dissesto Idrogeologico ma di Rischio Idro-Geo-Cementizio. Ed è nuovo termine coniato da noi. Campi Bisenzio è un comune della Piana Firenze-Prato-Pistoia, la zona più urbanizzata della Toscana secondo il rapporto ISPRA sul Consumo di Suolo. Il nome del paese sta sicuramente a significare “campi coltivati attraversati dal fiume Bisenzio”, ma oggi abbiamo un corso d’acqua ristretto e rettificato da argini che proteggono importanti infrastrutture produttive”.

L’Associazione Italiana Ingegneria Naturalistica – A.I.P.I.N. – parla di Rischio Idrogeocementizio.

 Dal Dissesto Idrogeologico al RISCHIO IDROGEOCEMENTIZIO. L’Associazione Italiana di Ingegneria Naturalistica conia, da oggi, tale nuovo termine. Siamo in presenza di Rischio IdroGeoCementizio. Piove sul bagnato, ma gli Angeli del Fango non si fermano: e poi? Campi Bisenzio è un comune della Piana Firenze-Prato-Pistoia, la zona più urbanizzata della Toscana secondo il rapporto ISPRA sul Consumo di Suolo. Il nome del paese sta sicuramente a significare “campi coltivati attraversati dal fiume Bisenzio”, ma oggi abbiamo un corso d’acqua ristretto e rettificato da argini che proteggono importanti infrastrutture produttive (i ben noti capannoni). A dimostrazione che siamo ancora un paese civile e solidale, le strade di Campi (come qui si abbrevia) sono invase da ragazzi e adulti che volontariamente aiutano i cittadini colpiti (quale miglior medicina all’”ansia climatica” …), mentre è in corso la conta dei danni. Dalle prime stime si parla di 300 milioni di danni in quel comune su un’area di 800 ettari, a fronte dei 500 milioni in Toscana: cerchiamo di fare anche noi qualche conto. Se avessimo ancora avuto il Bisenzio libero di scorrere fra campi coltivati, avremmo avuto 10 o 100 volte meno danni. Ma c’est la vie: lo sviluppo ha portato infrastrutture che valgono di più di un ettaro di terreno o un mancato raccolto. Si tratta quindi di un danno pari a circa 400 euro al metro quadro edificato, quasi la metà di quanto speso per costruire, persi in un colpo solo (in realtà ci sono anche la automobili da buttare, le materie prime e la merce danneggiate nei magazzini, le foto di famiglia che galleggiavano negli scantinati, etc.) ”. Lo ha affermato Federico Preti, Presidente Nazionale dell’Associazione Italiana Ingegneria Naturalistica, Docente di idraulica, esperto di difesa del terrritorio dell’Università di Firenze.

 È arrivata tanta acqua, ma da dove e quanta? Questa è la domanda che bisognerebbe porsi. Le piogge avevano un tempo di ritorno stimato in un centinaio di anni (secondo dichiarazioni del Lamma), ma localmente dovrebbe essere stato superato, visto che le opere idrauliche sono progettate per piene duecentennali.

Il fatto è che a parità di pioggia l’acqua sarebbe arrivata in minor quantità e in più tempo se fosse stata trattenuta a monte (calcolato in circa il 10%: quanto ora dobbiamo  stoccare nelle casse di espansione a valle).

Significa che la stessa quantità di acqua ora arriverebbe ogni 70 anni, invece ogni 100 anni ne arriva un altro quasi 10% in più. Il problema è che la pericolosità è così aumentata del 50%  (i processi in natura nono sono direttamente proporzionali, sovente): invece di 300 milioni di danni ne avremmo avuti 200, anche se non ci sono più solo campi da allagare. Quanto sopra è un esempio pratico della valutazione del RISCHIO, data dalla moltiplicazione fra il valore economico dei beni esposti vulnerabili e della PERICOLOSITÀ. Sempre ISPRA, pubblica ogni anno il rapporto sul Dissesto Idrogeologico in cui si elencano Comuni colpiti e purtroppo vittime. In realtà erosione, frane, piene e esondazioni sarebbero fenomeni naturali – ha concluso Preti -  ma creano danni se si costruisce e vive in zone a Rischio. Facciamo allora chiarezza: i due rapporti sul Consumo di Suolo e sul Dissesto Idrogeologico dovrebbero, insieme, costituire un unico rapporto, quello sul RISCHIO IDROGEOCEMENTIZIO. Coniamo questo termine, che è più chiaro ed onesto. Meglio di “idrogeoedilizio” (non addossiamo la colpa a chi si è costruito la sua casetta, autorizzata da qualche “Ente preposto”, magari in virtù di opere idrauliche che, purtroppo, a volta inducono a sentirsi più sicuri). Meglio anche di “idrogeoantropico” (è vero siamo ormai nell’Antropocene, cambi climatici compresi e senza limiti al cosiddetto sviluppo, ma l’Uomo aveva anche creato un Paesaggio armonico e sostenibile, fino ad un certo punto …, speriamo che non sia di non ritorno): ad esempio, nel caso dell’erosione si distingue fra “naturale” (che porta la sabbia alle nostre spiagge) o “normale” (quella che è controllata o ridotta dalle sistemazioni idraulico-agrarie o forestali), ben diverse da  quella “accelerata”, fuori controllo).

 Nella presentazione del recente libro “Oltre il fango”, Mario Tozzi sostiene che occorrono “quelle opere della manutenzione ordinaria e straordinaria, ma sapienti, puntuali e nel contesto di interventi dolci (Ingegneria Naturalistica, qualcuno la chiama)”.

E il nostro Florin Florineth, compianto maestro di tale disciplina recentemente scomparso, aveva scritto l’opera “Piante al posto del cemento”. Sono le cosiddette Nature Based Solutions, di cui ora tanti parlano come di un nuovo toccasana, ma sono proprio quelle che l’AIPIN (Associazione Italiana per l’Ingegneria Naturalistica), promuove e, soprattutto, realizza concretamente con esperienza pluridecennale”.

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