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Scale Model – La donna che uccise due volte - un noir dalle note drammatiche, ma anche dalla forte introspezione psicologica e dai dialoghi intensi - debutterà a Cosenza, presso il cinema Garden, venerdì 17 ottobre. Una data scelta con lo scopo di proiettare lo spettatore, sin da subito, in quella che sarà l’atmosfera della serata.

 

Questo il nuovo film prodotto interamente dalla casa cinematografica indipendente cosentina: Open Fields Productions, realtà 100 % calabrese.

Sceneggiatura, regia, fotografia, montaggio, produzione e post-produzione sono stati curati personalmente, e nei minimi dettagli, dai due registi, e fondatori della casa cinematografica, Fabrizio Nucci e Nicola Rovito, i quali hanno selezionato con estrema attenzione anche le locations, le colonne sonore, il cast, gli oggetti di scena e il team di lavoro.

I due giovani, dopo i successi ed i riconoscimenti ricevuti lo scorso anno con il lungometraggio Goodbye Mr. President, il corto Re di Roma e le realizzazioni per Lucky Red e The X Factor, hanno voluto mettere in campo e dimostrare la loro professionalità su tutti i fronti.

 

Un lavoro durato più di un anno - realizzato in co-produzione con Giuseppe Rovito & Anna Paola La Rosa - e una nuova scommessa, del tutto “Made in Calabria”, nel panorama della cinematografia indipendente.

Scale Model: venerdì 17 ottobre al cinema Garden

La colonna sonora e tutte le musiche sono state composte dai musicisti Mirko Onofrio, della celebre Brunori Sas e Red Basica, Stefano Amato, sempre della band Brunori Sas, e dal noto chitarrista Aldo D’orrico.

Suoni che si mescolano bene con la pellicola, alternando note dal ritmo chiaro e armonico, a suoni più “confusi” che interpretano e accompagnano i pensieri, le riflessioni e gli stati d’animo dei personaggi.

 

Tutti i brani scritti e incisi per Scale Model saranno raccolti in un cd, che verrà promosso dopo l’uscita del film.

 

Colonna sonora e musiche

“Abbiamo creduto fosse giunto il momento – dichiarano Fabrizio Nucci e Nicola Rovito – di spendere tutto il nostro tempo e le nostre energie nella realizzazione di un nuovo lungometraggio, un difficile e complesso progetto che siamo contenti di aver portato a termine e di poterlo, finalmente, mostrare al pubblico durante l’anteprima assoluta di Cosenza.

Inoltre, grazie a Scale Model - aggiungono i due - abbiamo voluto rendere omaggio alla nostra meravigliosa terra, mostrando, attraverso la fotografia, una Sila dai paesaggi mai visti prima, un territorio dalle straordinarie ed uniche caratteristiche, che sempre più conquista spessore a livello regionale e nazionale.

Di sicuro un ringraziamento speciale va a tutti coloro che ci hanno sostenuti sin da subito in questa avventura: il sito di crowdfunding Eppela, la Provincia di Cosenza, che ha patrocinato l’opera,  la BCC Mediocrati, il Ristorante Jimmy Valentine, l’Hotel Il Ruscello, l’Antica Pasticceria, Ezio Lauro.

Tutti hanno supportato economicamente e a livello istituzionale il progetto”.

Fabrizio Nucci e Nicola Rovito

 

Scale Model è ambientato, principalmente, tra le montagne del “Vergassano”, ovvero tra gli splendidi panorami della Lorica (Sila). Qui, nella primavera del 1998, in un tranquillo paesino di montagna, una coppia di anziani coniugi viene assassinata in modo efferato. Ancor più scioccante è il fatto che l’assassina, rea confessa, è la figlia ventiquattrenne Eva Molli.

Dopo aver scontato la pena, trascorrendo 16 lunghi anni in carcere, la donna, uscita di prigione, torna a vivere nella casa di famiglia, nel luogo dove si consumò il delitto.

Eva vorrebbe riprendere a vivere una vita normale, ma la diffidenza della gente è davvero forte e così le giornate trascorrono per lei in modo sempre uguale e in solitudine.

Nel frattempo Guido Fermi – noto presentatore della tv e promessa disattesa della psichiatria – viene incaricato di preparare una puntata del suo vecchio show televisivo “Psiche & Delitti”, trattando l’argomento della scarcerazione di Eva Molli.

Il presentatore accetta subito la proposta, sperando che questa sarà l’occasione per ridare smalto alla sua figura professionale, ormai in declino a causa di una pessima figura fatta anni prima in diretta.

 

Eva, avendo bisogno di soldi, accetta l’offerta, da parte di un editore, di riportare la sua storia in un libro, aiutata, nella stesura e nel far riemergere il passato, da un giovane biografo mandato dalla casa editrice stessa.

I ricordi della donna dovranno fare un balzo indietro di 16 anni e lei dovrà rivivere e svelare cosa accadde davvero quella terribile notte degli omicidi.

In contemporanea, Guido inizia le ricerche sulla “vicenda Molli” e su chi sia ora Eva, preparandosi, così, alla puntata della riscossa.

 

I due protagonisti, pur non essendosi mai incontrati prima, si ritroveranno a fare ognuno i conti con il proprio passato e scopriranno come, in realtà, le loro vite si siano vicendevolmente condizionate nel corso degli anni.

La trama

Emila Brandi è l’attrice scelta per vestire i panni di Eva Molli.

L’assassina è una donna dalla personalità ambigua, sempre in bilico tra realtà e finzione, tra verità e menzogna, pur riuscendo a vivere questo stato di cose in perfetto equilibrio e senza dare segni di disagio.

Un personaggio in cerca del proprio riconoscimento sociale.

Giovanni Turco interpreta, invece, Guido Fermi, un uomo ormai privo di molte opportunità. Psichiatra-criminologo, ma soprattutto conduttore televisivo che ha sacrificato e distrutto se stesso e la sua famiglia in nome di una notorietà “da piccolo schermo”. Una fama pagata a caro prezzo e dissoltasi negli anni.

La sua unica possibilità è la via del riscatto personale per riottenere la stima dei suoi cari.

I protagonisti

I biglietti per assistere alla prima assoluta sono già in vendita, on-line, sul sito www.scalemodel.it e in alcuni esercizi commerciali di Cosenza (l’elenco dei punti vendita è pubblicato sul sito).

Il costo del biglietto è di €10,00.

Marino opta per la linea dura contro gli orchestrali in agitazione. «Questo è l'unico percorso che può portare a una vera rinascita dell'Opera. Quindi il cda ha approvato esternalizzazione di orchestra e coro del Teatro dell'Opera votando la procedura di licenziamento collettivo»

«Dopo 134 anni di vita gloriosa oggi il consiglio di amministrazione presieduto dal sindaco Marino si è assunto la responsabilità di mettere una pietra tombale sul Teatro dell'Opera di Roma». Lo dichiara in una nota Gianni Alemanno, ex sindaco della capitale e attualmente consigliere di centrodestra. «Il licenziamento collettivo dell'orchestra e del coro dell'Opera sono un atto gravissimo che dimostra come le dimissioni del Maestro Muti rispondevano proprio a questa logica di ridimensionamento più ampia progettata dal sovrintendente Fuortes - prosegue - Per questo motivo ribadiamo la necessità di convocare un consiglio straordinario dedicato alla situazione del Teatro dell'Opera e soprattutto invitiamo il sindaco Marino a sciogliere questo Cda e a nominare un nuovo sovrintendente che abbia davvero a cuore il futuro dell'Opera di Roma».

«L'unica vera sofferenza, per utilizzare le parole del sindaco Marino, è vedere ancora Fuortes sulla poltrona da sovrintendente del Teatro dell'Opera». Lo dichiara il presidente della commissione Trasparenza di Roma Capitale Giovanni Quarzo (Fi). «Ci attendevamo un suo passo indietro dopo il fallimento della sua gestione, per poi lavorare per il rilancio del Teatro - prosegue - Purtroppo, a pagare le sue inefficienze sono i musicisti ai quali va la nostra totale e sincera solidarietà». «E tra l'altro ancora attendiamo gli atti relativi all'inchiesta interna, che gli abbiamo chiesto durante la Commissione trasparenza - aggiunge - Dati che, ovviamente, Fuortes ancora non ci ha fornito, anche se non potrà più scappare perché il 7 è fissata nuovamente una seduta della commissione».

Le dimissioni di Muti hanno avuto due effetti. I soci della fondazione (il ministro Franceschini, il governatore Zingaretti e il sindaco Marino) si sono compattati per risolvere l'ingovernabilità alla radice. Ma allo stesso tempo la fuga sdegnata del maestro ha prodotto un danno di immagine ed economico. A partire dal bilancio: quattro sponsor, con contratti da un milione di euro ciascuno, hanno deciso di non scommettere più sulla lirica della Capitale. E anche gli abbonamenti alla fine ne hanno risentito.

Sicché i soci, non potendo arrivare ad altri tagli, avevano davanti due strade: chiudere e liquidare o procedere con l'esternalizzazione di coro e orchestra per ripartire con un nuovo sprint.

Nessun sopruso, piuttosto un modello vincente già collaudato in realtà europee prestigiose: da Madrid a Berlino, fino a Londra e Parigi. Spiega infatti il ministro Franceschini: «I musicisti se vorranno, potranno, come avvenuto da altre parti, dare vita a un'orchestra nuova, basata su relazioni trasparenti, sulla qualità e sull'innesto di giovani talenti, che punti a ricostruire con il Teatro un nuovo e diverso rapporto». Da qui ai prossimi 75 giorni si attiveranno i tavoli sindacali in Regione e al ministero. Coristi e orchestrali continueranno a essere dipendenti fino alla fine del procedimento: anche le recite andranno in scena, l'unico dubbio è l'Aida orfana di Muti (il 27 novembre). Poi da gennaio si cambierà. Il modello Roma è destinato a fare scuola sui burrascosi palcoscenici italiani. E non solo.

La scelta è «dolorosa», come premettono tutti, dal ministro Dario Franceschini al sindaco Ignazio Marino. Ma allo stesso tempo, nella pratica, la svolta «è storica e benefica», e non solo per le fondazioni liriche. In generale, dal Teatro dell'Opera di Roma viene lanciato un bel sasso nello stagno del dibattito sul lavoro: d'ora in poi l'orchestra e il coro saranno esternalizzati, dunque per 184 dipendenti (su 460) si aprono le porte del licenziamento collettivo. Ma attenzione: da gennaio tutti gli artisti ritorneranno a lavorare, solo che dovranno essere riuniti sotto un nuovo soggetto giuridico. Un'associazione o una cooperativa che si accorderà con il Teatro per i contratti stagionali. In base a criteri legati all'efficienza, senza più accordi integrativi dalle indennità fantasiose (quelle per il frac o per le trasferte a Caracalla...) e dai privilegi un po' fuori mercato visti i tempi. «È l'unico modo per una vera e auspicata rinascita del Costanzi», dice il sindaco e presidente della fondazione lirica Ignazio Marino, protagonista di una scelta coraggiosa e senza precedenti. Al suo fianco il sovrintendente Carlo Fuortes, che ha proposto il piano della svolta al consiglio d'amministrazione. Passato con sei voti favorevoli e un astenuto. «È stato un trauma, ma è l'unico modo per dare una prospettiva a questo ente», dirà alla fine del board Simona Marchini dopo il proprio sì.

«L'atteggiamento tenuto nei mesi scorsi da parte della Cgil e dei sindacati autonomi, con gli scioperi in occasione della stagione estiva di Caracalla e la decisione di non firmare il piano di risanamento, ha danneggiato il teatro e ogni iniziativa sindacale intrapresa». Lo dice la Cisl per voce del segretario della Fistel Cisl di Roma e del Lazio, Paolo Terrinoni. Terrinoni definisce «un colpo mortale all'Opera, ma anche alla cultura a Roma e in Italia», la decisione del Cda «di avviare la procedura di licenziamento collettivo di 182 persone tra musicisti di orchestra, una decisione che come sindacato «critichiamo fortemente», ma stigmatizza anche «l'atteggiamento della Cgil e dei sindacati autonomi».

Dunque si cambia. E non poteva essere altrimenti. Il 2013 è stato puntellato da un crescendo rossiniano di guerre sindacali e scioperi estivi a Caracalla, tensioni e minacce culminato con l'addio a piazza Beniamino Gigli del maestro Riccardo Muti. Un pasticciaccio, dalla eco internazionale, che stava per vanificare l'anno di sacrifici imposti per ripianare un deficit da 12 milioni di euro e il lavorio messo in piedi per usufruire della Legge Bray (sono in arrivo 20 milioni). «Ecco perché - spiega Salvo Nastasi, direttore generale del Mibact per lo spettacolo dal vivo - avremo una doppia ripartenza per la rinascita: nessuno perderà il posto, lavoreranno tutti, ma lo Stato, principale finanziatore delle fondazioni liriche con 300 milioni all'anno, non si può permettere di buttare i soldi».

The Island, film americano del 2005 parla di clonazione. Facoltosi americani si fanno clonare per avere a disposizione pezzi di ricambio in caso di bisogno: reni, fegato, cuore, e quant’altro. Ma ad un certo punto qualche cosa va storto, i clonati iniziano ad avere una loro identità e due di loro si ribellano e scelgono la libertà. Il sistema crolla su sé stesso e il delirio di onnipotenza evapora. Fantascienza lontana, ma non sappiamo quanto. Huxley nel suo Mondo nuovo aveva anticipato tutto questo anche se la clonazione aveva scopi diversi, ancora, infatti, non si conosceva la possibilità di fare trapianti di organi.

La custode di mia sorella è un romanzo del 2004 (Corbaccio ed.) della scrittrice americana Jodi Picoult dal quale è stato tratto, nel 2009, l’omonimo film che ricalca la storia del romanzo, ma con un finale a sorpresa. Nel romanzo, e nel film, una bambina sviluppa una rara forma di leucemia e i genitori decidono di far nascere una sorella compatibile con quella malata per “usarla” come donatrice. La sorella nasce grazie alla fecondazione artificiale e viene selezionata con le caratteristiche genetiche giuste. Ma anche nel romanzo, come nel film The Island, qualche cosa va storto. Anna, la sorella donatrice, si ribella, è stanca di essere usata e quando si prospetta la necessità di un trapianto di rene fa causa ai suoi genitori.

In The Island l’amore trionfa, i cloni acquistano la libertà, per Anna il finale è diverso, ma la riflessione è la stessa: è lecito usare altri esseri umani per salvare la nostra vita o anche quella degli altri? Il fine giustifica sempre il mezzo? Tutto ciò che è possibile è anche lecito?

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