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Una serata indimenticabile sulla terrazza della Rinascente tra i tetti di Roma e un bel tramonto! Un progetto senza precedenti prende vita tra Visit Saudi e ITA Airways in Rinascente. Una collaborazione, questa, che segna un momento significativo nell’ambito della promozione culturale e turistica della destinazione Arabia Saudita, unendo realtà iconiche per celebrare la ricchezza culturale del paese.
L’Italia e l’Arabia Saudita sono ora più vicine che mai, non solo in termini di viaggio grazie alle nuove connessioni dirette da Roma per Riyadh e Jeddah operate dal vettore nazionale, ma grazie alla cultura e al loro grande patrimonio storico da condividere. Un viaggio che promette di far sognare ad occhi aperti e trasportare i visitatori in una terra di meraviglie.
Per celebrare tutto questo, Visit Saudi sceglie Rinascente, un brand dal know-how italiano che riflette i valori dell’ente attraverso la promozione della bellezza, della cultura e dell’innovazione. Rinascente, con il suo impegno nel fornire esperienze uniche ai suoi clienti, e Visit Saudi, con la sua dedizione nel mostrare la bellezza e le tradizioni dell’Arabia Saudita al mondo, condividono la stessa missione. Entrambi i brand ispirano i propri clienti attraverso la bellezza e l’eccellenza, promuovendo un dialogo interculturale e un arricchimento reciproco. Il progetto prevede un’attivazione che trasformerà due store del famoso marchio di lifestyle italiano: Rinascente Roma Via del Tritone e Rinascente Milano Piazza Duomo saranno il fulcro del progetto che celebra e mette in evidenza le similitudini culturali, l’ospitalità calorosa, lo stile e l’entusiasmo per i grandi eventi.
“Siamo entusiasti di collaborare con Rinascente per portare l’esperienza unica della nostra terra in Italia. Insieme, mostreremo i tesori culturali, l’artigianato saudita e l’ospitalità senza pari che accomunano le nostre rispettive nazioni. Questa collaborazione rappresenta un’opportunità straordinaria per ispirare gli italiani e far conoscere loro le meraviglie che l’Arabia Saudita ha da raccontare, offrendo al contempo un’esperienza immersiva unica e indimenticabile per tutti coloro che varcheranno la soglia dei negozi. Grazie all’apertura dei collegamenti diretti da Roma a Riyadh e Jeddah operati da ITA Airways, si crea una nuova importante connessione tra Italia e Arabia Saudita, rendendo l’Arabia Saudita più vicina che mai,” ha dichiarato Hazim Al-Hazmi, Presidente Europa e Americhe di Saudi Tourism Authority.
Il primo atto di questa straordinaria collaborazione ha preso vita l’11 giugno presso il celebre store romano Rinascente Roma Via del Tritone, trasformando i suoi spazi in una vetrina vivente dell’Arabia Saudita. I visitatori avranno l’opportunità di immergersi completamente nell’atmosfera unica e affascinante della destinazione saudita, attraverso installazioni, esperienze culturali e video emozionali. Il cavedio dello store sarà trasformato in un viaggio immersivo, dove immagini, pattern e video della destinazione prenderanno vita, trasportando i visitatori attraverso le meraviglie del Regno.
E non finisce qui: il 16 luglio l’incanto e la magia dell’Arabia Saudita prenderanno vita anche nel cuore di Milano. La storica sede meneghina di Rinascente Milano Piazza Duomo si vestirà di colori con magnifici giochi di luce che trasformeranno il paesaggio urbano, regalando a tutti i turisti, passanti e visitatori un’esperienza visiva indimenticabile.
In entrambi gli store, suggestive vetrine daranno vita alla cultura, alla moda, alle bellezze naturali e al vibrante calendario eventi dell’Arabia Saudita, incantando i visitatori e trasportandoli in un viaggio emozionante attraverso le ricchezze e le tipicità di questa affascinante destinazione.
“La collaborazione con Visit Saudi rafforza il concetto che sempre più ci contraddistingue non più solo come department store ma come Media Company, ovvero un contenitore di intrattenimento e di un’experience che va ben oltre lo shopping. Come Rinascente siamo inoltre profondamente impegnati nella celebrazione della diversità e nella promozione del dialogo interculturale”, commenta Pierluigi Cocchini, CEO di Rinascente. “Siamo entusiasti di offrire ai nostri visitatori l’opportunità di scoprire di più sulla cultura saudita e di esplorare le sue tradizioni all'interno dei nostri esclusivi Flagship store di Milano e Roma.”
Il progetto tra Visit Saudi e Rinascente giunge in un momento di crescente connettività tra Italia e Arabia Saudita, con la recente espansione delle opzioni di viaggio tramite ITA Airways. Nei piani interrati di entrambi gli store, saranno presenti corner promozionali dedicati al lancio della nuova rotta destinazione operata dal partner ITA Airways, che a inizio giugno ha inaugurato la rotta Roma-Riyadh e ad agosto sarà la volta del volo Roma-Jeddah.
“Siamo molto felici di aver inaugurato lo scorso 2 giugno il nostro primo volo diretto verso Riyadh” ha dichiarato Emiliana Limosani, Chief Commercial Officer ITA Airways and CEO Volare – “ L’Arabia Saudita è un mercato in grande espansione e strategico per ITA Airways soprattutto per il traffico business ed avere accanto un partner di prestigio come Visit Saudi ci riempie di orgoglio e segna un ulteriore passo in avanti verso la crescita del nostro network internazionale. Grazie a questa collaborazione – ha aggiunto il CCO - saranno facilitati non solo i viaggi tra le due nazioni, ma anche il potere dello scambio culturale nel costruire ponti e promuovere relazioni tra i nostri popoli. Il nostro impegno nella regione mediorientale proseguirà con l'introduzione di nuovi voli diretti verso Jeddah che apriremo in agosto.”
Il pubblico avrà l’opportunità di immergersi nell’atmosfera unica e affascinante della destinazione, scoprendo l’Arabia Saudita, un paese dalle tradizioni millenarie e una vibrante cultura. Una promessa per avvicinare sempre di più l’Italia e l’Arabia Saudita, promuovendo lo scambio culturale e l’amicizia tra le due nazioni.


Prendiamo atto del buon risultato elettorale conseguito dalle forze politiche del Governo di Centrodestra che più o meno confusamente cercano di far ritornare la politica al reale, utilizzando il buon senso. Però non dimentichiamo che la società è malata sia in Italia che in Europa, il forte astensionismo è la dimostrazione lampante, ma anche l'assenza nella campagna elettorale dei temi etici. Non solo c'è anche un clima di odio e di rancore diffuso, da parte di gruppi minoritari, definiti a secondo delle circostanze, centri sociali, antagonisti, collettivi studenteschi, o semplicemente anarco-comunisti, tutti appartenenti alla galassia estrema della Sinistra. Certamente “ausiliari” della Sinistra cosiddetta democratica. Non passa un sabato dove nelle piazze di città importanti del nostro Paese questi signori manifestano intolleranza e cieca violenza nei confronti di chi non la pensa come loro. Per il momento l'attenzione di questi manifestanti è rivolta alla guerra scatenata il 7 ottobre scorso da Hamas contro Israele e quindi unilateralmente prendono posizione a favore delle ragioni dei palestinesi. Stefano Magni recentemente sul quotidiano online La Nuova Bussola rilevava questa situazione incresciosa ormai fuori controllo, di totale censura antidemocratica praticata da questi gruppi ben organizzati dediti ad impedire di parlare. (Rivoluzione permanente. La nuova normalità: puoi parlare solo se protetto dalla polizia 8.6.24, lanuovabq.it) Magni inizia il suo ragionamento partendo da una conferenza che si è tenuta in un teatro di Milano, dove è stato necessario avere la protezione della polizia, costretta a chiedere documenti a chi doveva accedere in questi locali, addirittura “per entrare e per uscire dalla lunga e centrale via Pier Lombardo di Milano, si doveva passare attraverso due massicci schieramenti di Carabinieri in tenuta anti-sommossa, con elmi e scudi, camionette e reti paraschegge, transenne e cordoni”. Tutto questo perché, nel teatro “Franco Parenti” era stata annunciata la conferenza Verità sul conflitto israelo-palestinese, con tre relatori noti al pubblico ebraico: Hillel Neuer (direttore della Ong Un Watch), Eylon Levy (già portavoce del governo di Israele) e Rawan Osman (ideatrice di Arab Asks).

Questo basta per creare una tensione da guerra civile, con la necessità, da parte delle forze dell'ordine, di adottare misure straordinarie di sicurezza. Tre quarti d’ora prima dell’evento, fra i sedili sono passati pure i cani anti-esplosivo. La sicurezza era giustificata. Mentre all’interno del teatro si teneva il dibattito, all’esterno, i soliti collettivi pro-Palestina scatenavano la solita protesta, trattenuti dai Carabinieri. “È impensabile che io abbia la polizia a destra e sinistra, con gli scudi, solo per approfondire un argomento”, ha detto la direttrice del teatro. Ma fuori dal teatro, non c’è alcuna propensione al dialogo. Figurati il dialogo. Ormai avere la polizia, in tenuta antisommossa, “a destra e sinistra” sta diventando la nuova normalità, scrive Magni. Un mese fa, il 10 maggio, era stato cancellato un convegno su Israele all’Università Statale di Milano, perché il rettore riteneva che fosse troppo alto il rischio di disordini. La reazione del rettore è stata (anche giustamente) contestata perché era una resa ai violenti e non era vero che la Questura avesse ordinato di rimandare l’evento. Quando la polizia manca, come è mancata nel momento saliente del corteo del 25 aprile, allora si rischiano assalti. In quel caso erano i “maranza”, ragazzi immigrati di periferia ad attaccar briga e a menar le mani contro chi portava la bandiera di Israele. In questo caso sono i collettivi. E gli studenti, proprio come succede nelle università americane, già hanno impedito di parlare a Maurizio Molinari (all’Università Federico II di Napoli) e a David Parenzo (all’Università La Sapienza di Roma), entrambi di sinistra, ma entrambi ebrei e accusati di essere sionisti. Quindi indegni di prendere la parola. Il conflitto mediorientale è il catalizzatore di questa nuova ondata di violenza politica che non è una caratteristica solo italiana. Ma prima che scoppiasse la guerra a Gaza, prima del pogrom del 7 ottobre, lo stesso tipo di violenza e il medesimo modello di intolleranza, era esercitato contro altri nemici. Già nel maggio del 2023, Eugenia Roccella, ministro della Famiglia, era stata zittita da una massa di contestatori, al Salone del Libro di Torino. Ed è stata zittita ancora, da una contestazione analoga, anche più di recente, in occasione degli Stati Generali della Natalità, dallo stesso tipo di contestatori: femministe radicali. In quel caso Israele non c’entrava: secondo i contestatori non può parlare perché è contro l’aborto. Il 25 ottobre 2022, gli scontri alla Sapienza fra collettivi e polizia erano scoppiati perché i primi volevano impedire a Daniele Capezzone di partecipare a un convegno organizzato da Azione Universitaria. In quel caso, si sarebbe dibattuto di capitalismo. Il 23 febbraio 2023, Mario Adinolfi venne aggredito (e ci volle la polizia per proteggerlo) dai centri sociali di Mestre, perché voleva presentare il suo libro Contro l’aborto al centro culturale Candiani. A Catania, all'università, il 19 aprile scorso, una cinquantina di collettivi studenteschi (?) ha impedito a dei professori, degli scienziati di poter svolgere due giorni di dibattiti organizzati da “Scienza & Vita”. L'elenco potrebbe continuare di episodi di censura ad opera di questi “bravi ragazzi”, qualcuno degli intellettuali sinistri li ha definiti, “i nuovi partigiani”. Comunque sia è una questione che va risolta, non è possibile che una minoranza di prepotenti imbottiti di ideologia violenta impedisca l'esercizio democratico peraltro di maggioranze del Paese.

Non so se stiamo esagerando negli allarmi per gli episodi di Torino e Treviso, fatto sta che il sermone tenuto dall’imam musulmano nell’Università di Torino occupata da studenti anti-israeliani e l’esenzione dalle lezioni di letteratura italiana concessa da una scuola di Treviso a studenti che si sentivano “offesi” dalla Divina Commedia di Dante  “indicano un fenomeno di islamizzazione che sta prima di tutto nei numeri, vista la forte immigrazione e il crollo demografico europeo, a questo si aggiunge una secolarizzazione radicale che prelude al crollo della nostra civiltà”. (Eugenio Capozzi, “Euro-islam, è la demografia a condannarci”, 27.5.24, LaNuovaBussola Quotidiana) Tuttavia questi ultimi episodi rappresentano una costante sudditanza culturale e psicologica delle istituzioni culturali e  formative italiane verso pretese, incompatibili con i principi fondanti della società liberale occidentale, provenienti da segmenti delle minoranze islamiche presenti nel nostro paese. Pertanto secondo il professore Capozzi, è troppo facile indignarsi, ogni volta che si verificano episodi del genere, ma si potrebbero fare altri esempi oltre a quelli di Torino e Treviso. Ma come vengono commentati questi fatti dai vari benpensanti moderati che non si riconoscono in quel progressismo sinistro, politicamente corretto. Giustamente si indignano perchè registrano un comportamento che rasenta il masochismo tra i progressisti. Infatti, esiste un ossequio dell’ideologia “diversitaria”, e del politically correct un senso di colpa occidentale verso qualsiasi cultura identificata come “vittima” e di presunte discriminazioni – nei confronti di atteggiamenti, idee, prese di posizione, costumi, atti che sarebbero inflessibilmente condannati se i loro autori fossero connazionali autoctoni, o comunque non membri delle minoranze dichiarate a prescindere “giuste”. Inoltre, si sottolinea “i due pesi e le due misure adottati dalla cultura mainstream progressista rispetto al rapporto tra religione e vita civile: aggressiva e petulante intransigenza laicista contro ogni pretesa invasione “clericale” del cattolicesimo, e all’inverso “tappeto rosso” a riti, culti, interdizioni islamiche in ogni sede (per sintetizzare: presepe no, vacanze per il Ramadan sì)”. Infine, un'altra osservazione che si fa, abbastanza imbarazzante, si evidenzia, “come la irrefrenabile pulsione alla “sottomissione” houellebecquiana del progressismo italiano (e occidentale) all’islam raggiunga vette di nonsense e di corto circuito logico quando, come abbiamo visto negli ultimi mesi nelle dimostrazioni “pro-pal” negli atenei e fuori, le frange della sinistra più woke, “transfemministe” e pro-Lgbt+, convergono con la piattaforma di movimenti fondamentalisti islamici che professano le visioni più “patriarcali” e oscurantiste sui diritti delle donne e delle minoranze “di genere”, e che dovunque ne abbiano il potere praticano nei confronti di entrambe oppressione e violenza brutale”. Tutte considerazioni vere e fondate, purtroppo, in coloro che evidenziano queste considerazioni, si nota spesso una certa dose di confusione o velleitarismo in merito alle risposte che sarebbe opportuno dare ai fenomeni in oggetto. I commenti sono comprensibilmente amareggiati e  scandalizzati e anche giusta l’accorata richiesta alle istituzioni statuali di riaffermare il rispetto dei principi costituzionali e la parità di condizione di tutti i cittadini imponendo alla minoranza musulmana il rispetto di esse. Ma in questi appelli, certamente condivisibili in linea di principio, si denota 1°“una mancanza di chiarezza di fondo sul punto effettivo della questione in gioco, e una fiducia ingenua nella possibilità di ricondurre i conflitti che si manifestano nella convivenza in una società multiculturale all’interno di uno schema interculturale di astratta equivalenza tra diversi valori all’interno di ordinamenti fondati sul predominio della laicità, sul modello francese postrivoluzionario”. Inoltre rivela, scrive Capozzi, 2°“una altrettanto ingenua fiducia nella capacità della civiltà occidentale di affermare la priorità delle sue radici profonde rispetto a gruppi – come quelli fondamentalisti islamici – che le negano e contraddicono”.

Tuttavia la realtà che stiamo vivendo è molto diversa da entrambe queste mozioni astratte. Essa, infatti, ci dice che la crescente arrendevolezza della nostra società – e delle altre società europee – all’influenza dell’islam, nella sua forma più radicale, consegue innanzitutto da un mero fattore quantitativo: “la percentuale di immigrati musulmani nelle popolazioni del vecchio continente va aumentando, e corrispondentemente aumenta la loro rilevanza sociale, culturale e politica”. Mentre, “Il drammatico crollo del tasso di fertilità in Europa, e dall’altro lato il continuo afflusso degli immigrati extraeuropei nel continente - tra cui quelli da paesi a maggioranza islamica gioca un ruolo preminente - nonché la maggiore propensione di questi ultimi a generare prole, faranno inevitabilmente sì, a meno di una clamorosa inversione di tendenza, che entro pochi decenni le proporzioni tra residenti autoctoni ed eteroctoni si rovescino, facendo diventare realtà lo scenario dell’”Eurabia” (o sarebbe meglio dire “Euro-islam”) prefigurato più di un ventennio fa da Oriana Fallaci”. Qualche studio di demografia ipotizza che entro la fine del secolo gli abitanti del continente sarà di religione musulmana. In certi Paesi o aree metropolitane lo scenario si è già realizzato.

A tale scenario, già di per sé eloquente, bisogna aggiungere che la popolazione europea autoctona sta abbandonando a ritmi sempre più accelerati l’adesione alla fede cristiana che ne fonda la civiltà e dalla quale originano i principi di diritto e dignità dell’uomo contenuti negli ordinamenti liberali e democratici. Stiamo “sprofondando in un indistinto relativismo post-cristiano sensibile a ogni suggestione para-religiosa neo-pagana sostitutiva, e incapace di reggere il confronto con la compattezza dell’islam”. Capozzi ci ricorda che “nessuna civiltà sopravvive senza un fondamento etico-religioso comunemente condiviso. La forza aggregativa delle comunità aborrisce il vuoto, e la secolarizzazione radicale non può che essere uno stadio transitorio tra il ripiegamento di una civiltà su se stessa e il suo collasso, sostituita da un’altra”.

Comunque sia, uno scenario così disastroso, potrebbe essere scongiurato soltanto dalla convergenza fra tre fattori: “un “risveglio” religioso cristiano di massa, comportante un recupero integrale del patrimonio culturale ed etico-politico dell’umanesimo cristiano; una imponente ripresa demografica tra le popolazioni autoctone; una severa regolamentazione dell’immigrazione indirizzata non solo a combattere inflessibilmente, senza pietismi, quella illegale, ma anche a favorire l’afflusso da paesi e comunità a maggioranza cristiana piuttosto che islamica o di altre religioni”. Ma allo stato attuale la probabilità della realizzazione di tutti e tre i fattori sembra molto poco realistica, e anzi si può prevedere facilmente una eventuale tendenza a peggiorare su tutti i fronti.

 

E' di questi giorni la notizia del miracolo riconosciuto che porterà alla proclamazione della santità di Carlo Acutis, in quanto ritenuto fatto inspiegabile e avvenuto per la sua intercessione - dopo quello in precedenza servito alla beatificazione -, riguarda una ragazza del Costa Rica, studentessa in Italia, operata per un trauma cranico dovuto a un incidente. Dalle sue condizioni disperate è uscita grazie all'intercessione del beato, invocato dalla mamma.

Carlo Acutis rappresenta "la santità del quotidiano" perché la sua vita è stata "una preghiera continua": a descriverlo così è la madre Antonia Salzano parlando con l'ANSA dopo l'annuncio di oggi. "Un ragazzo normale che ha aperto il suo cuore a Cristo. E ha reso santa la sua normalità", aggiunge. La famiglia Acutis si divide tra Milano, dove gestisce un'azienda, e Assisi, dove il ragazzo chiese di essere sepolto, venendo poi traslato nella chiesa di Santa Maria Maggiore dopo essere stato proclamato venerabile.

La sua tomba, con il corpo visibile, è meta ogni anno di migliaia di pellegrini. Carlo Acutis ha un fratello e una sorella nati entrambi dopo la sua scomparsa. "Un miracolo che mi annunciò lui in sogno", dice la madre. "C'è grande emozione - afferma ancora la donna - anche perché di solito quando i santi vengono proclamati i genitori sono già defunti. Una gioia che condividiamo con tutti coloro che nel mondo ogni giorno pregano Carlo, che ci scrivono di lui e ci parlano di suoi miracoli".

Esiste una numerosa e qualificata letteratura su questa bella figura di giovane cristiano. Tra questi si aggiunge il libro del sacerdote salesiano, don Umberto De Vanna, “Beato Carlo Acutis. 15 anni di amicizia con Dio”, (Elledici-Smart, 2022), tra i vari capitoli, mi ha colpito maggiormente quello che riguarda la testimonianza di Rajesh, “Il mio fidato amico Rajesh”.

Carlo, scrive De Vanna era particolarmente legato all'indiano Rajesh, un domestico di casa, che lo conosceva da quando aveva 4 anni. Era di religione induista, ma per Carlo è stato una vera figura di riferimento in famiglia, un compagno delle sue giornate, un amico con cui si confidava, e che chiamava: “il mio fidato amico Rajesh”. Questo episodio è importante perché mette in luce un aspetto, forse trascurato tra i cristiani, tra i cattolici. Mi riferisco all'ecumenismo, si parla tanto anche a sproposito, di questo aspetto della Chiesa, talvolta non si riesce a comprendere quale sia l'approccio giusto per accostarsi alle altre religioni. Forse il giovane Carlo con la sua paziente relazione è riuscito a spiegarcelo. Carlo non si è fatto particolari scrupoli, è riuscito a portare alla fede cristiana il suo amico domestico, l'indiano induista, naturalmente senza mancargli mai di rispetto. “Carlo aveva una fede così luminosa che riusciva a contagiare chiunque per come la viveva e come ne parlava”. Rajesh racconta che il ragazzo gli faceva la catechesi sulla religione cattolica e gli diceva che sarebbe stato più felice se si fosse avvicinato a Gesù Cristo. Utilizzava la Bibbia, il Catechismo della Chiesa Cattolica e le storie dei santi. Rajesh testimonia che Carlo conosceva quasi a memoria il Catechismo e lo spiegava brillantemente. Conosceva la teologia e la sapeva spiegare meglio degli adulti. “Poco a poco ho cominciato a prendere veramente sul serio i consigli e gli insegnamenti di Carlo, finché non decisi di farmi battezzare cristiano”. Rajsh afferma che il giovane per lui è stato un maestro di vita cristiana autenticamente vissuta, un esempio di moralità eccezionale.“Mi sono fatto battezzare perché è stato Carlo che mi ha contagiato e folgorato con la sua profonda fede, la sua grande carità e la sua grande purezza [...]”. Un ragazzo di alta spiritualità e santità, che ha acceso il desiderio del battesimo nel suo domestico. Carlo non ha nascosto o sottovalutato nulla della nostra fede: importanza di ricevere quotidianamente l'eucarestia (la sua autostrada per il cielo), di pregare la Vergine Maria con il Santo Rosario, cercando di imitarne le virtù eroiche. Carlo sottolineava l'importanza delle “virtù”, che si acquisiscono attraverso un'intensa vita sacramentale.

Era convinto che il più grande dono che Dio aveva fatto agli uomini era stato quello di inviare il suo Figlio Unigenito Gesù. Madre Teresa di Calcutta avrebbe detto: “La più grande disgrazia dell'India è quella di non conoscere Gesù Cristo”. Una frase che potrebbe valere per tutto il mondo. Carlo pregava per i non cristiani, in particolare per gli ebrei, aveva 11 anni quando nel 2002, san Giovanni Paolo II ad Assisi, aveva indetto la preghiera interreligiosa. Carlo aveva un grande desiderio che il Vangelo si diffondesse nel mondo. Diceva con semplicità: “Con questi incontri il Papa dà a tutti la possibilità di conoscere Gesù Cristo, unico salvatore del mondo, da cui dipende la salvezza di tutti gli uomini”. Carlo aveva un grande rispetto per ogni persona, non badava alla diversità di razza, di religione, di cultura, di ricchezza. Tutti erano degni di rispetto perché figli di Dio.

Il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, è tornata al Parco Verde per inaugurare il nuovo polo sportivo nell'ex Delphinia. Durante la cerimonia, ha espresso un'emozione profonda, dichiarando: "Non posso non confessare che la mia emozione è ai limiti della commozione. Questa è una giornata in cui l'affanno e l'ansia per quello che fai improvvisamente assumono un senso perché la sfida di Caivano è stata una delle prime principali scommesse mie e del governo e non ero preparata all'emozione provata".

Meloni ha sottolineato l'importanza della riqualificazione di quest'area, dichiarando che "lo Stato può fare la differenza, le istituzioni possono fare la differenza". Ha ricordato che questo luogo, segnato da tragici eventi e da un fallimento delle istituzioni nel proteggere i più deboli, ora rappresenta un simbolo di speranza e di rinascita.

Don Patriciello, figura di riferimento nella comunità, ha ringraziato Meloni con un'espressione toccante: "io 'o veco e nun 'o crere. Grazie". Tuttavia, la visita ha anche sollevato tensioni, con una lite a distanza con il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, sulla "passeggiata" di Meloni nella zona.

Riforma Costituzionale e Dialogo Politico

Nel corso di un'intervista a 'In mezz'ora', Meloni ha affrontato il tema della riforma costituzionale che introduce il premierato. Ha chiarito che non teme un eventuale referendum: "Non mi fa paura l'idea del referendum e non lo considero un referendum su di me. Lo considero un referendum sul futuro dell'Italia". Ha aggiunto che, anche in caso di bocciatura della riforma, non si dimetterà, ma completerà il suo mandato di cinque anni.

Le critiche delle opposizioni sulla mancanza di dialogo sono state respinte: "Io non penso che la richiesta di dialogo vada rivolta a me perché io ho già dimostrato di essere disponibile al dialogo. Ricordo che partivo da una proposta di semi-presidenzialismo alla francese e ho consultato le forze politiche arrivando a una riforma che andava incontro alle loro richieste".

Accordo sui Migranti e Politica Internazionale

Meloni ha confermato che l'accordo con l'Albania sui migranti procede e sarà presto operativo: "Funzionerà e farà da apripista per altri simili. È un progetto sul quale vogliamo fare le cose per bene". Ha risposto alle critiche della sinistra, che l'accusava di voler creare una "Guantanamo in Albania" e ora critica i presunti ritardi.

Riguardo alla guerra in Ucraina, Meloni ha espresso preoccupazione per le dichiarazioni di Jens Stoltenberg, segretario generale della NATO, invitando alla prudenza. Ha criticato anche Emmanuel Macron per le sue dichiarazioni sull'invio di truppe di terra, sottolineando la necessità di una posizione ferma ma prudente.

Situazione in Medio Oriente

Meloni ha parlato anche della crisi in Gaza, ribadendo la necessità che Israele rispetti il diritto internazionale. Ha osservato che la risposta di Israele ai fondamentalisti rischia di isolarlo a livello internazionale. Ha inoltre sottolineato l'importanza di un cessate il fuoco sostenibile e del rafforzamento dell'autorità nazionale palestinese per una pace duratura.

Il Caso Giovanni Toti

Sulla questione del presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti, accusato di corruzione, Meloni ha dichiarato: "Io credo che solamente Giovanni Toti sia nella posizione di dare una risposta a questa domanda, perché solo lui conosce la verità. Penso che lui sia nelle condizioni di valutare cosa sia meglio per i cittadini della sua regione".

Prospettive Europee

Infine, Meloni ha parlato delle elezioni europee, auspicando una maggioranza di centrodestra per mandare la sinistra all'opposizione anche in Europa. Ha criticato i compromessi al ribasso delle attuali maggioranze arcobaleno, enfatizzando la necessità di un'Europa forte e pragmatica. Sul patto di stabilità, ha sottolineato l'importanza di sostenere la crescita economica e di utilizzare efficacemente i fondi di coesione per migliorare la situazione economica dell'Italia.

 

 

 

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