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L'avventura di 18 pescatori, tra cui diversi italiani, detenuti in Libia dallo scorso settembre, è stata conclusa dal generale Khalifa Haftar, dopo la mediazione di Atene, con Roma che ha ringraziato il nostro Paese. 

Secondo il ministro degli Esteri, la Grecia aveva un ruolo di mediazione, mentre Nikos Dendias era in costante contatto con entrambe le parti e aveva inviato una lettera pertinente ad Haftar.  

Secondo la stampa Ellenica la Grecia accoglie con favore il rilascio di 18 pescatori, ha affermato in un comunicato il ministero degli Esteri. Il Ministero degli Affari Esteri, su indicazione del Ministro degli Esteri Nikos Dendias, aveva assunto un ruolo di mediazione ed è stato in costante contatto con le due parti negli ultimi tre mesi per porre un lieto fine a questa questione umanitaria.

In questo contesto, il ministro degli Esteri Nikos Dendias ha inviato una lettera al generale Haftar in cui ha sottolineato, tra le altre cose, che la Grecia vuole creare, con l'assistenza di tutti i paesi del vicinato più ampio, un'area di pace, stabilità, basata su relazioni di buon vicinato e pieno rispetto del diritto internazionale.

Il ministro degli Esteri ha inoltre sottolineato che Paesi come Grecia, Italia e Libia, in quanto vicini e legati dalla storia, dovrebbero dare l'esempio di una convivenza armoniosa in una regione travagliata. In questo contesto, conclude, le rispettive controversie dovrebbero essere risolte pacificamente, attraverso il dialogo.

Venerdì scorso, il ministro degli Esteri italiano Luigi di Maio ha inviato un messaggio al suo omologo greco, ringraziandolo per il suo generoso sostegno alla Grecia, sottolineando, tra l'altro, che i pescatori potranno festeggiare il Natale con le loro famiglie.

Secondo le ricostruzioni Italiane, Haftar è stato pressato da più parti per cedere sul rilascio dei marinai, per il quale avrebbe richiesto in cambio ciò di cui parla Di Maio, la riqualificazione dei rapporti con Roma, che si è concretizzato con l’incontro col ministro e col presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e con le photo opportunity collegate. Secondo quanto noto a Formiche.net, per esempio, sia la Grecia (che parla con Haftar in chiave anti-Turchia, disposta sull'altro lato del conflitto libico) che la Russia (partner di Haftar con mire espansionistiche nel Mediterraneo) hanno avuto un loro ruolo nelle trattative; e non solo. Differentemente da quanto detto dall'ex premier Silvio Berlusconi però non è stato grazie a Vladimir Putin che Haftar ha rilasciato i pescatori. 

Circostanza negata anche da Di Maio. Il rilascio è avvenuto a valle di una serie di interlocuzioni, su cui l'Aise ha avuto il ruolo centrale, e che hanno avuto come contraccambio quel riconoscimento di Haftar come “interlocutore” (così lo chiama Conte), utile al signore della guerra per spingere il suo ritorno in pista. La vicenda è complessa, distante dalla polemica politica interna in cui è stata abbassata dalle forze politiche italiane. La riqualificazione di Haftar è parte di una serie di passaggi che lo hanno visto protagonista nell’accordo sulla riapertura delle produzioni petrolifere, nell’accettazione del meccanismo di contatto militare “5+5” (parte del dialogo onusiano in corso), delle evoluzioni che riguardano la Banca centrale.
Secondo la BBC, le motovedette libiche fedeli ad Haftar hanno catturato i 18 pescatori di base in Sicilia il 1 ° settembre. I 18 sono stati accusati di violare le acque territoriali libiche. L'Italia ha contestato questa affermazione.

La detenzione degli uomini ha causato un danno politico al Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, accusato al vicino di non aver mostrato un pugno contro il generale. Le famiglie dei pescatori avevano fatto una campagna nella capitale italiana Roma per cercare di garantire la loro libertà.
Dei 18, otto sono cittadini italiani. sei tunisini, due indonesiani e due senegalesi. La loro attività di pesca era basata nel villaggio siciliano di Mazara del Vallo e pescavano al largo delle coste libiche in acque ricche di gamberi rossi.

 

fonti :  Ta Nea / Formiche.

Tra giugno ed ottobre circa il 70% delle aziende italiane ha subito cali di fatturato a seguito delle misure anti-contagio, segnala l'Istat nel suo rapporto "Situazione e prospettive delle imprese nell'emergenza sanitaria COVID-19".

Tutt'altro che rassicurante il quadro descritto dall'Istat sulle condizioni delle imprese italiane nel contesto della pandemia di coronavirus. Al momento della stesura del rapporto "Situazione e prospettive delle imprese nell'emergenza sanitaria COVID-19", non tutte le aziende hanno ripreso in pieno l'attività.

"Nel corso della rilevazione, il 68,9% delle imprese ha dichiarato di essere in piena attività, il 23,9% di essere parzialmente aperta - svolgendo la propria attività in condizioni limitate in termini di spazi, orari e accesso della clientela".

"Il 7,2% ha invece dichiarato di essere chiuso: si tratta di circa 73 mila imprese, che pesano per il 4,0% dell’occupazione. Di queste 55 mila prevedono di riaprire mentre 17 mila (pari all’1,7% delle imprese e allo 0,9% degli occupati) non prevedono una riapertura", si legge in un passaggio del rapporto.

“Al contrario degli altri settori simbolo del Made in Italy come moda e automotive, che registrano cali di fatturato superiori al 20% - sottolinea Coldiretti -, le imprese del comparto alimentare mettono a segno un aumento dei ricavi diventando la prima ricchezza del Paese con un valore di filiera che supera i 538 miliardi . Quella agroalimentare è una realtà allargata dai campi agli scaffali che garantisce – continua la Coldiretti – 3,6 milioni di posti di lavoro e vale il 25% del Pil grazie all'attività, tra gli altri, di 740 mila aziende agricole, 70mila industrie alimentari, oltre 330mila realtà della ristorazione e 230mila punti vendita al dettaglio.

Le aspettative sono negative per le medie imprese manifatturiere familiari italiane che stimano di chiudere l'anno con un calo del fatturato dell'11,1%. E' quanto emerge dalla 55esima edizione della ricerca sulle principali Società Italiane dell'Area Studi di Mediobanca, in base a interviste realizzate dalla seconda metà di settembre. Unico settore che resiste alla pandemia quello agroalimentare, nonostante il lockdown abbia messo sotto scacco il mondo della ristorazione. Con il segno più ci sono le aziende del conserviero (+1,3%), dolciario (+2,5%) e il caseario (+4,9%) e altri alimentari (+5,3%). Accusano invece una battuta d’arresto i molini e i pastifici (-4,4%) e il beverage (-2,9%).

Una quota non irrilevante delle imprese denuncia difficoltà nel portare avanti il proprio business.  "Il 32,4% (con il 21,1% di occupati) segnala rischi operativi e di sostenibilità della propria attività e il 37,5% ha richiesto il sostegno pubblico per liquidità e credito, ottenendo nell’80% dei casi."

In questo contesto, si segnala l'aumento del canale web per realizzare le vendite, quasi raddoppiato con il 17,4% delle imprese coinvolte. Un altro fattore positivo in controtendenza è che circa un'azienda su quattro (25,8%) è orientata ad adottare strategie di espansione produttiva.

A livello settoriale il report Istat segnala che recuperano rispetto ai risultati negativi di marzo-aprile le imprese che operano nelle costruzioni, con il 26,8% che dichiara una stabilità del fatturato e l'11,5% una crescita, contro l'8,3% e il 6,1% di marzo-aprile. La metallurgia presenta una quota relativamente elevata di imprese con flessione del fatturato mentre nelle industrie farmaceutiche l'incidenza di dinamiche positive, pur consistente (22% dei casi), è inferiore a quella di marzo-aprile (28%). La quota di operatori che riportano una perdita di fatturato compresa tra il 10 e il 50% è superiore alla media complessiva (45,6%) nel comparto dei beni alimentari (50,8%) e in quello dei beni di investimento (49,2%). Il commercio, in particolare quello al dettaglio, ha risultati in linea con quelli aggregati nonostante le limitazioni amministrative: il 42,3% registra un calo del 10-50%, il 10,6% di oltre il 50% e l'11,2% di meno del 10%.

Secondo Il Post  si parla di crisi di governo anche come affrontare questa situazione economica con l arrivo dei recovery found, secondo il giornale,l’idea di Conte è creare una «cabina di regia», composta dalla presidenza del Consiglio, dal ministro dell'Economia Roberto Gualtieri – del Partito Democratico – e da quello dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli, del Movimento 5 Stelle. Il ministro degli Affari europei Vincenzo Amendola dovrebbe fare da referente unico con la Commissione europea.

Ai ministri, stando ai piani di Conte, dovrebbero essere affiancati sei manager per ciascuna delle macrocategorie dei progetti, che a loro volta dovrebbero sovrintendere una “task force“ di “tecnici”, il cui numero non è ancora stato definito. La struttura dovrebbe essere istituita con un emendamento alla legge di bilancio che le garantisca poteri speciali.

A opporsi a questo tipo di gestione del piano è stata soprattutto Italia Viva, il partito dell'ex presidente del Consiglio Matteo Renzi che sostiene la maggioranza. Secondo Italia Viva questa forma di gestione creerebbe una struttura parallela che, anziché snellire l’iter di realizzazione dei progetti, andrebbe a sovrapporsi ai ministeri esistenti.

In un'intervista al giornale spagnolo El Pais, Renzi ha detto che «se Conte vuole pieni poteri come Salvini, io dico no», e alla domanda se fosse disposto a far cadere il governo nel caso in cui Conte non dovesse fare un passo indietro ha risposto «sì, perché questo non è un problema di posti, che pure mi hanno offerto. Il meccanismo del dibattito sulle regole istituzionali non può essere compensato con un piccolo accordo».

Non c’è solo Italia Viva a contestare la cosiddetta “task force” sul piano di gestione del Recovery Fund: si sono detti contrari anche alcuni deputati del PD e i presidenti di alcune regioni, i quali vorrebbero avere un ruolo maggiore nella progettazione, realizzazione e gestione dei piani nazionali sui fondi.

Secondo il Tempo Giuseppe Conte non è insostituibile: Mario Draghi sarebbe il preferito dai partiti infatti nel Pd, Stefania Pezzopane è sicura: “dopo Conte? Conte! Credo che le scaramucce di questi giorni verranno superate e andremo avanti”. In Forza Italia, invece, la fedelissima berlusconiana Michaela Biancofiore presuppone tre scenari teorici: “Renzi si stacca e si fa il governo dei due Mattei. Di Maio si stacca con la sua componente pentastellata più moderata, e governa con il centrodestra assieme a Renzi. Il terzo scenario è che Forza Italia appoggi questa maggioranza, ma è davvero improbabile”. Nomi? “Il nome che gira di più é quello autorevole di Draghi, ma ci sono molti altri aspiranti”.  

E’ lapidario, poi, Osvaldo Napoli, azzurro anche lui. “Se Mattarella vuole un governo che duri fino a fine legislatura ed elegga anche il Presidente della Repubblica c'è solo un nome, e lei sa benissimo qual è”. Draghi? “Perfetto!” Dall'udc, il senatore Antonio Saccone smonta qualsiasi ipotesi: “nomi non se ne fanno perché secondo me non crede nessuno a questa cosa. Detto ciò, auspico nasca una collaborazione alla luce del sole tra maggioranza e opposizione. Il governo di unità nazionale sarebbe un passo di grande maturità che io al momento non vedo”. Dalla Lega, il deputato Luca Paolini osserva: “Cadesse Conte? I più mirano a Draghi ma non so se lui sarebbe disponibile per un governo che in ogni caso dovrebbe durare sei mesi. In ogni caso si tratterebbe di un nome di alto profilo…quindi forse anche la Cartabia, ma tanto per dirne uno”.

 

fonti Sole 24 / il Tempo/ il Post / Sputnik

 

Dopo il calo ininterrotto per tredici trimestri consecutivi, particolarmente accentuato nei primi due del 2020, torna a crescere il numero di disoccupati che si attesta a 2 milioni 546 mila unità (+202 mila in un anno, +8,6%); l'aumento coinvolge sia gli individui in cerca di prima occupazione sia chi ha precedenti esperienze di lavoro. Lo indica l'Istat nei dati sul mercato del lavoro relativi al terzo trimestre dell'anno.

Il tasso di disoccupazione, in calo per sei trimestri consecutivi, torna ad aumentare portandosi al 9,8% (+1,4 punti rispetto al secondo trimestre 2020).

In "lieve recupero" congiunturale la produzione industriale ad ottobre, dopo il calo registrato a settembre: rispetto al mese precedente segna un +1,3%. Su base annua, diminuisce invece del 2,1% (i giorni lavorativi di calendario sono stati 22 contro i 23 di ottobre 2019). Lo stima l'Istat. Nella media del trimestre agosto-ottobre il livello della produzione cresce dell'11,7% rispetto al trimestre precedente. La crescita mensile di ottobre, sottolinea l'Istituto, è estesa a tutti i settori, con esclusione dell'energia.

"A ottobre si osserva un lieve recupero congiunturale della produzione industriale, dopo il calo registrato nel mese di settembre. Nella media degli ultimi tre mesi la dinamica congiunturale risulta ampiamente positiva", è il commento dell'Istat. Rispetto a febbraio 2020, mese immediatamente precedente le restrizioni legate all'emergenza Covid-19, "il livello dell'indice è inferiore del 2,2% mentre, in termini tendenziali, l'indice corretto per gli effetti di calendario è più basso del 2,1%, con una significativa attenuazione della riduzione rispetto a settembre (era -4,9%). A livello dei principali raggruppamenti di industria - prosegue - tutti i comparti risultano in diminuzione su base annua, più accentuata per i beni di consumo".

Nello specifico, l'indice destagionalizzato mensile mostra un aumento congiunturale "apprezzabile" per i beni strumentali (+2,6%), un incremento più contenuto per i beni intermedi (+1,3%) e ancora più ridotto per i beni di consumo (+0,7%); viceversa, diminuisce nel comparto dell'energia (-3,0%).
Nel confronto annuo, flessioni tendenziali caratterizzano tutti i comparti; la riduzione è meno pronunciata per i beni intermedi (-1,0%) e i beni strumentali (-1,2%), mentre risulta più rilevante per i beni di consumo (-4,1%) e l'energia (-2,7%).

I settori di attività economica che registrano i maggiori incrementi tendenziali sono la fabbricazione di mezzi di trasporto (+5,6%), la fabbricazione di apparecchiature elettriche (+4,0%) e le altre industrie (+3,5%). Le flessioni più ampie si registrano nelle industrie tessili, abbigliamento, pelli e accessori e nella fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati (-17,4% per entrambi i settori).

"Se Conte vuole pieni poteri come Salvini, io dico no". Lo afferma il leader di Iv Matteo Renzi in un'intervista al Pais, dicendosi pronto a far cadere il governo se il presidente del Consiglio non farà marcia indietro sulla cabina di regia per la gestione dei fondi europei.

Alla domanda "è pronto a far cadere il governo se Conte non farà marcia indietro?", Renzi risponde: "Sì, perché questo non è un problema di posti, che pure mi hanno offerto. (...) Il meccanismo del dibattito sulle regole istituzionali non può essere compensato con un piccolo accordo".

Conte, prosegue Renzi, "sta viaggiando in contromano su un'autostrada", ma "se recupera la lucidità e frena su questa misura assurda, siamo pronti a ragionare sulla questione". Conte, afferma ancora il leader di Iv intervistato al telefono, è stato confermato presidente del Consiglio "dopo che, un anno e mezzo fa, avevamo fatto un'operazione in Parlamento contro Salvini". 

Il primo ministro, aggiunge Renzi, ha lavorato contro la pandemia, "e in alcune cose lo ha fatto meglio che in altre, ma non si può accettare che in nome dell'emergenza, 10 mesi dopo il suo inizio si arroghi tutti i poteri dello Stato per spendere questi 200 miliardi. Abbiamo rimosso Salvini per questo". Alla domanda se crede di avere in questo l'appoggio almeno di una parte del Pd e dell'opposizione, Renzi risponde: "Molti di quelli che in pubblico prendono le distanze da me, in privato riconoscono che le nostre critiche sono giuste e autentiche. Per questo spero che Conte si fermi".  

Non è dello stesso avviso il leader di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni, che oggi ha affermato, ai microfoni dell'Agenzia Vista: "Renzi ogni volta fa finta di alzare il prezzo su qualcosa che interessa gli italiani per portare a casa qualcosa che interessa a lui: qualche poltrona in più, qualche strapuntino, qualche spazio maggiore di governo". Ieri, a Stasera Italia, su Rete 4, la Meloni aveva già dichiarato: "Renzi alza la voce solo per alzare la posta, lo fa esclusivamente per avere poltrone. Del resto non gliene frega niente, sta solo mettendo a repentaglio la stabilità italiana per avere poltrone. Anche perché, se si va a votare, Renzi ha percentuali sì e no del 3%". E sull'approvazione della cabina di regia, la Meloni conclude: "Alla fine mi pare che accetteranno anche la cabina di regia che per lui è sempre meglio della cabina elettorale".  

Giorgia Meloni, leader di Fratelli d'Italia, avrebbe smascherato Renzi, rivelando il motivo delle sue parole. L'ex premier si è detto convinto sul fatto che Giuseppe Conte "farà marcia indietro" sulla cabina di regia ma, in caso ciò non accadesse, "ritireremo l'appoggio al governo": "È una questione di rispetto delle regole". Renzi dichiara di non accettare che il presidente del Consiglio, "in nome dell'emergenza, a 10 mesi dal suo inizio, si arroghi tutti i poteri dello Stato per spendere questi 200 miliardi". E aggiunge: "Non ci siamo liberati di Salvini per questo". Infine, sui fondi europei destinati all'Italia, precisa: "Abbiamo 200 miliardi di euro, però non sappiamo chi ha deciso come spenderli, è apparso solo un documento che dice cose come 'per il turismo 3,2 miliardi'. Il turismo è cruciale per l'Italia. I nostri amici spagnoli saranno contenti se investiamo solo questa cifra. È assurdo che un Paese come il nostro, con un patrimonio culturale e la capacità di attrarre visitatori, investa l'1,5% dei fondi in questo settore. Chi ha deciso questa follia? E questo è solo l'inizio". Renzi aveva anche precisato di non ambire a strappare al governo un numero maggiore di poltrone, minacciando di ritirare l'appoggio: "È bene essere chiari sul punto e lo diciamo: non scambieremo il nostro sì al governo con uno strapuntino o un posto a tavola".  

Fonti Ansa / il giornale

 

 

 

 

Nonostante l'impegno preso dal ministro Luigi di Maio nell'ottobre 2019 di sospendere la vendita di armi ad Ankara per i bombardamenti in Siria contro i curdi, i big dell'industria bellica tricolore hanno continuato a fare buoni affari con il governo turco: solo nei primi 6 mesi del 2020, secondo l'Opal, sono state vendute munizioni made in Italy per 60 milioni di euro. Fondi che si aggiungono agli armamenti venduti dal 2013 al 2019 per la cifra di 1 miliardo complessivi. Stando all'ultimo report dell'istituto Sipri, il 20% delle armi vendute dall'Italia ai Paesi extra-Ue sono andate alla Turchia, di gran lunga il primo acquirente. Ma non è solo una questione di interessi della nostra industria bellica o più in generale della nostra economia: anche l'attivismo del presidente Recep Tayyp Erdogan in Libia spinge la nostra Farnesina a preferire in sede Ue la carota al bastone.  

L’export di armi italiane verso la Turchia rappresenta solo una piccola parte del totale, ma è cresciuto a ritmi alti negli ultimi anni. Nel 2013 le licenze di export verso la Turchia autorizzate avevano un valore di 11,4 milioni. L’importo è salito a 52,5 milioni nel 2014, 128,8 milioni nel 2015, 133,4 milioni nel 2016, 266,1 milioni nel 2017 e 362,3 milioni nel 2018. Se si vanno a guardare quali sono gli altri acquirenti di armi italiane al primo posto troviamo il Qatar: acquista armi per 1,9 miliardi di euro. Come si può notare nel grafico qui sopra, il secondo è il Pakistan con 692 milioni di euro di operazioni autorizzate nel 2018. Il quarto Paese sono gli Emirati Arabi Uniti, ma in passato hanno suscitato polemiche anche le vendite di armi verso l’Egitto (nel 2018 sono state autorizzate operazioni per 69 milioni).

La Turchia, che recentemente ha inviato le sue truppe in Libia al sostegno di Al-Sarraj, è il terzo acquirente di armi made in Italy, dopo Qatar e Pakistan, e negli ultimi 5 anni ha comprato armamenti per 943 milioni di euro dalle fabbriche italiane.

La tipologia di arma italiana più venduta è l’elicottero da guerra: vale 2,6 dei 5,2 miliardi di euro di autorizzazioni concesse nel 2018. Al secondo posto (459 milioni) c’è la categoria “bombe, siluri, razzi, missili ed accessori”. Ma nella relazione non viene specificato quale tipologia di armi viene venduta a ciascun Paese. Si conoscono, però, le aziende che esportano armi all’estero. Quella che nel 2018 ha ottenuto più autorizzazioni è stata Leonardo, la ex Finmeccanica, con 915 autorizzazioni per un valore di 3,2 miliardi di euro. Leonardo, che ha come principale azionista il ministero italiano dell’Economia e delle Finanze, è infatti la principale società che produce armi in Italia e realizza, tra le altre cose, proprio elicotteri.

Ci sono volute almeno tre versioni e una lunga discussione serale, ma alla fine i leader Ue riuniti a Bruxelles hanno dato il via libera a nuove sanzioni contro la Turchia per 'punirla' della escalation militare lanciata nel Mediterraneo per accaparrarsi una fetta di giacimenti di gas nelle acque di competenza economica di Cipro e della Grecia. La lista delle "personalità ed entità turche" da colpire dovrebbe adesso venire redatta da Bruxelles e varata intorno a marzo.

I leader, si legge nelle conclusioni, invitano il Consiglio Ue "ad adottare delle liste aggiuntive basate sulla propria decisione dell'11 novembre 2019 riguardo alle misure restrittive a fronte delle attività di trivellazione non autorizzate nel Mediterraneo orientale". Il vertice Ue, inoltre, invita la Commissione e l'Alto rappresentante per la Politica estera e di sicurezza comune "a sottoporre un rapporto sullo stato delle relazioni Ue- Turchia a livello politico, economico e commerciale, e sugli strumenti e opzioni riguardo a come procedere, ivi compresa l'estensione del campo d'applicazione delle decisioni summenzionate (ovvero delle sanzioni, ndr), da considerare al più tardi durante il "Consiglio europeo di marzo 2021".  

Una misura che accontenta, ma non troppo, il fronte pro pugno duro contro Ankara, guidato in modo palese da Atene, ma con alle spalle il supporto della Francia di Emmanuel Macron. Di contro, nel testo non compare quell'embargo alla vendita di armi alla Turchia che la Grecia chiede da tempo. Una richiesta che, a quanto pare, Germania, Italia e Spagna hanno bloccato sul nascere.

Infatti Giuseppe Conte, insieme alla cancelliera Angela Merkel e al premier spagno Pedro Sanchez, avrebbero spinto per "una linea relativamente morbida" sulla Turchia al vertice Ue, come scrive Jacopo Barigazzi su Politico. "Alcuni diplomatici hanno affermato che l'Ue ha cercato di trovare un equilibrio con Ankara, un membro della Nato e un alleato chiave per la migrazione, usando sia la carota che il bastone per cercare di evitare un'escalation - scrive - Tale approccio si riflette nel fatto che il testo, ad esempio, non contiene un embargo sulle armi richiesto dalla Grecia e anche che non vi è alcuna decisione immediata di imporre ulteriori sanzioni".  

Le ragioni economiche e geopolitiche dello stop di Berlino e Roma a questa proposta sono chiare. La Germania è il principale partner commerciale di Ankara, e anche se rispetto a un decennio fa ha ridotto di molto i suoi rifornimenti di armi all'esercito turco, resta ancora un importante supporto per la costruzione di navi militari (le stesse al centro dell'escalation nel Mediterraneo). L'Italia, dal canto suo, ha un interscambio di beni con la Turchia pari a circa 15 miliardi, secondo i dati 2019 del ministero degli Affari esteri: esportiamo soprattutto prodotti chimici e meccanici (anche la plastica non riciclata), ed importiamo autoveicoli, beni agroalimentari e tessili e prodotti mettallurgici. Alla voce export un ruolo di rilievo lo continua a svolgere il mercato delle armi.

Sanzioni a parte, il resto delle conclusioni dei leader Ue sono più che conciliatorie con Ankara: si riafferma il valore strategico dei buoni rapporti fra le due parti, soprattutto sulla questione migratoria, e si ripropone una "agenda positiva" come via da seguire favorita, Innanzitutto, il vertice Ue "nota il ritiro da parte della Turchia della nave Oruc Reis" dalle acque di competenza greca (una delle navi inviate per accaparrasi il giacimento di gas al largo di Cipro) e "insiste per una de-escalation costante in modo da consentire una tempestiva ripresa e una buona continuazione dei colloqui esplorativi diretti fra la Grecia e la Turchia".

Il Consiglio europeo poi "riafferma l'interesse strategico della Ue nello sviluppo di relazioni cooperative e reciprocamente vantaggiose con la Turchia. L'offerta di un'agenda positiva Ue-Turchia - sottolinea - resta sul tavolo, a patto che la Turchia mostri di essere pronta a promuovere un partenariato genuino con l'Unione ed i suoi Stati membri, e a risolvere le divergenze attraverso il dialogo e in accordo con il diritto internazionale. Una tale agenda potrebbe coprire le aree dell'economia e del commercio, dei rapporti tra le popolazioni, del dialogo ad alto livello e della continuazione della cooperazione le questioni migratorie".

I leader dei Ventisette sottolineano "l'importanza di mantenere aperti i canali di comunicazione fra l'Ue e la Turchia", e assicurano che "l'Ue sarà anche pronta a continuare a fornire assistenza finanziaria ai rifugiati siriani e alle altre comunità ospitate in Turchia, e a cooperare sulla gestione responsabile dei flussi migratori verso gli Stati membri e sull'incremento degli sforzi nella lotta contro i network del traffico di migranti". Ultimo paragrafo delle conclusioni sulla Turchia riguarda l'annosa questione cipriota, l'isola ancora divisa in due: una parte nell'Ue, l'altra nella sfera turca.


Fonti Europatoday/web


 

E' morto a 64 anni Paolo Rossi, l'ex calciatore campione del mondo con l'Italia nel 1982. Ne ha dato notizia nella notte la moglie Federica Cappelletti, sul suo profilo Instagram.

"Le nostre bandiere sono inchinate davanti a Paolo Rossi". Lo ha detto nell'Aula della Camera il vicepresidente Fabio Rampelli (Fdi) ricordando in apertura di seduta il giocatore di calcio campione del mondo nel 1982 scomparso nella notte. Le sue parole sono state seguite da un lungo ed unanime applauso in piedi dei deputati presenti. "Si tratta di un ricordo doveroso, sentito e giusto", ha detto Enrico Borghi del Pd. "E' stato una metafora di come nella vita si possa avere successo, si possa cadere e ci si possa rialzare", ha aggiunto. Per ricordare Rossi intervengono deputati di tutti i gruppi parlamentari.

Ha dato quasi per primo la notizia della scomparsa di 'Pablito' il vicedirettore di RaiSport, Enrico Varriale: "Una notizia tristissima, ci ha lasciato" un "indimenticabile, che ci ha fatto innamorare tutti in quell'Estate dell'82 e che è stato prezioso e competente compagno di lavoro negli ultimi anni".

Paolo Rossi fece letteralmente ammattire il fortissimo Brasile in quel mondiale rifilando ai verdeoro una fantastica tripletta che lo portò poi a scrivere un libro dal titolo emblematico: "Ho fatto piangere il Brasile", scritto a quattro mani con il giornalista Antonio Finco. L'ex centravanti di Vicenza, Verona e Milan in un'intervista a La Repubblica svelò il significato di quel libro: "Non volevo le solite memorie commerciali, oppure il libello con lo spunto polemico messo apposta perché se ne parli. Nessuno si aspetti scandali o rivelazioni clamorose. Si trattava di scrivere la storia della mia carriera, che è anche quella della mia vita, e per farlo servivano pazienza, memoria e voglia di verità. Ci abbiamo messo due anni e sono soddisfatto delle parole usate, mi sembrano giuste".

Rossi è stato l'uomo che ha sconfitto "da solo" il Brasile e negli anni quella partita è stata spesso ricordata ogniqualvolta si parlava della nazionale italiana di calcio: "Sì. Io sono il centravanti che fece tre gol ai brasiliani. Sono anche altre cose, ma essenzialmente quella. Mi rivedo con la maglia azzurra numero venti, e mi fa piacere perché la Nazionale unisce mentre le squadre di club dividono. A volte passano anni senza che mi arrivano telefonate speciali, ma quando mancano due mesi al Mondiale comincia a squillare il telefono. E tutti mi chiedono del Brasile, anche se è passata una vita"


Sei mesi fa ho perso un fratello, oggi ne piango un altro. Non voglio dire altro, per me questo non è il momento di parlare". Al telefono con l'Ansa, Antonio Cabrini, compagno di squadra di Paolo Rossi per tanti anni alla Juve e in Nazionale, è distrutto nel ricordare il goleador dell'Italia Mundial.

"L'ho saputo cinque minuti fa, mi dispiace tantissimo. Non so cosa dire, è stato fulmine a ciel sereno". Così Dino Zoff, appresa la notizia della scomparsa di Paolo Rossi, eroe della Nazionale campione del mondo del 1982. "Abbiamo sempre avuto un grande rapporto con Paolo, simpatico, intelligente - prosegue Zoff al telefono con l'ansa - Era un po' che non ci sentivamo, ci avevano detto qualcosa ma non pensavo fosse così grave. I rapporti con lui erano stupendi, era simpaticissimo. Intelligente, aveva tutto per stare bene. Qualcosa difficile da capire".

"Lo ammetto... piango. Facevi parte del gruppo di 'Amici Veri'. E' il messaggio commosso di Zibi Boniek per la scomparsa di Paolo Rossi, suo compagno di squadra con la maglia della Juventus. "Con te non solo ho vinto - conclude l'ex giocatore polacco - ma anche vissuto".

"Paolo Rossi ci ha fatto sentire orgogliosi di essere italiani, è stato l'eroe di tutti noi. La Serie A piange un immortale del nostro calcio, amato dal mondo intero". E' il messaggio del presidente della Lega di Serie A, Paolo Dal Pino, per la scomparsa di Paolo Rossi. "Mando un sentito abbraccio e le condoglianze della Lega Serie A a tutta la sua famiglia". Bandiere a mezz'asta nella sede romana della Figc e soprattutto a Coverciano, la casa della nazionale, a Firenze.

Nell'estate del 1982 con i suoi gol ha regalato un sogno a intere generazioni. È stato il simbolo di una Nazionale e di un'Italia, unita e tenace, capace di battere avversari di enorme caratura. Addio a Paolo Rossi, indimenticabile campione. L'Italia ti ricorderà con affetto scrive Giuseppe Conte (@GiuseppeConteIT)


Una carriera da brivido, metafora vivente di un calcio che non cesserà mai di sorprendere. Pablito, l'eroe del Mundial spagnolo, per tutti resta "Paolo Rossi, un ragazzo come noi": gli è riuscito persino il dribbling ad Antonello Venditti che ha poetizzato quel nome in una sua bellissima canzone. Non si trattava del centravanti azzurro, ma di uno studente omonimo, il primo morto negli scontri tra studenti e polizia a Roma, eppure in molti l'hanno sempre accostato a "El Hombre del Partido" di quel 5 luglio '82, il giorno che gli cambiò la vita. Lui che a 17 anni voleva essere Kurt Hamrin, e che a 26 divenne Pablito.

Nonostante una carriera 'troppo breve' alle spalle (appena 10 anni in Serie A di cui 2 cancellati dalla vicenda delle scommesse), la corsa del Signor Rossi alla notorietà e alla leggenda è costellata da tante serpentine, riuscite o meno: dall'esplosione nel Vicenza, all'amarezza nei lunghi giorni della squalifica, dai momenti indimenticabili del Mundial spagnolo, con i tre gol al Brasile che lo hanno proiettato nell'epopea del calcio e gli hanno inimicato un popolo intero (nel 1989, a carriera finita, in Brasile per un torneo di ex glorie, fu fatto scendere dall'auto da un tassista che lo aveva riconosciuto), al desiderio di tornare a essere uno qualunque.

La favola dell'uomo "che ha fatto piangere il Brasile" inizia al termine di una fantastica stagione con il Lanerossi Vicenza: il giovane talento di Prato aveva portato la sua squadra ad un soffio da un leggendario scudetto ed aveva vinto la classifica cannonieri che gli aveva spalancato anche le porte della nazionale. Eppure non tutto era filato liscio fino ad allora: ancora minorenne ma già prospetto di prim'ordine, univa una tecnica sopraffina ad una velocità palla al piede fuori del comune, si scontrò i con i primi tackle della vita, a causa di tre operazioni al menisco. 

Finisce così al Vicenza e sono parecchi pronti a scommettere su una carriera già finita ancora prima di cominciare. La svolta arriva dall'intuizione di Gibì Fabbri, l'artefice del 'Real' Vicenza, che da ala lo sposta a centro area per mandare in rete quanti più palloni possibile. Sono due anni elettrizzanti, con i biancorossi che dominano il campionato cadetto grazie ai 21 gol di Rossi che si ripete anche nella stagione successiva, vincendo la classifica cannonieri e la convocazione al Mondiale argentino.

"Ci hai portato sul tetto del mondo. Maledetto 2020. Ciao amico mio. Rip". Lo scrive su Instagram, Bruno Conti, campione del mondo con Paolo Rossi nel 1982.

"Paolo Rossi ci ha fatto sentire orgogliosi di essere italiani, è stato l'eroe di tutti noi. La Serie A piange un immortale del nostro calcio, amato dal mondo intero". E' il messaggio del presidente della Lega di Serie A, Paolo Dal Pino, per la scomparsa di Paolo Rossi. "Mando un sentito abbraccio e le condoglianze della Lega Serie A a tutta la sua famiglia". Bandiere a mezz'asta nella sede romana della Figc e soprattutto a Coverciano, la casa della nazionale, a Firenze.

 

fonti ansa/il giornale

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