Login to your account

Username *
Password *
Remember Me

Create an account

Fields marked with an asterisk (*) are required.
Name *
Username *
Password *
Verify password *
Email *
Verify email *
Captcha *
Reload Captcha
Domenica, 02 Giugno 2024

I Ricercatori dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù con il sostegno di AIRC e Ministero della Salute hanno realizzato uno studio che permette di identificare i pazienti che rispondono meglio alle terapie immunologiche. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista scientifica Nature Communications. 
 
Altre buone notizie nel nuovo anno 2021! Sono stati identificati due nuovi marcatori cellulari e genetici in grado di predire la sopravvivenza dei pazienti affetti da neuroblastoma. La scoperta è il frutto di uno studio realizzato dall’area di ricerca di Oncoematologia dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, in collaborazione con la Fondazione Bruno Kessler di Trento. La ricerca, finanziata da AIRC e Ministero della Salute, è stata pubblicata sulla rivista scientifica Nature Communications. Oltre a fornire nuovi strumenti per la prognosi, i risultati ottenuti consentiranno di individuare i pazienti oncologici che potranno beneficiare maggiormente di terapie immunologiche per sconfiggere il tumore. 
 
LA MALATTIA 
 
Il neuroblastoma è il tumore solido extracranico più comune dell’età pediatrica (rappresentando circa il 7-8% dei tumori nei bambini). L'età media alla diagnosi è di 18 mesi e nel 90% dei casi il neuroblastoma si manifesta prima dei 7-8 anni di vita. Nella metà dei pazienti, il neuroblastoma viene diagnosticato nella sua forma metastatica, e causa il 15% delle morti in oncologia pediatrica. Le attuali terapie, per quanto articolate e comprendenti vari approcci, non sono purtroppo sufficienti per eradicarlo definitivamente in una larga percentuale di pazienti.  
 
LO STUDIO 
 
Lo studio pubblicato su Nature Communications ha coinvolto 104 pazienti con neuroblastoma diagnosticati all’Ospedale Bambino Gesù ed i risultati ottenuti sono stati validati sia in una casistica di altri 1000 pazienti con neuroblastoma, che nelle casistiche di pazienti con melanoma, cancro al colon, cancro alla mammella e tumori testa-collo, i cui dati sono pubblicamente disponibili. Le analisi statistiche sono state elaborate dalla Fondazione Bruno Kessler di Trento. 
I ricercatori hanno analizzato la quantità di cellule del sistema immunitario presenti nei tessuti di neuroblastoma prelevati dai pazienti e hanno osservato che i tumori più aggressivi erano quelli che contenevano meno infiltrazione di cellule dendritiche e cellule natural killer (NK), due popolazioni di cellule che giocano un ruolo cruciale nella risposta del sistema immunitario. Hanno anche identificato dei geni associati alla presenza di queste cellule nei tessuti, osservando un’aumentata espressione nei pazienti con prognosi migliore.  
 
Le cellule dendritiche e le cellule NK, dunque, sono state riconosciute come marcatori cellulari a largo significato prognostico, in grado cioè di offrire un elemento importante di predizione per la sopravvivenza dei pazienti affetti da neuroblastoma. In breve, un paziente con un neuroblastoma ricco di queste specifiche cellule (e con espressione incrementata di geni relativi alla loro funzione) avrà una buona probabilità di sopravvivere al tumore. Queste cellule rendono di fatto il sistema immunitario più capace di controllare la crescita e lo sviluppo delle cellule tumorali, contribuendo a migliorare anche l'efficacia dell’azione di controllo mediata dai linfociti T.  
 
C'è un ulteriore caratteristica di questi due marcatori (cellule dendritiche e cellule MK) che li rende particolarmente promettenti. La loro presenza risulta infatti correlata a quella di altri due importanti marcatori predittivi della risposta immunitaria, le proteine PD-1 e PD-L1. Si tratta di due molecole che giocano un ruolo di inibitori del sistema naturale di immunosorveglianza (immune check-point inhibitors), che vengono attivati con l'inganno dai tumori, impedendo di fatto al sistema immunitario di controllare adeguatamente la crescita delle cellule tumorali. L'immunoterapia è oggi in grado di bloccare questo meccanismo di depotenziamento della risposta immunitaria attraverso anticorpi specifici che disattivano l'azione di PD-1 e PD-L1, ripristinando la corretta risposta del sistema immunitario. La presenza, dunque, dei marcatori PD-1 e PD-L1 nei tessuti tumorali offre un bersaglio preciso alla terapia immunitaria e ne garantisce l’efficacia.  
 
LE PROSPETTIVE 
 
Lo studio pubblicato dai ricercatori del Bambino Gesù conferma che un'arma vincente per sconfiggere il neuroblastoma può essere l'immunoterapia. I tumori contenenti cellule dendritiche e cellule NK, infatti, sono associati a buona prognosi ed hanno i requisiti per poter rispondere positivamente alla terapia immunologica indirizzata ai bersagli PD-1 e PD-L1. Questo significa anche che, per migliorare la prognosi dei pazienti con forme di neuroblastoma più aggressive, è possibile adottare strategie terapeutiche in grado di aumentare il contenuto di queste cellule nel tumore, migliorando in questo modo sia la reattività naturale del sistema immunitario, sia la sua capacità di rispondere alle terapie immunologiche mirate che abbiano come target PD-1 e PD-L1.  

“Essere psicoterapeuta durante una pandemia”, questo il seminario organizzato dall’Istituto di Gestalt HCC Italy, Scuola di Specializzazione in psicoterapia della Gestalt con sede anche a Palermo.

Tra i relatori la direttrice dell'istituto, la psicoterapeuta, ricercatrice e didatta internazionale,  dott.ssa Margherita Spagnuolo Lobb che ha ricevuto   i prestigiosi Premi dalla AAGT – Association for the Advancement of Gestalt Therapy International Community e dall'Ordine degli Psicologi della Regione Sicilia, per avere consentito, con il suo lavoro, un avanzamento nel campo della psicoterapia della Gestalt  e la dott.ssa Maria Mione psicoterapeuta, psicologa, psicoterapeuta, didatta dell’Istituto di Gestalt HCC Italy.

Si è parlato di come la cura psicoterapica abbia subito dei cambianti durante questo periodo di pandemia. “La pandemia è un trauma collettivo, siamo stati purtroppo tutti colpiti da questa angoscia collettiva”, ha dichiarato la dott.ssa Margherita Spagnuolo Lobb, “che nasce  dal rischio di morire, dalla possibilità che l’umanità possa scomparire  per un piccolo virus. Ognuno ha reagito in una modalità propria. C’è chi ha dovuto negare la gravità del pericolo per continuare a vivere, e chi invece si è sentito sopraffatto dall’angoscia di perdere l’esistenza”.

Chiaramente, in generale sono aumentati i disturbi d’ansia. I pazienti che già erano ansiosi ed ossessivi in un primo momento hanno avuto una sensazione di normalità, perché si sono sentiti accompagnati dagli altri nelle loro paure, ma in un secondo momento, specialmente nella fase due e nella fase tre, sono stati chiamati a continuare a vivere nonostante il rischio aumentato rispetto alla precedente situazione. Questo momento è il più difficile, perché ha generato un aumento dei disturbi d’ansia, della depressione, degli attacchi di panico ed anche un incremento  della chiusura sociale, a volte l’aumento di dipendenze o di fenomeni dissociativi, come la negazione. Di conseguenza, anche il modo di fare psicoterapia è cambiato. Continua Margherita Spagnuolo Lobb: “Abbiamo dovuto adattare la nostra prassi alla terapia online, e ci siamo chiesti come creare il senso di sicurezza reazionale che in genere scaturisce dalla presenza fisica”.  Maria Mione ha esposto delle riflessioni emerse man mano che si trovava sempre più immersa in terapie  online. Ha dichiarato: “Insegnare con tutti questi rettangolini è qualcosa di nuovo, e quindi abbiamo molto da scoprire e da imparare, pur certamente sperando di tornare a tutto quel mondo di risorse che abbiamo quando ci incontriamo vis a vis”. Per esempio un aspetto interessante che abbiamo conquistato con l’online, è l’avere conosciuto, cani, gatti, uccellini, bambini dei miei pazienti. Questo ci ha dato la possibilità di costruire uno sfondo percettivo diverso da quello, più neutro, di prima”; ha poi aggiunto “In psicoterapia della Gestalt abbiamo dei capisaldi, che sono quelli della spontaneità e della bellezza.  Non abbiamo un’idea ingenua di questi due sostanziali fattori. Non vuol dire che è tutto bello. La spontaneità per noi è un concetto molto sofisticato, è la capacità di integrare l’esperienza in modo fluido, con tutte le nostre risorse a disposizione, che poi non sono mai solo nostre, perché sono co-costruite con il nostro mondo. Lo stesso possiamo dire per il concetto di bellezza: intendiamo quella bellezza che nasce da un senso di integrità. Non alludo alla morale, ma al senso di completezza della nostra esistenza, presenza piena nell’incontro con l’altro, presenza piena dell’altro che ci incontra. E allora mi sono chiesta, non a tavolino di sicuro ma a livello di co-creazione clinica, tra e me ed i miei pazienti e tra i miei pazienti e me, come possiamo costruire bellezza e spontaneità in un tempo in cui la possibilità di usufruire della presenza l’uno dell’altro sono decisamente peggiorati. Mi sono chiesta come continuare a vivere in spontaneità e bellezza, in un mondo così nuovo per noi occidentali, mentre in altri mondi ci sono limiti che non possiamo nemmeno immaginare, nonostante la pandemia”.

Maria Mione ha continuato affermando che alcune persone, in vari momenti del lockdown, si sono sentite meglio, questo significa che il limite in certe situazioni diventa risorsa. Per alcuni ciò che altri considerano un limite, per esempio lavorare da casa, non andare più in ufficio, è diventata una risorsa, perché hanno guadagnato del tempo, hanno ritrovato spazio per dei rapporti, quelli che avevano dentro casa, e hanno potuto incontrare online delle persone con cui prima non sapevano di potere interagire. Abbiamo visto come alcuni limiti si trasformano in risorsa, e per noi psicoterapeuti questo è importantissimo, in quanto possiamo sostenere qualcosa che già funziona.

Le relatrici hanno poi esplorato un altro aspetto che è emerso nelle persone, così come nei pazienti, cioé un’alterazione del concetto del tempo. Il vissuto del tempo è diventato come un  correre continuo da un evento all’altro, da un’attività all’altra, dagli affetti al lavoro. Ci sono persone che hanno sentito il tempo molto dilatato, come se avesse perso la dimensione del prima, del durante, del dopo, come se fosse diventato una specie di bolla indeterminata. Per altri è stato diverso, il tempo è diventato un blocco, qualcosa che non scorre, che non ha più  una successione. Per altri ancora, il rallentarsi del tempo ha rappresentato un’occasione per riprendere interessi che per mancanza di tempo non si potevano seguire.

Ha poi aggiunto Maria Mione: “Un’altra componente che mi ha colpito è la possibilità di essere rete e - speriamo che ci rimanga in testa – la consapevolezza di essere  ospiti di questo pianeta. Possiamo essere diversi, ma siamo tutti animali umani e condividiamo lo stesso luogo che chiamiamo terra, come dice la fisica quantistica e come dicevano le discipline orientali 5000 anni prima di Cristo. Siamo tutti fatti della stessa materia.  Una delle prime cose che ha detto  Born quando lo hanno insignito del Nobel è stata che “la materia non esiste”, e non era certo buddista!

 

 

È stato trattato con questa tecnica innovativa all’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù il primo paziente italiano, un giovane adulto affetto da anemia mediterranea. Il caso clinico si inserisce all’interno di una sperimentazione internazionale promossa da Vertex Pharmaceuticals e Crispr Therapeutics i cui primi promettenti risultati sono stati presentati al 62° Congresso della Società Americana di Ematologia(ASH), l’appuntamento annuale che raccoglie i contributi scientifici più qualificati al mondo nell’ambito delle malattie del sangue.

L’EDITING DEL GENOMA

L’editing del genoma con il sistema CRISPR-Cas9 è una tecnologia innovativa che funziona come un “correttore” del DNA ad altissima precisione. Il metodo si basa sull’impiego della proteina Cas9, una sorta di forbice molecolare che viene programmata per tagliare o modificare specifiche sequenze del DNA di una cellula, potendo così portare alla correzione di varie malattie. CRISPR-Cas9 è un complesso di molecole biologiche formato da frammenti di RNA (acido ribonucleico) e da proteine: il segmento di RNA è la bussola che indica il bersaglio da colpire, la proteina Cas9 esegue il taglio o la modifica. Le cellule prelevate dalla persona malata vengono “corrette” in laboratorio con questo approccio, poi vengono infuse nell’organismo dove si riproducono al posto di quelle difettose.

LA SPERIMENTAZIONE INTERNAZIONALE

Nel 2019, Vertex Pharmaceuticals e Crispr Therapeutics hanno avviato due trial clinici internazionali per la cura di giovani adulti inizialmente e poi di adolescenti affetti da talassemia e da anemia falciforme attraverso la tecnica di editing del genoma con CRISPR-Cas9. La sperimentazione, in corso di svolgimento, coinvolge l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù e altri 13 Centri statunitensi, canadesi ed europei per la selezione dei pazienti, la raccolta delle cellule da “editare” e la somministrazione del trattamento. Nei trial verranno arruolati 45 giovani con talassemia e 45 con anemia falciforme. Il Bambino Gesù è l’unico ospedale italiano coinvolto nella sperimentazione, il cui comitato scientifico internazionale è coordinato dal prof. Franco Locatelli, direttore del Dipartimento di Oncoematologia e Terapia Cellulare e Genica.

TALASSEMIA E ANEMIA FALCIFORME: COME FUNZIONA L’EDITING

Talassemia e anemia falciforme sono due malattie del sangue causate dalle mutazioni dei geni coinvolti nella sintesi dell'emoglobina, la proteina dei globuli rossi che trasporta ossigeno nell’organismo. Normalmente, nei soggetti adulti, ogni molecola di emoglobina è formata da 4 catene proteiche: 2 catene alfa e 2 catene beta. Nelle forme più gravi di talassemia il problema è l’assenza o la marcatamente ridotta produzione di catene beta e l’eccesso di catene alfa, uno squilibrio che rende necessarie regolari e periodiche trasfusioni di sangue in chi ne è affetto. Nell’anemia falciforme, invece, è l’alterazione della struttura delle catene beta che porta alla formazione di globuli rossi anomali, a falce, che ostacolano flusso sanguigno e ossigenazione nei capillari provocando crisi molto dolorose e infarti nei tessuti.

Esiste, tuttavia, un tipo diverso di emoglobina formato non da catene alfa-beta, ma da catene alfa-gamma. È quella presente nel feto (emoglobina fetale) e che viene progressivamente sostituita a partire dalla nascita, quando si attiva un meccanismo, guidato dal gene BCL11A, che blocca la sintesi delle catene gamma con produzione di catene beta. Alcune persone continuano a produrre emoglobina fetale (alfa-gamma) per tutta la vita, la condizione si chiama persistenza ereditaria di emoglobina fetale. Tra loro anche persone con talassemia e anemia falciforme: in questi casi - è documentato - le manifestazioni della malattia sono molto attenuate.

Il trattamento sperimentato nei due trial internazionali si basa proprio sul ripristino della sintesi dell’emoglobina fetale tramite l’editing del genoma. Le cellule staminali emopoietiche prelevate dai pazienti vengono modificate in appositi laboratori con il complesso CRISPR-Cas9 programmato per “spegnere” il gene BCL11A e far ripartire la produzione di emoglobina fetale. Dopo questa manipolazione genetica, le cellule così modificate vengono infuse nei pazienti che nel frattempo sono stati sottoposti a una terapia farmacologica per “distruggere” il midollo, in modo da fare spazio alle nuove cellule staminali ingegnerizzate che si moltiplicheranno correggendo la malattia.

I RISULTATI DELLA SPERIMENTAZIONE

I risultati del trattamento sperimentale sul gruppo di pazienti già sottoposti alla procedura sono molto promettenti: i talassemici arrivano a produrre elevatissime quantità di emoglobina fetale che consente loro di ottenere l’indipendenza da trasfusioni di sangue in ragione dell’effetto terapeutico derivante dalle cellule “editate”. Nei pazienti con anemia falciforme la produzione di emoglobina fetale supera il 40%, un valore che consente loro di non avere più crisi vaso occlusive.

I dati della sperimentazione sono stati presentati al 62° Congresso della Società Americana di Ematologia (ASH) in corso in questi giorni (dal 5 all’8 dicembre) per via telematica. L’appuntamento annuale riunisce i maggiori esperti mondiali nel campo dell’ematologia ed è l’occasione per presentare i contributi scientifici più qualificati e innovativi prodotti in questo ambito.

Inoltre, i dati relativi ai primi 2 pazienti inseriti nello studio, uno affetto da talassemia trasfusione-dipendente, l’altro da anemia a cellule falciformi con un follow-up di 18 e 15 mesi, rispettivamente, sono stati pubblicati sull’autorevole New England Journal of Medicine.

IL PRIMO CASO DI EDITING GENOMICO IN ITALIA

All’interno di questa sperimentazione, lo scorso 17 novembre sono state infuse le cellule staminali “editate” al primo paziente italiano, seguito all’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù. Si tratta di un giovane adulto affetto da talassemia, l’unico in Italia (e uno dei pochi al mondo) a essere trattato con la tecnica di editing genomico CRISPR-Cas9. Nei prossimi mesi, altri pazienti con talassemia e con anemia falciforme verranno sottoposti al trattamento presso l’Ospedale della Santa Sede.

LE PROSPETTIVE

Spiega il prof. Franco Locatelli, direttore del Dipartimento di Oncoematologia del Bambino Gesù e coautore del manoscritto pubblicato sul New England Journal of Medicine: «L’editing del genoma rappresenta potenzialmente una rilevante opzione curativa per i pazienti con emoglobinopatie, ovvero talassemia e anemia falciforme, accompagnata da un basso un profilo di rischio; certamente i risultati andranno verificati e confermati nel tempo. Normalmente questi pazienti trovano nel trapianto di midollo la loro principale soluzione terapeutica. Il vantaggio dell’editing del genoma, che si affianca per profilo di sicurezza ed efficacia alla terapia genica, anch’essa assai innovativa e sviluppata con successo nel nostro Ospedale, è quello di poter essere applicato anche a chi non ha un donatore di midollo osseo o non può ricevere un trapianto a causa dell’età. Confidiamo che in futuro l’editing potrà essere utilizzato anche per il trattamento di altre malattie genetiche e per migliorare ulteriormente l’efficacia delle cellule CAR-T».

 

Un problema affligge molte persone: la depressione.

La depressione è uno dei problemi che affligge un grande numero di persone e gli ultimi studi dimostrano che questo sintomo è presente in numero importante, basti pensare che dal 2014 in tutto il Regno Unito lo ha manifestato insieme all’ansia più del 20% della popolazione che vai dai 16 anni in su. Si lavora dunque per verificare nei prossimi anni l’efficacia dei funghi allucinogeni come possibile rimedio naturale alla depressione. Questo studio che ha portato avanti un’equipe d’oltremanica rappresenta una vera novità nel settore in cui si potrebbero, d’obbligo il condizionale, sostituire i normali e classici farmaci.

Funghi allucinogeni e psilocibina.

Ma cosa contengono in articolare questi funghi allucinogeni? Nello specifico essi contengono una sostanza, la psilocibina, che porterebbe ai vantaggi di cui abbiamo parlato in precedenza rispetto ai normali antidepressivi. Molti pazienti che hanno effettuato questa terapia hanno parlato di un rilascio emotivo nel quale l’emotività gioca un ruolo importante rispetto a chi invece ha provato farmaci convenzionali. Va anche detto che la terapia che si basa sulla psilocibina non sarebbe adatta a tutti come ad esempio chi soffre di disturbi alimentari o psicosi. Le ricerche vanno avanti e sembrerebbero sostenere il fatto che essa possa avere effettivi positivi perché stimola e accresce la risposta celebrale alle emozioni e le fa accettare, siano queste emozioni positive o negative.

Spesso si mettono sullo stesso piano funghi e tartufi ma…

I funghi che contengono questa psilocibina ovviamente si trovano in natura anche se questo comporta sempre essere informati sulle stagioni in cui si possono raccogliere, i posti giusti e soprattutto le leggi per non imbattersi in multe o provvedimenti. E’ usuale trovare persone che si avventurano e colgono funghi non commestibili, velenosi e tossici per il nostro organismo. Uno degli errori che si commette è quello di mettere sullo stesso piano i funghi con i tartufi: questi ultimi sono di natura sotterranea, si formano cioè e rimangono sottoterra, sono classificati come un corpo fruttifero avendo però una dispersione delle spore diversa. Mentre i funghi diffondono le spore attraverso le loro branchie, che vengono trasportate dal vento o dagli animali, i tartufi si affidano agli animali che mangiano funghi per scavarli e distribuire le loro spore.

Approfondimenti su un tema sempre più attuale.

Davvero allora questi rimedi naturali possono combattere la depressione? Il cammino da fare è lungo ma la strada intrapresa sembra possa portare a risultati incoraggianti e allo stesso tempo incredibili. La materia come abbiamo detto è oggetto di studio e si deve procedere con una certa e naturale cautela. Quello che già possiamo dire è che argomenti e temi del genere fino a qualche tempo fa sembravano solo pura illusione. Anche avere un quadro migliore e maggiori nozioni può essere buono ed interessante, in tal senso si può consultare il portale https://www.zamnesia.net/it/ e approfondire notizie e particolarità sull’argomento trattato in attesa che la scienza e la natura possano arrivare ad una conclusione che potrebbe rivoluzionare la cura della depressione.

 

Secondo l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) l'impatto economico negativo della pandemia da Covid-19 durerà anni. Le ripercussioni nel settore alimentare sono gravi, a soffrirne tutte le filiere che vuol dire gli agricoltori, i sistemi di stoccaggio e di trasformazione del cibo, i trasporti. In un momento come questo è ancora più lampante come la sicurezza alimentare rappresenti una condizione indispensabile per tutti e quanto sia fondamentale il ruolo di agenzie internazionali come il Fondo Internazionale per lo Sviluppo Agricolo (IFAD).

Su cosa stia facendo il Governo italiano per la sicurezza alimentare come condizione mondiale, sulla cooperazione tra Italia e realtà internazionali, sulle modalità di sostegno ai sistemi agricoli ed alle filiere produttive di adattamento alle emergenze, sul concetto di ‘divario alimentare’ ed altri interrogativi non meno rilevanti, cercherà di dare risposte un seminario a distanza, in linea, denominato “La Sicurezza alimentare durante l’emergenza Covid-19, quali sono i passi compiuti dall’Italia e dalle istituzioni internazionali?”, prevista per il giorno 4 dicembre 2020, ore 10.00-13.00.

Relatori: Emanuela Claudia Del Re, Viceministra per gli Affari Esteri e la Cooperazione Internazionale; Luis Jimenez-McGinnis, Segretario, IFAD; Andrea Segré, professore all’Università di Bologna, fondatore della campagna Spreco Zero e di Waste Watcher, l’Osservatorio nazionale sugli sprechi e l’economia circolare; Paolo Silveri, Lead Regional Economist, Divisione America Latina e Caraibi, IFAD. Coordina Maria Cuffaro, giornalista del  TG3 RAI..

Gli interessati a partecipare possono mandare una mail entro e non oltre il giorno 3 dicembre alle ore 14.00 a: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

È indispensabile indicare nell’email nome, cognome e indirizzo di posta elettronica a cui si vuole ricevere l’invito.

 

Pubblicità laterale

  1. Più visti
  2. Rilevanti
  3. Commenti

Per favorire una maggiore navigabilità del sito si fa uso di cookie, anche di terze parti. Scrollando, cliccando e navigando il sito si accettano tali cookie. LEGGI