Login to your account

Username *
Password *
Remember Me

Create an account

Fields marked with an asterisk (*) are required.
Name *
Username *
Password *
Verify password *
Email *
Verify email *
Captcha *
Reload Captcha
Venerdì, 19 Aprile 2024

L'Associazione "Pass…

Apr 05, 2024 Hits:500 Crotone

Ritorna Calabria Movie Fi…

Apr 03, 2024 Hits:530 Crotone

La serie evento internazi…

Mar 27, 2024 Hits:716 Crotone

L'I.C. Papanice investe i…

Mar 01, 2024 Hits:1322 Crotone

Presentato il Premio Nazi…

Feb 21, 2024 Hits:1442 Crotone

Prosegue la formazione BL…

Feb 20, 2024 Hits:1277 Crotone

Si firmerà a Crotone il M…

Feb 14, 2024 Hits:1448 Crotone

Le opere del maestro Affi…

Feb 07, 2024 Hits:1496 Crotone

Il valore delle parole, incontro con Rosanna Cracco

Lo scorso anno in occasione della Cerimonia di Premiazione del Premio letterario “Scriviamo Insieme” di Roma ho conosciuto Rosanna Cracco, scrittrice e poetessa nata a Valdagno (Vicenza) con una lunga esperienza d’insegnante di materie letterarie. La sua leggera ma inconfondibile cadenza veneta ha attirato immediatamente la mia attenzione. Le radici geografiche che ci accomunano hanno sicuramente favorito un approccio iniziale spontaneo, assolutamente naturale e all’insegna della simpatia.

Rosanna è una donna solare, difficile restare indifferenti al suo modo di porsi e direi impossibile non restare affascinati dal suo argomentare a tutto tondo, grazie ad un  notevole bagaglio culturale.  Di adozione sacilese, ha insegnato per 37 anni in provincia di Pordenone. “Un mestiere non mestiere, piuttosto una vocazione” – come ama lei stessa definire il lavoro che le ha dato i più bei momenti della sua vita.

Spesso ama ricordare i vari progetti scolastici che durante l’insegnamento ha ideato e promosso, sempre sostenuta dagli  attenti  e collaborativi genitori dei suoi alunni, affidandosi alla parte grafica di Vera Desiderio. 

Dal 1995 è responsabile del Bollettino Parrocchiale di San Giovanni del Tempio "La penna dei Templari" ed è cofondatrice presso la Biblioteca Civica di Sacile del gruppo culturale “Il Battito”, che tra le varie finalità, evidenzia la possibilità di confrontarsi in modo attivo e sinergico con la cultura poetica del territorio.

Con il gruppo ha pubblicato il quaderno di poesie “I fiori blu” nel 2012 e lo scorso anno, in occasione del 40° Anniversario del terremoto del Friuli, il libro “Pietra su pietra”.

                               

Fa parte del gruppo Pordenone Poesia Community, in stretto collegamento con pordenonescrive e pordenonelegge e da parecchi anni partecipa a Sacile al programma radiofonico “Forum Famiglia” a Radio Palazzo Carli, su temi concernenti la famiglia nel mondo contemporaneo..

Da un anno è membro del direttivo del Circolo della Cultura del bello di Sacile. Alcuni suoi scritti sono pubblicati in antologie e collane.

Ha all’attivo diverse pubblicazioni: “Semplice complesso” (Edizioni Samuele, 2012), “Equazione d’amore” (Edizioni Samuele, 2013) con tavole grafiche di Vera Desiderio, il libro di racconti “Occhio di bue faro sulle minuzie della vita” (Edizioni Vertigo Roma, 2015), “San Francesco. Le radici dell’amore” (Edizioni L’Azione, 2016) e la recente “L’intuffarsi del mare” (Edizioni Simple, 2017).

Operatrice culturale poliedrica e sempre attenta alle tematiche sociali, ora che è in pensione dalla scuola si dedica a tempo pieno e con sincera passione ad ogni attività afferente le arti letterarie. Spesso partecipa a premi letterari nazionali ed internazionali, ottenendo premi e riconoscimenti, che la incoraggiano a proseguire questo avvincente viaggio, convinta sostenitrice del valore delle parole.

 

Mi ha colpito il titolo della sua poesia “La rivoluzione del quotidiano” con la quale è stata premiata al “Premio Poetico Nazionale Amici di Ron”, un testo denso di contenuti sociali, che la Giuria del premio ha saputo cogliere ed apprezzare. Vorrebbe parlarmene?

 

Il tema proposto dagli Amici di Ron “Vivo sul Pianeta Terra”. mi ha coinvolto immediatamente: il creato, in senso lato, del quale fa parte in modo integrante l’umanità col suo intelligere, riporta alla coscienza cose che ho dentro da sempre e che hanno segnato i passaggi più profondi della mia esistenza. Natura, creato, cosmo, una sorta di miracolo dell’esistenza, un armonioso controcanto che mi riverbera dentro, un cammino di approfondimento di cui abbisogno, senza peraltro trovare una destinazione definitiva.   

Fin da piccola, passeggiando con mio padre a ridosso dei campi e dei monti di Valdagno in provincia di Vicenza, la mia terra natale, fiutavo le bellezze del selvatico tra i segreti dell’erba o delle file d’alberi scomposti pieni del loro mistero, o rimanevo stupefatta quando il furore della tempesta piegava le giunture dei rami, sotto un cielo corvino, quasi a portar via la terra. Oggi che si è acquietata la paura per l’accanirsi degli elementi antichi, la forza di un temporale estivo ha lasciato il posto a ben altre e gravi problematiche, legate a scelte economiche che coinvolgono tutto il pianeta, dentro una vita regolata da un sistema basato sulla finanza. Abbiamo costruito con le nostre stesse mani un sistema perverso che ci sta divorando, dove l’uomo risucchia indiscriminatamente le risorse offerte dalla terra. L’economia globalizzata e il nichilismo negatore di tutto sovrastano e spesso il nulla si accavalla al nulla, chiudendo a priori anche le strade percorribili. 

Io non ho in mano le sorti del mondo, non possiedo banche, non sono un leader politico, ma posso ugualmente agire: come? Dentro il mio quotidiano, attraverso gesti piccoli ma rivoluzionari. Io la chiamo la “rivoluzione del quotidiano”, accrescendo le conoscenze e compiendo gesti consapevoli come: rispettare l’acqua, spegnere una lampadina, raccogliere una carta da terra, fare la spesa con accortezza, conoscere la provenienza del cibo, fare il proprio lavoro con onestà, aprirsi di più agli altri!  E soprattutto posso insegnare l’amore per la natura alle giovani generazioni, perché il cammino del creato segna sempre una nuova partenza: E faccio mia l’unica rivoluzione/ che posso, quella del mio quotidiano/ nel balzo di fertilità di un piccolo trifoglio/… Mi piego a raccogliere lo scarto del giorno/ noncuranza di chi non comprende/ Guardo lo scroscio dell’acqua sulle mani/ come muovesse la placenta dell’universo/E insegno alle giovani promesse/ ad amare questo nostro mondo/dal vigore mosso dei campi/ alla fame che pigola dai rami/ Piccoli coscienti gesti di rinascita/.”

Sì, πάντα ῥεῖ, ma in questo scorrere posso incidere nel quotidiano!

 

Recentemente, in occasione della settimana della Cultura di Sacile, nella magnifica location di Palazzo Ragazzoni ha presentato con successo  la sua silloge “L’intuffarsi del mare” (Edizioni Simple, 2017). Perché nel titolo il mare?

 

Il titolo della silloge (L’intuffarsi del mare, ed. Simple febbraio 2017), che ha vinto il 1^ premio al “Concorso scriviamo Insieme” Roma Capitale il 15 ottobre 2016,  nasce da una domanda di mio figlio Sirio quando aveva 4 anni di fronte al mistero del mare: “Perché il mare si intuffa?”. Un neologismo perfetto mai dimenticato! Dopo tanti anni un tentativo di risposta: il mare quindi come contenitore di valori e di bellezza, come memoria, come presente affettivo, ma anche come richiamo alle dinamiche e problematiche sociali legate al divenire umano e come riscoperta del mito quale bisogno, da parte di  un gruppo, di un etnos, di spiegare la realtà. E come un’onda i versi assumono mille e mille sfumature e risonanze, da Trieste fino a Lampedusa… Tutta la vita metafora del mare! “La ricchezza assomiglia all'acqua di mare: quanto più se ne beve, tanto più si ha sete”, affermava uno dei filosofi che preferisco, Arthur Schopenhauer.

Nel testo così si profilano 5 tematiche: 1) il mare come fonte di bellezza; 2) il mare come eco del sé, 3) il mare come eco del mondo; 4) il mare come impegno sociale; 5) il mare come mito. 

 

A proposito della settimana della cultura che si svolge nella sua città, quali sono i temi sui quali vertono principalmente le iniziative?

 

La “Settimana della cultura di Sacile”, il “giardino della Serenissima, ormai non dura una settimana ma un mese intero e sempre maggiori sono le richieste di adesione che provengono da più parti.  Ora siamo al 7^ compleanno.  “Sacile è... la Settimana della Cultura 2017”, dal 9 al 25 aprile, si è consolidata come contenitore di spessore nel palinsesto delle iniziative culturali sviluppate in città, declinandosi con un ciclo di appuntamenti culturali: musica, classica, lirica, corale, sacra, cinema, libri, teatro, cabaret, mostre, convegni, seminari, visite guidate, incontri, appuntamenti con l'autore, poesia, insomma con le poliedriche manifestazioni del mondo artistico.  

Anche quest’anno si è confermato il riconoscimento del Ministero dei beni e attività culturali e del Turismo che rafforza ancora di più il valore di questo progetto. L’edizione 2017 presenta una novità: l’ approfondimento sul rapporto tra tecnologia innovativa e territorio, in particolare negli effetti e conseguenze positive che la tecnologia stessa è in grado di sviluppare. Tra le iniziative di maggior impegno ha trovato spazio la mostra denominata “Realtà e Innovazione Digitale” realizzata in collaborazione con gli istituti superiori del Sacilese: un percorso innovativo e coinvolgente alla scoperta del nostro territorio attraverso una prospettiva di tipo immateriale. Il nostro Sindaco Roberto Ceraolo e l’ Assessore alla Cultura Carlo Spagnol  hanno davvero cooperato per dare una connotazione culturale alla nostra città. Interessante: cultura ed economia possono integrarsi e dare ottimi risultati!

 

Lei fa parte del gruppo culturale “Il battito”, in seno al quale svolge, insieme ad altre persone, una proficua  e lodevole attività volta alla divulgazione della cultura. In occasione del 40° Anniversario del tragico sisma in  Friuli avete dato alle stampe un’interessante opera editoriale dal titolo “Pietra su pietra” dalla distruzione alla rinascita (Publimedia), un contributo pregno di contenuti didattici ed educativi, volto a tenere alta la memoria di quanto accadde al popolo friulano. Come è stato accolto fra i più giovani?

 

Il gruppo culturale “il battito” è stato da me cofondato con la dott.ssa Fiorella Vazzoler nel 2011. Luogo di incontro la Biblioteca Civica Romano Della Valentina di Sacile, divenuta anno dopo anno un punto di riferimento non solo per la lettura, ma anche per iniziative culturali che coinvolgono le scuole e le associazioni, grazie alla professionalità della bibliotecaria Nadia Albano. Tra le più belle iniziative del nostro gruppo segnalo proprio la pubblicazione del testo in oggetto. Con alcune semplici ma sentite pagine di riflessione (racconti, poesie, interviste, articoli giornalistici, riflessioni, ricordi), il nostro gruppo ha voluto rendere omaggio alla memoria, ricordando, insieme al dolore immenso della distruzione, anche la determinazione e la volontà ferrea della ricostruzione e della rinascita.  Così scrive nella prefazione l’Assessore alla cultura Carlo Spagnol: “Quel terremoto del ‘76 va ricordato tra i più violenti che colpirono l’Europa dei nostri tempi. Una vicenda che segnò profondamente i territori, cambiando la nostra gente. La cambiò nel modo di comportarsi, di pensare e di stare con gli altri. È una storia di persone che hanno vissuto la paura, la distruzione, lo sconforto e che hanno perduto tutto. Allo stesso tempo è una storia che racconta la grande capacità di recupero, la generosità, la solidarietà e la voglia di ricostruire quanto prima tutto, come prima e dov’era prima. Tutto questo va ricordato perché oggi è più che mai necessario recuperare le testimonianze e gli esempi in particolare per le giovani generazioni così che sappiano reagire ai momenti di difficoltà che la vita pone loro di fronte.” 

Francamente i più coinvolti non sono i giovani, quasi spettatori più stupiti che coinvolti, ma quanti portano dentro la memoria di quei momenti terribili. Ma i giovani che ho incontrato in Fiera per l’evento “CUCINARE per mestiere per piacere” a Pordenone (11-14 febbraio 2017), che provenivano da Amatrice per promuovere con la cucina i loro prodotti e la loro storia, altro che se erano interessati! Sono venuti allo stand in cui mi trovavo ed hanno richiesto il testo pieni di commozione e gratitudine. Ne hanno portato una copia anche al Sindaco di Amatrice Sergio Pirozzi.

In ogni caso il nostro testo “Pietra su Pietra” ha contribuito sicuramente a rinsaldare la memoria di tutti.

 

Leggendo il suo interessante profilo professionale ho saputo della lunga carriera di docente che ha svolto fino a poco tempo fa. Avrei voglia di chiederle cosa pensa della scuola del Terzo Millennio, che per tanti versi si è staccata dall’istruzione “tradizionale”?

 

Ci vorrebbe un libro intero per rispondere. Cercherò di farlo in modo pragmatico e sintetico, sottolineando solo alcuni aspetti che mi stanno a cuore. Gli elementi fondanti che sempre rimarranno invariati nel mondo della scuola sono: la centralità dello studente, buon livello di proposte educative, professionalità degli insegnanti, contesto scolastico e territoriale sano, famiglie collaborative. Una sinergia di forze in grado di risolvere ogni problematica.  Purtroppo però non è sempre così.

La professionalità dei docenti non è sempre appurata e neppure evidenziata, anche se la maggior parte di essi sono straordinari esempi di volontà e intuito; il contesto scolastico non è sempre gratificante preso tra i lacci della burocrazia imperante e dagli accorpamenti davvero esagerati di diversi ordini scolastici; i genitori, tranne alcuni casi, sono attenti al percorso scolastico dei figli, ma sono anche disorientati e pressati da un correre continuo e tendono a delegare in toto alla scuola il compito formativo; le proposte educative, attente allo sviluppo globale della persona e al territorio, ci sono, ma si muovono in un tessuto scolastico sempre più ristretto rispetto alla disponibilità economica.

Come premessa, essendo stata io una docente per 37 anni, vorrei sottolineare il grande ruolo degli insegnanti, come mediatori di conoscenze: la prima persona che deve esserci con la sua umanità, ricerca e passione per quel che fa è l’insegnante, senza lamentarsi eccessivamente perché i ragazzi sono poco interessati e studiano poco. Personalmente ritengo l’insegnamento una delle più belle avventure: stare con i giovani è una grande occasione per rimanere giovani, nel cuore e nello spirito, per ripartire dalle domande e dall’entusiasmo sempre vivo nella gioventù. Per motivare davvero un giovane allo studio, come a qualsiasi altra attività, si deve destare in lui una passione, motivandolo ad un «interesse» presente. Il ragazzo deve poter verificare come quanto sta affrontando riguarda la sua persona: tutti siamo consapevoli dell’efficacia del rapporto affettivo nel fenomeno conoscitivo! Quando sei colpito da qualcuno, allora scopri una parte di realtà fino ad allora sconosciuta e il rapporto diventa metodo, strada, chiave di accesso.

Ovviamente non può essere solo una riforma della Scuola a garantirne il miglioramento, ma devono essere i docenti ad impegnarsi personalmente, per cui diventa inevitabile una maggiore preparazione, sia nell’ambito specifico delle loro materie d’insegnamento che in quello tendente ad una preparazione generale necessaria per sapersi muovere fuori dalla scuola. 

 

E veniamo allo studente, perno dell’asse educativo, che si trova a vivere un’era nuova, apparentemente più facile, nella sostanza più disorientante e priva di punti di riferimento, un mondo in cui i diritti prolificano ma i doveri scarseggiano, in cui i valori tendono a scomparire.

Lo studente ormai digitale si trova il mondo a portata di un dito, rompendo confini e distanze. Negli ultimi anni prima di andare in pensione erano i ragazzi a costruire con me un percorso digitale, per tutti i lavori che facevamo, ma non è mai mancata ai loro occhi la figura professionale forte e autorevole del docente a cui affidarsi sempre. L’onestà lavorativa ed intellettiva del docente diventa essa stessa educazione. Gli studenti comprendono molto di più di quello che crediamo e sanno anche valutare l’operato.

 

Concludendo, l’istruzione tradizionale, troppo fissa, statica, che rispondeva a scelte di pensiero piuttosto indeformabili, ora risulta inadeguata, sia per contenuti, che per modalità, finalità e scelte educative.

L’istruzione era tesa a recuperare contenuti, la scuola di oggi si pone come obiettivo la formazione della persona nella sua complessità. Il conoscere si deve tradurre in fare, il fare in essere. Una progressione chiara.  So per esperienza che a scuola si deve stare bene e che stare bene vuol dire apprendere. E si apprendono contenuti che hanno una ricaduta sui comportamenti: perciò la scelta deve essere ponderata e insieme flessibile e adattabile alle esigenze che via via si manifestano.

 

L’atto educativo, sempre delicato ma sostanziale, richiede insieme ascolto e pazienza e ciò non vuol dire rinuncia, ma capacità di costruire e di aspettare.

Non ho paura di affermare che bisogna dar valori per coprire i vuoti esistenziali e per valori non intendo valori religiosi, ma valori etici che coinvolgono la sfera spirituale o simbolica. La salute di un ragazzo non riguarda solo il ben-essere fisico, psichico, sociale, ambientale, ma anche la personalità umana che in sé ingloba ogni aspetto della vita. L’uomo insomma è corporeità, ma anche pensiero. I nostri figli possono essere belli, intelligenti e sani, ma, se non credono in determinati valori sono destinati a perdersi, perché non saranno in grado di riconoscere prima la loro identità e poi il mondo in cui vivono. Ribadisco che la personalità umana si snoda su sei dimensioni (fisica, biologica, emozionale, affettiva e intellettuale, professionale sociale e spirituale  o simbolico, che si incrociano con i suoi 4 livelli (l’organismo, la persona, il cittadino, l’essere). Quello che definisco il “ben-essere dell’essere”, non è un gioco di parole, ma perno sostanziale dell’esistere. Perciò diventa fondamentale la scelta dei contenuti, in grado di educare i ragazzi all’elaborazione del senso critico ed esistenziale.

 

L’atto educativo deve essere integrato dal miglioramento economico del paese e dalle autonomie locali, che devono concretamente aiutare il miglioramento del sistema scolastico, con un maggior investimento nella ricerca e nell’aggiornamento, attraverso un incremento dei livelli culturali e una maggiore interazione con il mondo lavorativo.

La scuola del Terzo Millennio deve sapersi rinnovare, recuperando al contempo la misura dei classici e delle tradizioni, delle linee portanti la nostra cultura, ma deve anche aprirsi all’innovazione per recuperare i valori fondanti della società, come deve assolutamente perdere la prevaricazione burocratica che allontana il docente e il mondo della scuola dall’atto educativo: l’istruzione legata soprattutto ai contenuti deve lasciare il posto all’educazione globale: e-duco conduco verso se stessi, la società, il lavoro, il mondo, la vita!

 

Nell’antica Grecia l’istruzione apparteneva ai figli dei ricchi, i quali dall’età di sette anni  venivano seguiti da un insegnante privato, secondo un programma che comprendeva la scrittura, la lettura, l’aritmetica e i poemi omerici; infine, l’attività fisica. Le bambine, invece, imparavano a leggere e scrivere a casa. L’ordinamento scolastico fra Atene e Sparta si differenziava, poiché nella seconda si prediligeva la formazione e l’addestramento militare, previsto in questo caso anche per le donne fino al compimento del 18° anno, quando superate diverse prove, si univano in matrimonio e rientravano in casa. Solo molti secoli dopo alla donna è stato riconosciuto il diritto allo studio, un concetto universalmente valido, ma tuttora  non ben assimilato fra alcune culture. Cosa vorrebbe dire a riguardo, in quanto ex insegnante?

 

Facile affermare che il diritto allo studio è per tutti uguale, per uomini e donne, per i ragazzi provenienti da ogni dove: nella nostra società è ormai pensiero radicato che l'istruzione sia il mezzo migliore per promuovere l'uguaglianza fra i sessi e che l'educazione delle bambine sia la leva del cambiamento delle sorti di un paese. Ma bisogna vedere come tutto questo viene attuato nel mondo o com’è possibile attuarlo. I dati reali ci fanno riflettere: sono circa 58 milioni in tutto il mondo le bambine e le ragazze che non hanno accesso all'istruzione, persone che potrebbero cambiare i loro paesi e che non hanno la possibilità di farlo. L’esclusione delle bambine e delle ragazze dal sistema educativo non è soltanto la negazione di un diritto umano, ma rappresenta una grave ipoteca sul futuro di una società: le ragazze analfabete sono meno protetta dalla violenza, dalle malattie e dallo sfruttamento e non possono trasmettere ai figli un modello di vita ! Gli ostacoli alla scolarizzazione femminile nascono da discriminazioni di genere e pregiudizi assai radicati in numerose culture, specialmente nelle regioni del pianeta segnate da estrema povertà ed è lì che bisogna agire.

Per risolvere il problema i paesi cercano di superare gli ostacoli con vaste e radicali riforme dei sistemi scolastici, ma c’è bisogno anche del coinvolgimento di organizzazioni internazionali, soprattutto nelle aree rurali, fino alla promozione di un sistema scolastico alternativo per le ragazzine colpite da Aids, guerre e disastri naturali. Ritengo dovere dei paesi ricchi sostenere di più i programmi di educazione globale, ma  penso anche che esista una progressione non una risoluzione definitiva, insomma un percorso per tappe che renda tutto più attuabile, specialmente nei paesi sottosviluppati.

 

Secondo lei, oggigiorno qual è il senso dell’istruzione ai fini della formazione, e non mi riferisco solo a quella professionale, della persona attraverso la scuola?

 

Il ruolo della formazione della persona è fondamentale e viene prima di quella professionale. Faccio il paragone con i file del computer: tanti file sparsi sul desktop non arrivano all’unità e alla completezza se non vengono raccolti in una unica cartella. E la cartella è il nostro pensiero. La formazione deve tendere alla globalità della persona, valorizzando l’individuo e la sua autonomia, in una crescita che preveda i diritti e i doveri. La scuola, insieme alla famiglia, diviene quindi la principale agenzia di formazione e di socializzazione dell’individuo, uno dei perni su cui far leva per promuovere il benessere integrale dei ragazzi in età evolutiva. Non più concepita come semplice luogo in cui avviene una trasmissione di nozioni, al contrario, la scuola è un luogo di vita, dove si sperimentano molteplici incontri tra coetanei, dove si impara la convivenza civile e a relazionarsi con gli adulti.

In un’ottica che pone al centro dell’azione educativo-didattica il benessere psicofisico del discente, la scuola deve aprirsi alle problematiche odierne, per una crescita tanto cognitiva quanto emozionale e sociale. La scuola deve puntare l’attenzione sulla dignità della persona e sulla crescita individuale e sociale, quanto mai necessaria in un mondo in cui il concetto di diritto non sembra più associato a quello altrettanto essenziale e complementare di dovere, come se la persona umana fosse staccata da ogni contesto sociale e antropologico. Educare alla cittadinanza, secondo me, è una delle mete fondamentali della scuola: ha molteplici e trasversali finalità perché interviene non solo sulle discipline, ma anche sullo sviluppo globale della persona: modifica comportamenti, promuove consapevolezza e benessere personale, scolastico e sociale. Le attività curriculari, oltre che recuperare conoscenze, devono tendere allo sviluppo critico, al benessere personale, sociale e scolastico, tappe indispensabili per ulteriori argomentazioni e sviluppi, come il rinforzo della stima di sé, la consapevolezza del proprio ruolo, le malattie, le dipendenze, l`alimentazione e stili di vita sani e utili a mantenersi sani, il raffronto positivo con la famiglia, il gruppo, la scuola,  il concetto di autonomia, la partecipazione consapevole alla vita civica e sociale, le norme che regolano la vita del cittadino, i problemi d` oggi, l’organizzazione della nostra società etc.

 

Sempre restando in tema, mi viene in mente un famoso pensiero del Dalai Lama: Lo studio è come la luce che illumina la tenebra dell’ignoranza e la conoscenza che ne risulta è il supremo possesso, perché non potrà esserci tolto neanche dal più abile dei ladri. Lo studio è l’arma che elimina quel nemico che è l’ignoranza. È anche il miglior amico che ci guida attraverso tutti i nostri momenti difficili. Condivide questa affermazione?

 

Come non abbracciare in toto questa luminosa affermazione! Anzi più passa il tempo e più comprendo come lo studio sia indispensabile per tutti: non a caso oggi si parla di educazione permanente. È vero che al giorno d'oggi la televisione ha fatto perdere l'interesse della cultura ai ragazzi e i soldi sono diventati la cosa più importante, tanto che i ragazzi, quando si trovano di fronte alla letteratura, alla filosofia, alla storia si domandano: "a cosa serve?". L’ignoranza, che nasce anche dal non studiare, in fondo è piuttosto celebrata dalle nuove fonti della conoscenza: per la tv, il web, i social conta l’approssimazione dell’attimo, il presentismo, e conta una certa sottocultura dell’apparire che non riconosce valore all’essere.

Certamente non un computer o una televisione insegnano ai ragazzi a conoscere sentimenti quali l'amore, la gioia, il bene, il male, la noia, la speranza, il dolore: ciò si impara solo studiando, conoscendo i filosofi e i letterati del passato, le vicende della storia, toccando le pagine dei libri, leggendo e  riflettendo su forme elaborate dal pensiero della storia.

Un buon cittadino non necessita solo di competenze tecniche, ma ha assoluto bisogno di capacità critiche e di dibattito che gli permettano di far parte della società non solo in termini produttivi, ma anche critici e strategici. E lo studio per questo diventa fondamentale: metafora di un viaggio capace di aprire una finestra sulla realtà che ci riguarda, che è dentro di noi e intorno a noi.

L’etimo di ogni parola nasconde sempre una storia: “studio” (dal lat. studium) indica la passione, l’applicazione e la passione dovrebbe accompagnarsi all’interesse (dal lat.  intersum, ovvero «sono in mezzo», «partecipo»). Lo studio diventa interessante perché la nostra persona partecipa, interviene, con la sua umanità, le sue domande, la sua vita. 

Concludendo lo studio è un diritto di tutti (permette di avere una certa cultura per confrontarsi col mondo con elasticità mentale); lo studio è un dovere (per la formazione del sé, per proiettarsi nel mondo del lavoro e per conseguire gli obiettivi della vita; senza competenza, e quindi senza conoscenza, sarà sempre più difficile trovare lavoro); lo studio è anche un piacere che il tempo aiuta a scoprire e a valorizzare, come un tener per mano che introduce alla comprensione.

Lo studio insomma ci aiuta ad affrontare l’avventura affascinante della conoscenza. 

“I veri ribelli studiano”, così afferma la scrittrice-insegnate Paola Mastrocola in un suo libro: un tempo i contestatori respingevano lo studio, adesso che siamo nell’era dell’ignoranza di massa, il vero ribelle è il giovane che studia e si prepara con passione e con responsabilità. Il ribelle studia, opponendosi alla decadenza dell’ignoranza.

“Ogni volta che impariamo qualcosa di nuovo, noi stessi diventiamo qualcosa di nuovo” dice Leo Buscaglia.  E non sono solo i ragazzi che devono dedicare tempo allo studio! Tutti siamo studenti, finché abbiamo ancora qualcosa da imparare: e questo processo può avvenire per tutta la vita.

 

Prima di salutare i nostri lettori, potrebbe fare un breve cenno al Giornalino di San Giovanni del Tempio “La penna dei Templari”?

 

Una domanda che mi rende felice. “LA PENNA DEI TEMPLARI”, il periodico della parrocchia di San Giovanni del Tempio (Sacile PN), con 3 numeri annuali (Natale, Pasqua e Festa  del Patrono San Giovanni ), di cui sono responsabile dal 2001, arriva a 700 famiglie, unendo in qualche modo le due metà del paese divise dalla Pontebbana, strada ad alta densità di circolazione sempre supertrafficata. Anche se le ore di lavoro sono tante, metto a disposizione della comunità parrocchiale quello che ho dentro, il mio pensiero e la mia penna, coadiuvata naturalmente da alcune valide figure e sempre sostenuta dal nostro parroco Don Antonio Muraro che tanto valorizza il nostro periodico.

Il periodico consta di quattro parti: Vita Parrocchiale, I ponti della Fede, Spazi aperti, L’angolo della serenità.  Dalla vita parrocchiale, ai grandi temi della Fede, alla condivisione di argomenti che interessano tutti, all’attenzione per i più piccoli. La direzione di questo periodico mi ha fatto un gran regalo: un “apparato radicale interiore” forte, legato alla terra in cui vivo dal 1975. Alla fine quello che si dà, ritorna sempre con forme più ricche.

Pubblicità laterale

  1. Più visti
  2. Rilevanti
  3. Commenti

Per favorire una maggiore navigabilità del sito si fa uso di cookie, anche di terze parti. Scrollando, cliccando e navigando il sito si accettano tali cookie. LEGGI