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Note sulla guerra psicologica contro i cattolici

La copertina del saggio

 

Il pensatore brasiliano Plinio Corrêa de Oliveira (1908-1995), ancorchè tuttora poco noto al grande pubblico in Italia, è stato uno dei più eminenti esponenti della dottrina detta 'controrivoluzionaria' del secolo passato. Se solo si accostano onestamente le sue pagine, non si può negare che molte (se non quasi tutte) delle sue analisi e diagnosi sulla decadenza morale e spirituale della società occidentale si siano poi puntualmente avverate. Grazie al lavoro di Guido Vignelli, che del pensiero controrivoluzionario in Italia da decenni è uno dei più preparati studiosi (si veda anche la sua recente traduzione di un'opera-chiave della produzione di Joseph de Maistre (1753-1821), le Considerazioni sulla Francia, Editoriale Il Giglio, Napoli 2010) è finalmente disponibile in una nuova e più aggiornata traduzione un saggio - oggi come allora politicamente scorrettissimo - di Corrêa de Oliveira che ebbe notevole eco negli anni Sessanta, quando uscì per la prima volta, Trasbordo ideologico inavvertito e dialogo (cfr. P. Corrêa de Oliveira, Trasbordo ideologico inavvertito e dialogo. Note sulla guerra psicologica contro i cattolici. Con postfazione di Guido Vignelli, Editoriale Il Giglio, Napoli 2012, Pp. 128, Euro 15,00). Per l'occasione la “Presentazione” (pp. 5-7) è firmata da S.A.I.R. Dom Bertrand de Orléand e Bragança, Principe Imperiale del Brasile e pronipote di Teresa Cristina di Borbone- Due Sicilie (1822-1889) che conobbe e frequentò a lungo il pensatore brasiliano tanto da finire con l'impegnarsi “totalmente nella lotta contro-rivoluzionaria” (p. 6). Anch'egli sottolinea il valore letteralmente antiveggente dell'opera giacché “scritta nel 1965, essa contiene insegnamenti perfettamente attuali” (ibidem) cosicchè oggi “nello scrutare le cause profonde di quell'immane processo rivoluzionario che ha rovesciato istituzioni millenarie, colpendo anche la Santa Chiesa cattolica e minacciando di estinguere ogni traccia di civiltà cristiana, non possiamo non riflettere sul fatto che, al cuore, troviamo il venir meno dello spirito militante in coloro che avrebbero dovuto invece difendere la Tradizione” (ibidem). La questione di fondo, per i cattolici e quanti si richiamano al primato del buon senso e della legge naturale sulle mode e le tendenze effimere, è che “sostituendo l'apologetica col dialogo, la militanza con l'ecumenismo acritico, la lotta con l'accomodamento, i difensori della Tradizione – sia spirituale che temporale – sono stati progressivamente corrosi dal virus del relativismo, nemico mortale di ogni principio religioso e politico. E le conseguenze sono lì, davanti ai nostri occhi” (ibidem).

Si tratta quindi di affrontare finalmente il relativismo, e i suoi numerosi figli e figliastri, come un vizio in radice intellettuale e spirituale e, in quanto tale, da sradicare. La successiva “Introduzione” all'opera (pp. 9-13) spiega a grandi linee come questo processo ha avuto luogo nel linguaggio, dove l'allora propaganda comunista (oggi relativista) ha distorto numerosi vocaboli con l'obiettivo di fuorviare la percezione dei singoli, e della società, verso di essi. Le parole sono diventate così “una specie di talismano” (p. 9) in grado di esercitare sulle persone un effetto psicologico specifico che non ha tardato a manifestarsi in tutta la sua nocività. Tra queste la più formidabile è stata senz'altro il termine 'dialogo', “parola, questa, di un significato multiforme ed enigmatico” (p. 11) che - complice una massiccia propaganda pubblica e massmediatica trasversale - si è progressivamente affermata come una sorta di nuovo idolo da adorare, e adottare, producendo al tempo stesso in chi la utilizzava un sensibile mutamento delle proprie idee e tendenze morali e intellettuali: un vero e proprio disarmo interiore, insomma, che ha finito per dare luogo al famoso 'trasbordo ideologico inavvertito' di cui al titolo.

L'autore lo illustra in dettaglio nei quattro capitoli che compongono il saggio: nel primo (“La nuova tattica comunista: azione persuasiva del subconscio”, pp. 15-23) Corrêa de Oliveira si sofferma sul carattere “essenzialmente innaturale” (p. 17) del comunismo che lo ha reso nei secoli così inviso a ogni comunità, occidentale e non, a ogni latitudine del globo. La sola ed unica 'grandezza' (sottolineando qui accuratamente e abbondantemente il senso eufemistico delle virgolette) dell'ideologia marxista è stata infatti la carica di violenza su ampia scala che essa è stata in grado di innnescare o anche solo di minacciare con effetti-deterrente non sempre auspicabili: “se infatti il comunismo è nulla in quanto forza costruttiva, è qualcosa in quanto forza distruttiva” (p. 19) come le pagine più recenti della storia contemporanea (e persino la cronaca attuale, si pensi soltanto a quanto avviene quotidianamente nei regimi cinese, nordcoreano o vietnamita) hanno dimostrato. Qui l'autore aggiunge una postilla decisiva - sempre ribadita dal Magistero pontificio - un tempo peraltro generalmente più condivisa di oggi e cioè che il legame tra comunismo e liberalismo è più stretto e, staremmo per dire, 'fisiologico' di quanto solitamente si pensi da parte dell'uomo-medio della strada. In effetti, le due ideologie (e che, proprio in quanto tali, evidentemente, rifiutano alla base i dati di realtà) superficialmente in opposizione, hanno ben più di un punto in comune. D'altra parte, storicamente, fu proprio il liberalismo “che trionfò con la Rivoluzione Francese [a spargere] nell'Occidente i germi del comunismo” (p. 21) e contribuendo così all'accelerazione del moto rivoluzionario nel suo insieme. Né è un caso che sui principi non negoziabili le due correnti oggi convergano ampiamente e anzi teorizzino finalmente la loro distruzione con le stesse identiche motivazioni (l'insindacabilità dell'autodeterminazione nel caso dell'aborto, l'adattamento ai tempi che cambiano nel caso delle coppie di fatto, l'antiproibizionismo come valore assoluto nel caso della droga, etc.). Il secondo capitolo (“Il trasbordo ideologico inavvertito”, pp. 25-32) illustra invece la tecnica della persuasione tipica che dà luogo al trasbordo ideologico. Questo in buona sostanza consiste “nell'agire sullo spirito altrui, portandolo a cambiare ideologia senza che se ne accorga” (p. 28) e, al contempo, emarginare dal dibattito pubblico tutti coloro che si ostinano a promuovere un pensiero forte etichettandoli come fanatici, estremisti e persino pericolosi per l'ordine sociale. Strumentale a tale processo è la diffusione in modo esponenziale delle parole-talismano che - mutate ad hoc dalla propaganda relativista - finiscono per cambiare il senso stesso della realtà (si veda il terzo capitolo, “La parola-talismano, espediente del trasbordo ideologico inavvertito”, pp. 33-39). La parola 'dialogo' da questo punto di vista rappresenta forse il successo più evidente della guerra psicologica conro i cattolici e del relativo processo di manipolazione del reale: se oggi si vuole avere una qualche chance d'influire sull'opinione pubblica occorre previamente fare ammissione di volontà di dialogo e ascolto, su qualsiasi argomento e indipendentemente dall'interlocutore. Una persona che invece, poniamo, non volesse dare pubblicità (anche solo ascoltando) alla diffusione delle droghe semplicemente perchè non c'è niente da discutere, verrebbe additato subito come un 'bigotto' e un 'talebano', persino in ambienti – tendenzialmente – a lui più prossimi dal punto di vista culturale. Ma anche se si ostinasse (pure dopo un paziente confronto) a ripudiare ragionevolmente senza se e senza ma ogni sollecitazione avversa verrebbe comunque visto come un nemico dell'ordine sociale proprio perchè non negozia sui princìpi (si veda in dettaglio il capitolo quarto, “un esempio di parola-talismano: 'dialogo'”, pp. 41-59). E pensare che la pace, in realtà, sarebbe proprio “[quella] tranquillità dell'ordine” (citando il celebre De Civitate Dei Sant'Agostino) che riposa solo sulla verità e sul bene.

La citazione di Sant'Agostino, peraltro, non è casuale: l'autore infatti – polemizzando anche con un certo accomodamento al mondo che ha investito la Chiesa dall'interno negli ultimi decenni – vuole riscoprire il repertorio della buona e sana polemica che fa parte a pieno titolo della Tradizione della Chiesa e delle opere migliori di non pochi tra Santi e Dottori tra cui San Gerolamo (347-420), San Bernardo (1090-1153), San Francesco di Sales (1567-1622). Non solo, ma anche nell'ultimo tumultuoso secolo non sono state certo poche le personalità che hanno contestato la cultura dominante da questo punto di vista esponendosi in prima persona. Nella postfazione alla nuova edizione (“Il mito del dialogo relativista. Una strategia di conquista che continua”, pp. 95-123) Vignelli cita i nomi significativi di Thomas Molnar (1921-2010), Augusto Del Noce (1910-1989), Jean Ousset (1914-1994), Etienne Gilson (1884-1978), nonché – con riferimento diretto alla Chiesa – la predicazione e gli scritti di Cornelio Fabro (1911-1995), Dario Composta (1917-2002), Giuseppe Siri (1906-1989), Enrico Zoffoli (1915-1996). Negli stessi anni di Corrêa de Oliveira, ad esempio, Augusto Del Noce, ugualmente inascoltato, in Italia, lanciava lo stesso grido d'allarme: [egli] “obiettò che i dialoganti occidentali, specie quelli cattolici, erano dominati da un complesso di colpa sul passato (medioevale), da un complesso d'inferiorità sul presente (moderno), da illusioni pacifiste sul futuro, nonché dal rispetto umano verso i 'fratelli separati' e i 'compagni di strada' e dalla ossessione di evitare divisioni e conflitti nella illusione di essere così accettati da tutti” (p. 98). Se questo è vero e se, come scriveva ancora il pensatore brasiliano, il “moderatismo” è il grande eccesso del nostro secolo, per uscire dalla crisi non resta allora che ri-scoprire a pieno titolo, decisamente e con convinzione, l'apologetica, la controversia e la polemica “come mezzi necessari all'evangelizzazione e all'apostolato” (p. 122) e quindi a una visione della vita cristiana alta ed esigente quale militia, impegno e sacrificio recuperando lo spirito d'intransigenza, di missione e di militanza che ha fatto per secoli della Civiltà cristiana una società ineguagliata nella storia dell'umanità.

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