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Venerdì, 01 Novembre 2024

Fra la riproposizione deja vu di Il re dei Re e La Passione di Cristo secondo Mel Gibson, 
i palinsesti televisivi pasquali hanno offerto anche prodotti cinematografici di maggiore novità. È il caso di Il Precursore, del 2019, andato in onda sabato santo su RaiUno, docufilm diretto da Omar Pesenti sulla storia di Giovanni il Battista, uno dei santi più venerati, colui che prepara la strada all'Avvento. Una vocazione, la sua, che pare manifestarsi ancor prima di nascere facendo sentire i calci nel grembo di Elisabetta, sua madre, nel momento della visita della cugina, la Vergine Maria, giunta a verificare di persona quanto le ė stato annunciato dall'angelo Gabriele. Un miracolo perché il neonato è concepito da una donna avanti negli anni come l'anziano padre Zaccaria, interpretato da Edoardo Siravo. Giovanni Battista, il cui ruolo è affidato a Francesco Castiglione, l'ultimo Profeta dell'Antico Testamento, il primo degli apostoli, colui che battezza Gesù, è raffigurato in dipinti di Bellini, Veneziano, Solari, il Perugino, Leonardo, Caravaggio.
Per la sua comunità vige l'obbligo dell'immersione nelle acque del Giordano, per pentirsi e convertirsi. Del resto il battesimo, come i riti di purificazione nell'acqua per il perdono dei peccati, fanno parte della tradizione biblica.
Questa pratica rituale diventa il vessillo da "impugnare" come segno di identità per Giovanni il Battista ovvero il Battezzatore, commenta in pellicola il cardinale Gianfranco Ravasi, uno degli esperti, fra gli altri il vescovo Nazzareno Marconi, i docenti Emanuela Prinzivali e Pierluigi Guiducci.
La trama offre ampio spazio all'attacco pubblico nei confronti di Erode Antipa, il Tetrarca di Giudea, reo di condotta impura per aver sposato Erodiade, moglie di suo fratello. Il re pensa infatti di essere al di sopra delle leggi, anche del divieto di scoprire le nudità di una cognata. Ecco quindi profilarsi la figura di Gesù, preconizzato dalla scena in cui è descritto il legame parentale dei due cugini. Da quel momento la missione di Giovanni è utilizzare la propria popolarità per diffondere la notizia e preparare il popolo al Messia, abbracciando così in pieno il proprio ruolo di suo precursore. Intanto il peso delle accuse verso Erode fanno si che venga richiuso nella fortezza di Macheronte, in Giordania. In attesa di processo, preda di stenti e angherie, Giovanni vede affiorare il dubbio della fede. Torna allora in mente la scena iniziale del film, il grido straziante di Giovanni : "Perché hai chiamato me? (...) Dove sei Signore? (...) Non sento la tua voce". Ancora una volta Giovanni, come avvenuto nel deserto, invoca l'avvento del Cristo. Ed è Gesù a fargli riferire che i morti sono risuscitati e " chi dubita non può essere felice". Il film, in dosato equilibrio fra recitazione, interventi esplicativi ed animazione, sale di livello drammatico nella parte finale.
Salomè, il brano del compositore calabrese Francesco Perri, va a collocarsi allora negli interstizi fra dialoghi e scena. È musica ammaliante, stratiforme come i veli della danzatrice, non si sovrappone all'immagine anzi la completa. 
La sequenza si ha dopo che Giovanni, chiamato al cospetto di Erode e non demordendo dall'accusa verso il despota, viene condannato a morte su spinta di Erodiade. La danza, sostenuta da percussioni, scale arabe, flauto in sottofondo, diventa il viatico al martirio. La testa di Giovanni è il titolo della composizione finale, sfondo sonoro agli ultimi momenti di vita, cornice della scena pulp della decollazione tramite spada. La regia coglie il profilo etico di questo radicale profeta rivoluzionario che il potere teme per la capacità di trascinare le folle anche se la sua soppressione viene determinata più da equilibri politici interni alla corte reale che ideologico-religiosi.
Significativo che, dopo i titoli di coda, appaia un Erode tormentato dall'averne decretato la condanna a morte che ne confonde e fonde la figura col Salvatore.
La trama termina dunque facendo essa stessa da antefatto all'altra narrazione, quella messianica. Il lavoro, girato nelle Marche, realizzato dal Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede in collaborazione con Marche Cultura Film Commission, si avvale anche dell'interpretazione di Antonella Fattori, Valeria Zazzaretta e Luca Capuano. Il soggetto è firmato da Franco Perazzolo e Renato Poletti per la sceneggiatura dello stesso Poletti con Elisabetta Sola e Massimo Vavassori.

Sesto appuntamento, con il botto, per "Teatro casalingo" e l'Associazione Scena Teatro. Giovedì 2 aprile alle ore 17, attraverso le piattaforme social e web, il format condotto dal direttore artistico Antonello De Rosa e dal direttore organizzativo Pasquale Petrosino "ospita" l'attore e drammaturgo Giuseppe Manfridi. L'artista romano è stato definito da Franco Cordelli nel 1991, sull'Europeo, il capofila della nuova drammaturgia teatrale. "Un ospite di eccezione - commenta Antonello De Rosa - ed uno dei più grandi drammaturghi e registi del panorama nazionale. Grazie alla sua signorilità, che l'ha sempre contraddistinto, ha immediatamente accettato di prender parte a questo progetto. Progetto che, come già detto in passato da Pasquale Petrosino, è divenuto davvero intrigante. Non abbiamo creato niente di eccezionale, senza togliere nulla ai talk teatrali della tv, ma siamo riusciti a dare un pizzico di respiro al al teatro ed alla cultura. Mi dispiace, ed ovviamente lo dico senza polemica, che qualcuno non abbia gradito perchè, magari, non ha nulla da dire e non avrà nulla da dire terminata anche questa emergenza sanitaria". Teatro casalingo: un modo semplice d'incontrarsi tra brevi monologhi ed interventi, durante l'emergenza sanitaria covid-19, in onda il martedì ed il giovedì alle ore 17 su facebook, youtube

Al teatro Lo Spazio di Roma - via Locri 42/44 dal 12 al 15 marzo 2020 verrà rappresentata l'opera "Enrico IV", diretta ed interpretata dall'eclettico Mino Sferra che, prima partire per Mosca su invito dell’Istituto italiano di Cultura, porterà nella sua città l’anteprima del capolavoro di Luigi Pirandello. "Enrico IV", riadattata nei testi per il palcoscenico moscovita, si trasforma in una commedia all'interno della quale si dipana il virtuosistico rapporto tra uomo e personaggio, nel crinale tra verità e finzione.
Siamo all'inizio del secolo scorso, un nobile prende parte ad una storica cavalcata in costume, indossando i panni dell’Imperatore di Germania Enrico IV. Alla messa in scena partecipano anche Matilde Spina, donna di cui è innamorato e il barone Tancredi, suo rivale in amore. Quest’ultimo, durante la cavalcata punge il cavallo nel posteriore, facendo disarcionare il nemico che a causa della caduta batte la testa; al suo risveglio si convince d’essere realmente l’Imperatore tedesco, generando situazioni sospese fra ironia e drammaticità, dalle quali emerge prepotente il tema della maschera pirandelliana.
Altri interpreti della commedia, prodotta dall’Associazione Culturale G.T.M., sono: Max Russo, Federica Sarti, Giancarlo Loffarelli, Paola Barini, Matteo Contu, Claudio Bellisario, Gianluca Mura, Michele Calabretta e Lorenzo Sferra.
Le musiche sono di Fabio Lombardo, i costumi di Raffaella Tirelli, le scene sono di Salvatore Liistro mentre, fonica e aiuto regia è Serena Parissi.
"Il testo del drammaturgo agrigentino è geniale, un capolavoro metateatrale, fortemente filosofico, uno studio accurato sul significato della pazzia - afferma Sferra - tema a me molto caro. Enrico IV rappresenta anche la metafora dell’uomo moderno, con tutte le sue criticità e frustrazioni. Un personaggio che mi ha sempre affascinato, poiché scava nel profondo dell’essere umano, mescolando pazzia, lucidità e recitazione, ma anche utilizzando e adattando la maschera a seconda delle situazioni in cui l’uomo si trova. La mia regia - conclude Sferra - fa da ponte tra l’ironia e la drammaticità di cui il testo si nutre, una sorte di doppio gioco tra l’autore e i personaggi’’.
Teatro Lo Spazio: via Locri 42/44
ore 20.30 (giovedì-sabato) -17.30 (domenica

A Roma lo scorso 29 Fe­bbraio, presso la Sala F di Cinecit­tà Studios, in occas­ione del Centenario dalla nascita del Ma­estro Federico Felli­ni, l’Archivio Stori­co del Cinema Italia­no, in collaborazione con AIC–IMAGO e Li­bera Università del Cinema, ha presentato l’antologia filmica “FELLINI & L’ALTER EGO” (2020), un rac­conto inedito delle stagioni della vita del regista attrav­erso le immagini rea­lizzate dagli autori della sua cinematog­rafia:
Carlo Carlini, Pas­qualino De Santis, Tonino Delli Colli, Dario Di Palma, Gianni Di Venanzo, Ennio Guarnieri, Otello Ma­rtelli, Giuseppe Rot­unno, Luciano Trasat­ti.
L’ideatore e reali­zzatore del progetto, Graziano Marraffa, Presidente dell'Arch­ivio Storico del Cin­ema Italiano, ha mod­erato l’incontro con i numerosi professi­onisti presenti in sala, che hanno regal­ato al pubblico le loro commosse testimo­nianze.
Tra gli autori della cinematografia, l’­attuale Presidente dell’AIC Daniele Nann­uzzi e il direttore della fotografia Rob­erto Girometti, i pr­oduttori Angelo Iaco­no e Roberto Mannoni, la regista Carlotta Bolognini che ha ricordato suo padre Manolo Bolognini, giovane segretario di produzione per “IL BIDONE” (1955) e “LE NOTTI DI CABIRIA” (1956); inoltre, l’at­trice soprano Sara Pastore ha letto una testimonianza sull’i­ncontro tra Fellini e Giulietta Masina tratta dal recital “F­EDERICO FELLINI IN JAZZ” (2013), l’attri­ce Adriana Russo ha citato il rapporto di amicizia e collabo­razione tra il regis­ta e suo padre il Ma­estro pittore Mario Russo, autore del di­pinto scelto quale immagine ufficiale de­ll’evento.
Lo scrittore e reg­ista Italo Moscati, autore di vari saggi dedicati all’opera e alla personalità di Fellini, si è conf­rontato in un dibatt­ito finale con il Pr­of. Fabio Melelli, docente presso l’Univ­ersità per Stranieri di Perugia, e il Pr­of. Flaminio Di Biag­i, docente presso la sede romana della Loyola University Chi­cago.
Tra gli ospiti, il prof. Flavio De Ber­nardinis, docente pr­esso il Centro Speri­mentale di Cinematog­rafia, il Presidente del Comitato “Felli­ni 100 – Una finestra sul sogno” Giampie­ro Mele, gli autori della cinematografia Adolfo Bartoli, Bru­no Cascio, Gianni Fi­ore Coltellacci, Jes­sica Giaconi, Gianni Mammolotti, Giorgio Tonti, Nino Venditt­i, la dirigente del­la Libera Università del Cinema Fiorenza Scandurra, lo psico­logo Giulio Casini, la produttrice Silvia Giulietti, i fotog­rafi Romolo Eucalitto ed Egidio Poggi, l’agente cinematograf­ico Roby Ceccacci, l’organizzatrice gene­rale Isabella Poli, gli attori Alex Part­exano, Vassili Karis, Andrea Bonella, il regista Rai Maurizio Graziosi, il diret­tore del “Premio Vin­cenzo Crocitti” Fran­cesco Fiumarella, i tecnici del colore Pasquale Cuzzupoli e Maurizio Iacoella, l’Avv. Luciana Vasile, l’Ufficio Stampa Giò Di Giorgio, la ca­ntante Naira, il pro­duttore Danilo Ronzi, l’editore Luca Car­bonara.

Teatro Comunale Grandinetti gremito in ogni ordine di posti per lo spettacolo Tartassati dalle tasse scritto e diretto da Eduardo Tartaglia, con Biagio Izzo e un cast di attori straordinari.

Una storia contemporanea trattata con leggerezza come da tradizione teatrale partenopea, ma che offre agli spettatori molti spunti di riflessione esorcizzando, attraverso la lente deformante della comicità, i temi della crisi economica e della elevata pressione fiscale che da tempo, ormai, attanagliano il nostro Paese.

Innocenzo Patanaro, erede di una famiglia di pescivendoli, gestisce un ristorante à la page di cucina nippo-napoletana, Sushi all’acqua pazza, ma a causa di un controllo della Guardia di Finanza rischia di perdere tutto.

La vicenda scenica si svolge, alternativamente, in due ambienti paralleli creati dallo scenografo Luigi Ferrigno e illuminati dalle belle luci di Francesco Adinolfi: la sala del ristorante, con arredi ed elementi decorativi di chiara derivazione nipponica e l’ufficio grigio, severo, essenziale del maresciallo La Scorza e del suo sottoposto Messina. Perfetti anche i costumi di scena firmati da Marianna Carbone e il tappeto musicale di Antonio Caruso.

Un crescendo di comicità e risate che non conosce momenti di flessione. Un ritmo serratissimo e una giostra di gag, battute, equivoci, doppi sensi che coinvolgono il pubblico in momenti di puro divertimento.

Sempre irresistibile la vis comica di Biagio Izzo nel ruolo di Innocenzo Patanaro detto Brillantone, vedovo con una figlia, imprenditore nel settore della ristorazione, amante dei maglioncini di cashmere doppio filo, dei viaggi e delle belle donne. Spavaldo e sicuro di sé fino all’insolenza riesce, tuttavia, a infondere al suo personaggio una emotività partecipe nel suo rapporto con la figlia verso la quale nutre un amore smisurato. Annullando la quarta parte, scende in platea e arringa con passione il “popolo dei tartassati” tuonando contro le troppe tasse che gravano su imprese e cittadini italiani in attesa di comparire davanti al maresciallo Gilberto La Scorza che già nel nome porta scritta l’incorruttibilità e il rigore morale di servitore dello Stato. Un detective vecchia maniera che preferisce l’indagine investigativa sul campo senza ricorrere agli ausili della moderna tecnologia.  Mario Porfito ne offre una interpretazione mirabile ergendosi con tutta la forza di tutore della legalità ma innervando il personaggio di un’ironia sferzante e implacabile che ha come vittima privilegiata l’appuntato Messina, suo sottoposto di cui Roberto Giordano ne delinea un ritratto quasi surreale ma godibilissimo nella sua grafica stilizzazione costruita intorno alle sue intemperanze linguistiche ricche di improbabili neologismi e accenti tonici variabili.

Completa l’universo attoriale maschile Arduino Speranza, perfetto nel ruolo di Kazzumi Momoro, cuoco giapponese naturalizzato napoletano. Un personaggio esilarante che sembra uscito da un cartone animato e che si barcamena tra cucina fusion e strategie di marketing.

Nei ruoli femminili due belle e brave attrici Stefania De Francesco nella parte di Magdalena, moglie del maresciallo La Scorza  e Adele Vitale nel ruolo di Valentina, figlia di Innocenzo. La De Francesco disegna il ritratto di una donna dedita alla famiglia ma invisibile agli occhi del marito tutto concentrato nel suo ruolo di paladino della legalità, anche se entrambi incarnano il paradigma della famiglia costruita su sani principi  e solide basi morali. La Valentina di Adele Vitale è una ragazza assennata, studiosa, autonoma che cerca di andare avanti con le proprie forze senza ricorrere all’aiuto di papà il quale saprà dimostrarle, ancora una volta, affetto e comprensione in un momento particolarmente delicato della sua vita.

Così la famiglia, come ultimo bene-rifugio, diventa il vero nucleo tematico della commedia  attorno a cui si innestano tematiche sociali e individuali che si snodano lungo la narrazione scenica attraverso il contrappunto comico e lo sberleffo popolare e che, alla fine, suggellano il valore dell’onestà, il dovere civico e la necessità di rispettare le leggi.

Un altro grande successo per la rassegna teatrale Vacantiandu con la direzione artistica di Diego Ruiz e Nico Morelli e la direzione amministrativa di Walter Vasta.

Anche per Biagio Izzo il consueto omaggio della tradizionale maschera, simbolo della rassegna Vacantiandu, ideata dal graphic designer Alessandro Cavaliere e realizzata dal maestro Raffaele Fresca.

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