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"L'Italia chiede di non essere lasciata sola". Di fronte all'ennesima tragedia del mare, un naufragio dai contorni ancora "nebulosi" che potrebbe arrivare a contare fino a 700 vittime, Matteo Renzi rivolge il suo appello alla comunità internazionale e innanzitutto l'Unione europea. Il premier italiano, in asse con il presidente francese Francois Hollande, chiede che si convochi in settimana un Consiglio Ue straordinario perché l'Ue rafforzi la sua azione contro gli "schiavisti del mare" e la smetta di considerare l'immigrazione un problema "di serie B".

La Commissione Ue, esprimendo "profonda frustrazione", sostiene la necessità di "un'azione decisa". Ma l'Italia, anche con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, un "impegno" dei partner europei lo invoca con urgenza. Ed è "accorato" l'appello di Papa Francesco alla comunità internazionale, perché simili tragedie che colpiscono persone che "cercavano la felicità" non si ripetano. Pero la verità a mio avviso è che l'Europa non ha alcuna voglia di risolvere un problema considerato tuttora italiano. Troppo misero il peso geopolitico dell'Italia perché qualcuno partecipi al problema. Al massimo sono disposti a dare qualche soldo in più e tanta solidarietà per mettersi a posto con la coscienza. Ma è una solidarietà rosso sangue. E mentre il premier Matteo Renzi parla a Palazzo Chigi al fianco del primo ministro maltese Muscat, nel Mediterraneo, all'altezza della Libia, vengono avvistati altri tre barconi, con a bordo centinaia di disperati. E si rischia l'ennesima strage. Per questo il premier ripete che il problema non è il soccorso in mare - che c'era anche sabato scorso ma non ha impedito al Mediterraneo di inghiottire 900 disperati - ma è quello di bloccare gli "schiavisti del XXI secolo" in partenza. Di dichiarargli guerra, appunto. "Prenderli deve essere una priorità per la comunità internazionale", assicura e annuncia "interventi mirati" per bloccarli da presentare al vertice straordinario di giovedì prossimo.Cosi sbarca la strage e siamo invasi di chiacchiere, non solo ipocrite, ma dannose. Perché a forza di chiacchiere il Mare Nostrum è diventato un cimitero.Ci sono voluti novecento morti per far dire a una certa Italia, all'Europa e al mondo: mio Dio, nel Mediterraneo c'è un problema. Settecento morti per aprire gli occhi. Settecento morti per capire che i viaggi della morte non sono un diritto dei migranti, ma una tragedia. Adesso se ne può parlare. Ora i professionisti della chiacchiera morale prendono in considerazione l'ipotesi che ci sono trafficanti di uomini che fanno affari sulla pelle dei disperati. Il governo ha spacciato come una risposta il nome sacro di Mare Nostrum. L'Europa chiamata in causa ha rinviato al mittente ogni responsabilità: non sono affari nostri. Al'Onu adesso si sono tutti seduti a un tavolo per parlarne. I ministri europei addirittura mettono in agenda un tavolo di lavoro dove si evocano lo sbarramento navale e la possibilità di affondare i barconi. La rottura in pratica di un tabù, peccato che l'impressione sia quella di chi parla e prende tempo per non sporcarsi le mani, per non assumersi responsabilità. L'Italia nel frattempo non regge più e la Morte Spa è un'azienda sempre più organizzata che lavora per finanziare il terrorismo islamico e comprarsi case da 13 milioni di euro.Intanto : Dal racconto dei sopravvissuti all'ecatombe avvenuta due giorni fa nel canale di Sicilia emergono sempre più dettagli su quanto accaduto. Lo scafista - raccontano i superstiti - forse nel tentativo di nascondersi avrebbe condotto il barcone contro una nave mercantile portoghese, la King Jacobs che era arrivata nelle vicinanze per prestare soccorso. Una versione confermata anche dai pm di Catania secondo i quali il naufragio sarebbe dovuto a due cause: lo spostamento dei migranti sull'imbarcazione, che era sovraffollata, e l'errata manovra dello scafista che l'ha portata a collidere con il mercantile King Jacobs. Secondo i pm "non è stato ancora possibile accertare il numero dei morti" nel naufragio in Libia, perché i superstiti riferiscono di cifre comprese tra i 400 e 950 passeggeri, ma "secondo alcuni sopravvissuti sentiti su nave Gregoretti e un report del mercantile portoghese si stima che a bordo del barcone ci fossero circa 850 migranti".Il primo contatto che ha fatto Renzi  è stato con Hollande, dopo la tragedia che assicura all'Italia un impegno forte rispetto a un problema che incontra resistenze tra alcuni colleghi europei. "L'Ue deve rafforzare il numero di navi nell'operazione Triton", dice Hollande ai Paesi più recalcitranti. E come Renzi sollecita un vertice Ue. "Al più presto, entro giovedì", chiede il premier italiano nei colloqui con i colleghi, da Angela Merkel a David Cameron. "E' inaccettabile" quanto successo, dichiara la responsabile della politica estera Ue, Federica Mogherini, che nel pomeriggio è a Palazzo Chigi. Il tema, annuncia, sarà discusso domani dai ministri degli Esteri Ue e in settimana anche dai ministri degli Interni. Il commissario all'immigrazione sarà in Italia giovedì, domani Renzi vedrà a Palazzo Chigi il premier maltese. Ma è una risposta unitaria dei capi di Stato e di governo dell'Ue che l'Italia chiede. L'immigrazione, afferma Mogherini, "per troppo tempo è stata lasciata solo ai Paesi del sud"."La morte di centinaia di profughi manifesta la totale insufficienza delle iniziative assunte fin qui dalla comunità internazionale", dichiara il presidente Mattarella, che invoca "un'iniziativa umanitaria straordinaria di Ue e Onu". "Il problema - spiega Renzi - non è il controllo del mare, perché la tragedia non è derivata da mancanza di soccorsi, ma distruggere i trafficanti di uomini, i nuovi schiavisti". Come? Non con un blocco navale, perché se fatto in acque internazionali sarebbe come un "servizio di taxi" agli scafisti. O con i respingimenti, che "sono impossibili" in Libia. E non è una soluzione neanche il ripristino di Mare nostrum, "operazione tampone". Perché, dice il premier, il problema va risolto "alla radice": "Siamo pronti a fare tutto ciò che è necessario perché non partano. L'idea di un coinvolgimento delle Nazioni Unite e delle istituzioni europee è sul tavolo. Ma il problema è risolvere il problema in Libia", un Paese in guerra e senza un governo stabile dal quale parte il 91% dei migranti. E' la Libia la priorità, ribadisce Renzi. E fonti di governo spiegano che l'Italia chiede all'Ue un impegno su due piani. Da un lato sulle regole di ingaggio contro gli scafisti per non lasciare a loro la gestione della disperazione dei migranti, "creando - spiega una fonte - dei canali sicuri".Dall'altro lato, con un intervento per la sicurezza politica in Libia. Renzi di Libia ha parlato venerdì anche con Barack Obama, con il quale assicura esserci "totale condivisione" sulla necessità di combattere innanzitutto "il traffico degli umani". In un giorno di "grande dolore", il premier batte anche sul tasto di una risposta sul piano politico e culturale, che si traduce nel considerare le vittime "esseri umani", cui l'Italia si impegna a restituire dignità, dopo l'ingente impegno nel soccorso, anche recuperando il relitto del barcone.

Trentaquattro miliardi di dollari. Una cifra da capogiro. È quanto vale il giro d'affari del traffico di esseri umani che, negli ultimi vent'anni, è costato la vita nel solo Mar Mediterraneo a 20 mila persone.

 

Col risultato che il Canale di Sicilia è sempre più affollato di persone che tentano di fuggire dall’ Africa o dal Medio Oriente per cercare una nuova vita in Europa. Stando alle fonti di intelligence, si muore di più sulla rotta libica che su quella tunisina, ma in ogni modo il mare è sempre più pericoloso e i trafficanti di esseri umani sempre più senza scrupoli.

 

"Bisogna dire a Salvini di smetterla di dire sciocchezze". Nel giorno dell'ennesima tragedia nel Canale di Sicilia, l'arcivescovo emerito di Torino Severino Poletto se la prende con Matteo Salvini.

"Non si può far morire in mare uomini, donne e bambini - tuona ai microfoni di Repubblica Tv - sono persone disperate, hanno bisogno della nostra solidarietà". Al cardinale non sono andate giù le parole del leader leghista che ha accusato il governo di avere le mani sporche di sangue e ha chiesto il blocco navale per fermare una volta per tutte gli sbarchi"Non si può voltarsi dall’altra parte - aggiunge al termine della Messa che ha dato inizio all’Ostensione della Sindone nel Duomo di Torino - le frasi di Salvini non sono compatibili con la cultura umana e cristiana".

L'attacco di Poletti non ha fatto piacere a Salvini, sia per l'acredine con cui è stato assalito sia perché l'arcivescovo di Torino non è intervenuto nel merito della polemica. "Caro il mio monsignor Poletto - replica il leader del Carroccio ai microfoni di Radio Padania - io sono un povero peccatore, ma invece di insultarmi mi indichi la retta via e ci spieghi cosa fare per evitare le stragi in mare e anche gli scontri nelle periferie come avviene nella sua Torino". Quindi, lo incalza: "Io non ho capito quale sia la ricetta di Poletto per risolvere il problema degli esodi di massa e della assistenza, per evitare l’ecatombe di uomini e donne e bambini - aggiunge il segretario federale della Lega - invece di insultarmi mi porti sulla retta via".

Per Salvini le parole del cardinale sono state davvero dure e immotivate: "Mi hanno riempito di tristezza e di sconforto". E lo sfida: "Dica quali piuttosto sono le soluzioni. Ma mi raccomando, che non siano quelle di qualche associazione o cooperativa che sui profughi e sugli immigrati ci campa...""Noi facciamo delle proposte e subiamo insulti e indegne accuse di razzismo - conclude Salvini - ma ci siamo abituati e continueremo la nostra battaglia che è condivisa dai cittadini".

Il segretario generale delle Nazioni unite Ban Ki-moon ha riconosciuto il "pesante impatto" sull'Italia per l'arrivo di tanti migranti ed è grato al governo italiano per tutti i suoi sforzi. Lo ha detto un portavoce Onu. Ban ha fatto appello alla comunita' internazionale perche' dimostri solidarita' e divida il peso di questa crisi. Ban osserva che il Mediterraneo e' diventata "la rotta più letale del mondo" per migranti e per chi cerca asilo. "La risposta della comunità internazionale deve essere globale e collettiva".

Contro gli scafisti è possibile un'operazione condivisa in Europa, ma mirata. Ci sono tutte le condizioni per farlo". Così il premier Matteo Renzi a Rtl. Renzi propone "interventi mirati sugli scafisti, persone che vanno affidate alla giustizia. L'Italia ne ha arrestati 976, possibile lo facciamo solo noi?". "Penso che il Consiglio europeo potrà tenere una posizione unanime e condivisa" sui temi della Libia e dell'immigrazione, ha detto il premier a Rtl raccontando di aver sentito ieri anche Angela Merkel e Alexis Tsipras, tra gli altri leader europei. Intanto :

Sono cominciate nel porto de La Valletta le operazioni di sbarco dalla nave Gregoretti della Guardia Costiera dei 24 cadaveri recuperati in seguito al naufragio avvenuto ieri davanti alle coste libiche. Nell'ospedale Mater Dei saranno eseguiti gli esami autoptici. A bordo dell'unità italiana è salito anche il personale medico per valutare le condizioni dei 27 superstiti, che si trovano sotto coperta. Non appena saranno ultimate le operazioni, che potrebbero richiedere alcune ore, la nave Gregoretti dovrebbe ripartire per il porto di Catania, dove ieri è stato trasferito in elicottero uno dei sopravvissuti in gravi condizioni.

 

Non c'è fine all'orrore nel canale di Sicilia. Non c'è fine alla cattiveria dell'uomo. La strage di Lampedusa doveva segnare il punto di non ritorno; il "mai più" che papa Francesco, proprio da quell'isola bella e dannata, lanciò al mondo. E invece è arrivata la strage definitiva: perché è come se in mezzo al Mediterraneo fossero caduti, tutti insieme e nello stesso punto, almeno 6 aerei. Perché di fronte a 700-900 morti, che si vanno ad aggiungere ai 950 dall'inizio dell'anno, qualsiasi parola che non sia 'basta' suona vuota e inutile. E allora bisognerebbe ascoltarle davvero le parole di chi sopravvive all'orrore :

"Eravamo in 950. C'erano anche duecento donne e 50 bambini con noi. In molti erano chiusi nella stiva". Sono morti come topi in gabbia. Sono andati giù, in fondo al mare, senza neanche poter provare a salvarsi, ad aggrapparsi ad un pezzo di legno, al braccio di qualcuno. Sono morti senza poter lanciare un ultimo, disperato, urlo.

Almeno secondo il racconto alle agenzie di stampa del comandante del mercantile portoghese King Jacob che per primo è stato dirottato nella zona. "Stavamo navigando nella loro direzione - ha detto l'uomo ai nostri soccorritori - Appena ci hanno visto si sono agitati e il barcone si è capovolto. La nave non lo ha urtato, si è rovesciato prima che potessimo avvicinarci e calare le scialuppe".

In quei momenti era già tutto compiuto. Chi ha potuto, chi era sul ponte, ha gridato, ha tentato di aggrapparsi a qualcosa.
qualsiasi cosa. Ma in molti non hanno neanche capito quel che stava accadendo. Chi era nella stiva ha sentito solo il rumore sinistro del legno marcio che si frantuma e ha visto l'acqua entrare tutto assieme, fredda e assassina. E poi il silenzio della morte. "C'è soltanto nafta e detriti, pezzi di legno che vanno alla deriva e qualche salvagente. Non troviamo più nulla dalle 10 di questa mattina" racconta uno di quelli che da 20 ore sta disperatamente cercando di salvare qualcuno.

In zona sono stati dirottati anche diversi pescherecci. In uno di questi c'era il comandante Giuseppe Margiotta. "Ci hanno chiamato dalla centrale operativa e ci hanno chiesto di mollare la pesca e di andare a salvare delle persone. E noi come sempre, non ci siamo tirati indietro. Ma di vivi non ne abbiamo visti.
Abbiamo trovato quattro cadaveri e abbiamo atteso le autorità che arrivassero per prenderli". Ma forse qualcun altro vivo c'è ancora. "Non se ne trovano più vivi - dice il comandante alle agenzie di stampa- sono andati tutti sotto. Magari c'è ancora qualcuno aggrappato a qualcosa, ma quanto vuoi che resista".
Quando arriva il buio ti devi fermare per forza, non puoi più cercare. "Ogni volta speri. Speri di salvarne almeno uno - ti dice uno di quelli che nel canale di Sicilia a salvare migranti ci sta da dieci anni - E quando dopo venti ore che guardi il mare hai gli occhi che ti bruciano e non sei riuscito a vederne neanche uno, puoi soltanto piangere. Lo sai che sono tutti in fondo al mare, anche se non ci vuoi credere". E' vero, non ti ci abitui mai. A metà mattina hanno recuperato un ragazzino, avrà avuto tra i 10 e i 15 anni al massimo. Era a faccia in giù, in mezzo ad una chiazza di nafta. Lo hanno preso con quanta più delicatezza fosse possibile. Per concedergli almeno un ultimo istante di dignità.

Secondo l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr), nel 2014 sono stati 219 mila i rifugiati e i clandestini che hanno solcato il Mediterraneo per raggiungere le coste del Vecchio Continente. Più o meno nello stesso periodo (da ottobre 2013 al novembre 2014), durante l’operazione Mare Nostrum, ci sono state circa 3.500 vittime. Dall’inizio del 2015, sempre dati Unhcr, sono già circa 31.500 le persone che hanno intrapreso traversate marittime per raggiungere Italia e Grecia, rispettivamente il primo e il secondo principale paese di arrivo, e i numeri stanno crescendo ulteriormente. Sulle coste italiane, secondo dati del Ministero dell’Interno, da gennaio 2015 sono sbarcati 23.556 immigrati. Erano stati 20.800 nello stesso periodo del 2014. Una crescita del 30%, che a fine anno potrebbe tradursi in un aumento di circa 200 mila persone sbarcate sulle coste italiane. Aumenta anche il numero di chi non ce la fa: con il tragico naufragio avvenuto oggi in acque libiche, che avrebbe provocato la morte di circa 700 persone, sale a oltre 1.600 il bilancio dei morti stimati dall’inizio dell’anno. Due giorni fa, infatti, l’Unhcr stimava in 950 i morti da gennaio, ai quali vanno aggiunti gli oltre 700 che sabato notte sarebbero finiti in mare dopo che il loro barcone si è capovolto. Ma per fortuna c’è anche chi sopravvive a questi viaggi pericolosi: secondo la Guardia Costiera italiana, solo dal 10 aprile sono state salvate più di 8.500 persone.

 

Papa Francesco

Papa Francesco ha celebrato nella basilica vaticana la messa per il centenario del "martirio" (Metz Yeghern) armeno, durante la quale proclama "Dottore della Chiesa" San Gregorio di Narek. La Messa è concelebrata da Nerses Bedros XIX Tarmouni, patriarca di Cilicia degli Armeni Cattolici, alla presenza di Karekin II, Supremo Patriarca e Catholicos di Tutti gli Armeni, e di Aram I, Catholicos della Grande Casa di Cilicia. E' presente alla messa il presidente della Repubblica di Armenia, Serzj Sargsyan.

"La nostra umanità ha vissuto nel secolo scorso tre grandi tragedie inaudite: la prima, che generalmente viene considerata come il primo genocidio del XX secolo , ha colpito il vostro popolo armeno, prima nazione cristiana". Papa Francesco cita la dichiarazione comune fatta da Papa Giovanni Paolo II e Karekin II , Catholicos della Chiesa armena,il 27 settembre 2001, a proposito del massacro di un milione e mezzo di cristiani armeni, di cui ricorre quest'anno il centesimo anniversario.

Una posizione, quella della Santa Sede, che il governo di Ankara giudica "lontana dalla realtà storica" definendo "inaccettabili" le parole del Pontefice.

Quella tragedia, ha detto papa Francesco all'inizio della messa in San Pietro a 100 anni dal "martirio", ha colpito il popolo armeno "insieme ai siri cattolici e ortodossi, agli assiri, ai caldei e ai greci". "Furono uccisi vescovi, sacerdoti, religiosi, donne, uomini, anziani e persino bambini e malati indifesi", ha ricordato. "Le altre due" del secolo scorso "furono quelle perpetrate dal nazismo e dallo stalinismo - ha aggiunto - E più recentemente altri stermini di massa, come quelli in Cambogia, in Ruanda, in Burundi, in Bosnia. Eppure sembra che l'umanità non riesca a cessare di versare sangue innocente".

Bergoglio ha insistito sulla necessità di ricordare le vittime: "Ricordarle è necessario, anzi, doveroso - ha aggiunto - perché laddove non sussiste la memoria significa che il male tiene ancora aperta la ferita; nascondere o negare il male è come lasciare che una ferita continui a sanguinare senza medicarla!".

Ma il Papa non ha dimenticato, anche oggi, di citare le persecuzioni subìte dai cristiani: "Purtroppo ancora oggi sentiamo il grido soffocato e trascurato di tanti nostri fratelli e sorelle inermi, che a causa della loro fede in Cristo o della loro appartenenza etnica vengono pubblicamente e atrocemente uccisi - decapitati, crocifissi, bruciati vivi - oppure costretti ad abbandonare la loro terra.

Anche oggi stiamo vivendo una sorta di genocidio causato dall'indifferenza generale e collettiva, dal silenzio complice di Caino che esclama: 'A me che importa?'; 'Sono forse io il custode di mio fratello?'"

La Turchia è indegna di entrare in Europa, altro che ritirare ambasciatori! Ora scrivo a Renzi e ai presidenti di Commissione e Parlamento europeo per chiedere di chiudere il negoziato per l'entrata della Turchia in Europa": lo ha detto Matteo Salvini. "Grazie a Papa Francesco - ha aggiunto - che ha avuto coraggio di dire la verità sul genocidio armeno".

Esattamente un secolo fa, nel 1915, cominciavano nell'impero ottomano i massacri e le deportazioni della popolazione armena, che in tre anni avrebbero provocato 1,3 milioni di vittime, secondo gli armeni, ma anche secondo la generalità degli storici, tra 250.000 e 500.000 secondo le autorità turche. Il Papa lo ha definito oggi il primo genocidio moderno.

Nella capitale dell'Armenia, Erevan, e in altri Paesi il genocidio viene ricordato ogni anno il 24 aprile, anniversario dell'arresto di migliaia di leader della comunità sospettati di sentimenti ostili nei confronti del governo di Costantinopoli, dominato dal partito ultra nazionalista dei Giovani Turchi, che volevano creare uno stato nazionale turco.

Indeboliti dalla sconfitta nella guerra dei Balcani, nel febbraio 1914 gli ottomani, su pressione dei paesi occidentali, si impegnarono ad avviare riforme per tutelare le minoranze etniche e religiose. Ma, nell'ottobre dello stesso anno, entrarono nella prima guerra mondiale, a fianco della Germania e dell'impero austro-ungarico. Poche settimane dopo gli arresti di massa dei leader armeni, nel maggio 1915 una legge speciale autorizzo' le deportazioni ''per motivi di sicurezza interna'' di tutti i ''gruppi sospetti''.

La popolazione armena di Anatolia e di Cilicia, additata come ''il nemico interno'', fu deportata verso i deserti della Mesopotamia. Durante l'esodo forzato molti morirono di stenti e malattie o furono uccisi da guerrieri curdi al servizio degli ottomani. Altri morirono nei campi dove furono confinati. Altri riuscirono a fuggire in Occidente. L'operazione di 'pulizia etnica' aveva un doppio obiettivo: occupare le terre appartenenti agli armeni, situate tra la Turchia e il Caucaso, e togliere alla minoranza cristiana qualsiasi illusione su eventuali riforme. Nel 1920, dopo la dura sconfitta nella prima guerra mondiale, l'impero ottomano fu smantellato. Nel maggio 1918 era stato istituito uno Stato armeno, inglobato nell'Unione sovietica.

La Turchia non riconosce il termine di ''genocidio'', ma ammette che furono commessi massacri e che molti armeni persero la vita durante le deportazioni. Secondo Ankara si tratto' di repressione contro una popolazione che collaborava con la Russia zarista durante la prima guerra mondiale.

Il genocidio armeno fu riconosciuto, nel 1985, dalla sottocommissione dei diritti umani dell'Onu, e nel 1987 dal Parlamento europeo. I Paesi che riconoscono il genocidio sono 20, tra cui l'Italia, dopo una risoluzione votata dalla Camera nel novembre 2000. Il medesimo passo è stato fatto nel 2001 dalla Francia, dove vive la comunita' armena piu' numerosa (350.000 persone). E poi anche, oltre all'Armenia, Russia, Svizzera, Finlandia, Svezia, Slovacchia, Grecia, Paesi Bassi, Polonia, Lituania, Cipro, Canada, Venezuela, Argentina, Cile, Uruguay, Vaticano, Libano. Oggi nel mondo vivono 8 milioni e mezzo di armeni, soprattutto in Russia, Stati Uniti, Canada, Medio Oriente e Francia. L'anno scorso, alla vigilia del 99mo anniversario del genocidio, il presidente turco (allora premier) Recep Tayyip Erdogan aveva fatto le condoglianze ai nipoti di coloro erano stati sterminati. Una mossa interpretata da alcuni analisti come un tentativo di evitare la forte condanna della comunità internazionale per la linea negazionista di Ankara. Condoglianze tuttavia accolte con freddezza dalla comunità armena, tanto che il presidente Serzh Sarksyan, nel messaggio commemorativo del genocidio, non aveva fatto nemmeno un accenno alle parole di Erdogan. Charles Aznavour, artista simbolo della diaspora armena, aveva parlato di un gesto insufficiente...intanto

Dopo le parole di Papa Francesco sul genocidio armeno. L'ambasciata di Turchia presso la Santa Sede sostiene in una nota che parlare di genocidio degli armeni è "una calunnia". "Il genocidio - prosegue - è un concetto giuridico le rivendicazioni non soddisfano i requisiti di legge, anche se si cerca di spiegarle sulla base di una diffusa convinzione, restano calunnie". 

Papa Francesco, prosegue la nota dell'ambasciata, "nella sua dichiarazione si riferisce ai tragici eventi che hanno avuto luogo in Bosnia e in Ruanda come 'omicidi di massa', che sono riconosciuti come genocidi dai tribunali internazionali competenti. Egli, tuttavia, chiama gli eventi del 1915 un 'genocidio' nonostante l'assenza di tale sentenza del tribunale competente. Questo è significativo. Non è possibile spiegare questa contraddizione con i concetti di giustizia e di coscienza". Durante la messa per gli armeni celebrata ieri da papa Francesco "la storia è stata strumentalizzata per fini politici".

La Turchia continua a negare che quello del 1915-16 sia stato un genocidio e combatte una guerra diplomatica permanente per cercare di impedire che venga riconosciuto all'estero da un numero crescente di stati. Dopo il richiamo dell'ambasciatore presso la Santa Sede, la Turchia non esclude nuove misure contro il Vaticano dopo che Papa Francesco ha parlato di "genocidio armeno" ha detto il ministro degli esteri Mevlut Cavusoglu.

Una risposta indiretta è arrivata stamattina dallo stesso Papa, durante la messa a Santa Marta:  "Il cammino della Chiesa è quello della franchezza: dire le cose, con libertà". Francesco ha spiegato che per i cristiani, come sperimentarono gli Apostoli dopo la Risurrezione di Gesù, non ci sono alternative a dire anche le verità scomode: "lo Spirito Santo - ha detto - è capace di cambiare il nostro atteggiamento, la storia della nostra vita e darci coraggio".

Ma la Turchia è piccata. "Le misure che verranno prese saranno rese pubbliche dopo una nostra consultazione" ha detto Cavusoglu dalla Mongolia, dove si trova in visita ufficiale, secondo quanto riferisce il sito del quotidiano Hurriyet. "Sfortunatamente la storia è stata fatta strumento della politica. Prima di qualunque altra cosa una uomo religioso avrebbe dovuto dare un messaggio di fratellanza, pace e tolleranza di fronte alla recente avanzata di razzismo, discriminazione, xenofobia e intolleranza" ha detto il ministro, secondo il quale quello di "genocidio" è un concetto legale. Per Cavusoglu "le dichiarazioni religiose non devono alimentare il risentimento e l'odio con asserzioni prive di fondamento".

"Avendo sottolineato il suo desiderio di promuovere la pace e l'amicizia tra i diversi gruppi nel mondo dal giorno in cui è stato eletto al pontificato, papa Francesco ha fatto oggi una discriminazione tra le sofferenze sottolineando solo quelle dei cristiani e in particolare degli armeni. Con un punto di vista selettivo, ha ignorato le tragedie che hanno toccato i turchi e i musulmani che hanno perso le loro vite nella prima guerra mondiale", si legge nella nota pubblicata dal ministero guidato da Cavusoglu. "Nel corso della santa messa, la storia è stata strumentalizzata per fini politici, è inaccettabile".

Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, non è intervenuto personalmente, né si prevedono ulteriori interventi della santa sede: "Nello storico messaggio del 23 aprile 2014, ha sottolineato che 'nel mondo odierno, trarre inimicizia dalla storia e creare nuovo antagonismo non è né accettabile né utile per la costruzione di un futuro comune'. Il premier turco, Ahmet Davutoglu, ha definito le parole di Francesco "inappropriate" e "faziose": "Leggere quelle vicende dolorose in modo fazioso è inappropriato per il Papa e per l'autorità che rappresenta", ha detto.

Il Veneto è pieno. Noi, di clandestini, non ne vogliamo più. E sono certo che questa non sia solo l'opinione della Lega ma della grandissima maggioranza dei Veneti. Considerato però che il governo dell'invasione Renzi- Alfano se ne frega dei cittadini perbene e continua impunemente con l'assurda politica dell'accoglienza a tutti i costi lancio una provocazione: il criterio di ripartizione dei clandestini avvenga in proporzione agli elettori del Pd nelle varie regioni. E' una mera e semplice questione democratica, i votanti del Pd e del Ncd saranno sicuramente più disponibili ad accoglierli. In Veneto invece, con il governatore Luca Zaia e la Lega Nord  gli ostacoli all'invasione saranno tanti e molto duri". dichiara il senatore della Lega Nord Paolo Tosato.

Oltre 8.500 migranti soccorsi nel fine settimana, quasi tremila sono sbarcati questa mattina tra la Sicilia, la Calabria e Lampedusa, dove il centro di accoglienza è al collasso con 1.400 migranti ma per 300 di loro è già previsto un trasferimento con un ponte aereo a fronte di una capienza di 250 posti.

E con i sopravvissuti arrivano i racconti dell'orrore.Secondo le agenzie di stampa : "Nei pressi di Tripoli abbiamo vissuto per quattro mesi in una fabbrica di sardine - ha raccontato un diciassettenne - Eravamo più di mille persone. Mangiavamo una sola volta al giorno e non potevamo fare nulla. Se qualcuno parlava con un amico o un vicino, veniva picchiato. Tutto questo per estorcere altri soldi. Ti facevano chiamare a casa, dicendo che stavi per morire e nel frattempo ti picchiavano, così i tuoi familiari sentivano le tue urla".

Secondo altri sopravvissuti sbarcati a Reggio Calabria, degli oltre 20 barconi partiti in questo fine settimana, uno avrebbe fatto naufragio. A bordo ci sarebbero state 400 persone, tra cui molti giovani. Ma secondo la Guardia Costiera, le ricerche condotte incessantemente "in un vasto tratto di mare non ha portato all'individuazione e al recupero di altri superstiti".

Solo due mesi fa era la motovedetta della Guardia Costiera, ieri un rimorchiatore privato e una nave di Frontex, l'agenzia europea per il controllo delle frontiere: per la seconda volta dall'inizio dell'anno le imbarcazioni impegnate nei soccorsi alle migliaia di disperati che ogni giorno tentano di raggiungere l'Europa, sono state attaccate a colpi d'arma da fuoco. L'ennesimo segnale che conferma come la situazione sulla sponda sud del Mediterraneo sia ormai degenerata e che va ad aggiungersi ad un altro inequivocabile, la ripresa delle partenze di massa: oltre 8.500 in meno di 72 ore.

"La Commissione Ue è pronta a fare la sua parte per sostenere ed assistere l'Italia e gli altri Stati membri più colpiti, che hanno necessità urgenti", così il commissario Ue all'Immigrazione Dimitris Avramopoulos, dopo gli arrivi di migliaia di migranti negli ultimi giorni. "Di recente abbiamo offerto supporto finanziario d'emergenza ad alcuni Stati membri - evidenzia il commissario - e siamo pronti a farlo ancora, in futuro, se sarà necessario". Arrivate dunque 8.500 persone in 72 ore. Senza contare quelli che sono morti e che vanno a ingrossare le file dei senza nome finiti in fondo al mare: 400 secondo il racconto dei testimoni sbarcati in Calabria. L'attacco ai soccorritori è avvenuto ieri a circa 60 miglia dalle coste libiche, durante il trasbordo dei migranti tra la nave della marina islandese Tyr, inserita nel dispositivo Frontex, e il rimorchiatore italiano Asso 21. Da un "barchino veloce" - che secondo altre testimonianze, e alcune foto, sarebbe invece una motovedetta libica - sono partiti "vari colpi di arma da fuoco" in aria, per recuperare il barcone su cui avevano viaggiato.

"Questo è un segnale che i trafficanti in Libia stanno finendo le barche", afferma ai giornalisti il direttore esecutivo di Frontex Fabrice Leggeri. Il "natante" si è poi diretto verso terra ed è stato monitorato per un tratto da nave Bergamini della Marina militare italiana che ha ripristinato "la cornice di sicurezza". Il Bergamini, sottolinea la Difesa, ha poi proseguito nell'attività di pattugliamento "non riscontrando le condizioni per dare seguito ad ulteriori azioni, mentre il barchino veloce entrava nelle vicine acque territoriali libiche. Sulla vicenda sono in corso ulteriori accertamenti per chiarire tutte le dinamiche".

E un altro racconto dell'orrore arriva da Pozzallo, dove oggi sono sbarcati 110 migranti soccorsi ieri e arrestato uno scafista. Secondo l agenzie di stampa : Sul barcone con loro c'era un migrante che è morto durante la traversata dopo aver respirato i vapori del gasolio: alcuni avrebbero proposto di gettarlo in mare per far allontanare gli squali che giravano attorno al barcone. "L'abbiamo visto accasciarsi - hanno detto agli agenti i migranti - ha vomitato e poi è caduto giù al centro della barca; credevamo si riprendesse ma così non è stato. Qualcuno lo voleva gettare ma i nigeriani non hanno voluto hanno detto che lui viaggiava con noi". Ma "ad un certo punto - conclude il testimone - ho visto che lo gettavano in acqua credo per il poco spazio o perché stava arrivando la barca che ci ha soccorsi".

Siamo pronti a tutto. La circolare di Alfano è un crimine e noi faremo qualunque cosa - occupazioni comprese - per opporci all'ennesimo atto di razzismo nei confronti dei cittadini italiani ”. Lo dichiara Gian Marco Centinaio presidente dei senatori leghisti. 
Lo faremo sapere a tutti, denunceremo ai cittadini questo scempio e li coinvolgeremo. Questa è una battaglia trasversale, la gente perbene è al limite. Il governo Renzi- Alfano lascia pensionati, disoccupati e lavoratori italiani alla fame e continua a mantenere impunemente clandestini e a foraggiare la lobby che campa sul business dell'immigrazione. E' una vergogna, stanno sovvertendo l'ordine e lo stato sociale a discapito di chi ha costruito mattone su mattone questo paese ma - conclude Centinaio - noi li fermeremo ".

Una strage: tre morti, due feriti e una quarta persona uccisa, sembra, da un malore. Una pistola che ha inspiegabilmente varcato i metal detector - tutti funzionanti secondo le ultime indiscrezioni ...

Terrore a Palazzo di Giustizia di Milano dove l'imputato di un processo per bancarotta fraudolenta, l'immobiliarista Claudio Giardiello, 57 anni, ha ucciso a colpi di pistola il giudice Ferdinando Ciampi, Giorgio Erba suo coimputato nel processo sul fallimento dell' Immobiliare Magenta di cui Giardiello era socio di maggioranza e il suo ex avvocato, Lorenzo Alberto Claris Appiani. Il 57enne ha sparato dentro un'aula del terzo piano, nel corso del processo in cui si discuteva del fallimento. Poi è sceso di un piano, ha cercato l'ufficio del giudice Ciampi anche lui doveva testimoniare nel processo, e lo ha ammazzato sul colpo.

Al bilancio delle vittime si aggiungerebbe anche una quarta persona che è stata trovata morta sulle scale del tribunale, ma senza segni di violenza: è probabile - questa è la prima ricostruzione - che sia morta per malore.

Nel 'mirino' del killer ci sarebbe stato anche il pubblico ministero Luigi Orsi che si trovava nell'aula della strage a rappresentare l'accusa. Secondo alcuni testimoni, infatti Giardiello avrebbe rivolto l'arma anche contro di lui senza però riuscire a colpirlo. Il magistrato è rimasto illeso.

Nato 57 anni fa a Benevento esattamente il 6 marzo Claudio Giardiello,  è residente in Brianza, dove lavora nel settore dell'edilizia. L'uomo - che soci ed ex soci chiamavano il conte Tacchia  - aveva avuto diverse società e vari guai finanziari. Negli ultimi tempi poi si trovava in gravissime difficoltà finanziarie, sfociate in diverse cause giudiziarie.

''Ci siamo asserragliati nell'aula, appena sentiti gli spari'', racconta l'avvocato Roberto Faletti, che era in udienza in un'aula accanto a quella dove l'omicida ha sparato. ''I carabinieri ci hanno detto di restare chiusi nell'aula e di non muoverci - ha aggiunto - eravamo in sette, compresi il giudice e il pm''

"Non so nulla ma certo dovrebbe essere impossibile entrare in un Tribunale e sparare. Ho saputo dell'uccisione di un collega, una cosa che mi sconvolge". Così il presidente Anac Raffaele Cantone commenta quanto successo a Milano alle agenzie stampa, uscendo da una riunione a Palazzo Chigi.

Gli inquirenti stanno cercando di capire come l'uomo sia riuscito a entrare in tribunale armato senza essere bloccato dai controlli con i metal detector. In un primo momento un dipendente del tribunale aveva detto che il metal detector dell'ingresso di via Freguglia era rotto, ma poi fonti del palazzo hanno smentito la notizia, affermando che l'apparecchio era stato revisionato pochi giorni fa.

Un'alta delle spiegazioni possibili è che l'uomo possa essere passato insieme al suo legale dalla parte d'ingresso riservata agli avvocati e a cui si accede semplicemente mostrando il tesserino dell'ordine forense. Sulla questione sicurezza è intervenuto anche il Ministro della Giustizia A.Orlando : "Verificheremo se ci sono state falle".

Secondo una prima ricostruzione, Giardiello era seduto tra i banchi del pubblico. Era in corso il contro esame di un testimone da parte del pm quando è scoppiato un litigio in aula. A quel punto ha estratto la pistola e ha sparato uccidendo Lorenzo Alberto Claris Appiani, suo ex avvocato, ora testimone nel processo per il fallimento Magenta. Sempre in aula ha ferito altre due persone in maniera gravissima: Davide Limongelli socio di Giardiello nella società e Stefano Verna, commercialista e altro testimone del processo. Dopo aver sparato, almeno quattro o cinque colpi, è sceso di un piano, ha raggiunto l'ufficio di Fernando Ciampi, giudice fallimentare e ha di nuovo sparato, uccidendo il magistrato sul colpo.

"Ero in una stanza vicino a quella del giudice - ha raccontato un testimone, un avvocato che si trovava vicino all'ufficio di Ciampi - ho sentito gli spari e poi ho sentito una persona correre. Sono entrato nella stanza del giudice, c'erano le cancelliere che piangevano e l'ho visto sdraiato dietro la sua scrivania. Non c'erano tracce di sangue ma gli ho sentito il polso ed era già morto".

'E' una persona sopra le righe, ingestibile come cliente perché non ascoltava mai i consigli. Era uno che pensava che tutti lo volessero fregare, era paranoide''. E' la descrizione al agenzie di stampa dall'avvocato Valerio Maraniello di Claudio Giardiello, il killer che era era imputato per bancarotta. L'avvocato Maraniello ha spiegato di avere difeso Giardiello fino ad un paio di anni fa e poi di avere lasciato il mandato proprio perché era un cliente 'difficile'.

Dopo essere rimasto nascosto nel tribunale per più di un'ora, Giardiello è riuscito a uscire e a fuggire in moto. La fuga è durata per circa trenta minuti, poi il fuggiasco è stato arrestato a Vimercate, paese dell'hinterland che si trova circa a 30 chilometri dal luogo della strage. Era in un centro commerciale. Dopo essere stato portato nella sede della compagnia dei carabinieri del paese per essere sentito dove è arrivato anche il comandante generale dell'Arma, Tullio Del Sette, Giardiello ha avuto un malore ed è stato portato via da un'ambulanza scortata da due pattuglie dei carabinieri.

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