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Immigrati, tasse e autonomia, la politica vincente di Salvini: "grazie Italia"

Matteo Salvini porta la Lega a stravincere le elezioni europee incassando un risultato storico.La nuova Lega di Matteo Salvini  e un partito nazionale, non solo risultando il primo partito in queste europee, con il 33,34% dei consensi, ma aumentando sensibilmente anche nel centro e al Sud, dove M5s rimane il partito più votato, pur dimezzando i voti. Il Movimento di Davide Casaleggio e Luigi Di Maio si ferma al 17,07% e rispetto alle politiche ribalta in negativo i rapporti di forza con l'alleato di governo e in più subisce il sorpasso da parte del Pd allargato di Nicola Zingaretti, che ottiene un 22,70% dal significato a doppia lettura. 

E' l'esito delle elezioni europee, con Salvini che annuncia di non voler "ricontrattare" i vincoli di Bilancio con i partner europei, conferma "lealtà" al governo ma chiarisce che il mandato "a fare ora è chiaro" dall'Autonomia alla Tav. La Lega compie un exploit sia rispetto alle Europee del 2014 quando ottenne poco più del 6%, sia rispetto alle politiche del 2018, in cui si attestò al 17,35. Anche in termini di voti reali il balzo è indubitabile dal 1.686.556 voti del 2014 e dai 5.698.687 del 2018 ai 9.151.468 di ieri.

C'è "il tema delle regole e di vincoli fiscali, una riduzione della pressione fiscale è un dovere, è prevista nel contratto di governo", lavoro per una manovra che abbia "uno choc fiscale positivo"

Il successo, ha detto il ministro dell'Interno, farà sì che i cavalli di battaglia della Lega siano portati avanti a livello di governo: taglio delle tasse, autonomia, lotta all'immigrazione. A livello europeo, Salvini ha detto di aver sentito Marine Le Pen e Orban come possibili partner e ha detto di auspicare che il Ppe dialoghi con le forze sovraniste e non con i socialisti, per i futuri assetti europei. Quanto alla vittoria a Lampedusa e a Riace, significa per il ministro dell'Interno che sull'immigrazione "gli italiani ci hanno dato ragione".

Il Partito di Casaleggio e Di Maio subisce un drastico ridimensionamento, un dimezzamento, nel Sud dove un anno fa aveva superato il 40% in tutte le Regioni, con punte del 45%. Il Sud rimane tuttavia la zona dove il Movimento mantiene un suo appeal: a Napoli e provincia, per esempio, è al 39,15%. E dimezzato risulta anche il consenso nel Nord Italia. "Oggi Radio Maria e Canti Gregoriani", è il tweet "penitente" di Beppe Grillo mentre i vertici del Movimento tacciono per tutta la mattinata. Il Pd di Nicola Zingaretti più che il partito delle Regioni Rosse dell'Appennino è il partito delle grandi città: è infatti il più votato a Torino, Milano, Genova, Firenze, Bologna, Roma. 

Anche in altre grandi città dove è secondo come Verona o Napoli ottiene percentuali maggiori che non nella provincia o nella Regione. Ma, osserva il vicesegretario Andrea Orlando, non è tempo "di festeggiare ma di costruire" anche perchè se ci sarà crisi di governo il Pd chiederà le elezioni. Nel centrodestra Forza Italia, con l'8,79%, deve constatare un nuovo arretramento sia rispetto alle Europee di cinque anni fa (allora il 16,83%), sia rispetto alle ultime politiche (il 14%), subendo l'onta del sorpasso da parte di Fdi in alcune aree un tempo feudo di Silvio Berlusconi, come nel Nord. In crescita Fdi: cinque anni fa il partito sfiorò il quorum del 4% e oggi con il 6,46% manderà alcuni parlamentari a Strasburgo. "Siamo la sorpresa delle europee, un'altra maggioranza c'è e noi siamo pronti", esulta Giorgia Meloni guardando alle mosse della Lega. Niente quorum per +Europa (3,09%), Verdi (2,29%) e la Sinistra inchiodata all'1,74%, che cinque anni fa aveva superato il 4% e ottenuto 3 eletti.

La prima cosa che balza agli occhi è che Fratelli d'Italia non si dà limiti da oggi, visto questo risultato». L'ha detto la presidente di Fratelli d'Italia Giorgia Meloni nel suo comitato elettorale a Roma. «La seconda è che c'è un'alternativa possibile, questo gli italiani hanno detto - ha aggiunto - Lega e FdI rappresentano una maggioranza alternativa. Questo è il segnale che hanno dato gli italiani facendo crescere Lega e FdI. Poi spetterà a ciascuno degli attori in campo seguire le indicazioni degli italiani oppure no».  

L'appuntamento più importante è quello della legge di Bilancio. I Cinque spingono per il salario minimo, gli obiettivi della Lega sono altri. E alla luce del risultato delle Europee la linea leghista acquista vigore tra le mura del palazzo di governo. E così il leader della Lega afferma: "Lavoro lavoro lavoro e il lavoro passa da una riduzione delle tasse. La manovra economica di autunno la vogliamo improntare al taglio elle tasse". La flat tax dunque torna al centro dell'agenda leghista come anche la Tav, l'opera che più di ogni altra viene ostacolata dai 5 Stelle. Con la vittoria di Cirio in Piemonte cambia radicalmente l'orientamento sulla Torino-Lione e Salvini rilancia: "Va fatta e subito". Stesso scenario per l'Autonomia che Salvini rivendica e pone sul tavolo del governo.

Poi affronta il tema migranti e ribadisce la sua linea dei porti chiusi che può portare a una messa in discussione delle regole comunitarie: "Riace e Lampedusa vedono la Lega primo partito. Segno che la richiesta di immigrazione limitata controllata non è solo un capriccio di Salvini ma la chiedono gli italiani ed è una delle prime battaglie che andremo a vincere nella nuova Europa". 

 
Insomma flat tax, immigrazione e Tav sono in cima alla lista del programma che la Lega si appresta a declinare nei prossimi mesi. Ma Salvini sa bene che l'esecutivo di fatto dovrà affrontare un altro braccio di ferro con l'Ue per i conti. E qui arriva una vera e propria "dichiarazione di guerra" a Bruxelles: "So che è in arrivo una lettera da parte della Commissione europea sull’economia. Penso che sia il maturo il momento per rivedere dei parametri vecchi e superati che hanno fatto male all’Europa altrimenti un voto come questo non si spiegherebbe. È un momento maturo per leader europei per ridiscutere parametri bilancio". Insomma la sfida con l'Europa riparte già da questa mattina. Ma stavolta Salvini si gioca il suo 34 per cento sul tavolo delle trattative. Il Def e la legge di Bilancio dunque sono il terreno di battaglia su cui si gioca il futuro del governo e della maggioranza gialloverde

Cosi a queste elezioni Europee a farne le spese è Luigi Di Maio che vede il Movimento 5 Stelle sbriciolarsi e farsi addirittura superare da Nicola Zingaretti e dai democrat. Nell'esecutivo si ribaltano così i rapporti di forza tra i due alleati che da domani torneranno ad affrontarsi dopo essersi divisi su qualsiasi misura da approvare. "Questo risultato - fanno subito notare i big del Carroccio - ci dà più forza per mettere al centro dell'agenda politica le nostre proposte".

"Una sola parola - scrive Salvini su Facebook mentre lo spoglio è ancora in corso - grazie Italia". Con una fortissima crescita rispetto alle elezioni politiche dell'anno scorso, la Lega ha raddoppiato i propri voti arrivando a prendere oltre il 34%. Un vero e proprio balzo in avanti rispetto alle elezioni politiche del 4 marzo del 2018 quando alla Camera aveva incassato il 17,4%. "È chiaro che gli italiani si aspettano che ora il pallino sarà in mano alla Lega e starà a Salvini decidere", mettono le mani i vertici di via Bellerio. E, sebbene si affrettino tutti ad assicurare che "nom è all'ordine del giorno chiedere poltrone né cambiare il premier", qualcosa stanotte si è rotto nel governo. 
 
Perché, in poco più di un anno, a bruciare una valanga di voti è stato il M5s a guida Di Maio che, dopo aver portato a casa il 32,7% dei consensi alle ultime elezioni politiche, quasi dimezzato i propri consensi sprofondando al 17,1%. Una vera e propria emorragia di voti che ha portato i dem guidati da Zingaretti a superare i grillini incassando il 22,7% delle preferenze. Fonti accreditate del Nazareno sottolineano che, dopo cinque anni, "si è invertita la tendenza" e il Pd "è tornato a crescere". E adesso preme per tornare alle urne.

Dalle europee emerge un centrodestra sicuramente rafforzato. E Forza Italia, che ha incassato l'8,8%, rimarca che questa è la sola "alternativa al governo gialloverde". Una soluzione auspiacata anche Fratelli d'Italia che alle elezioni politiche dell'anno scorso aveva il 4,3% delle preferenze e ora è salita al 6,5%. "I patrioti italiani sbarcano nel parlamento europeo", commenta con soddisfazione Giorgia Meloni. 
 
A conti fatti fatti la coalizione, che tiene in pugno la maggior parte delle Regioni del Nord Italia e governa in altrettante nel resto d'Italia, potrebbe contare, in caso di elezioni anticipate, su un tesoretto di voti che si aggira tra il 45 e il 50% delle preferenze. 
 
"La sfida adesso è quella di un governo sovranista", commenta il capogruppo di FdI alla Camera, Francesco Lollobrigida, invocando elezioni anticipate. Per il momento, però, sembra che Salvini non abbia intenzione di staccare la spina al governo: "Per me a livello nazionale non cambia nulla". E già rilancia sulla flat tax al 15%. "Ovviamente non subito per tutti, ma la priorità è questa".

Per Matteo Salvini è l'esempio di come i progressisti abbiano creato, intorno all'immigrazione clandestina, un vero e proprio business che va contro le leggi dello Stato. Una convinzione, quella del vice premier leghista, che è stata corroborata dall'inchiesta "Xenia" che l'anno scorso aveva scoperchiato il sistema messo in piedi da Mimmo Lucano per far entrare gli stranieri illegalmente nel nostro Paese. Per mesi i vari Roberto Saviano, Laura Boldrini e compagnia cantante hanno sempre difeso il sindaco ultrà dell'accoglienza, ma ieri gli elettori di Riace e di Lampedusa hanno mandato agli ultrà del'accoglienza un segnale netto votando in massa per la Lega.

Ieri, a Riace, non si votata soltanto per eleggere i deputati da mandare all'Europarlamento di Strasburgo. Il Comune è andato alle urne anche per rinnovare il primo cittadino. Dopo tre legislature, segnate da violenti scontri per sostenere a tutti i costi l'accoglienza degli immigrati e soprattutto da pesanti inchieste che hanno portato almeno una trentina di persone agli arresti, Lucano non si è potuto ripresentare alla guida del Comune. 
 
Ha comunque corso come candidato consigliere nella lista "Il Cielo Sopra Riace", che ha come candidato sindaco Maria Spanò, suo ex assessore. Una sfida dai contorni inediti, quella di Lucano, ancora sottoposto al divieto di dimora a Riace dopo il suo coinvolgimento nelle indagini della procura di Locri sulle irregolarità nella gestione dei progetti per l'accoglienza. Nei giorni scorsi la sinistra ha organizzato marce per sostenerlo, la Sapienza lo ha invitato a parlare davanti agli studenti e il Tar ha addirittura ripristinato il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar) facendo così tornare a scorrere nelle casse del municipio i finanziamenti pubblici destinati all'accoglienza.

Lucano, che è stato rinviato a giudizio proprio nelle scorse settimane, si è dovuto recare davanti ad un funzionario dell'ufficio elettorale del Comune di Stignano, centro che dista pochi chilometri da Riace, per formalizzare gli adempimenti burocratici legati alla sua candidatura a consigliere comunale. "Riace ha potuto trasmettere al mondo un messaggio di umanità che resterà per sempre. Questo è quello che ci rende orgogliosi", ha detto l'ex sindaco nei giorni scorsi quando dopo otto mesi era rientrato in paese. "Sono qui - ha continuato - anche per chiedere scusa degli errori che ho potuto fare, perché operando si può sbagliare". In realtà, Lucano non ha mai fatto mea culpa per aver violato un'infinità di leggi per far arrivare in Italia gli immigrati che non aveva le carte in regola restare.

Lo spoglio per il Comune inizierà nel pomeriggio , ma un'indicazione gli abitanti di Riace l'hanno già data. Ieri alle elezioni europee hanno, infatti, votato in massa la Lega. D'altra parte, qualche giorno fa, parlando proprio delle "disavventure" giudiziarie di Lucano, Salvini aveva fatto notare ai cronisti: "Quando vado in Calabria la gente mi chiede più lavoro, non più immigrati". 
 
E, infatti, ieri il 30,75 degli abitanti di Riace ha votato il Carroccio (qui i risultati). Una percentuale impressionante che, però, impallidisce se confrontata con quanto il partito del ministro dell'Interno ha incassato a Lampedusa. Nell isola "frontiera d'Europa", evocativo simbolo degli sbarchi, il Carroccio ha, infatti, incassato quasi il 46% delle preferenze doppiando il Pd che si è fermato al 21%. Dei 1.361 consensi espressi, ben 410 sono andati al vice premier leghista. "È il segno che la richiesta di un'immigrazione limitata e controllata non è solo un capriccio di Salvini - ha rivendicato il capitano - ma la chiedono gli italiani ed è una delle prime battaglie che andremo a vincere nella nuova Europa". Con buona pace di Lucano che per mesi è andato in giro a dire che era il male assoluto.

Intanto cinquant’anni fa in Francia si viveva quel Maggio che avrebbe cambiato per sempre il movimento del ’68. Oggi, sempre a maggio, la Francia vive un’altra piccola rivoluzione: il Rassemblement National di Marine Le Pen ha battuto alle europee La Republique en Marche di Emmanuel Macron. La destra dell’ex Front National ha battuto il partito del presidente. E all’Eliseo non si tratta più di allarme generale: è un dramma.

Il dramma non è tanto nei numeri o in una futura vittoria di Rn alle presidenziali. Perché in Francia è difficile prevedere l’elettorato ma è altrettanto risaputo che il richiamo alle forze costituzionali premia in ogni caso caso i moderati. Nella tradizione del voto utile francese, chiunque è considerato meglio di un candidato della destra radicale. E alle prossime elezioni potrebbe vincere ancora un candidato di centrodestra o di centro

Per Macron si tratta di una sconfitta clamorosa non solo per l’affermazione di Rn, che in ogni caso è uno schiaffo senza precedenti, ma è soprattutto perché è stato sconfitto tutto un sistema politico, culturale, sociale ed economico che ha provato in tutti i modi a far apparire la Francia diversa da quello che è nella realtà. 

Quella Parigi che è rimasta paralizzata e ferita dalla violenza dei gilet gialli è la stessa che si è presentata alle urne alle europee: tra astensione, voto anti Ue, sovranismo e pochi moderati, la Francia ha certificato quello che le proteste avevano fatto capire in maniera violenta. C’è una parte del Paese completamente disillusa e che non vota. Un’altra parte si blinda nel sovranismo della Le Pen come ultimo treno euroscettico e critico verso l’establishment francese rivolto a Bruxelles. Pochi che votano per Macron più per disperazione che per reale convincimento, perché oltre al re non c’è nulla. E con quel sentimento di rabbia che coinvolge tutto il Paese, da sempre baluardo del nazionalismo e dell’euroscetticismo. Anche quando viene governato da un cosiddetto europeista che in realtà non fa altro che governare seguendo l’interesse del sistema della grande industria francese in coordinamento con la Germania.

Difficile dire quale sia la conseguenza politica nel breve termine. È chiaro che la richiesta di Le Pen di sciogliere le Camere perché Macron non ha più la maggioranza elettorale è un’invocazione più di propaganda che altro. Ma da un punto di vista d’immagine, l’Eliseo ha subito una sconfitta colossale che conferma il totale distacco del popolo con le élite che lo governa. Chiaramente si tratta di europee: le nazionali sono un’altra cosa. Ma il maggio francese del 2019 consegna un’immagine molto diversa rispetta a quella che Macron avrebbe voluto dare del suo Paese. La Francia non è con lui, lo respinge. E in Europa trionfa la parte più critica del Paese: quella dei sovranisti. A dimostrazione che i francesi tutto sono fuorché pro-Ue.
 
E cambiata anche la Grecia politicamente parlando che va in elezioni anticipate, il partito di Tsipras perde nei confronti del centro destra con 10 punti di differenza per la nuova democrazia mentre Alba dorata sta quasi a nove punti.

È chiaro, infatti, che daoggi il governo diventa nei fatti a guida Salvini. E Di Maio non potrà più obiettare che il M5s ha la maggioranza in Consiglio dei ministri, dato ormai solo numerico ma di nessun peso politico. La Lega, infatti, presenterà subito il conto ai Cinque stelle sui tre dossier chiave per il Carroccio: flat tax, autonomia e, soprattutto, Tav. Tema su cui nelle prossime settimane Palazzo Chigi dovrà pronunciare una parola definitiva e su cui Salvini - forte anche della vittoria in Piemonte del candidato del centrodestra Alberto Cirio - non farà alcuno sconto. Starà a Di Maio - o più esattamente alla Casaleggio associati - decidere se e fino a che punto chinarsi alle richieste dell'alleato. Che, con ogni probabilità, spingerà il piede sull'acceleratore come mai ha fatto prima.  

La Lega di Matteo Salvini stravince la tornata elettorale, Ne è ben consapevole lo stesso presidente del Consiglio, che ieri sera sul punto non ha avuto esitazioni. «Se Luigi non lavorerà a trovare dei compromessi con Salvini, se non saprà adeguarsi ai nuovi equilibri, non farà altro - confidava in privato ai suoi ieri notte - che dargli il pretesto per rompere. Io, per quanto mi riguarda, non ho alcuna intenzione di farmi massacrare».

Salvini, è vero, sfondando il muro del 30% è il solo vincitore di queste elezioni. Allo stesso tempo, però, da oggi perdono di forza le sue obiezioni e le sue prudenze davanti alle perplessità di molti big del Carroccio che da mesi gli chiedono di mettere fine all'alleanza con il M5s e tornare alle urne. Forte del voto di ieri, o il vicepremier riesce a capitalizzare in termini di riforme oppure non avrà più alibi di fronte al pressing che gli arriva dal territorio Veneto e Lombardia in particolare.
 
Insomma, o si portano a casa subito flat tax, autonomia e Tav oppure è meglio tornare subito alle urne e dar vita ad una maggioranza di centrodestra. D'altra parte, stando alle proiezioni Forza Italia si assesta intorno al 9% e Fratelli d'Italia al 6. Tutta la coalizione, la cui leadership a questo punto è saldamente nelle mani di Salvini, si attesta quindi intorno al 45% con Lega e FdI che accarezzano la tentazione di essere autonomi.

Il leader della Lega, è noto, non è troppo incline a riallacciare i rapporti con Forza Italia. Ma è pur vero che la prossima legge di Bilancio si annuncia lacrime e sangue e con un Europa che non sarà affatto accondiscendente. Per quanto siano andati male, infatti, i partiti filoeuropeisti continueranno a dare le carte a Bruxelles e non faranno sconti all'esecutivo Conte. Caricarsi una manovra da oltre 30 miliardi, dunque, potrebbe essere rischioso, soprattutto con un governo che naviga a vista. Mentre altra cosa - ed è lo scenario a cui in Lega guarda chi teorizza un ritorno nel centrodestra - è affrontare una legge di bilancio così difficile all'inizio di una legislatura e con una prospettiva di cinque anni davanti. In quel caso, ovviamente, con Salvini che siederebbe a Palazzo Chigi.
 
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