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Referendum indipendenza, Madrid arresta 12 esponenti del governo catalano

Situazione incandescente a Barcellona dopo che questa mattina la Guardia Civil spagnola ha attuato un blitz nelle sedi del governo catalano arrestando 14 persone

La mossa, che costituisce una svolta nella strategia di Madrid per impedire il referendum sull'indipendenza del 1 ottobre, ha provocato la protesta spontanea di migliaia di persone, che sono scese in piazza in difesa delle istituzioni catalane, bloccando alcune strade del centro di Barcellona. 

Il blitz della guardia nazionale spagnola è scattato all’alba in diversi edifici del governo di Barcellona. Con perquisizioni e arresti per impedire l’organizzazione del referendum sull’indipendenza della Catalogna, voto indetto dalle autorità locali per il 1° di ottobre, contro il parere del governo e della Corte costituzionale. Tra i 14 uomini dell’amministrazione finiti in manette ci sono gli stretti collaboratori del vicepresidente catalano Oriol Junqueras, «ministro degli Esteri» e figura di punta del governo locale, in particolare gli uomini che si occupavano dell’organizzazione del voto, a iniziare dal suo braccio destro Josep Maria Jové. Tra gli arrestati, il direttore del dipartimento di attenzione ai cittadini del governo, Jordi Graell e il presidente del Centro delle telecomunicazioni, Jordi Puignero.

Le accuse che la piazza rivolge alle «forze di occupazione» di Madrid sono alimentate anche dal fatto che il ministro delle finanze spagnolo Cristobal Montoro ha confermato il blocco delle finanze del governo di Barcellona deciso venerdì da Madrid. Il governo centrale intende congelare tutti i conti pubblici della Catalogna, preparandola strada perché le risorse locali vengano nel breve amministrate direttamente dalla capitale. Si tratta di una delle misure anticipate dalla stampa nazionale come possibile deterrente alle azioni concrete che Barcellona stava mettendo in campo - con apposite voci nel bilancio regionale - per poter celebrare il referendum.

La dura polemica ha evidenti ripercussioni nel dibattito nazionale e diversi gruppi parlamentari di opposizione stanno valutando in queste ore il da farsi rispetto a quella che a vario titolo viene definita come una azione di prevaricazione del governo centrale. Gli imprenditori, segnala El Mundo, si dicono preoccupati per un calo di investimenti legato alle tensioni con Barcellona, mentre il quotidiano El Pais parla in un editoriale del «momento critico» che sta vivendo «la democrazia e l’ordine costituzionale» che il Paese si è dato nel 1978 «dopo lunghi anni di dittatura».

Nell'aula del Congresso dei deputati spagnolo a Rajoy si è duramente contrapposto il dirigente della sinistra repubblica catalana Gabriel Rufian: "tolga le sue sporche mani dalla Catalogna" gli ha intimato. Il blitz contro le istituzioni catalane ha provocato la dura reazione anche di Podemos: "E' una vergogna" ha detto il segretario Pablo Iglesias, "in Spagna tornano a esserci detenuti politici".

Il sindaco di Barcellona Ada Colau, eletta con Podemos, ha denunciato "uno scandalo democratico". Continuano inoltre le perquisizioni della polizia spagnola e i sequestri di materiale elettorale per il referendum del 1 ottobre. Secondo la tv pubblica Tve la polizia spagnola ha sequestrato ieri negli uffici di una società di posta privata 45mila convocazioni inviate per la costituzione dei seggi elettorali.

Il ministro delle finanze spagnolo Cristobal Montoro intanto ha confermato il blocco delle finanze del governo di Barcellona deciso venerdì dal governo di Madrid.

Secondo la Efe, che cita fonti dell'operazione, i detenuti al termine dell'operazione potrebbero essere 17. Fra gli ultimi arrestati, il direttore del dipartimento di attenzione ai cittadini del governo Jordi Graell e il presidente del Centro delle telecomunicazioni Jordi Puignero.

Il presidente catalano Carles Puigdemont ha denunciato "l'atteggiamento totalitario" del governo spagnolo dopo il blitz di questa mattina contro il governo di Barcellona. "Il governo spagnolo ha superato la linea rossa" ha accusato Puigdemont. 

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