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Sabato, 01 Giugno 2024

Nella cornice di Roma Antica presso la Pontificia Università Gregoriana e in collaborazione con l'Istituto Acton si è svolto ieri un evento che ha risvegliato le coscienze e ispirato all'azione. “Verità, Giustizia & Libertà in un Mondo Pluri-antropologico”, tenutosi in auditorium gremito, ha affrontato con coraggio e determinazione le sfide che minacciano la nostra comprensione della verità, della giustizia e della libertà nel mondo contemporaneo.
Tra gli illustri relatori che hanno portato la loro visione e la loro esperienza alla discussione sono stati il Prof. Myroslav Marynovych, vicerettore dell'Università Cattolica ucraina di Lviv e co-fondatore di Amnesty International Ucraina e ha presentato una testimonianza toccante della sua lotta per la verità. Come sopravvissuto al regime totalitario sovietico, Marynovych ha offerto una prospettiva unica sul costo umano delle ideologie oppressive e sull'importanza vitale di resistere all'oppressione in difesa dei diritti umani fondamentali. La sua voce ha risuonato con forza, ricordandoci che la lotta per la libertà è un impegno perenne che richiede coraggio e sacrificio.
Inoltre, il discorso appassionato del Dr. Michael Miller, ricercatore senior presso l'Acton Institute, ha illuminato le radici della nostra comprensione antropologica, mettendo in luce il ruolo cruciale del Vangelo di Gesù Cristo nel contrastare le filosofie disperate che minano la dignità umana. Attraverso una profonda analisi delle antropologie fallaci che permeano la nostra società, Miller ha offerto una prospettiva rinvigorente sulla bellezza e la forza dell'antropologia cristiana nel guidare il nostro pensiero e le nostre azioni.
Parallelamente, il Rev. Prof. Joao Vila-Cha della Pontificia Università Gregoriana ha evidenziato l'importanza cruciale della difesa della verità e della giustizia in un contesto politico dominato da ideologie tecniche e “woke”. Attraverso un'analisi pungente della politica della persona, Vila-Cha ha invitato ai partecipanti a riflettere sulle implicazioni politiche della nostra comprensione della dignità umana, sottolineando la necessità di un impegno costante per il bene comune e la giustizia sociale.
Infine, il Rev. Robert Sirico, fondatore dell'Acton Institute for the Study of Religion and Liberty a Grand Rapids, nel Michigan, ha offerto una prospettiva unica e potente su impresa, libertà e società civile, secondo l'autentica antropologia. Attraverso una rilettura della dottrina sociale della Chiesa, Sirico ha evidenziato il ruolo cruciale dell'impresa e della libertà nel promuovere la dignità umana e la prosperità sociale, sottolineando l'importanza di una visione antropologica autentica nel plasmare le politiche economiche e sociali.
Nel contesto dell’evento, Michael Severance, direttore dell'Istituto Acton di Roma, ha spiegato che è essenziale risvegliare la coscienza collettiva e riaffermare la bellezza e la forza dell'antropologia giudeo-cristiana. “Ormai tutto è a rischio di essere tagliato dal piano divino per l'uomo stesso e per la sua felicità e realizzazione giusta. Mi riferisco a una sorta di "self-made man" che si è emancipato da Dio per creare il "plastic man", "trans man" o "economic man", i quali, insieme, rappresentano visioni false o parziali della persona umana e, di conseguenza, minacciano una pericolosa e falsa applicazione ideologica dell'antropologia umana nella costruzione di una società libera. Così, in questi termini, ci ha ammonito San Giovanni Paolo II nella sua profetica enciclica Centesimus Annus nel lontano 1991”, ha dichiarato. 
 
Inoltre, Severance ha aggiunto che “qualche studente mi ha chiesto prima dell’evento se avremmo parlato del tema dell’Eco Imprenditore; invece, ho ribadito che dell’Eco Imprenditore no, ma dell’Ego Imprenditore sì, nel senso che tutti ormai vogliamo reinventare il nostro ego secondo una visione egoista”. 
 
In conclusione, “Verità, Giustizia & Libertà in un Mondo Pluri-antropologico” ha offerto una piattaforma straordinaria per il dialogo e la riflessione, riunendo menti illuminate e cuori appassionati in una missione comune per svelare le tenebre e illuminare il cammino verso una nuova alba di verità, giustizia e libertà. L'evento ha dimostrato che, anche di fronte alle sfide più grandi, il coraggio, la determinazione e la solidarietà possono aprire la strada a un futuro più luminoso e giusto per tutti.
L'Acton Institute è un think tank la cui missione è promuovere una società libera e virtuosa, caratterizzata dalla libertà individuale e sostenuta da principi religiosi.


C'è un nuovo fascicolo su spiate, accessi illeciti alle banche dati e dossieraggio. Oltre alla Procura di Perugia retta da Raffaele Cantone, quella di competenza dal momento che ci sono magistrati coinvolti, indaga anche quella di Roma. Anche dopo l’allontanamento di Pasquale Striano, il finanziere indagato che ha fatto materialmente migliaia di accessi alle banche dati riservate dello Stato, dalla Direzione nazionale antimafia dove era stato distaccati, "sono continuati gli accessi abusivi al sistema di Segnalazione di operazioni sospette su cui si concentra l’indagine della procura di Perugia", spiega il Corriere della sera. Lo aveva detto ieri Cantone stesso, e come riporta il quotidiano ci sarebbe già un'inchiesta aperta nella Capitale.

“Da qualche parte qualcuno ha messo in piedi dei metodi che di solito si usano nei regimi illegali, per cercare di gettare fango a chi non gli stava simpatico: penso che questa sia una cosa gravissima, penso che sia molto più ampia di quello che stiamo vedendo perchè ci sono i politici” ma anche “tantissime persone normali e bisogna capire per quali interessi siano state fatte oggetto di dossieraggio”. Lo ha detto la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, a “Dritto e rovescio” su Retequattro. “Voglio ringraziare il procuratore Melillo e il procuratore Cantone per il lavoro che stanno facendo, perchè bisogna anche capire quali erano i mandanti, perchè questi metodi in uno stato di diritto non sono previsti”. Quello che “mi indigna più del fatto in sé è che qualcuno provi a difendere quello che è accaduto trincerandosi dietro la libertà di stampa che è sacra, ma proprio per questo non prevede che si usino metodi illegali per gettare fango su chi non ci fa simpatia”.

«Speculazioni» e «disinformazione» sulla vicenda dei presunti dossieraggi, falle nel sistema della sicurezza informatica e la minaccia esistente di un mercato parallelo di informazioni riservate. Sono alcune delle denunce del procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo nella sua audizione fiume di mercoledì 6 in commissione parlamentare antimafia, durata circa quasi cinque ore, alla quale lui stesso aveva chiesto di essere ascoltato, così come il titolare dell’inchiesta a Perugia Raffaele Cantone. Gli sviluppi si rincorrono di ora in ora ma un punto chiave è l’esistenza o meno di eventuali complici di Pasquale Striano, il finanziere indagato, per la non escludibile esistenza di una regia occulta. Le sue condotte «mi paiono difficilmente compatibili con la logica della deviazione individuale», dice Melillo.

Una banca dati con software di sicurezza rigorosi, custode delle segnalazioni riservate di operatori e professionisti. Ci sono regole e strumenti precisi per la gestione delle Sos (acronimo di segnalazioni di operazioni sospette), che hanno lo scopo di portare a conoscenza dell’Unità di informazione finanziaria (organo che collabora ai fini dell’individuazione di anomalie) le operazioni per le quali «si sa, si sospetta o si hanno ragionevoli motivi» per sospettare che vi siano in corso oppure che siano state compiute o tentate operazioni di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo. Nell’inchiesta di Perugia le Sos sono l’elemento al centro dell’indagine degli inquirenti, secondo cui le informazioni potrebbero essere state utilizzate per il presunto dossieraggio su politici e vip.

Secondo Roberto Occhiuto, presidente della Regione Calabria e vice segretario nazionale di Forza Italia, intervenendo a “Tagadà”, su La7. “Trovo davvero odioso che ci possano essere pratiche del genere. Quello che mi stupisce di più è che un finanziere possa fare 10 mila accessi a banche dati che contengono dati sensibili, e il Paese lo sappia perché un ministro, Guido Crosetto, fa una denuncia. Ma se il ministro non avesse fatto la denuncia che cosa sarebbe successo? Io immagino che se c'è qualcuno che fa un certo numero di accessi, il sistema informatico che gestisce questi database lo dovrebbe segnalare”.

Fonte Il Tempo / Italpress / sole24, e varie agenzie 

Venti anni fa moriva il professor Marco Tangheroni (1946-2004) storico medievista che ha insegnato alle università di Barcellona, Cagliari e Pisa, sua città natale. Il suo ricordo è ancora vivo in quanti lo hanno conosciuto e hanno apprezzato le sue qualità umane e di insegnante. Fra i molti che lo hanno ricordato in un incontro organizzato a Pisa dal Lions Club Pisa Host il 24 febbraio 2024 (giorno del suo compleanno), il prof. Franco Cardini, storico e anche lui medievista. Quando Marco Tangheroni parlava di Franco Cardini lo definiva “un amico” e quando Franco Cardini ricorda Tangheroni parla di “Fratello Maggiore” intellettualmente, moralmente, umanamente e, Maestro, sul piano degli studi. Tra i due corrono sei anni di differenza, Cardini è più grande, ma ugualmente lo definisce “maggiore” tanta è la stima che lo lega allo storico pisano. “Appena ventenne – dice Cardini, professore emerito di Storia medievale, ricordandolo- e non ancor laureato dette alle stampe il suo primo saggio, riguardante la Sardegna e si laureò due anni dopo. Dalla sua tesi uscì un breve ma importante volume dedicato a un’indagine genealogico-prosopografica il taglio del quale risultò, per i tempi, originale e innovativo. Da subito dimostrò i suoi vasti interessi e di non essere uno studioso dai confini limitati, lo animava una insaziabile curiosità che alimentava i suoi studi”.

Lo ricordiamo affrontare con rigorosa attenzione scientifica molti temi che andavano al di là delle sue specializzazioni.

«Era tra i pochi medievisti che, pur occupandosi della storia di Pisa, della Toscana e del Mediterraneo, al tempo stesso, poteva trattare autorevolmente di questioni connesse con la storia delle idee e con quella delle forme letterarie, artistiche e culturali, scendendo anche nel campo della pubblicistica e della divulgazione mantenendo sempre alte le esigenze della scientificità senza nulla concedere a quelle semplificazioni che oggi sembrano avere tanta fortuna sui media».

La vita di Marco Tangheroni è stata caratterizzata da una lunga malattia che sembra quasi non aver influenzato la sua produzione scientifica fino all’ultimo giorno.

«Dal 1968 al 2004, trentasei anni durante i quali non c’è anno in cui non abbia pubblicato un volume, o saggi, o rassegne, o non abbia curato un’opera a più mani o gli Atti di un convegno o un catalogo di un’esposizione, avendo sempre ben chiara una sua visione della storia. avverso a qualunque dimensione ideologica, dalla quale si sentiva estraneo come cattolico, ma anche pericolosa per il suo lavoro di storico. Tale lontananza dalle ideologie lo teneva al sicuro rispetto a tesi deterministiche e teleologiche, convinto come era, che la storia avesse uno scopo e una logica di tipo metafisico e trascendente e le negava qualunque “fine” e “ragione” di tipo immanente».

Ad un certo momento Marco Tangheroni entra in contatto con Gioacchino Volpe.

«Intorno alla metà degli Anni Settanta inizia una lunga e feconda collaborazione con la Fondazione Giocchino Volpe. Del grande storico abruzzese egli fece proprie soprattutto la lezione di concretezza, di adesione spregiudicata ai documenti, di sensibilità per la complessità e la mutevolezza delle strutture sottostanti alle istituzioni storiche, di attenzione alle dinamiche, ai rallentamenti, alle accelerazioni. Il ‘volpismo’ tangheroniano recuperava con molta libertà la grande lezione della scuola economico-giuridica, ma l’arricchiva grazie al costante impegno esegetico e storiografico in una direzione molto responsabilmente ed esplicitamente impegnata in senso cattolico, su una linea che molto doveva ad autori come Molnar e Marrou. Anche l’ambiente pisano proponeva molti stimoli grazie a colleghi di indubbio valore e ad un vivacissimo ambiente di allievi che poi entreranno nell’insegnamento universitario. Tra questi vanno ricordati i “fedelissimi” collaboratori, nonché amici prediletti: Gabriella Garzella, Olimpia Vaccari, Laura Galoppini, Cecilia Iannella, per limitarci a Pisa».

E arriviamo ad un anno cruciale, il 1980.

«Anche bisestile, e Marco non era insensibile a qualche suggestione scaramantica. Oltre i problemi di salute e nonostante questi, vinse la cattedra di Storia medievale, ma la Facoltà fiorentina, depositaria di quella cattedra, dopo una decisione difficile – alla quale non furono forse estranei motivi extrascientifici- gli preferì Paolo Delogu. A Tangheroni non restava che ripiegare su una sede piuttosto disagiata: Sassari, ma non gli dispiacque, in Sardegna vi aveva riseduto e studiato. Vi si trovò bene riprendendo quegli studi sardi che, peraltro, non aveva mai del tutto abbandonato e che si concretizzeranno in uno dei suoi libri più felici e più celebri: la ricerca sulla città di Iglesias e le sue miniere argentifere (La città dell’argento. Iglesias dalle origini alla fine del medioevo, Napoli, 1985). Appena arrivato si vide affidare – a trentaquattro anni- la presidenza della Facoltà per il biennio 1982-1983».

Nel 1983 il ritorno a Pisa dove lo studioso, che ormai si era affermato a livello non solo italiano, ma anche europeo, iniziava ad estendere l’oggetto dei suoi studi al Mediterraneo.

«Di quegli anni sono i contatti con personalità quali Elihyau Ashtor, Roberto S. Lopez, David Herliny, David Abulafia che lo stimeranno altamente. Dalla sua meditazione ormai di ampio raggio e di lungo periodo uscirono due nuovi libri: uno intitolato Medioevo tirrenico: Sardegna, Toscana e Pisa (Pisa, 1992) e l’ariosa, robusta sintesi del 1996  sul commercio e la navigazione nel medioevo (Commercio e navigazione nel Medioevo, Roma-Bari, 1996), un libro di straordinaria lucidità e chiarezza nel quale il severo e rigoroso studioso riesce a dimostrare anche eccellenti qualità di scrittura e a far passare nella severa pagina scientifica anche un po’ di quello humor che chi aveva assistito alle sue lezioni e alle sue relazioni congressuali ben conosceva. Intanto si dedicava anche – sia pure à sa manière- alla vita politica candidandosi a sindaco nelle elezioni amministrative del 1994».

Il suo impegno scientifico e culturale non è mai calato tanto che la notizia della sua morte giunse come un fulmine a ciel sereno tanto eravamo abituati a vederlo “risorgere” continuamente.

«Nessuno pensava sul serio alla possibilità effettiva d’una sua prossima dipartita. Gli ultimi mesi del 2003, dopo un’estate trascorsa in una lunga degenza ospedaliera, furono pesantissimi, ma pieni d’interesse e di passione. Gli era stato affidato il coordinamento della grande mostra storica su Pisa e il Mediterraneo, “un lavorone, in un momentaccio”, com’egli soleva dire. Ma fu un grande successo testimoniato sia dall’imponente catalogo, sia da una quantità di studi preparatori e accessori alla mostra. Il Mediterraneo, nei nostri colloqui della fine del 2003, era diventato centrale essendo convinto, specialmente dopo gli attentati dell’11 settembre 2001, che tale centralità sarebbe tornata ad imporsi anche in politica. Per questo dedicava grande attenzione al lavoro della Conférence Permanente des Villes Historiques de la Méditerranée, un sodalizio all’interno del quale si erano situati i rapporti tar Pisa e Bejaia, l’antica città algerina di “Bugia” nella quale Leonardo Fibonacci aveva soggiornato e imparato i segreti del calcolo custoditi dagli arabi. Aveva seguito con affetto il mio lavoro sui rapporti tra Europa e mondo musulmano e la nostra collaborazione aveva avuto momenti di grande intensità: insieme avevamo dato vita alla collezione di fonti diaristiche di pellegrinaggio denominata “Corpus Italicarum Peregrinationum”, pubblicata dall’Editore Pacini. Avevamo ancora molti progetti, ma il suo tempo si stava accorciando. L’ultima volta che ci vedemmo mi disse una cosa che mi colpì: “Sono stanco”. Non l’avevo mai sentito dire da lui, non rientrava nel suo vocabolario, ma quella volta era diverso e me ne resi conto accompagnandolo, quel pomeriggio del 13 gennaio 2004, al luogo nel quale adesso riposa. Caro Marco “io non ti ricordo perché sei morto, ma perché sei vivo e resterai vivo”».

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