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Renzi impone l'Italicum al PD

Dopo aver stretto sabato un patto di ferro con Silvio Berlusconi e un'intesa di massima con Angelino Alfano, Matteo Renzi supera anche il passaggio della direzione del Pd, imponendo con 111 voti a favore e 34 astenuti l'Italicum, il modello proporzionale di riforma elettorale da approvare entro le elezioni europee.

E con la forza dei numeri dentro il partito, il leader Pd blinda l'iter in Parlamento e mette a tacere la minoranza interna: "Non è una riforma a' la carte, chi pensasse di intervenire a modificare qualcosa manda all'aria tutto". Leader e sherpa hanno lavorato fino all'ultimo per chiudere un'intesa che non si limitasse all'accordo tra Renzi e Berlusconi. Il segretario Pd, anche per togliersi di dosso quella che definisce l'"ingenerosa" etichetta di voler "far le scarpe" al premier Enrico Letta, incontra, un'ora prima dell'avvio della direzione, il leader Ncd Angelino Alfano. In realtà il doppio turno, fanno trapelare oggi fonti vicine al segretario Pd, fa già parte dell'accordo con il Cavaliere e non è una concessione al Nuovo Centro destra.

Ma certo il ballottaggio di coalizione, nel caso in cui nessuno raggiunga la soglia del 35 per cento al primo turno, va nella direzione indicata da Alfano come condizione per non far saltare la maggioranza di governo. Dopo aver visto anche Mario Mauro dei Popolari, il segretario Pd arriva alla prova direzione. E, con il suo solito stile, non sembra disposto a fare sconti nè concessioni. "E' arrivato il momento per dimostrare se la politica sa decidere o è solo il bar dello sport", esordisce Renzi che, proprio sulla politica che decide, sferra l'attacco a Beppe Grillo, che bolla come "pregiudicatellum" l'intesa siglata tra il Pd e Fi.

Il sistema prevede un'attribuzione dei seggi su base nazionale, "una modifica allo spagnolo - chiarisce Renzi - per evitare una frattura dentro la maggioranza", con collegi con liste bloccate di 4-5 candidati. Per aggirare l'accusa del parlamento dei nominati, il leader Pd assicura che i dem "faranno le primarie e considereranno vincolante l'alternanza di genere". Ma è proprio sulle liste bloccate e per l'introduzione delle preferenze che Alfano e anche i Popolari annunciano battaglia in Parlamento anche se oggi il vicepremier può tirare un sospiro di sollievo dopo aver sventato "il tentativo di soffocarci in culla". Di modifiche, però, Renzi non ne vuole proprio sentire parlare. Nè tanto meno è disposto a portare a casa un via libera della direzione del Pd che però il giorno dopo diventa carta straccia: "Spero che Cuperlo mi voti contro ma poi quando si e' deciso passa il principio che la linea non impegna parte del Pd ma il Pd". Alla fine della direzione, l'opposizione si astiene anche se la riforma non è "convincente" e presenta, affonda il capo della minoranza, "profili di incostituzionalità". Accuse che il sindaco di Firenze non accetta così come difende a spada tratta l'intesa con Berlusconi. "Con chi dovevo discutere, con Dudù? - ironizza - il Cavaliere è legittimato non da noi ma dal voto di milioni di italiani. Io non sono subalterno a lui, non ne ho paura al punto da cambiare le mie idee se sono le sue".

Un riconoscimento che suona come miele alle orecchie del Cavaliere che subito ricambia in un abbraccio che però Renzi non teme: "Il leader Pd ha rappresentato in modo chiaro e corretto il contenuto della nostra intesa che offriamo con convinzione al Parlamento e al Paese'' Intanto per la cronaca  :

Sono 34 gli astenuti ieri durante la direzione del Pd. Si parte da Gianni Cuperlo, presidente dei democratici e "nemico numero uno" di Renzi fin dalle primarie. Ieri ha lasciato la riunione prima del voto. "Non vogliamo boicottare, intralciare, rallentare il progetto riformatore che può avere una rilevanza storica, noi vogliamo essere protagonisti di un passaggio a una repubblica rinnovata", ha detto quando ha preso la parola, "La proposta non è convincente perché non garantisce né rappresentanza adeguata, né il diritto degli elettori di scegliere i propri eletti, né governabilità. Vi sono seri dubbi di costituzionalità che non possiamo ignorare".
Tra chi ha preferito non votare la proposta del segretario, pur di non attirarsi l'accusa di non volere le riforme c'è poi l'ex viceministro Stefano Fassina, che qualche settimana fa diede le dimissioni dopo l'ormai famosa battuta di Renzi "Fassina, chi?".

Uno dei pochi, a detta dello stesso sindaco a poter criticare la bozza e i listini bloccati sostenendo che gli altri partiti non faranno le primarie: "Questa critica è accettabile da chi, come Fassina ha preso 12mila preferenze", ribatte Renzi, "Non è accettabile da chi non ha fatto le primarie, non lo accetto". Con Fassina si è schierato anche i "Giovani turchi" Matteo Orfini e Francesco Verducci.

La sinistra del Pd si prepara comunque alla battaglia in Aula, come annuncia il deputato bersaniano Alfredo D'Attorre: "Bene l’apertura di Renzi sul doppio turno, un passo in avanti rilevante, se confermato", ha detto, "Adesso dobbiamo sciogliere l’altro nodo decisivo per una buona riforma elettorale, il definitivo superamento delle liste bloccate", su cui "non può esserci eventualmente il nostro voto favorevole sul punto".

Astensione anche per l'altro candidato alle primarie, Pippo Civati, secondo cui "la proposta convince molto Berlusconi e poco me...". Per il non voto si schierano anche Anna Finocchiaro, Nico Stumpo, Chiara Geloni, Davide Zoggia, Cesare Damiano, Miguel Gotor, Barbara Pollastrini, ma anche uno dei detrattori per eccellenza di Renzi, Massimo D'Alema.

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