Login to your account

Username *
Password *
Remember Me

Create an account

Fields marked with an asterisk (*) are required.
Name *
Username *
Password *
Verify password *
Email *
Verify email *
Captcha *
Reload Captcha
Lunedì, 20 Maggio 2024

Al Salone del libro Loren…

Mag 15, 2024 Hits:608 Crotone

L'Istituto Ciliberto-Luci…

Mag 14, 2024 Hits:180 Crotone

Le opere di Bach: gli eff…

Mag 02, 2024 Hits:471 Crotone

In città l'ultima tappa d…

Apr 30, 2024 Hits:504 Crotone

Convegno Nazionale per la…

Apr 23, 2024 Hits:721 Crotone

L'Associazione "Pass…

Apr 05, 2024 Hits:1118 Crotone

Ritorna Calabria Movie Fi…

Apr 03, 2024 Hits:1110 Crotone

La serie evento internazi…

Mar 27, 2024 Hits:1483 Crotone

Dal 23 maggio al 26 settembre, i Musei Civici di Bassano del Grappa propongono “Palladio, Bassano e il Ponte. Invenzione, storia, mito”, mostra a cura di Guido Beltramini, Barbara Guidi, Fabrizio Magani e Vincenzo Tiné.

L’esposizione è stata promossa dall’Amministrazione Comunale di Bassano del Grappa per celebrare la conclusione del lungo restauro del Ponte Vecchio conosciuto anche come il Ponte degli Alpini. “Attendiamo con gioia l’apertura di questa importante mostra – dichiara il Sindaco Elena Pavan –, una mostra che, oltre a farci ripercorrere l'affascinante storia di questo singolare monumento divenuto simbolo di Bassano, rappresenta il primo di una ricca serie di appuntamenti volti a festeggiare la sua restituzione alla città”.  

A differenza della maggior parte degli architetti cinquecenteschi, Palladio è un architetto di ponti: ponti di pietra, di legno e di carta. Questi ultimi sono senza dubbio quelli che avranno un impatto più marcato sulla cultura figurativa dei secoli successivi: pubblicati sulle pagine dei Quattro Libri, il trattato edito a Venezia nel 1570, diventeranno i protagonisti dei sogni degli artisti del Settecento. Algarotti chiederà a Canaletto di fargli vedere il ponte di Rialto come lo aveva pensato Palladio, ma anche Bellotto, Carlevarijs e Piranesi faranno dei ponti uno dei soggetti privilegiati delle loro vedute.

La mostra racconterà il mito del ponte, ma contemporaneamente parlerà di un ponte concreto e reale da 500 anni, il ponte di Bassano, disegnato da Palladio, distrutto e ricostruito più volte in un’epopea che dal Settecento del Ferracina giunge al presente del ‘Ponte degli Alpini’.

Il racconto della mostra si snoderà a partire da disegni originali di Palladio, libri cinquecenteschi, mappe antiche, dipinti del Settecento, fotografie di fine Ottocento, modelli di studio contemporanei.

La mostra è frutto di una sinergia fra il Museo Civico di Bassano, la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le provincie di Verona, Rovigo e Vicenza e il Centro Studi Internazionali di Architettura Andrea Palladio-Palladio Museum di Vicenza.

La mostra sarà accompagnata da un volume scientifico, in grado di fornire gli strumenti di lettura della storia del ponte di Bassano e dei suoi secoli di storia.

Il volume è articolato in tre sezioni. La prima, di taglio storico, contestualizza la fase di costruzione cinquecentesca del ponte all’interno dell’economia, politica e società bassanese dell'epoca, senza trascurare anche la “preistoria” del ponte, con i diversi attraversamenti dal medioevo in avanti. La seconda sezione, di tema palladiano, renderà conto delle novità nelle ricerche su Palladio e i ponti in pietra e in legno, con particolare attenzione al ponte nella città di Bassano e a quello a Cismon del Grappa. Una terza sezione riguarderà la “vita materiale” e le trasformazioni del ponte in un arco cronologico che va dalla sua costruzione sino al recente restauro, nonché alla forza del suo mito nelle arti figurative.

 Fonte studioesseci / foto magico veneto

La Galleria Nazionale delle Marche, in collaborazione con i Musei Vaticani e con il Mobilier National di Parigi, organizza, nel Palazzo Ducale di Urbino, una mostra dedicata a Raffaello e al mondo degli arazzi, indagando sia l’apporto che il pittore fornì in questo specifico settore per il quale sperimentò invenzioni e realizzò cartoni poi tessuti nelle botteghe fiamminghe, sia la fortuna che le opere di Raffaello conobbero nel corso dei secoli nella produzione di arazzi. 

Con dodici grandiose pezze tessute nelle migliori arazzerie europee, raffiguranti principalmente le pitture delle Stanze Vaticane, Urbino potrà esibire, nel maestoso salone del Trono, tutta la monumentale opera pittorica del suo cittadino più illustre, la potenza e l'equilibrio classico che Raffaello raggiunse a Roma, circa 25 anni dopo aver lasciato la sua città natale. Gli spazi dove Raffaello aveva camminato da bambino accompagnato dal padre Giovanni Santi accoglieranno  in all indomani del cinquecentenario della morte del divin pittore e complici gli arazzi  la sua opera più grandiosa, realizzata a Roma per i papi, apprezzata da artisti, critici, conoscitori e dai turisti di tutte le epoche.

Il successo ottenuto dalle immagini tessute, riproposte in tempi e manifatture differenti, entra a pieno titolo nel tema della fortuna che l'artista urbinate conobbe nel corso dei secoli. Un'approvazione che è parte integrante del complessivo consenso che Raffaello raggiunse mentre era ancora in vita. Modelli inesauribili di forme e d’invenzioni, le opere di Raffaello raggiunsero i contesti più disparati, grazie all’opera di tanti incisori che con i loro intagli ne consentirono una rapida diffusione. Raffaello aveva offerto il suo fondamentale contributo alla diffusione delle pratiche incisorie con le quali si era garantito una notevole pubblicità; l'incisione lo avrebbe ripagato nel corso dei secoli rendendolo l’autore più tradotto di tutti i tempi. Con gli arazzi si verificò di fatto la stessa cosa: i suoi cartoni nobilitarono questo genere artistico che, più tardi, avrebbe contribuito al consolidamento e all'arricchimento della sua fortuna.

La mostra urbinate si pone nel solco delle ricerche riguardanti l’irradiamento dell’opera del Sanzio, verificandone la fortuna nello specifico campo dell’arazzeria. Spettacolare la visione che avrà lo spettatore entrando nel salone del Trono del palazzo di Federico di Montefeltro: vi troverà squadernati, grazie all'allestimento curato dagli architetti della Galleria Nazionale delle Marche, i celebri affreschi che Raffaello ha realizzato a Roma, qui proposti nei colori e negli intrecci delle tessiture. Undici degli arazzi esposti provengono dal Mobilier National di Parigi e testimoniano come la Francia, più di ogni altro paese, sotto il regno di Luigi XIV (ma poi fino al XIX secolo), abbia nutrito una vera e propria venerazione nei confronti di Raffaello, al punto da concepire il “folle” progetto di ricreare ad arazzo a Parigi, in più repliche, i più celebri affreschi dell’Urbinate, utilizzando – a tal fine – da un lato i pittori francesi dell’Accademia di Francia residenti a Roma per copiare dal vivo i prototipi, dall’altro l’abilità straordinaria degli arazzieri inquadrati da Colbert sotto l’egida della manifattura dei Gobelins, aperta a Parigi e attiva esclusivamente per le commissioni reali, dove molte delle tappezzerie furono tessute.

La Galleria Nazionale delle Marche ha contribuito, oltre che alla conoscenza di questa raffinata arte, anche alla conservazione dei preziosi tessuti sostenendo finanziariamente il restauro di alcuni dei pezzi prestati dal Mobilier National di Parigi. L’intero studio sotteso alla mostra, con un'ampia panoramica sulla produzione di arazzi legati all’universo raffaellesco, è esposto in maniera esaustiva nel ricco catalogo, curato da Anna Cerboni Baiardi e Nello Forti Grazini, edito da Silvana Editoriale.

 

Si apre a Roma con la mostra “Josef Koudelka. Radici. Evidenza della storia, enigma della bellezza” presso il Museo dell'Ara Pacis. Promossa nella sua unica tappa italiana da Roma Culture, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, Contrasto e Magnum Photos, organizzata da Contrasto e Zètema Progetto Cultura, con la collaborazione di Villa Medici. Académie de France à Rome e Centro Ceco, l'esposizione resterà aperta al pubblico fino al 16 maggio 2021.

Con oltre cento spettacolari immagini panoramiche, molte delle quali di grande formato, la mostra racconta e ripercorre lo straordinario viaggio fotografico di Josef Koudelka alla scoperta delle radici della nostra storia. Il lavoro presentato è il frutto di un progetto unico nel suo genere, durato trent'anni, e realizzato esplorando e ritraendo con tenacia e continuità alcuni dei più rappresentativi e importanti siti archeologici del Mediterraneo.

Gli straordinari scatti in bianco e nero presentati in mostra sono realizzati dal fotografo ceco tra Siria, Grecia, Turchia, Libano, Cipro (Nord e Sud), Israele, Giordania, Egitto, Libia, Tunisia, Algeria, Marocco, Portogallo, Spagna, Francia, Albania, Croazia e naturalmente Italia. Essi accompagnano il visitatore in una inedita e personalissima riflessione sull'antico, sul paesaggio, sulla bellezza che “suscita e nutre il pensiero”. 

I panorami senza tempo, ricchi di anima e fascino, caratterizzati da prospettive instabili, inaspettate, ambivalenti, ben rappresentano il lessico visuale e la cifra stilistica propri di Koudelka che, rifuggendo la semplice illustrazione e documentazione delle rovine, sceglie di dare respiro a ciò che resta delle vestigia delle antiche civiltà del Mediterraneo, rappresentandole in un’eterna tensione tra ciò che è visibile e ciò che resta nascosto, tra enigma ed evidenza.

Allestita nella cornice del Museo dell'Ara Pacis, a contatto diretto con le testimonianze monumentali della grande storia di Roma, la retrospettiva Radici vuol essere un eccezionale viaggio nell'opera di uno degli ultimi grandi maestri della fotografia moderna dedicatosi alla ricerca della bellezza caotica delle rovine e del paesaggio antico, trasformati dal tempo, dalla natura, dall'uomo. Le fotografie di Koudelka, esposte in stretto dialogo con uno dei monumenti più significativi della prima età imperiale, acquistano così, in questa speciale occasione, il valore unico, forte, di immagini memorabili, in un rapporto intenso di rimandi e di echi di una memoria che a Roma più che altrove diventa presente.

Le rovine fotografate da Koudelka sembravano l’allegoria di un’attualità di cui lui, con la sua arte, restituiva il senso nel nostro presente: sulle sponde del “mare comune” c'era tutta l'attualità della nascita dell'Europa, dei suoi valori fondanti, l’attualità dei rischi della loro morte. L’Europa delle rovine è quella in cui la mente fa dialogare la ragione e la fede, la libertà e la legge, quella di cui, per dirla con Jacques Berque, “portiamo dentro di noi le macerie ammucchiate e l’instancabile speranza”. (Bernard Latarjet)
La retrospettiva è accompagnata dal volume Radici pubblicato da Contrasto.

Josef Koudelka nasce in Moravia nel 1938. Il suo primo impiego è quello di ingegnere aeronautico. Alla fine degli anni Sessanta diventa fotografo professionista. Immortala l’invasione sovietica di Praga del 1968 pubblicando i suoi scatti con le iniziali P.P. (Prague Photographer). Nel 1969 l’Overseas Press Club gli assegna, a titolo anonimo, la Medaglia d’Oro Robert Capa per la fotografia. L’anno successivo Koudelka lascia la Cecoslovacchia e richiede asilo politico nel Regno Unito.

Nel 1971 entra a far parte dell’agenzia fotografica Magnum Photos. Gypsies – il primo di una lunga serie di libri tra cui Exiles (1988), Chaos (1999), Invasion 68: Prague (2008) e Wall (2013) – viene pubblicato nel 1975. Nel corso della sua carriera Koudelka ha vinto prestigiosi premi come il Prix Nadar (1978), il Grand Prix National de la Photographie (1989), il Grand Prix Cartier-Bresson (1991) e l’Hasselblad Foundation International Award in Photography (1992). I suoi lavori sono stati protagonisti di importanti mostre al Museum of Modern Art e all’International Center of Photography di New York; all’Hayward Gallery di Londra; al Museo d’Arte Moderna Stedelijk di Amsterdam; al Palais de Tokyo e al Centre Pompidou di Parigi; all’Art Institute di Chicago, e infine al Museo di Arti Decorative e alla Galleria Nazionale di Praga. Nel 2012 Koudelka è nominato Commandeur de l’Ordre des Arts et des Lettres dal ministro francese per la Cultura e le Comunicazioni. Attualmente vive tra Parigi e Praga.

Fino al 29 giugno 2021 è aperta al pubblico l’attesissima mostra “I Marmi Torlonia. Collezionare Capolavori”, 92 opere greco-romane selezionate tra i marmi della più prestigiosa collezione privata di sculture antiche al mondo.

La mostra conduce in un viaggio a ritroso nel tempo attraverso le vicende dei diversi nuclei collezionistici confluiti nella collezione Torlonia, composta da 620 pezzi tra cui sono stati selezionati statue, sarcofagi, busti, rilievi ed elementi decorativi. Sono stati individuati cinque momenti che corrispondono alle sezioni del percorso espositivo. L’allestimento ha tratto ispirazione dal Catalogo del Museo Torlonia del 1884/1885, nel quale le sculture vengono presentate su uno sfondo nero che astrae l’opera. Le sculture selezionate sono dunque allestite su uno sfondo omogeneo scuro, così da farle emergere singolarmente ed esposte su sfondi diversi colorati così da farle risaltare collettivamente, come parte di un racconto, in cinque capitoli, per illustrare l’evoluzione della collezione nel tempo e contemporaneamente illustrare la localizzazione delle sculture nel loro periodo storico.

  • Evocazione del Museo Torlonia fondato nel 1875 e rimasto aperto fino all’inizio del secolo scorso.
  • Sculture provenienti dagli scavi archeologici effettuati nell’Ottocento nelle proprietà Torlonia.
  • Marmi provenienti da collezioni settecentesche custoditi a Villa Albani, acquistata nel 1866 dal Principe Alessandro Torlonia, e dello Studio dello scultore e restauratore Bartolomeo Cavaceppi.
  • Un ricco nucleo proveniente dalla collezione del Marchese Vincenzo Giustiniani acquistata dai Torlonia nell’Ottocento.
  • Il percorso si conclude con un insieme di opere riunite in raccolte quattro e cinquecentesche.

Il Museo Torlonia si racconta dunque come una collezione di collezioni, o come un gioco di scatole cinesi, in cui una raccolta racchiudeva in sé pezzi provenienti da collezioni ancor più antiche.

L’allestimento, tridimensionale e tettonico, si erge dalle fondazioni per mettere in scena sia la varietà dei marmi Torlonia sia la stratificazione del Mons Capitolinus. Consiste in pavimentazioni e plinti che emergono a diverse altezze, come estrusioni delle pavimentazioni continue, composti in mattoni realizzati a mano da argilla grigio scuro, un riferimento alle antiche architetture romane in laterizio e alle fondazioni in pietra dell’Aedes Iovis Optimi Maximi Capitolini, il grande edificio esistito in Campidoglio, sottostanti Villa Caffarelli.

All’eccezionalità dei materiali esposti si aggiunge il fatto che essi hanno conservato restauri e integrazioni storiche, riflettendo il gusto e l’uso di epoche in cui i reperti mutili venivano “completati”, nelle parti mancanti, anche ricorrendo all’abilità di famosi scultori del tempo. La mostra racconta così una lunga storia non solo del collezionismo ma delle pratiche di restauro, che si chiude in maniera emblematica con la statua di un Ercole composto da 125 frammenti di marmo. Il restauro ha contribuito in maniera determinante ad aggiungere nuovi indizi storici sulle opere in mostra rivelando, ad esempio, tracce di colore sul Rilievo di Porto del III sec. d.C., confermando la mano di Gian Lorenzo Bernini per la statua del Caprone a riposo. Impressi nella materia che li costituisce, il restauro ha scoperto una stratificazione di segni che oggi, grazie alle nuove osservazioni condotte, si è cercato di decodificare, per poter giungere alla loro piena comprensione e a una corretta datazione.

La mostra sfocia infine nell’Esedra dei Musei Capitolini, dove sono stati raccolti per l’occasione le statue di bronzo che il papa Sisto IV donò al popolo romano nel 1471: un’accorta risposta sovrana all’incipiente collezionismo privato di statuaria antica. Segno, questo, di un processo culturale in cui Roma e l’Italia hanno avuto un primato indiscutibile: i musei sono nati dal collezionismo di antichità. E questa storia contemporanea si concluderà con l’individuazione di una sede espositiva permanente per l’apertura di un rinnovato Museo Torlonia.

L’esposizione è il risultato di un’intesa del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo con la Fondazione Torlonia; e nello specifico, per il Ministero, della Direzione Generale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio con la Soprintendenza Speciale di Roma. Il progetto scientifico di studio e valorizzazione della collezione è di Salvatore Settis, curatore della mostra con Carlo Gasparri. Electa, editore del catalogo, cura anche l’organizzazione e la promozione dell’esposizione. Il progetto d’allestimento è di David Chipperfield Architects Milano, negli ambienti dello spazio espositivo dei Musei Capitolini a Villa Caffarelli, tornati alla vita dopo oltre cinquanta anni grazie all’impegno di del Comune di Roma per restituire alla cittadinanza un nuovo spazio espositivo progettato e interamente curato della Sovrintendenza capitolina. La Fondazione Torlonia ha restaurato i marmi selezionati con il contributo di Bvlgari che è anche principale sostenitore della mostra. Il progetto della luce è stato scritto da Mario Nanni, lumi Viabizzuno.

Ci siamo sentiti per telefono con Eleonora Biagetti, artista e decoratrice, per chiacchierare un po' della sua arte per il corriere del sud...

Dove sei nata Eleonora?

Sono nata a Pesaro al confine con Urbino terra rinascimentale in cui vissero i Montefeltro, Raffaello, il Bramante, Rossini, per citarne alcuni; luoghi di profonde ispirazioni artistiche, musicali, poetiche.  

Cosa hai studiato?

Ho frequentato il liceo di Belle Arti, e poi mi trasferisco a Milano, dove ho frequentato studi Accademici, e mi sono specializzata in Arti Visive, Illustrazione e grafica editoriale. Ho studiato storia dell'arte ritrovando poi profonde ispirazioni pittoriche.

Come hai iniziato il tuo percorso artistico?

A mio avviso la mia naturale predisposizione artistica viene subito riconosciuta da alcuni prestigiosi Studi Milanesi, tra cui quello di Bob Noorda e Italo Lupi con cui lavoro su progetti di restyling editoriali e illustrazioni per packaging come la Coop e la Rinascente.  

Come hai proseguito la tua carriera artistica, sei rimasta a Milano?

No,sono tornata a Pesaro, dove ho sviluppato  la mia personale ricerca, perché devi sapere che adoro la Pittura preraffaellita, Classica, il Simbolismo con i suoi riferimenti mitologici, magici, onirici vicini alla sua natura poetica.
Disegnare per me è un dialogo con il mio mondo interiore, -“Non c’è un inizio e una fine, ma una continua metamorfosi delle nostre visioni interiori, che ci liberano dalla limitatezza e i vincoli delle forme”

Come definisci la tua arte Eleonora?

Sono artista e decoratrice Giorgio, e ho la bellezza e il gusto del tratto raffinato su tutti i miei lavori,che sono interamente realizzati a mano e con insolite combinazioni di colori. Le mie opere rivelano una nuova lettura poetica e creano un senso di evasione dal mondo reale verso uno onirico parallelo: sono immagini come poesie che invitano alla lettura della sensibilità dell'essere umano.  Disegnare per me è un dialogo con il mio mondo interiore, -“Non c’è un inizio e una fine, ma una continua metamorfosi delle nostre visioni interiori, che ci liberano dalla limitatezza e i vincoli delle forme”-

 

Per Eleonora Biagetti le sue personali ricerche espressive dell'arte visiva diventano quindi “poesie disegnate”.

Negli elementi ornamentali, nelle immagini, nei disegni i colori si fondono e trovano assonanze e creative sintonie.
Su un'intera parete, i disegni di Eleonora creano un’atmosfera surreale e, seguendo quelle linee morbide, è facile perdersi nelle onde di colore che avvolgono, cullano, fanno sognare ad occhi aperti.
L'osservatore viene coinvolto e la sua visione viene trasformata e condotta in una realtà alternativa dove non ci sono cambiamenti nelle cose ma negli occhi dello spettatore stesso.
Le composizioni pittoriche di Eleonora Biagetti non decorano solo pareti di abitazioni o locali pubblici, oggetti, complementi e tramati ma, oltre a consentire di creare coordinati, sono prodotte e richieste da aziende nel settore del design su carte da parati, mobili, tessile ed editoria.
Attualmente collabora con aziende produttrici di carte da parati e tessuti per ambienti, decorazioni per complementi di arredo come per esempio
door decorations. ( porte per arredamento).
Coopera con studi di Interior Design e architettura disegnando elementi decorativi in ambito di Contract, allestimenti fieristici,
show-room, negozi, ambienti pubblici e privati.
Collabora inoltre con “Edizioni PulcinoElefante”, una casa editrice Artistica milanese fondata da Alberto Casiraghy.

Ringrazio Eleonora per la sua disponibilità della intervista per i nostri lettori, con la promessa di una prossima chiacchierata 

 

Pubblicità laterale

  1. Più visti
  2. Rilevanti
  3. Commenti

Per favorire una maggiore navigabilità del sito si fa uso di cookie, anche di terze parti. Scrollando, cliccando e navigando il sito si accettano tali cookie. LEGGI