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Lunedì, 13 Maggio 2024

Identità Europa

Copertina Identità Europa

 

A più di vent'anni dall'entrata in vigore del celebre Trattato di Maastricht sull'Unione Europea (1992), il tema dell'identità culturale e religiosa e della memoria storico-politica del Vecchio Continente continua ad essere ancora oggetto di controversie, polemiche e fraintendimenti. Se a livello di classi dirigenti i segni di speranza non paiono - al momento - essere proprio tantissimi, per usare un eufemismo, lasciano tuttavia ben sperare alcune recenti iniziative portate avanti localmente soprattutto a livello scolastico ed educativo. Tra queste ultime, una menzione particolare merita il progetto “Identità Europa”, realizzato presso il liceo classico Pitagora di Crotone un paio di anni or sono e riprodotto ora a grandi linee in un'agile pubblicazione a cura di Maria Grazia D'Ettoris per il medesimo editore (cfr. Identità Europa, D'Ettoris Editori, Crotone 2011, Pp. 70, Euro 6,70). Inaugurato da un'opportuna - quanto significativa - citazione di uno dei principali pensatori europei alla soglia del tempo della modernità, il britannico Edmund Burke (1729-1797), che a proposito del Vecchio Continente scrisse che “nessun cittadino d'Europa potrebbe sentirsi del tutto in esilio in alcuna parte d'essa [...] Quando un uomo viaggia, o risiede per salute, piacere, lavoro o necessità lontano dal suo paese, egli non si sente mai del tutto all'estero” (cit. a pag. 5), il lavoro – preceduto da una “Presentazione” metodologica della stessa D'Ettoris (pagg. 8-9) che fa luce sul repertorio delle varie fonti documentali e bibliografiche adottate nel corso dell'iniziativa (dagli studi [in corso di pubblicazione per lo stesso editore] dello storico britannico Christopher Dawson (1889-1970) a quelli del sociologo contemporaneo statunitense Rodney Stark, senza dimenticare nomi del calibro di Pierre Chaunu (1923-2009) e Marco Tangheroni (1946-2004)) – offre una raccolta scelta di articoli a tema di alcuni studenti che hanno partecipato al corso e tre interviste ad altrettanti studiosi d'eccezione della storia culturale del continente europeo: Giovanni Cantoni, Massimo Introvigne e Francesco Pappalardo.

Il risultato è un'opera divulgativa scritta da, e diretta a, un pubblico giovanile e mirata ad interrogare intelligentemente gli studenti delle nostre scuole e dei nostri licei sull'importanza della conoscenza della storia e delle nostre radici morali e spirituali per la formazione dei buoni cittadini del futuro. Da questo punto di vista, paiono particolarmente utili gli approfondimenti su temi decisamente rimossi dalla manualistica storiografica contemporanea come quelli sull'importanza dei monasteri in epoca medievale (cfr. pagg. 18-22) che, lungi dall'essere eremi per pochi eletti, offrivano invece a tutta la popolazione circostante una serie di opportunità che nei periodi di crisi si riveleranno poi invece decisive per la conservazione dello sviluppo della vita civile e comunitaria: “nel VI secolo san Benedetto da Norcia fondò il suo primo monastero a Montecassino, dando vita a un'esperienza che avrà un'enorme influenza sulla successiva storia europea, da un punto di vista religioso, culturale ed economico. Le sue semplici regole modificarono, col tempo, l'economia all'interno e all'esterno del monastero, dando vita ad attività e ad innovazioni sorprendenti per i loro effetti: grazie ai monaci benedettini si sviluppò infatti la silvicoltura, la pescicoltura, l'apicoltura, si crearono nuovi tipi di formaggio (oggi noti in tutto il mondo), si studiarono nuovi metodi di cura con erbe officinali [...] Chi, anche laico, viveva nei pressi del monastero, usufruiva di una serie di servizi senza precedenti (scuole, ospedali, assistenza) e trovava sempre qualcosa da mangiare. Dei vari monasteri che furono istituiti in Occidente, molti si specializzarono in ospizi e ospedali (i primi della storia e aperti anche ai poveri); svolgevano un'azione sociale cercando di portare aiuto alle classi più deboli ospitando i pellegrini. I monasteri diventavano non solo centri spirituali, ma anche luoghi di cultura; furono fondate scuole che istruivano sia i monaci sia la gente comune, diffondendo così la cultura in tutto l'Occidente. In questo modo il monastero diventava un centro di vita attivissimo, circondato da centinaia di persone, che contribuì a dar vita alla civiltà europea, visto l'enorme numero di monasteri sorti nel Medioevo in tutta Europa” (pagg. 18-19). Oppure, poco dopo, l'approfondimento sul bellicismo islamico come antagonista militare storico della civiltà europea dal momento che se ancora oggi siamo liberi è anche perchè più volte in passato l'avanzata islamica è stata fermata in extremis, a prezzo di enormi sacrifici: “nel 709 l'intero Nord Africa venne conquistato. Dal 712 l'espansione si estese alla Spagna arrestandosi solo nel 732 con la sconfitta di Poitiers inflitta agli islamici dai franchi di Carlo Martello. Molti storici hanno considerato la vittoria riportata a Poitiers come un evento fondamentale per la sopravvivenza della civiltà occidentale. Edward Gibbon [1737-1794] ha ipotizzato che se a Poitiers i musulmani avessero vinto, sarebbero arrivati in breve tempo «fino ai confini della Polonia e alle Highlands della Scozia...e la flotta araba avrebbe potuto navigare senza nemmeno uno scontro navale fino alla foce del Tamigi. Forse oggi nelle scuole di Oxford si insegnerebbe l'esegesi coranica e dalle sue scuole verrebero rivelate a una popolazione circoncisa la santità e la verità dell'insegnamento di Maometto». In seguito, molti studiosi occidentali hanno condiviso l'analoga visione della grande battaglia come di un momento di grande portata storica” (cit. a pag. 24), cosa che purtroppo è molto meno condivisa oggi, in tempi di pensiero debole 'ufficializzato' a livello istituzionale e di relativismo culturale dominante a livello popolare.

Ben vengano allora testi come questi che, con semplicità, ma anche con chiarezza, aiutano il confuso lettore di oggi a muoversi con il dovuto rispetto e ascolto verso il proprio passato e le proprie tradizioni, pure messe in pericolo dai fenomeni non sempre gestibili della rapida 'globalizzazione virtuale' dei costumi e dei comportamenti collettivi. Significativa e originale, da questa prospettiva, anche la scelta di far precedere ognuno dei capitoli del volume dalla riproduzione dei quadri 'tradizionalmente' più illustri e rappresentativi della millenaria civiltà artistica che ci ha preceduto: da Allegoria della battaglia di Lepanto (1571) e Ratto di Europa (1578) del rinascimentale Paolo Veronese (1528-1588) al ritratto di Edmund Burke (1774) di Sir Joshua Reynolds (1723-1792) fino a quello immortale del conte Joseph de Maistre (1753-1821) ad opera del romantico tedesco Carl Christian Vogel von Vogelstein (1788-1868).

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