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Domenica, 12 Maggio 2024

"La notizia apparsa sul quotidiano "Il Tempo" riguardante l'asserita presentazione di una domanda di grazia al Presidente della Repubblica da parte dei figli del Presidente Berlusconi, è destituita di ogni fondamento. Nessuna istanza in tal senso è stata mai presentata e tutte le ricostruzioni e i retroscena sono palesemente frutto di fantasia". E' quanto afferma l'avvocato di Berlusconi Niccolò Ghedini.

Archiviare il caso del giudice Antonio Esposito, accusato di aver anticipato in un'intervista al Mattino le motivazioni per le quali il collegio da lui presieduto in Cassazione ha condannato Silvio Berlusconi per frode fiscale. E' quello che chiede la Prima Commissione del Csm al plenum di Palazzo dei marescialli. La decisione di chiedere al plenum l'archiviazione del fascicolo e dunque di escludere l'esistenza dei presupposti per un'eventuale trasferimento d'ufficio di Esposito per incompatibilità funzionale e' stata presa all'unanimità, in accoglimento della proposta del relatore Mariano Sciacca, togato di Unicost.

Nessuna tutela dal Csm al giudice della Cassazione Antonio Esposito per gli attacchi ricevuti dopo l'intervista al Mattino di Napoli. Questa la proposta della Prima Commissione del Csm al plenum di Palazzo dei marescialli. Il giudice, che ha presieduto il collegio della Cassazione che ha condannato Silvio Berlusconi per frode fiscale, aveva chiesto l'intervento di Palazzo dei marescialli, dopo alcuni articoli da lui ritenuti diffamatori pubblicati su alcuni quotidiani.La decisione e' stata presa all'unanimita'.

Un paragone ''non solo inappropriato e incomprensibile ma anche offensivo della memoria di chi fu privato di ogni diritto e, dopo atroci e indicibili sofferenze, della vita stessa''. Queste poche affilate parole del presidente dell'Unione delle Comunita' ebraiche italiane, Renzo Gattegna, ben descrivono lo sdegno del mondo ebraico per uno 'sfogo' a dir poco azzardato di Silvio Berlusconi trascritto da Bruno Vespa per il suo ultimo libro. "I miei figli dicono di sentirsi come dovevano sentirsi le famiglie ebree in Germania durante il regime di Hitler. Abbiamo davvero tutti addosso", ha detto il Cavaliere parlando di quello che, a suo avviso, è un attacco a 360 gradi alla sua persona, dopo che Vespa gli aveva chiesto se fosse vera la proposta dei figli di vendere tutto. Ma il ''paragone'' tra la condizione dei suoi rampolli e quella dei figli degli ebrei deportati, bruciati ed uccisi nei campi di sterminio è davvero violento. Infatti in pochi minuti si alza forte la voce della Comunità ebraica mentre il Pd parte all'attacco definendo ''agghiaccianti'' le parole del Cavaliere. Duro anche il presidente della Comunità ebraica di Roma, Riccardo Pacifici: ''riteniamo il paragone fatto col popolo ebraico sotto le persecuzioni di Hitler, il cui progetto era lo sterminio, assolutamente fuori luogo''. Tace l'ambasciata di Israele a Roma, ma ce n'è abbastanza per indurre Berlusconi ad intervenire per gettare acqua sul fuoco. ''Si tratta di una polemica smaccatamente strumentale su una frase estrapolata da un ampio contesto. La mia storia, la mia amicizia verso Israele, la mia coerente azione di governo in favore dello Stato di Israele, non consentono alcun dubbio sulla mia consapevolezza della tragedia dell'Olocausto e sul mio rispetto del popolo ebraico", ha detto in serata.

Perde la prima battaglia, il Pdl. Nella guerra di trincea ingaggiata al Senato in vista del 27 novembre, c'è subito una battuta d'arresto. Il presidente del Senato Pietro Grasso afferma che non ci sono ragioni per invalidare, come chiedono i pidiellini, la decisione della giunta sulla decadenza di Silvio Berlusconi. Nessun margine per riaprire la discussione. Ma il Pdl non accetta un 'no' come risposta. Attacca Grasso. E chiede il rinvio del voto in Aula. Saranno tre settimane lunghe, da qui alla data in cui si voterà per privare il Cavaliere della carica di senatore. "Non arretreremo di un passo", proclama nell'emiciclo di Palazzo Madama Renato Schifani. E i senatori Pdl spiegano che non tralasceranno neanche un cavillo per cercare di bloccare la decisione. Perciò, mentre si studiano le mosse per l'Aula, il tentativo è far annullare il sì alla decadenza della giunta. I berluscones sostengono che quella decisione non è valida perché il 5 Stelle Vito Crimi e altri hanno pubblicato messaggi su Facebook e Twitter nel corso di una seduta che doveva essere segreta. E Grasso convoca un Consiglio di presidenza per esaminare la questione. Ma quando capiscono che Grasso è per la 'archiviazione' della loro richiesta, insieme agli alleati Lega e Gal vanno via per far mancare il numero legale, nel tentativo di tenere la questione aperta. E riuscire a ottenere, se non l'annullamento del voto della giunta, lo slittamento dell'Aula. Grasso però appare irremovibile. Quel voto, spiega, in base al regolamento del Senato doveva essere semmai annullato e fatto immediatamente ripetere dal presidente della giunta per le elezioni Dario Stefàno, anche perché la questione dei post di Crimi era stata sollevata dal Pdl già in corso di seduta. Ora, a un mese di distanza, il Consiglio di presidenza potrebbe al più intervenire con sanzioni per i senatori. Ma nessuno le ha richieste. Dunque, questione chiusa. E chiuso anche il Consiglio di presidenza, perché non c'è nulla da votare e il fatto che il Pdl abbia fatto mancare il numero legale non inficia alcunché. Schifani annuncia che chiederà formalmente una nuova convocazione del Consiglio di presidenza.Intanto il Gruppo PDL in Camera e Senato scrive sul mattinale :

Che differenza tra i brogli e gli imbrogli del Partito democratico, e la strada lineare scelta da Silvio Berlusconi. Il Consiglio nazionale è dunque convocato a Roma per sabato 16 novembre. Sarà una cosa seria, forse drammatica, ma viva. Viva come sono i nostri ideali. Com’è la nostra storia. Piena di vita com’è Silvio Berlusconi. Il 16 novembre si strozzerà in gola il canto mesto di gufi interessati, non ci saranno funerali e commemorazioni, non si discuterà, come sarebbe invece accaduto se l’appuntamento si fosse mantenuto all’8 dicembre, su fatti ormai irreparabili, sul modo più delicato per leccarci le ferite e deporre fiori, ma su determinazioni chiare e assunte democraticamente per vivere noi (e non sopravvivere) e dare speranze di vita a questa Italia.

Anticipare il raduno degli 800 non è una decisione dettata dalla fretta. Sono questi tempi ad essere frettolosi, e sono stati fino ad oggi tenuti al guinzaglio con astuzia maligna da chi vuole eliminare il nostro presidente e con ciò frantumare il nostro popolo, giocando sulle date, con un tira e molla che ci consumi.

Saremo ingenui, ma non fessi. A Berlusconi è bastato osservare la realtà. Immaginiamo il Consiglio all’8 dicembre. Prima di allora, ed entro la fine di novembre, il Parlamento consuma le grandi scelte:la Legge di Stabilità (economia); la decadenza (o meno) del senatore Berlusconi. Nel frattempo tra noi si organizzano conciliabili per sciogliere nodi, programmare l’elaborazione del lutto, eccetera, mentre gli altri ci scotennano, giocando sulla nostra indeterminazione.

A descrivere gli avvenimenti varrebbe il monito di Tito Livio: “Dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur”, cioè, traducendo liberamente: mentre a Palazzo Grazioli si discute, il Parlamento viene espugnato. Hanno i numeri – qualcuno obietterà – posso fare quel che vogliono. Non è proprio così. Hanno i numeri per questa maggioranza, se noi, uniti, ci riconosciamo in essa. Ma per riconoscersi in questa maggioranza, occorrerà pure che essa accetti punti di contenuto per noi inderogabili.

A questo serve un Consiglio nazionale. Intanto rilanciarci come Forza Italia, con l’impeto delle cose sorgive. E a stabilire la linea. Ciò che è per noi costitutivo e ciò che può essere oggetto di nobile compromesso. Se Letta e Saccomanni aumentano le tasse, votiamo la fiducia? I democratici tagliano la testa al nostro leader.

Collaboriamo con costoro dicendo cosa-fatta-capo-ha? Possiamo pensare di fare una seria riforma della giustizia, come annunciato da Letta il 2 ottobre, con chi opera una ingiustizia così abominevole? Non è per questo che il nostro popolo ci ha votati…

Ovvio. Democrazia impone che liberamente si propongano tesi e documenti. Che si dialoghi su problemi e soluzioni. Infine, serenamente, non siamo comunisti bulgari, si voti, anche distinguendosi in maggioranza e minoranza. Ma senza che questo diventi pretesto per fughe o cacciate. Sapendo bene che una volta scelta la strategia, stabilito ciò che non è negoziabile e ciò che lo è, poi si agisca all’unisono, si voti insieme.

La nostra Forza Italia ri-nascente sarà allora nata con un disegno chiaro e forte. Lo dobbiamo non solo a chi ci vota e al popolo italiano, ma alla dignità di noi stessi.

Molto interessanti le due interviste di Sandro Bondi e di Fabrizio Cicchitto sul futuro del nostro movimento e dei dialoghi tra noi. Scopriamo l’acqua calda sostenendo che esprimono posizioni divergentissime. Danno l’idea di una frattura (insanabile?). Ecco in queste si somigliano: nel pessimismo. Umilmente ai due amici chiediamo: è questo che avete imparato da Silvio Berlusconi. Infilate nelle vostre belle teste ronzanti pensieri cupi una cucchiaiata di ottimismo berlusconiano, please. Il resto è democrazia, bambola.

I miei figli dicono di sentirsi come dovevano sentirsi le famiglie ebree in Germania durante il regime di Hitler. Abbiamo davvero tutti addosso". Così Berlusconi risponde a Bruno Vespa per il suo prossimo libro alla domanda se sia vero che i figli gli hanno chiesto di vendere e di andare via. "Sono italiano al 100 per cento. In Italia ho le mie radici. In Italia sono diventato quello che sono. Ho fatto qui l'imprenditore, l'uomo di sport, il leader politico. Questo è il mio paese, il paese che amo, il paese in cui ho tutto: la mia famiglia, i miei amici, le aziende, la mia casa, e dove ho avuto successo come studente, come imprenditore, come uomo di sport e come uomo di Stato. Non prendo neppure in considerazione la possibilità di lasciare l'Italia": cosi' Berlusconi, in un passaggio del prossimo libro di Bruno Vespa.

"Il primo sentimento è stato di non volerci credere, che fosse impossibile che capitasse a me tutto questo, e da lì il rifiuto di prendere in considerazione qualsiasi ipotesi, perché tutte sarebbero comunque ingiuste. Sono stato assalito da una profonda indignazione, che da allora non mi ha lasciato mai. Ho molto pensato a quanto soffrirebbero mio padre e mia madre se fossero qui. E mi sono chiesto come avrebbero voluto che mi comportassi. Credo con la stessa dignità che mi hanno sempre insegnato". Così Silvio Berlusconi, in un passaggio del libro di Bruno Vespa, parlando della sua situazione.Intanto isorge il PDL per la data di 27 novembre e Berlusconi parla di grazia :

Silvio Berlusconi sente che il cerchio si stringe. Il Senato ha impresso una accelerazione sul voto per la decadenza, e il Cavaliere d'improvviso si è visto sfilare la principale arma di pressione, ossia la legge di stabilità che i Dem intendono disinnescare definitivamente rispettando la tabella di marcia. Il ribaltamento delle date, con il voto sulla manovra che precede quello sulla decadenza (rispettivamente il 22 e il 27 novembre) punterebbe a mettere il Cavaliere nell'angolo, secondo i lealisti che partono al contrattacco, mentre il cav torna alla carica incalzando, a sorpresa, il Colle sulla Grazia. La guerriglia pidiellina ora si concentrerà soprattutto sul timing incrociato della manovra e della decadenza. E che il vento governativo soffi in direzione ostinata e contraria a Berlusconi lo dimostrerebbe anche la sortita di Saccomanni sull'Imu: il ministro dell'Economia, sia pure tra mille cautele, ha ammesso che la caccia a nuove risorse per scongiurare la tassa sulla casa va maluccio. Dunque, anche la bandiera issata dal partito di Berlusconi in cima all'esecutivo Letta rischia di essere spazzata via. Ecco perché i lealisti azzurri, furibondi, sono scesi nell'arena sparando contro il Pd e il governo. Intanto hanno messo un punto fermo con una pregiudiziale presentata a palazzo Madama affinché sia invalidato (e quindi annullato) il voto della Giunta delle immunità sulla decadenza di Berlusconi, violato dalla pubblicità dei tweet del grillino Crimi. A far saltare i nervi nelle file azzurre, poi, le parole rassicuranti di Angelino Alfano verso il governo proprio nella giornata più nera per il leader.

L'antidoto è stato un diluvio di dichiarazioni che hanno sommerso Alfano e il governo. Con Raffaele Fitto che, seguito da un nugolo di lealisti, si è presentato a Montecitorio per correggere l'avversario interno e recitare il Requiem governativo: 'ma come si fa a sostenere il governo che sta facendo di tutto per cacciare il nostro leader?'. Parole che certo Berlusconi sottoscrive avendo manifestato apertamente e in più occasioni la sua delusione per la mancata 'pacificazione'. In questo quadro a tinte fosche, uno raggio di luce, per il Cavaliere, arriverebbe dal Colle, l'ultimo salvagente cui aggrapparsi. "Mi dicono che per avere la grazia bisogna aver iniziato a scontare la pena Dunque, sarebbe ancora in tempo", ha affermato il leader del Pdl nell'ultimo libro di Vespa, in cui peraltro si ricorda che finora non è stata presentata alcuna domanda di grazia né da Berlusconi né da un suo familiare né da un avvocato. Ma quelle dichiarazioni appaiono datate e infatti non si precisa quando l'intervista è stata raccolta. Ed è anche per questo che al Quirinale non sarebbe stato dato tanto peso alla dichiarazione. In ogni caso il presidente Napolitano quando ha affrontato la questione, nell'ormai lontano 13 agosto scorso, è stato chiaro, netto e esauriente: per dirimere il caso e giungere ad una qualche soluzione si deve partire dalla presentazione di una domanda di grazia, cosa, appunto, finora non avvenuta. E poi dal 13 agosto ad oggi sotto i ponti è passata tanta acqua e... anche tante dichiarazioni di guerra al governo da parte di Berlusconi

Se il Pdl-Forza Italia si avvia a diventare un partito di correnti, animosamente contrapposte sulla base di ragioni di puro potere, e se la prospettiva è quella di accettare supinamente, pur con qualche vibrante dichiarazione di facciata, la decadenza di Berlusconi dal Parlamento, oltre al fatto di dover votare a qualunque costo una legge di stabilità che contribuirà a peggiorare la crisi e la sofferenza di tutti gli italiani, personalmente dopo tanti anni di onesto impegno non potrò approvare e riconoscermi in queste scelte": lo scrive il senatore del Pdl Sandro Bondi.

"Come preventivamente comunicato per iscritto, chiedo che sia discussa nella seduta odierna" la "decadenza del senatore Silvio Berlusconi". Tra gli applausi dei senatori M5S, la capogruppo Paola Taverna torna a chiedere nell'Aula di Palazzo Madama di votare subito la decadenza del leader Pdl. Ieri Taverna aveva annunciato che avrebbe ripetuto la richiesta ogni giorno e così fa, in apertura di seduta. Il presidente Pietro Grasso si riserva di "determinare il momento" in cui sottoporre all'Aula la richiesta del M5S.

La mia idea non è cambiata rispetto alla fine del 2012 quando lanciammo le primarie. Alle prossime elezioni, il nostro candidato dovrà essere scelto attraverso primarie il più aperte possibile, alle quali partecipi il più alto numero di simpatizzanti". Così il vicepremier Alfano in un passaggio del prossimo libro di Bruno Vespa. La mia idea - dice Alfano nel prossimi libro di Bruno Vespa - non è cambiata rispetto alla fine del 2012 quando lanciammo le primarie (Beatrice Lorenzin era coordinatrice dei miei comitati). Io stesso, poi, le bloccai quando Berlusconi decise di ripresentarsi, e Giorgia Meloni ancora me lo rimprovera. A proposito della linea del partito - prosegue Alfano - il nostro è stato sempre un grande movimento a guida e a prevalenza moderata. Non è un bene che finisca in mano a estremisti. Berlusconi non lo è, ma c'è il rischio che nella gestione pratica e quotidiana della comunicazione si prenda quella deriva. Uno degli obiettivi - spiega il vice premier in un passaggio del libro di Vespa - è rilanciare un grande centrodestra sul modello della formidabile intuizione di Silvio Berlusconi del 1994 che ebbe enorme successo e che si ripeté nel 2001 con la Casa delle Libertà. Un'alleanza - dice - delle forze politiche alternative alla sinistra, che condivisero un programma dentro una coalizione che vinse e governò per cinque anni. Il punto di separazione non è stato e non è il nome del nuovo partito, Forza Italia, che richiama anni bellissimi, e neanche i ruoli personali, a cominciare dalla segreteria del partito. Le questioni sono sempre state tre, e cioè la linea del partito, la stabilità del governo e il futuro, ovvero la modalità attraverso cui si individua il futuro gruppo dirigente a cominciare dai prossimi candidati per tutte le competizioni".

"Il tema - per Alfano - non è di aggiungere allo schieramento un nuovo parto, ma di fare un grande centrodestra che unisca tutte le forze moderate e riformiste alternative alla sinistra, a cominciare da quell'area centrista che ha preso il 10 per cento dei voti e che, schierata con noi, ci avrebbe portato a una smagliante vittoria. È stata sempre la grande intuizione di Berlusconi: nel 1994 con lo sdoganamento del Msi, nel 2001 con la nascita della Casa delle Libertà, associandovi la Lega, e nel 2008 con la fondazione del Popolo della Libertà. Non sono favorevole -prosegue - allo splendido isolamento di Forza Italia, perché si rischia di cedere agli altri preziose alleanze, come quelle con Casini e con Monti".

Leggo con stupore misto ad amarezza le dichiarazioni Alfano - dice Sandro Bondi - Per me Forza Italia è un patrimonio che non dovrebbe essere intaccato con dichiarazioni così avventate e radicali". Così Sandro Bondi, coordinatore di Forza Italia commenta le parole del vicepremier Alfano. "L'unica ragione per cui scelgo di restare in Forza Italia - prosegue - è la leadership umana e politica del Presidente Silvio Berlusconi, il quale fa bene a non lasciare Forza Italia né ai supposti estremisti né tantomeno a coloro che non hanno dimostrato alcuna lealtà e solidarietà nei suoi confronti nel momento più difficile della sua vita personale".
Sulla stessa linea Raffaele Fitto: "Io ragiono sul dopo Berlusconi il giorno in cui Berlusconi autorizzerà il dopo. Ricordiamo che lui ha fatto la campagna elettorale del 2013 dicendo che il candidato a Palazzo Chigi sarebbe stato Alfano. Quindi sarà ancora una volta lui a decidere che cosa si farà". Anche Daniele Capezzone, presidente della commissione Finanze della Camera, ha pienamente condiviso le parole di Bondi: "L’estremismo più temibile, per l’Italia e per i nostri elettori, sarebbe quello di chi dovesse accettare l’idea di aumentare la pressione fiscale o di rimettere la tassa sulla prima casa sotto falso nome". Capezzone ha, quindi, voluto ricordare ad Alfano gli impegni presi dal partito in campagna elettorale davanti agli elettori.

Silvio Berlusconi ritiene che il capo dello Stato sia ancora in tempo per concedergli la grazia di sua iniziativa. "Mi dicono che per avere la grazia bisogna aver iniziato a scontare la pena. Dunque, sarebbe ancora in tempo", afferma il leader del Pdl nell'ultimo libro di Bruno Vespa.

Nel libro - si legge in un comunicato diffuso da Vespa in cui non si precisa il giorno dell'intervista al Cavaliere - si dice che non è stata presentata finora alcuna domanda di grazia da parte di Berlusconi, della sua famiglia e dei suoi avvocati. Napolitano, prosegue Vespa, ricevette riservatamente il 9 agosto Gianni Letta e Franco Coppi, difensore del Cavaliere, per un "sondaggio discreto" sulla possibilità della grazia. Essi interpretarono positivamente in questo senso un passaggio del messaggio di Napolitano del 13 agosto. Poi, scrive ancora Vespa, il capo dello Stato si sarebbe irrigidito per le dimissioni in massa dei parlamentari di Forza Italia (poi revocate) e da allora non si è più parlato di grazia.

La decisione è stata presa a maggioranza dalla conferenza dei capigruppo di Palazzo Madama e verrà sottoposta a una votazione dell'Aula, dal momento che vi si oppone il Movimento 5 Stelle. Se il calendario verrà confermato, il voto sulla decadenza si terrà dopo il via libera alla legge di stabilità.

Il Pdl torna a mettere in discussione la validità del voto sulla decadenza di Berlusconi da parte della giunta del Senato. Perciò chiede e ottiene la convocazione del consiglio di presidenza per valutare la pregiudiziale, prima del voto dell'Aula. Al centro della contestazione del Pdl i tweet di Vito Crimi (M5S) durante la seduta della giunta. Maurizio Gasparri (Pdl), vicepresidente del Senato, spiega di aver sollevato stamani la questione della validità della decisione della giunta sulla decadenza di Silvio Berlusconi, sia nel consiglio di presidenza che era convocato per discutere del bilancio del Senato, sia nella conferenza dei capigruppo che si è svolta subito dopo. Il Pdl ritiene che i messaggi contro Berlusconi pubblicati dal senatore M5S Vito Crimi su Facebook e Twitter mentre era in corso la seduta della giunta, inficino la decisione dell'organo di Palazzo Madama che ha dato il via libera alla decadenza. E chiede perciò che prima che si tenga il voto in Aula, il consiglio di presidenza si pronunci sulla questione. Il presidente Pietro Grasso, riferisce ancora Gasparri, ha affermato che a suo avviso la pregiudiziale sollevata dal Pdl non sussiste, ma ha acconsentito a convocare il consiglio di presidenza per discuterne.

"La questione della validità della decisione della giunta per le elezioni sulla decadenza di Silvio Berlusconi in ordine ai post del senatore Vito Crimi è totalmente inesistente sotto il profilo giuridico". Lo afferma il capogruppo Pd al Senato, Luigi Zanda, al termine della conferenza dei capigruppo di Palazzo Madama. Quanto alla data del voto dell'Aula sulla decadenza, contestata dal M5S, Zanda spiega: "La capigruppo di oggi è stata convocata su richiesta del Pd, che ha posto la questione di determinare la data in cui l'Aula del Senato voterà, con voto palese, la decadenza di Silvio Berlusconi".
Indulto e amnistia sono due dei rimedi indicati dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, per risolvere il problema del sovraffollamento carcerario. Si tratta dei provvedimenti di clemenza previsti dall'ordinamento, insieme alla grazia: quest'ultima è concessa dal capo dello Stato, l'indulto e l'amnistia sono deliberati dal Parlamento con maggioranza qualificata.

L' INDULTO - E' previsto dall' articolo 174 del codice penale e ''condona in tutto o in parte la pena inflitta, o la commuta in un'altra specie di pena stabilita dalla legge". Non estingue le pene accessorie, salvo che la legge disponga diversamente, e neppure gli altri effetti penali della condanna.

L' AMNISTIA - Prevista dall' art. 151 del codice penale, ''estingue il reato e, se vi è stata condanna, fa cessare l'esecuzione della condanna e le pene accessorie. Può dunque estinguere il reato mentre il procedimento penale è in corso (amnistia propria), oppure può intervenire dopo che è stata pronunciata una sentenza penale definitiva di condanna (amnistia impropria). Secondo l' ultimo comma dell' articolo 151, l'amnistia non si applica ai recidivi, ai delinquenti abituali, o professionali o per tendenza, salvo che la legge disponga diversamente. E' l'art. 79 della Costituzione che regola gli istituti dell'indulto e dell' amnistia: ''L'amnistia e l'indulto sono concessi con legge deliberata a maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera, in ogni suo articolo e nella votazione finale. La legge che concede l'amnistia o l'indulto stabilisce il termine per la loro applicazione. In ogni caso, amnistia e indulto non possono applicarsi ai reati commessi successivamente alla presentazione del disegno di legge''.

La partita è ben lontana dal fischio finale". Così Silvio Berlusconi a Bruno Vespa per il libro 'Sale, zucchero e caffè . L'Italia che ho vissuto da nonna Aida alla terza Repubblica', che uscirà da Rai Eri Mondadori il 7 novembre. Interpellato sulla decisione della giunta del Senato di far votare la sua decadenza a scrutinio palese, Berlusconi risponde: "Mi pare tutto chiaro. Come dice una vecchia canzone di De Gregori, 'Non c'è niente da capire'.

L'atteggiamento della sinistra, e non solo, è ormai sotto gli occhi di chiunque abbia anche soltanto un minimo di onestà intellettuale. Ma hanno commesso un autogol; gli italiani hanno capito che vogliono eliminarmi per sempre dalla vita politica perché mi considerano l'ultimo ostacolo alla loro definitiva presa del potere". "Comunque la partita è ben lontana dal fischio finale - aggiunge l'ex premier - perché la sentenza che mi ha condannato è fondata su delle falsità e sarà ribaltata molto presto". Non accenna a placarsi la polemica politica il giorno dopo la decisione della giunta del Senato sul voto palese per la decadenza di Berlusconi. Il segretario del Pd Epifani blinda il governo: 'Non può rimanere ostaggio delle vicende giudiziarie di Berlusconi. La decadenza non è dovuta ad un destino cinico e baro ma solo all'applicazione di leggi e sentenze'. Sul fronte Pdl Santanché ribadisce: 'Non c'è più motivo di stare in questo governo'.
Quagliariello però avverte: se cade il governo, possibile una nuova maggioranza. Attacchi a Lanzillotta, solidarietà dai senatori di Sc.

Renzi, politica pensi a disoccupazione - ''Disoccupazione record e la politica di che parla? Di come cambiare il sistema del lavoro? No, di come votare decadenza di Berlusconi''. Lo ha scritto su Twitter il sindaco di Firenze Matteo Renzi, candidato alla segreteria del Pd.

''I senatori si vergognano delle proprie idee e vogliono nascondersi dietro il voto segreto? Assurdo. Ci mettano la faccia e votino'', ha scritto su Twitter Renzi.

Cuperlo, voto palese è elemento di trasparenza - La decisione di votare in maniera palese sulla decadenza da senatore di Silvio Berlusconi è "un elemento di trasparenza oggettiva. Dopodiché ritengo che sia legittimo che sulle questioni procedurali ci siano anche opinioni differenti". Lo sostiene Gianni Cuperlo, candidato alla Segreteria del Pd. "Quel voto - ha poi aggiunto - non è l'ennesimo grado di giudizio verso Berlusconi ma è la presa d'atto del Senato per garantire la composizione corretta dell'Aula. Siamo di fronte ad un cittadino per cui dobbiamo avere rispetto, ma che è condannato in via definitiva per un reato molto grave".

È una nefandezza". Così il ministro delle Riforme, Gaetano Quagliariello a "Effetto Giorno - le notizie in 60 minuti" su Radio24 sulla decisione della giunta sul voto palese per la decadenza di Berlusconi. ''Il regolamento del Senato - aggiunge - dice che devono essere a scrutinio segreto le votazioni che comunque riguardino la persona. Quel 'comunque' taglia la testa al toro". Ma è possibile tornare indietro, magari in aula? "La decisione della giunta è una decisione della giunta, ma penso che si debba prendere un'iniziativa in questo senso".

"Ho anche sentito colleghi senatori che stimo - prosegue Quagliariello - argomentare che in questo caso il voto segreto non sarebbe possibile
perché il voto non riguarderebbe una persona, ma la composizione del senato. È un argomento assolutamente falso e pretestuoso, perché i
voti espressi dal parlamento sui propri membri riguardano tanto le persone, quanto la composizione del plenum, altrimenti dovremmo votare
a scrutinio palese anche le dimissioni di un senatore. E quindi anche il voto su Berlusconi - ha concluso - riguarda senza dubbio la sua persona e anche la composizione del Parlamento''.E intanto :

Quello sulla decadenza di Berlusconi non sarà un voto sulla persona, ma sul suo status di parlamentare. Pertanto non sarà necessario il voto segreto". Lo ha detto Linda Lanzillotta (Sc) in una pausa dei lavori della Giunta per il regolamento. "Non reinterpretiamo regolamento perché è la prima volta che si applica legge Severino".

"La mia decisione di votare nella Giunta per il regolamento per il voto palese - spiega ancora Lanzillotta - è stata adottata dopo un'analisi approfondita delle norme e dei precedenti e dopo un'importante discussione nella Giunta". "Sul piano regolamentare - osserva la senatrice - gli elementi che mi hanno indotto a decidere in questo modo sono cinque: è la prima volta che il Senato applica la legge Severino, quindi non esistono precedenti invocabili in modo univoco. Poi non esiste nel regolamento del Senato una norma esplicita che indichi la modalità di votazione utilizzabile nei casi analoghi, ma non identici (ineleggibilità ed incompatibilità). Il voto segreto è stato applicato solo in via di prassi".

Tra i motivi a cui ricorre la Lanzillotta per dire sì al voto palese c'è anche la norma del regolamento della Camera in cui si precisa che il voto per la decadenza non può essere considerato un voto sulla persona. Pertanto si applica il voto palese. E' già successo, poi, che prassi consolidate siano state modificate senza che si dovessero cambiare le norme".

Nel caso Berlusconi, insiste, "non c'è dubbio che il voto non riguardi la persona, ma solo il mero accertamento dell'esistenza di un presupposto di integrità morale che condiziona la composizione del Senato. Non vi sono scelte discrezionali o di coscienza del parlamentare che possano essere compromesse dal voto palese". "Per questo - sottolinea Lanzillotta - mi sono dichiarata favorevole ad una decisione che circoscrivesse l'interpretazione in favore del voto palese al nuovo caso che si presenta e per il quale non ci sono ne' norme, ne' prassi in contrario rinviando a specifiche valutazioni la questione del voto in materia di ineleggibilità e incompatibilità per le quali i precedenti sono nel senso del voto segreto".

"Un'estensione non dovuta del voto segreto - conclude - andrebbe in direzione opposta a quella che ha orientato dagli anni Novanta in poi l'evoluzione dei regolamenti parlamentari per far sì che le procedure di Camera e Senato si svolgano nel rispetto della Costituzione e sempre più aderendo al bisogno di trasparenza che viene dai cittadini e che è la condizione per conservare il rispetto dell'istituzione parlamentare e la legittimazione dell'esercizio delle prerogative da parte di ogni singolo eletto e delle assemblee nel loro complesso".

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