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La giornata politica

"La notizia apparsa sul quotidiano "Il Tempo" riguardante l'asserita presentazione di una domanda di grazia al Presidente della Repubblica da parte dei figli del Presidente Berlusconi, è destituita di ogni fondamento. Nessuna istanza in tal senso è stata mai presentata e tutte le ricostruzioni e i retroscena sono palesemente frutto di fantasia". E' quanto afferma l'avvocato di Berlusconi Niccolò Ghedini.

Archiviare il caso del giudice Antonio Esposito, accusato di aver anticipato in un'intervista al Mattino le motivazioni per le quali il collegio da lui presieduto in Cassazione ha condannato Silvio Berlusconi per frode fiscale. E' quello che chiede la Prima Commissione del Csm al plenum di Palazzo dei marescialli. La decisione di chiedere al plenum l'archiviazione del fascicolo e dunque di escludere l'esistenza dei presupposti per un'eventuale trasferimento d'ufficio di Esposito per incompatibilità funzionale e' stata presa all'unanimità, in accoglimento della proposta del relatore Mariano Sciacca, togato di Unicost.

Nessuna tutela dal Csm al giudice della Cassazione Antonio Esposito per gli attacchi ricevuti dopo l'intervista al Mattino di Napoli. Questa la proposta della Prima Commissione del Csm al plenum di Palazzo dei marescialli. Il giudice, che ha presieduto il collegio della Cassazione che ha condannato Silvio Berlusconi per frode fiscale, aveva chiesto l'intervento di Palazzo dei marescialli, dopo alcuni articoli da lui ritenuti diffamatori pubblicati su alcuni quotidiani.La decisione e' stata presa all'unanimita'.

Un paragone ''non solo inappropriato e incomprensibile ma anche offensivo della memoria di chi fu privato di ogni diritto e, dopo atroci e indicibili sofferenze, della vita stessa''. Queste poche affilate parole del presidente dell'Unione delle Comunita' ebraiche italiane, Renzo Gattegna, ben descrivono lo sdegno del mondo ebraico per uno 'sfogo' a dir poco azzardato di Silvio Berlusconi trascritto da Bruno Vespa per il suo ultimo libro. "I miei figli dicono di sentirsi come dovevano sentirsi le famiglie ebree in Germania durante il regime di Hitler. Abbiamo davvero tutti addosso", ha detto il Cavaliere parlando di quello che, a suo avviso, è un attacco a 360 gradi alla sua persona, dopo che Vespa gli aveva chiesto se fosse vera la proposta dei figli di vendere tutto. Ma il ''paragone'' tra la condizione dei suoi rampolli e quella dei figli degli ebrei deportati, bruciati ed uccisi nei campi di sterminio è davvero violento. Infatti in pochi minuti si alza forte la voce della Comunità ebraica mentre il Pd parte all'attacco definendo ''agghiaccianti'' le parole del Cavaliere. Duro anche il presidente della Comunità ebraica di Roma, Riccardo Pacifici: ''riteniamo il paragone fatto col popolo ebraico sotto le persecuzioni di Hitler, il cui progetto era lo sterminio, assolutamente fuori luogo''. Tace l'ambasciata di Israele a Roma, ma ce n'è abbastanza per indurre Berlusconi ad intervenire per gettare acqua sul fuoco. ''Si tratta di una polemica smaccatamente strumentale su una frase estrapolata da un ampio contesto. La mia storia, la mia amicizia verso Israele, la mia coerente azione di governo in favore dello Stato di Israele, non consentono alcun dubbio sulla mia consapevolezza della tragedia dell'Olocausto e sul mio rispetto del popolo ebraico", ha detto in serata.

Perde la prima battaglia, il Pdl. Nella guerra di trincea ingaggiata al Senato in vista del 27 novembre, c'è subito una battuta d'arresto. Il presidente del Senato Pietro Grasso afferma che non ci sono ragioni per invalidare, come chiedono i pidiellini, la decisione della giunta sulla decadenza di Silvio Berlusconi. Nessun margine per riaprire la discussione. Ma il Pdl non accetta un 'no' come risposta. Attacca Grasso. E chiede il rinvio del voto in Aula. Saranno tre settimane lunghe, da qui alla data in cui si voterà per privare il Cavaliere della carica di senatore. "Non arretreremo di un passo", proclama nell'emiciclo di Palazzo Madama Renato Schifani. E i senatori Pdl spiegano che non tralasceranno neanche un cavillo per cercare di bloccare la decisione. Perciò, mentre si studiano le mosse per l'Aula, il tentativo è far annullare il sì alla decadenza della giunta. I berluscones sostengono che quella decisione non è valida perché il 5 Stelle Vito Crimi e altri hanno pubblicato messaggi su Facebook e Twitter nel corso di una seduta che doveva essere segreta. E Grasso convoca un Consiglio di presidenza per esaminare la questione. Ma quando capiscono che Grasso è per la 'archiviazione' della loro richiesta, insieme agli alleati Lega e Gal vanno via per far mancare il numero legale, nel tentativo di tenere la questione aperta. E riuscire a ottenere, se non l'annullamento del voto della giunta, lo slittamento dell'Aula. Grasso però appare irremovibile. Quel voto, spiega, in base al regolamento del Senato doveva essere semmai annullato e fatto immediatamente ripetere dal presidente della giunta per le elezioni Dario Stefàno, anche perché la questione dei post di Crimi era stata sollevata dal Pdl già in corso di seduta. Ora, a un mese di distanza, il Consiglio di presidenza potrebbe al più intervenire con sanzioni per i senatori. Ma nessuno le ha richieste. Dunque, questione chiusa. E chiuso anche il Consiglio di presidenza, perché non c'è nulla da votare e il fatto che il Pdl abbia fatto mancare il numero legale non inficia alcunché. Schifani annuncia che chiederà formalmente una nuova convocazione del Consiglio di presidenza.Intanto il Gruppo PDL in Camera e Senato scrive sul mattinale :

Che differenza tra i brogli e gli imbrogli del Partito democratico, e la strada lineare scelta da Silvio Berlusconi. Il Consiglio nazionale è dunque convocato a Roma per sabato 16 novembre. Sarà una cosa seria, forse drammatica, ma viva. Viva come sono i nostri ideali. Com’è la nostra storia. Piena di vita com’è Silvio Berlusconi. Il 16 novembre si strozzerà in gola il canto mesto di gufi interessati, non ci saranno funerali e commemorazioni, non si discuterà, come sarebbe invece accaduto se l’appuntamento si fosse mantenuto all’8 dicembre, su fatti ormai irreparabili, sul modo più delicato per leccarci le ferite e deporre fiori, ma su determinazioni chiare e assunte democraticamente per vivere noi (e non sopravvivere) e dare speranze di vita a questa Italia.

Anticipare il raduno degli 800 non è una decisione dettata dalla fretta. Sono questi tempi ad essere frettolosi, e sono stati fino ad oggi tenuti al guinzaglio con astuzia maligna da chi vuole eliminare il nostro presidente e con ciò frantumare il nostro popolo, giocando sulle date, con un tira e molla che ci consumi.

Saremo ingenui, ma non fessi. A Berlusconi è bastato osservare la realtà. Immaginiamo il Consiglio all’8 dicembre. Prima di allora, ed entro la fine di novembre, il Parlamento consuma le grandi scelte:la Legge di Stabilità (economia); la decadenza (o meno) del senatore Berlusconi. Nel frattempo tra noi si organizzano conciliabili per sciogliere nodi, programmare l’elaborazione del lutto, eccetera, mentre gli altri ci scotennano, giocando sulla nostra indeterminazione.

A descrivere gli avvenimenti varrebbe il monito di Tito Livio: “Dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur”, cioè, traducendo liberamente: mentre a Palazzo Grazioli si discute, il Parlamento viene espugnato. Hanno i numeri – qualcuno obietterà – posso fare quel che vogliono. Non è proprio così. Hanno i numeri per questa maggioranza, se noi, uniti, ci riconosciamo in essa. Ma per riconoscersi in questa maggioranza, occorrerà pure che essa accetti punti di contenuto per noi inderogabili.

A questo serve un Consiglio nazionale. Intanto rilanciarci come Forza Italia, con l’impeto delle cose sorgive. E a stabilire la linea. Ciò che è per noi costitutivo e ciò che può essere oggetto di nobile compromesso. Se Letta e Saccomanni aumentano le tasse, votiamo la fiducia? I democratici tagliano la testa al nostro leader.

Collaboriamo con costoro dicendo cosa-fatta-capo-ha? Possiamo pensare di fare una seria riforma della giustizia, come annunciato da Letta il 2 ottobre, con chi opera una ingiustizia così abominevole? Non è per questo che il nostro popolo ci ha votati…

Ovvio. Democrazia impone che liberamente si propongano tesi e documenti. Che si dialoghi su problemi e soluzioni. Infine, serenamente, non siamo comunisti bulgari, si voti, anche distinguendosi in maggioranza e minoranza. Ma senza che questo diventi pretesto per fughe o cacciate. Sapendo bene che una volta scelta la strategia, stabilito ciò che non è negoziabile e ciò che lo è, poi si agisca all’unisono, si voti insieme.

La nostra Forza Italia ri-nascente sarà allora nata con un disegno chiaro e forte. Lo dobbiamo non solo a chi ci vota e al popolo italiano, ma alla dignità di noi stessi.

Molto interessanti le due interviste di Sandro Bondi e di Fabrizio Cicchitto sul futuro del nostro movimento e dei dialoghi tra noi. Scopriamo l’acqua calda sostenendo che esprimono posizioni divergentissime. Danno l’idea di una frattura (insanabile?). Ecco in queste si somigliano: nel pessimismo. Umilmente ai due amici chiediamo: è questo che avete imparato da Silvio Berlusconi. Infilate nelle vostre belle teste ronzanti pensieri cupi una cucchiaiata di ottimismo berlusconiano, please. Il resto è democrazia, bambola.

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