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Lunedì, 13 Maggio 2024

Il documento La partecipazione dell'Italia all'Unione europea. Relazione programmatica è stato depositato da Savona in parlamento e apre uno scenario che rischia di creare nuove fratture nell'esecutivo. Le prime barricate all'idea di far entrare la Turchia nell'Unione europea sono state alzate dai parlamentari di Fratelli d'Italia. 

Un'idea che, appena è stata pubblicata dalla Stampa, ha subito scatenato una strenua opposizione da parte di Fratelli d'Italia. Giorgia Meloni ha, infatti, chiesto a Matteo Salvini di far ritirare subito la relazione e di chiedere un chiarimenti politico: "Non si resta al governo con chi vuole islamizzare l'Europa".

Ma all'interno dello stesso governo i leghisti non hanno mai appoggiato l'idea di far mettere piede al Sultano Recep Tayyip Erdoğan nei palazzi del potere europeo. Non più tardi di qualche settimana fa, come ricorda la Stampa, proprio Salvini aveva accusato il Consiglio d'Europa di non aver mai mosso un dito quando a Strasburgo si parlava di annoverare tra i Paesi membri anche la Turchia che, aveva detto in quell'occasione, "non sembra un faro di democrazia e diritti". "Aprire le porte dell'Europa alla Turchia è escluso - aveva poi spiegato il leader leghista in una intervista - abbiamo già abbastanza problemi di integrazione per far entrare in casa nostra questo Cavallo di Troia".

Savona sta per lasciare il ministero per gli Affari europei. Nelle prossime ore traslocherà in Consob. Prima di andare via, però, ha lanciato una proposta che mette in imbarazzo l'intero esecutivo. Perché, pur ammettendo "tutte le difficoltà" dell'operazione, l'economista vede il governo di Ankara come "un interlocutore fondamentale" per Bruxelles su "sicurezza" e "politica regionale" nel Medio Oriente, nel Golfo e persino "in quadranti più distanti, come il Corno d' Africa". Non è la prima volta che il tema di allargare l'Unione europea alla Turchia viene messo sul tavolo. Ma il capogruppo di Fratelli d'Italia in Commissione Esteri della Camera, Andrea Delmastro, vuole andare a fondo per capire se questa è la posizione ufficiale del governo Conte. "È la solita manina o siamo in presenza di un atto di sottomissione?", si chiede. E invita Salvini a fermare "questo atto di islamizzazione dell'Europa". "Altrimenti - promette - ci penseremo noi: piuttosto ci incateneremo in Parlamento per difendere la nostra civiltà".

Intanto come riferisce il quotidiano il giornale . Mariarosaria Guglielmi, segretario di Magistratura democratica nella relazione con cui venerdì aprirà il XXII Congresso della corrente di sinistra delle toghe, a proposito dell'arresto e del rientro in Italia del terrorista Cesare Battisti. "La messa in scena organizzata dalla propaganda di Stato per "celebrare" la fine della latitanza di Battisti - ha detto il segretario di Md - ha trasformato la vittoria dello Stato di diritto e la chiusura di una vicenda dolorosa della nostra storia in una pagina umiliante, che, come denunciato dall'Unione delle Camere penali, rappresenta nel modo più plastico e drammatico un'idea arcaica di giustizia ed un concetto primitivo della dignità umana, estranei alla cultura del nostro Paese".

Attacchi anche alla riforma della legittima difesa continua il giornale dopo lo scontro tra Salvini e il presidente dell'Anm Minisci. "Un'idea arcaica di giustizia come vendetta privata ispira la nuova disciplina della legittima difesa. Messa al primo punto degli interventi nell'area penale previsti dal contratto di governo, questa riforma persegue in modo evidente la costruzione di una emergenza e di una retorica disancorate da razionali considerazioni volte a contemperare la molteplicità delle situazioni fattuali e la ponderazione degli interessi in gioco con la rigidità di un dato normativo", afferma Guglielmi per il quale quella della legittima difesa è una "riforma 'manifesto', con gravissime implicazioni sul piano culturale come su quello giuridico: anteporre l'inviolabilità del domicilio alla tutela incondizionata della vita umana significa consumare un ulteriore strappo con il sistema dei valori della nostra Costituzione, sovvertendo la collocazione che da questo sistema ricevono e la graduazione della loro tutela conforme ad elementari principi di civiltà giuridica".

Non poteva mancare poi l'allarme del razzismo continua il quotidiano e le critiche sulla gestione dei migranti. "La costruzione di nuove soggettività di tipo identitario è parte rilevante della strategia del populismo e dei neonazionalismi, che, alimentando strumentalmente la percezione dell'invasione da parte degli stranieri, ha innescato anche nel nostro Paese una deriva xenofoba e razzista, e sta rimettendo in discussione i principi e i valori fondanti della democrazia europea. Con la chiusura dei nostri porti e la messa al bando delle Ong si è consumata una violazione senza precedenti degli obblighi giuridici e morali di soccorso e di accoglienza, che derivano dal diritto interno ed internazionale. Con le vicende delle navi Aquarius e Diciotti abbiamo scritto una pagina nuova per il nostro Paese imboccando un percorso, sconosciuto ed inquietante, distante dalla traccia culturale e simbolica sino ad oggi mai abbandonata nella storia dell'Italia repubblicana.

E mentre sondaggi continuano a premiare la Lega. Secondo l'ultima rilevazione di Emg Acqua e presentata oggi ad Agorà su Rai Tre, se si votasse oggi, la Lega sarebbe di gran lunga il primo partito italiano, con il 31,2% dei consensi.
l sondaggio rivela anche un aumento dei consensi per il Carroccio, che vede un rialzo dello 0,5% rispetto alla settimana precedente. Un trend costante per il partito di Matteo Salvini.
Si conferma invece il calo di popolarità del Movimento Cinque Stelle. Se si andasse oggi alle urne, il Movimento otterrebbe il 23,8%, con un calo di un punto percentuale rispetto ai sondaggi della scorsa settimana. Sommando i due partiti di governo, l'esecutivo giallo-verde mantiene in ogni caso la maggioranza delle intenzioni di voto, con un 55% di consensi.

Alessandro Di Battista ha affrontato la questione Tav durante una riunione e guardando in faccia Luigi Di Maio e gli altri membri dello staff ha detto: «Se vi permettete di dire Sì, io esco un minuto dopo e mi dissocio». È un concetto che ha fatto arrivare ai vertici del M5S anche nelle ultime strazianti ore di Di Maio, tormentato dai dubbi sull’Alta velocità.

Il problema è che le proteste della parte movimento dei grillini si confrontano con una realtà fatta di calo dei consensi. E soprattutto al Nord, le ricette del M5S non fanno breccia. E Di Maio è stato chiaro: "Dire di no ci fa perdere i voti del Nord. Di questo dobbiamo esserne tutti consapevoli, prima di dare l'ultima parola".
Il problema è che questo discorso non piace al fondatore del Movimento, che continua ad avere un ruolo chiave all'interno del partito. Il vice premier ha più volte discusso con il comico genovese delle sue perplessità sui "no" voluti dal Movimento. Il comico, come Dibba, non vuole concessioni: "Fa nulla il consenso, su questo non possiamo cedere". E si teme un post su Facebook di Grillo o una battuta a uno show che possano affossare definitivamente la fragile leadership di Di Maio, aprendo la strada una fortissima spaccatura interna al Movimento. E sono pronte delle vere e proprie dichiarazioni di sfiducia.

"Sono tutte follie -dice- non solo perché non ne parliamo, ma perché sarebbe sbagliato fare questo dal punto di vista della politica economica. Perché si deve fare una manovra per mettere più in difficoltà le imprese italiane?".Lo ha detto nel corso della trasmissione Quarta Repubblica ad una domanda sulle ipotesi di aumento 'selettivo' dell'Iva.

"Questa storia della manovra correttiva è quasi una fissazione, non la capisco. Noi siamo tra la stagnazione e la recessione, cosa si intende per manovra correttiva? Più tasse e meno spesa. Mi chiedo, in una situazione come quella dell'Italia e dell'Europea è utile? Non bisogna essere keynesiani per capire che non è il momento". Lo ha detto il ministro dell'Economia, Giovanni Tria, nel corso della trasmissione Quarta Repubblica. Il deficit, ha assicurato, "viene tenuto sotto controllo".                                                                                                                                                                                                                       
Intanto l'Aula della Camera esaminerà la pdl sulla legittima difesa il prossimo 5 marzo. Lo ha deciso la conferenza dei Capigruppo di Montecitorio. L'esame del testo era inizialmente previsto per la settimana in corso ma ieri un voto dell'Aula lo ha fatto slittare. Già il ministro dell'Interno aveva anticipato che sarebbe stata calendarizzata martedì. 

Il presidente dell'Associazione nazionale magistrati Francesco Minisci a Radio anch'io ha espresso la sua felicità per il rinvio della discussione in Parlamento della riforma della legittima difesa. "È una buona notizia, è una riforma di cui non abbiamo bisogno. È un istituto questo sufficientemente regolamentato nel nostro sistema. Quello schema alla francese, quella tutela rafforzata che si cerca di raggiungere attraverso questa riforma, in Italia già l'abbiamo, è stata introdotta nel 2006. Quindi questa è una riforma di cui non ne abbiamo bisogno e che presenta grossi profili di incostituzionalità".

E ancora: "Si sta cercando di lanciare messaggi sbagliati ai cittadini, che se succede un fatto astrattamente rientrante nella legittima difesa non si deve fare nessun accertamento. Questo non è possibile. Gli automatismi non sono possibili. Se un soggetto muore in un determinato contesto, il pubblico ministero, le forze dell'ordine devono fare le indagini. Se diciamo il contrario, diciamo una cosa sbagliata ai cittadini. Però nessuno dei proponenti lo ha detto. Occorre fare chiarezza".

Parole giudicate di una "gravità assoluta" le dichiarazioni dell'Anm: "Non spetta a un magistrato - afferma il vicepremier - dire quale legge bisogna fare e non fare. Si mettano l'anima in pace, sia in redazione al Corriere della Sera che i magistrati di sinistra: la legittima difesa sarà legge entro marzo".    

Per contraddire le affermazioni del presidente dell'Anm è intervenuto il ministro della Pubblica amministrazione, Giulia Bongiorno. Che ha specificato: "Smentisco in modo categorico che si impedirebbe ai magistrati di fare le indagini, auspico che le critiche siano fatte leggendo la norma. Temo che il presidente dell'Anm non abbia avuto modo di approfondire il testo: smentisco che si impedirebbe di fare le indagini, il testo non lo prevede. È ovvio che quando ci sono dei casi in cui c'è un morto la magistratura deve intervenire e indagare. Voglio tranquillizzare quelli che credono che abbiamo messo i magistrati fuori dalla possibilità di indagare".

l'Anm aveva evidenziato che il rinvio della discussione in Parlamento della riforma sulla legittima difesa "è una buona notizia, speriamo che sia sine die", aveva commentato in mattinata il Presidente dell'Associazione Nazionale magistrati Francesco Minisci intervistato da Radio anch'io, evidenziando che la riforma presenta" gravi profili di incostituzionalità".

La legge sulla legittima difesa "andrà in porto", afferma il ministro della Pubblica amministrazione, Giulia Bongiorno parlando a Radio anch'io sottolineando che il rinvio alla Camera è legato a questioni "tecniche". "La legge si limiterà alla tutela dell'aggredito" - ha spiegato. Non c'è nessun dissidio con i Cinquestelle, ha aggiunto, "c'è volontà di andare avanti".  

"Noi vogliamo che la riforma non si faccia - ha detto Minisci- Non ce n'è bisogno perché l'istituto della legittima difesa è sufficientemente regolamentato. La tutela rafforzata della legittima difesa nel domicilio e nel negozio è già stata introdotta nel 2006". Oltretutto con questa riforma, ha aggiunto, "si lancia il messaggio sbagliato che se succede un fatto astrattamente riconducibile alla legittima difesa non si deve fare nessun accertamento. Questo non è possibile perché se un soggetto muore le indagini il PM le deve fare". I profili di incostituzionalità sono invece legati al fatto che la riforma "fa differenza tra la legittima difesa e le altre scriminanti, che hanno invece tutte la stessa dignità".

Intanto nuovo botta e risposta nel governo sulla Tav. 'Nessuno investe in Italia - dice il ministro dell'Economia Giovanni Tria - se il governo cambia i patti'. "Non mi interessa l'analisi costi-benefici. Il problema non è la Tav, il problema è che nessuno verrà mai a investire in Italia se il Paese mostra che un governo che cambia non sta ai patti, cambia i contratti, cambia le leggi e le fa retroattive. Questo è il problema, non la Tav" ha detto Giovanni Tria, nel corso della trasmissione Quarta Repubblica. "Bisogna portare avanti l'economia italiana", ha aggiunto. "Tria - è la replica del ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli a Zapping - ha dimenticato che c'è un contratto di governo, lui dovrebbe ricordarlo". "Tria si atterrà a quello che c'è scritto nel contratto", ha sottolineato Toninelli.

Ieri è andato a votare soltanto un sardo su due. Proprio come cinque anni fa. Gli exit poll del Consorzio Opinio Italia diffusi ieri dalla Rai dopo le 22, a urne appena chiuse, indicano un testa a testa fra i candidati presidente delle due coalizioni. Il centrodestra è avanti con un punto e mezzo di differenza. La forbice è, dunque, minima e lascia pronosticare un finale al cardiopalma per elezioni regionali alle quali, come è già stato per il voto in Abruzzo, big politici e osservatori hanno attribuito la valenza di un test nazionale, sia per gli equilibri di governo sia in vista delle europee di fine maggio.

Solinas ha incassato il 47,95% delle preferenze, mentre per Zedda si fermato al 33,79%. Si tratta di percentuali soggette a errore statistico che potranno essere confermate solo alla fine dello spogglio. Entrambi i candidati più votati sono destinati a entrare comunque in Consiglio regionale, anche se uno dei due sarà solo consigliere, ammesso che non scelga di mantenere la carica che già ricopre. Il candidato del Movimento 5 Stelle è nettamente staccato rispetto agli altri. Desogus non va, infatti, oltre il 10,61%. Sebbene con consensi dimezzati rispetto alle politiche di un anno fa, i grillini si confermano il primo partito dell'isola, con il 14,5-18,5%, sebbene sia la prima volta alle elezioni regionali sarde. Lo segue il Partito democratico, che oscilla tra il 12,5 e il 16,5%, perfettamente in linea con il risultato delle ultime politiche.

Un dato, però, è stato certo sin dalle prime battute. Luigi Di Maio colleziona un'altra, pesantissima sconfitta: Francesco Desogus, il candidato del Movimento 5 Stelle, è appena al 10,61% con percentuali più che dimezzate rispetto alle politiche di appena un anno fa.

In Sardegna è iniziato lo spoglio. I dati reali dopo gli exit poll pubblicati ieri sera, danno il centrodestra unito in vantaggio con il senatore sardista eletto con la Lega, Christian Solinas, al 47,95% e il sindaco metropolitano di Cagliari, Massimo Zedda, appoggiato da una coalizione di centrosinistra, al 33,79%.

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