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Lunedì, 13 Maggio 2024

Non basteranno giorni. Ci vorranno anni», ammonisce il vescovo di Rieti Domenico Pompili nella sua omelia durante i funerali delle vittime dello sisma. Si riferisce alla ricostruzione del paese, che dovrà evitare «querelle politiche» e «sciacallaggi» per restituire alla vita «la bellezza di cui siamo custodi». Ma anche alla ferita profonda che il sisma (o meglio le «opere dell'uomo», ricorda ancora il vescovo, perché «Dio non può essere un capro espiatorio») ha inferto a questa piccola comunità.

Il giorno dopo i funerali solenni ad Amatrice, epicentro del terremoto che ha sconvolto il Centro Italia, continuano le indiscrezioni sulle "colpe" dell'uomo. 

Sull'adeguamento sismico dell'hotel Roma, secondo i primi rilievi dei tecnici nella zona, emergono nuovi dubbi. Come scrive Il Fatto quotidiano citando un tecnico intervenuto sul posto, "le colonne erano troppo sottili e contenevano pochissimo ferro, quattro cavi ogni colonna. Inoltre erano prive delle staffe che per legge dovrebbero essere poste una ogni 10-20 centimetri (a seconda delle normative). Infine, sul posto, si è potuto accertare che il cemento utilizzato era povero visto che si è sbriciolato lasciando in evidenza i cavi di ferro".

Il Fatto Quotidiano scrive che il 30 gennaio 1998 fu un'ordinanza dell'allora ministro dell'Interno Giorgio Napolitano a stabilire che gli edifici pubblici e i luoghi di culto distrutti dal sisma del 1997 potevano essere soltanto "ripristinati", senza interventi strutturali in grado di aumentare la sicurezza antisismica. Gli interventi messi in opera, dunque, erano solo dei "palliativi". O, in altre parole, dei "cosmetici".

"Dai documenti dell’epoca - si legge al quotidiano il Giornale - emerge quindi che i commissari e il comitato tecnico-scientifico chiamati a scrivere il piano di interventi finanziato dallo Stato con oltre 70 milioni di euro (per la sola provincia di Rieti) si sono limitati a mettere in pratica una decisione politica. E’ stata la politica a preparare il disastro, fissando paletti così laschi che ora appare difficile contestare qualcosa a enti attuatori, imprese che hanno eseguito i lavori – a meno che non li abbiano fatti male o con materiali scadenti – e collaudatori".

In pratica in una zona sismica si mettevano solo delle pezze agli edifici senza pensare ai rischi sismici.

L’ordinanza del Viminale, firmata da Napolitano, è la 2741 del 30 gennaio 1998. All’articolo 2 il documento disponeva che “i commissari delegati (…) predispongono, entro 60 giorni dalla data di pubblicazione della seguente ordinanza in Gazzetta ufficiale, un piano per gli interventi urgenti volti al ripristino delle infrastrutture, delpatrimonio culturale, degli edifici pubblici di competenza della Regione e degli Enti Locali, nonché degli edifici di cultodanneggiati”. Il comma 5 dell’articolo 1 specifica che si trattava degli “interventi necessari al recupero, con miglioramento sismico, degli edifici pubblici e privati”. Nei mesi precedenti, altre ordinanze avevano disposto che anche le strutture di Umbria e Marche danneggiate dal terremoto fossero sottoposte solo a “miglioramenti”.

Come spiega al Fattoquotidiano.it Armando Zambrano, presidente del Consiglio nazionale degli ingegneri, “miglioramento sismico è qualunque intervento il progettista definisca tale. Anche se non aumenta sicurezza". In altre parole si tratta di una definizione molto generica. Qualunque intervento il progettista dichiari essere di miglioramento viene accettato come tale. Può trattarsi della sostituzione di una piattabanda (la parte superiore di porte o finestre, ndr) di legno con una in ferro, dell’inserimento di tiranti in acciaio che bloccano i due lati del tetto o di catene. Interventi che in alcuni casi, intendiamoci, migliorano di molto la sicurezza. Ma non è detto".

Tutto dunque è stato fatto nel (formale) rispetto della legge. Ma, evidentemente, non del buon senso.

All'indomani del terremoto del 6 aprile 2009, secondo il quotidiano il Giornale proprio come sta accadendo ora tra Ascoli e Rieti, cominciò a spirare un potente vento giustizialista e non solo tra chi aveva legittimamente diritto a chiedere conto delle morti. La Procura dell'Aquila avviò duecento fascicoli di inchiesta sui crolli. A distanza di sette anni, i dibattimenti che risultano effettivamente aperti sono solo 19 e le condanne una manciata. Ci sono poi altri processi collaterali, come quello contro la Commissione Grandi rischi, terminato con una sola condanna.

Sono due i casi clamorosi secondo il quotidiano che hanno condotto a condanne definitive. Per i ragazzi morti alla Casa dello studente sono stati ritenuti colpevoli tre tecnici che eseguirono un restauro e il presidente della commissione di collaudo. Per il crollo del Convitto nazionale dell'Aquila, sotto le cui macerie morirono tre studenti, è stato condannato a 30 mesi un ingegnere della Provincia, ma in carcere è finito solo il povero preside Livio Bearzi, che in quell'edificio viveva con la sua famiglia, incolpato di «aver omesso di valutare l'enorme pericolo incombente» e non aver evacuato preventivamente l'edificio. Un caso umano, che ha spinto anche una richiesta di grazia e si è presto tramutato in servizi sociali per Bearzi. Tutti assolti in Cassazione invece per uno dei crolli più letali, quello dell'edificio di via XX Settembre, che provocò nove vittime.

Bearzi non è l'unico caso umano tra i condannati. Ci sono anche un 80enne e un 84enne, accusati di aver conferito l'incarico di direttore dei lavori di restauro di un palazzo nel quartiere di Pettino a un geometra anziché a un ingegnere: quattro anni di carcere, nonostante il palazzo abbia retto al sisma dando modo a tutti gli inquilini di salvarsi e sia crollato solo dopo nove giorni. Ed è stato invece prosciolto il geometra. 

Ci sono poi tecnici che hanno dovuto combattere anni in tribunale. Come l'ingegner Diego De Angelis. Fu processato per il crollo di un palazzo di cui aveva curato gratis il restauro del tetto. Era il condominio in cui viveva e in quel disastro morì la figlia Jenny. Sette anni con il tormento per la perdita e per le accuse infamanti per poi essere assolto in Cassazione. «In una città come L'Aquila, con un sisma così forte molti crolli erano inevitabili - dice Gianluca Racano, avvocato aquilano che ha seguito alcuni processi - ma concentrare tutte le energie sulla caccia al colpevole è fuorviante, il problema della cultura anti sismica è politico».

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Ad ogni terremoto, si sente la solita domanda che il solito cronista pone al religioso di turno, in questo caso la domanda retorica questa volta l'ha fatta, Debora Donnini giornalista di radiovaticana a monsignor Domenico Pompili, vescovo di Rieti:“Di fronte a tanta morte e distruzione, sicuramente la domanda che sgorga nel cuore di tanti è: “Dov’è Dio?”. Intanto menomale che c'è Dio, almeno possiamo prendercela con qualcuno, immaginate se non c'era niente, a quale disperazione acuta sarebbe precipitato l'uomo. Tuttavia questa“è una domanda che, peraltro, ci accompagna sempre nella vita, quando siamo posti di fronte alla questione fondamentale che è quella della morte”. Ha detto monsignor Pompili,“Certamente la fede ci ispira non la disperazione, ma la speranza che tutto questo possa avere un senso. Ma in questo momento è difficile. Quello che è dato di credere è che sicuramente Dio è sempre dalla parte di chi sta soffrendo, in modo particolare”.

Ma alla domanda provocatoria, il coraggioso vescovo ha risposto con un'altra domanda altrettanto provocatoria:“Accanto a questa domanda - “Dov’è Dio?” - forse bisognerebbe poi, subito dopo, collocarne un’altra: “Dov’è l’uomo?”. O meglio: “Dov’era l’uomo?”, perché la fragilità del sistema del nostro Paese è anche tale, che di fronte ad un evento certamente significativo, ci si ritrova ogni volta a contare i danni. Forse questa è l’ennesima volta in cui siamo costretti a chiederci se abbiamo fatto tutto il possibile per evitare che di fronte a questi fenomeni della natura, peraltro imprevedibili, si potesse reggere l’urto in maniera differente”. In un'altra intervista il vescovo ha allargato la riflessione facendo riferimento al Giappone, che di fronte a scosse del 6.0 non avrebbe avuto la carneficina che c'è stata qui ad Amatrice.

La trasmissione,“Sulla via di Damasco”, di Rai2, condotta tutti i sabati da monsignor Giovanni D'Ercole, questa mattina non poteva che essere dedicata interamente al terribile terremoto del centro Italia. Del resto monsignor D'Ercole, attualmente, arcivescovo di Ascoli Piceno, dopo qualche ora del sisma si è subito recato sui luoghi del disastro, aiutando come poteva la gente che aveva bisogno. Peraltro monsignor D'Ercole non è nuovo a queste situazioni, di condivisione, è stato vescovo dell'Aquila, mandato apposta sei mesi dopo il terremoto per coadiuvare monsignor Molinari. Qui subito si è dato da fare, sporcandosi anche materialmente le mani, aiutando la gente a togliere le macerie.“D'altronde se vuoi salvare qualcuno che è caduto nel fosso, non basta esortarlo a uscire con belle parole. Devi anche tu, in qualche modo, scendere con lui nel fosso per risalire faticosamente insieme. La condivisione con chi soffre, ecco quello che occorre”.

In questa puntata speciale di Rai2, monsignor D'Ercole presenta le voci che giungono dalle zone interessate dal violento terremoto raccontando il dolore, la fede e la speranza di chi è sopravvissuto. In particolare si è seguito il lavoro delle squadre di soccorso dei volontari del Corpo Italiano del Sovrano Ordine di Malta al lavoro per assistere le vittime, qualche intervista ai parroci, che hanno operato a fianco delle popolazioni colpite di Arquata, Pescara del Tronto, Accumoli e Amatrice.

Alla fine della trasmissione monsignor D'Ercole, ha fatto delle riflessioni, molto simili a quelle che ho trovato nel suo libro, “Nulla andrà perduto”, pubblicato da Piemme (2012). Secondo il vescovo è necessario guardare oltre, e pensare che il vero post terremoto inizia quando si spengono i riflettori, come giusto che sia. Quando i volontari, la protezione Civile, tutti andranno via, è allora che comincia la sfida. E proprio in questo momento che rimani solo, che non hai più i tuoi cari, la casa che occorre intervenire per ricostruire le relazioni spirituali.

Sono delle riflessioni che il prelato aveva già fatto per le popolazioni dell'Aquila. “Con il trascorrere dei giorni mi resi conto che […] si dovrebbe pensare meno ai mattoni e più agli uomini”. Adesso è la sfida:“l'emergenza più preoccupante è quella delle relazioni”.

Anche D'Ercole si è posta la domanda più difficile:“Perché la sofferenza e la morte? Provate a dare qualche spiegazione a una persona che sotto le macerie ha perso la moglie e i figli, rimanendo sola al mondo”, come quel padre di famiglia che monsignor D'Ercole ha incontrato all'obitorio di Ascoli, tutto solo, appena ha visto il vescovo, gli ha chiesto:“padre, adesso che faccio”.

Il dolore sarà sempre con noi, con i cristiani, basta guardare ai santi, a Nostro Signore che ha sofferto sulla croce.“La vita è un tessuto di mille scampoli legati insieme dal filo misterioso del dolore”. Una cosa bisogna evitare:“addossare la colpa del dolore e del male a Dio[...] Pensare che ci sia un Dio disposto a far tremare la terra per crearci problemi e danni, mi pare indebito oltre che ingiusto”.E qui occorre fare una serie riflessione sulla natura, l'uomo non può pensare di essere “padrone” del creato, ma dev'essere “custode”. Se non rispetti la natura, si vendica.

Spesso i disastri ecologici, sono anche conseguenza d'irresponsabili comportamenti dell'essere umano. Si possono fare tanti esempi, penso al mare moto di New Orleans, che ha causato migliaia di vittime, proprio perchè avevano costruito a ridosso del mare. Pertanto,“prima allora di prendersela con Dio, non sarebbe meglio riflettere sugli abusi dell'uomo nei confronti del creato? Perchè meravigliarsi se la natura si vendica quando per essa non abbiamo rispetto? Il mancato rispetto della natura prima o poi si paga. Purtroppo succede che a pagare le conseguenze sono assai di frequente i poveri innocenti e le popolazioni inermi”.

E allora termino con una speranza, con un sogno:“Sogno che il giorno dopo l’ultima “calamità naturale” non vengano più costruiti ospedali e scuole di carta, perché così si guadagna di più…; che su tali costruzioni vengano effettuati i più severi controlli di agibilità, a scadenza fissa; che non vengano concessi permessi di edificabilità dove capita, semplicemente perché si è “unta” la persona “giusta”, ma si rispettino le norme corrette, che pure esistono; che dopo la fase del “cuore in mano” e del “siamo tutti solidali”, noiosissima ma comprensibile, si passi a quella della rigida applicazione delle leggi, evitando di sostituire la fase de “il cuore in mano” con quella del portafoglio in mano, di chi deve pagare “la stecca” e chi incassarla”. (Piero Visani, Il giorno dopo la “calamità naturale”, ho un sogno...26.8.16 destra.it).

De Matteis ha fatto impazzire il web: una foto - scattata da un forestale, Fabio Di Benedetto lo ha immortalato coperto di polvere e visibilmente provato in mezzo alle macerie durante le operazioni di soccorso. I due si davano il cambio per strappare dalle macerie i sopravvissuti. "Era ancora notte fonda. Il paese era raso al suolo", racconta all' agenzia di stampa Ansa l'appuntato scelto De Matteis, accanto al collega Bruni, eroe come lui. "Un papà ci è venuto incontro. Suo figlio piccolo era vivo ma intrappolato. La terra tremava, siamo arrivati vicino a dove era crollata la casa di questo padre. La zia del piccolo era rimasta uccisa, schiacciata dai detriti. Abbiamo utilizzato tutto quello che c'era, tubi, pezzi di ferro. Dopo un'ora ci siamo riusciti, lo abbiamo salvato".

"Siamo uomini, padri, figli, nipoti. In quel momento vedevamo quella popolazione come la nostra": è lapidario l'appuntato scelto Cristian Saputelli, uno dei primi carabinieri e mettere piede a Pescara del Tronto, dove alle 3.36 del 24 agosto sembrava essere esplosa una bomba atomica. Le scosse violente, i crolli, la polvere e il buio pesto non hanno fermato né lui né i suoi commilitoni: si sono messi a scavare tra le macerie, a mani nude, hanno salvato intere famiglie, bambini, anziani, padri e madri. Arrivano nel paese poco dopo la prima violenta scossa, sono in quattro. Romolo De Matteis, Daniele Bruni, Fabrizio Traini e Saputelli appunto. Sono della compagni di Ascoli Piceno. Con loro ci sono anche 30 unità del Corpo forestale dello Stato, che si guadagneranno anche loro il titolo di 'eroi'.

I due salvano un'altra persona ancora, poi si separano e corrono nelle zone del paese più martoriate. Da sotto le macerie arrivano grida strazianti. Una nonna con due bambini è sepolta, anche lei intrappolata, con accanto il nipotino di 4 anni. De Matteis, gli uomini della Forestale che sono presenti in forze, i Vigili del Fuoco iniziano a scavare. La prima a essere estratta è la signora, "si chiama Vitaliana, lo ricordo ancora" - dice commosso De Matteis -. Con il corpo aveva fatto scudo al piccolo: carabinieri, forestali e vigili proseguono senza sosta. Arrivano anche i poliziotti e altri volontari. Alla fine il piccolo è salvo, "grazie a tutti i nostri colleghi", forestali in testa, continua De Matteis, che ha estratto il bimbo con un vigile. "Ricordo l'abbraccio immenso del padre del bambino, il figlio della signora Vitaliana". Sono immagini che "non scorderò mai". I commilitoni Saputelli e Traini intanto si concentrano in un'altra zona del paese. Chiamano altri soccorsi, salvano almeno tre persone.

"Abbiamo cercato di fare il possibile e anche l'impossibile". A qualche chilometro da Pescara del Tronto, Arquata è devastata dal terremoto, anche se con un impatto minore rispetto alla frazione. Qui c'è il comandante della stazione, il maresciallo capo Vincenzo Albanesi, con il vice, il maresciallo Massimo Sebastiani. "Non riuscivamo a entrare perché i massi avevano bloccato l'accesso", ricorda Albanesi. I due militari riescono a passare a piedi. Arriva la seconda scossa che scatena i crolli. Poi arrivano le urla, la polvere, lo scenario apocalittico che ha segna la memoria di tutti, vittime e soccorritori. Albanesi e Fabiani sfondano una porta vicino alla caserma, e salvano due anziani. In piazza Umberto I si sono radunati tanti abitanti, ma urlano anche loro, non sanno cosa fare , i crolli continuano e non sanno dove andare. Viene organizzata l'evacuazione immediata, mentre arrivano altri soccorritori che iniziano a estrarre i sopravvissuti. Alla fine il paese conterà tre morti, il massacro è stato sventato. La storia del terremoto nel comune di Arquata si arricchisce con i nomi di altri angeli, altri eroi, di miracoli e imprese al limite dell'impossibile.

Ma oggi e' il giorno dei funerali delle vittime del terremoto che ha devastato il centro Italia, che si terranno alle 18 ad Amatrice dopo le proteste dei familiari delle vittime per l'ipotesi che fossero celebrati, invece, a Rieti. Saranno 37 le vittime del terremoto per le quali saranno celebrati oggi i funerali. L'area dove si terrà la cerimonia è in fase di allestimento: i volontari della Protezione Civile stanno predisponendo due grosse tensostrutture nel cortile del complesso Don Minozzi, la struttura educativa per buona parte crollata con la scossa del 24 agosto. A celebrare le esequie funebri saranno il vescovo di Rieti Domenico Pompili, l'ex vescovo dell'Aquila Molinari e il vescovo di Ascoli Giovanni D'Ercole. "Questa era la cosa più giusta e logica da fare - ha detto il parroco del Paese don Fabio Gammarrota, tornando sulle polemiche di ieri - il popolo resterà qui e rappresenterà il pungolo per le istituzioni affinché mantengano le promesse fatte a questa gente".

La procura di Rieti ha disposto il sequestro della scuola 'Capranica' di Amatrice e di diversi altri edifici ad Accumoli e in tutto il cratere del sisma. E l'Anac ha chiesto di acquisire la documentazione relativa alle gare per i lavori di ristrutturazione della scuola. Intanto i legali del Comune di Amatrice hanno inoltre presentato un'istanza alla procura di Rieti perché chieda al gip un incidente probatorio che consenta di acquisire prove irripetibili, anche attraverso accertamenti tecnici, sul crollo parziale della scuola. L'incidente probatorio per i legali si rende necessario per "la precarietà dei luoghi e l'approssimarsi dell'inverno che potrebbe compromettere l'acquisizione di prove e l'accertamento di responsabilità".

Il procuratore capo Giuseppe Saieva disporrà l'acquisizione di documenti sui lavori per costruire, ristrutturare o restaurare manufatti che mercoledì scorso sono andati giù. I pm valutano in questi giorni anche l'apertura di un fascicolo di indagine sull'uso di fondi pubblici destinati alla messa in sicurezza e a norma di edifici poi crollati. 

Sì alla flessibilità per le misure di ricostruzione ma "a breve termine", per cui le attuali regole Ue già prevedono la loro esclusione dal calcolo del deficit come già è stato fatto per i terremoti di Abruzzo ed Emilia-Romagna. Così una portavoce della Commissione Ue a chi le chiedeva se Bruxelles è disponibile a dare l'ok alla flessibilità per un Piano di lungo termine per rendere l'Italia antisismica.

L’Associazione Italiana Guide Ambientali Escursionistiche esprime la propria
solidarietà alle popolazioni colpite dal recente sisma. Le Guide ringraziano i propri soci che, già dalle prime ore dal sisma, all’interno di canali di soccorso istituzionali si sono rese
disponibili, inoltre l’Associazione Italiana Guide Ambientali escursionistiche si rende fin da ora disponibile nei modi e nei tempi da definire per la realizzazione e condivisione di attività culturali di formazione gratuite in favore delle popolazioni e degli studenti colpiti dal sisma”.

Lo ha annunciato poco fa, a Il Corriere del Sud Stefano Spinetti, Presidente Nazionale dell’Associazione Italiana Guide Ambientali Escursionistiche, riconosciuta dal MISE. 

“Molte delle nostre Guide, così come delle nostre mete, sono proprie delle aree minori, così come quelle colpite dal sisma – ha proseguito Spinetti - poco conosciute ma che racchiudono un tesoro inestimabile culturale e umano, per questo motivo siamo particolarmente vicini alle popolazioni colpite in quanto spesso nostre partners ed amiche nel nostro lavoro. La solidarietà si accresce maggiormente consapevoli che tale evento distruttivo, oltre a  gravissimi lutti, potrà  cagionare agli abitanti un gravissimo disagio, e in prospettiva, un danno materiale, morale ed economico difficilmente assorbibile dal tessuto sociale delle aree colpite. 

Consapevoli della fragilità del nostro territorio e delle regole che lo governano, da anni le Guide Ambientali Escursionistiche contribuiscono, con il loro lavoro culturale, a diffondere nelle scuole e nella popolazione, attraverso progetti didattici ed escursioni a tema, la coscienza e la consapevolezza della fragilità del territorio e delle regole che lo governano. Diversi infatti sono i progetti didattici in cui si affrontano i temi della difesa del territorio, dei meccanismi dei terremoti e come difendersi da essi. I terremoti e le altre calamità naturali ricoprono infatti un ruolo fondamentale sia nella formazione professionale delle Guide Ambientali Escursionistiche ma anche come oggetto fulcro del lavoro di divulgazione e di sensibilizzazione”.

Intanto il Governo va avanti sulla ricostruzione : vere e proprie città in 'miniatura', di legno, realizzate secondo un reale piano regolatore complessivo, con servizi di ogni genere, dalla chiesa all'edicola, dall'ambulatorio al bar, per ripartire dopo un sisma distruttivo senza spopolare i paesi, ma mantenendo unita e collegata anche sul piano sociale la comunità. Questo il fenomeno dei moduli abitativi provvisori (Map), la soluzione alloggiativa adottata praticamente in tutti i 56 comuni del cratere sismico dell'Abruzzo nel post terremoto del 6 aprile 2009. Un sistema che ha ospitato nel complesso circa 5 mila persone.

Modello che, ora, potrebbe essere un esempio per i comuni e le frazioni del Centro Italia devastate dalla scossa del 24 agosto scorso. 'Mini città' che, nei casi di migliore riuscita, di provvisorio hanno solo il nome, studiate come sono per rimanere anche dopo la ricostruzione, facendo subentrare giovani coppie e altri inquilini in affitto agli sfollati man mano che i lavori vanno avanti. Un circolo virtuoso che produce reddito e consente anche di abbattere le tasse. È il caso di Fossa (L'Aquila), che oltre alla sede centrale dell'ufficio speciale per la ricostruzione (Usrc) ospita una città in miniatura pensata come tale fin dall'inizio. 

Oltre alle case della Protezione civile ci sono quelle degli Alpini, del Friuli Venezia Giulia e della comunità di Verona. Come riferisce il sindaco dell'epoca, Luigi Calvisi, "il villaggio di Fossa è unico. Solo noi tra tutti i comuni abbiamo avuto uno tsunami oltre al terremoto, ossia è crollata la montagna e quindi sapevamo che il paese avrebbe avuto tempi di ricostruzione più lunghi di tutti gli altri". "Il mio dubbio era: se costruiamo solo delle case, se non ci inventiamo qualcosa, dove ci incontriamo? Perciò abbiamo stilato un progetto completo di tutto, anche di optional, un puzzle completo - spiega Calvisi - il nostro villaggio è diverso dagli altri: ha una piazza centrale, un parco giochi, la chiesa degli Alpini che in realtà è una basilica, la farmacia con ambulatorio, il centro polifuzionale, il bar, l'alimentari, un campetto di calcetto e bocce, e poi 150 case con 150 giardini".

Un villaggio più grande del previsto, "da 30 mila metri quadrati siamo arrivati a 60 mila, più arioso, con 1 milione di euro di oneri di urbanizzazione non finanziati dallo Stato e trovati grazie a donazioni". È costato 12,5 milioni di cui 7,5 frutto di donazioni. "A distanza di 7 anni, dico purtroppo per la tragedia che si sta vivendo, penso possa essere un modello per Amatrice - conclude Calvisi - lo consiglio anche perché rende 100 mila euro all'anno al Comune e da 4 anni l'ente ha azzerato la Tasi che pesava per 30 mila euro annui". 

Un altro caso virtuoso è quello di Villa Sant'Angelo (L'Aquila), il cui villaggio rende al Comune 40 mila euro all'anno. Il comune ebbe 17 morti e 230 sfollati. Map realizzati dalla Provincia di Trento che vengono considerati i migliori del 'cratere'. "Non sono attaccati tra loro, ma tra l' uno e l'altro sono stati realizzati piccoli stanzini, con pareti singole che non si toccano - rimarca l'allora sindaco Pierluigi Biondi - siamo stati il primo Comune a non avere più sfollati, in due ondate a partire dal 24 ottobre 2009, e il 5 dicembre tutti avevano una casa". Anche qui la pianificazione innanzitutto: "Il villaggio Map riconnette Villa alla frazione di Tussillo - evidenzia l'ex amministratore - ed è completo di farmacia, asilo, ambulatorio, bar, alimentari, estetista, tabaccheria, sala parrocchiale, chiesa, e centro aggregativo, questo l'unico in muratura".

Ma comunque i problemi reali ci sono su tutto dato che siamo un Paese ad alto deficit e ad ancor più elevato debito incontra sempre grandissime difficoltà nel reperire le risorse per finanziare le ricostruzioni post-sismiche. Quindi ad ogni occasione la risposta è sempre la medesima: più tasse. Non è un caso che dopo quanto accaduto ad Amatrice e nelle Marche la prima idea del governo Renzi, dopo aver raschiato il fondo del barile per stanziare 50 milioni, sia stata un déjà-vu, ossia l'aumento delle accise sui carburanti, sui tabacchi e forse sui giochi d'azzardo.

Anche se la necessità e l'urgenza di fornire un aiuto concreto a chi ha perso tutto potrebbero giustificare un simile intervento, va anche ricordato che l'incremento delle accise è per sempre, mentre l'emergenza, in quanto tale, è transitoria. Non è un caso, infatti, che automobilisti e motociclisti si trovino a pagare ancora 0,0981 centesimi per il finanziamento della guerra d'Etiopia del 1935-1936 e 0,723 centesimi per fronteggiare la crisi di Suez del 1956. Allo stesso modo, rimettere in piedi una città colpita da un cataclisma in Italia significa pagare maggiorazioni delle accise per decenni. 

Il prezzo delle benzine oggi contempla ancora i contributi straordinari per i terremoti del Belice (1968, 0,516 centesimi), del Friuli (1976, 5,11 centesimi), dell'Irpinia (1980, 3,87 centesimi), dell'Aquila (2009, 0,51 centesimi) e dell'Emilia (2012, 2 centesimi). Anche l'alluvione diventa eterna nella nostra Italia: con i carburanti si paga ancora quella di Firenze del '66 (0,516 centesimi) e quella della Liguria del 2011 (0,89 centesimi) senza contare che la memoria del disastro del Vajont nel lontano 1963 pervade le nostre tasche con una maggiorazione dell'accisa di 0,516 centesimi che si paga tuttora.

 

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