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Serve una profonda revisione dell'attuale sistema di tassazione nell'Unione Europea

I quattro Paesi, già autori dell'iniziativa che proponeva di tassare il fatturato delle imprese digitali, chiedono ora anche una riflessione sull'Iva. Bisogna assicurare che "lo stesso contenuto, bene o servizio sia soggetto a Iva nello Stato di consumo, senza pensare alla sua natura fisica o digitale", scrivono i quattro Governi. Perché bisogna fare in modo che "i nuovi modelli di business siano tassati efficacemente". "Non ha senso applicare un doppio standard che in ultima analisi altera le condizioni della concorrenza". Sulla web tax, il documento ribadisce l'approccio dell'Ecofin cioè che "servono cambiamenti" alla legislazione "per assicurare che i profitti tassabili siano attribuiti dove viene generato il valore, per evitare l'erosione della base imponibile e lo spostamento dei profitti (BEPS)". 

Bisogna però cambiare l'attuale sistema, "basato sullo stabilimento permanente" delle imprese, perché è un approccio "non adatto al business digitale", che ha una ridotta presenza materiale. "Questo ha portato ad una situazione di mancate entrate per quei Paesi dove le aziende generano profitti in modo remoto", cioè "con scarsa o nessuna presenza". E "spiana la strada a una evasione sistematica". Secondo i quattro, "la Ue è il contesto più appropriato per definire un approccio comune che possa agire come leva per una soluzione globale", cioè a livello Ocse o G20. 

"Perciò chiediamo al Consiglio di discutere e decidere in fretta - e sulla base della proposta della Commissione in linea con l'approccio G20/Ocse - le misure necessarie per affrontare le sfide della tassazione digitale, mentre sosteniamo il progresso tecnologico

L'economia digitale cambia "profondamente" il modo di fare business e quindi "il modo in cui deve essere tassato". Per questo serve "una profonda revisione dell'attuale sistema di tassazione, per assicurare un fisco efficiente, equo e trasparente": 

lo scrivono Italia, Francia, Germania e Spagna in un documento congiunto circolato a tre giorni dal vertice di Tallin sul digitale, dove i capi di Stato e di Governo Ue discuteranno della web tax e delle sfide ed opportunità del digitale.

Intanto dopo le elezioni in Germania cade a picco anche l'erronea interpretazione del dovere di prima accoglienza, che per il vigente diritto comunitario compete allo Stato in cui essi cercano di sbarcare. Questa prima accoglienza, secondo la tesi che ora la Germania sosterrà, modificando la politica immigratoria della Merkel, consisterà nel soccorrerli, rimandandoli nei luoghi di provenienza, intervenendo là. Si accetteranno solo immigrati regolari che domandano un lavoro di cui c'è disponibilità. Chi vuole lo ius soli, si rassegni: Berlino lo bloccherà perché comporta il passaporto europeo.

Il governo Gentiloni ha varato una legge di bilancio 2018-20 che implica un «margine di flessibilità». Contava sull'appoggio dei socialdemocratici tedeschi (che non saranno più al governo) e dei francesi che dovranno faticare a contrattare per sé margini di flessibilità con l'Europa in versione «liberale rigorista tedesca». 

È vero che la creazione del ministro delle Finanze europeo, secondo il progetto lanciato da Schäuble che vi aspira, comporta la revisione di regole europee, perciò tempi lunghi. Ma Juncker, presidente della Commissione europea, nel discorso sullo stato dell'Unione lo ha modificato, così da escludere tale revisione. Questa carica sarebbe tecnica: toccherebbe al vicepresidente dell'Unione europea, presidente dell'Eurogruppo e commissario alle Finanze, dotato di maggiori competenze nell'attuazione delle regole vigenti del fiscal compact su bilanci e debiti degli Stati membri.

Ci vorrà tempo prima che vengano formate la nuova coalizione politica e la nuova compagine governativa a Berlino, sicché la richiesta di rettifica del bilancio italiano 2018 può slittare e ricadere sul governo che verrà dopo le elezioni politiche. Draghi frattanto continuerà il Qe per tutto il 2017, anche a favore dell'Italia, contrariamente alla richiesta avanzata dalla Germania. Ma poi Draghi sarà sostituito. Senza una politica fiscale europea di investimenti, rivolta a compensare gli effetti deflattivi dello smantellamento del Qe e del rientro dai deficit dei Paesi membri, rischiamo di trovarci con una riduzione della crescita del Pil. Dovremo aiutarci da soli, pagando con gli interessi il costo degli errori dei governi marcati Pd dal 2012 a ora.

 

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